L'edificio dell'Università Bocconi delle irlandesi Shelley McNamara e Yvonne Farrell
Situata tra viale Bligny e via Roentgen l'opera è stata pensata in chiave urbana, come un'opportunità per l'Università Luigi Bocconi di fornire uno spazio alla città data anche l'ampia dimensione dell'area: 80 m x 160 m.
Infatti, l'edificio è come "un grande mercato coperto", un luogo di scambio e la hall funge da filtro tra la città e l'università.
La massa totale dell'edificio è costituita da volumi flottanti che lasciano scorrere la luce a tutti i livelli fin ai piani sottostrada.
L'edificio è arretrato dal fronte di viale Bligny e via Roentgen per creare uno spazio pubblico di 18m x 90m ispirati dalla conformazione dello spazio antistante l'Ospedale Maggiore.
Questo spazio che si protende verso la città attira il visitatore verso l'interno portando con sé la sua superficie di pietra, il piano della città.
I solai dei cinque piani dell'edificio non poggiano su pilastri ma sono appese, attraverso tiranti in acciaio, a grosse travi: un principio strutturale simile a quello dei ponti.
Gli uffici di ricerca sono allocati in un enorme volume a sbalzo che forma una grande tettoia sul livello terra.
Questo baldacchino galleggiante consente allo spazio della città di sovrapporsi alla vita dell'università. Unisce gli spazi pubblici interni ed esterni. Il mondo alveare della ricerca è fisicamente separato ma sempre visivamente collegata alla vita dei livelli inferiori.
L'effetto è un susseguirsi di ambienti aperti, scale ed elementi in cemento armato che sembrano sospesi nell'aria.
L'impatto visivo è ulteriormente alleggerito dall'ampia e generosa presenza di vetrate e aperture, che convogliano la luce naturale fin nel sottosuolo.
Corti interne, foyer, giardini pensili e terrazzamenti a diversi livelli, complice l'assenza di pilastri, sono invasi dalla luce, che raggiunge e rischiara quasi a giorno anche i piani interrati.
Il lato settentrionale si affaccia su viale Bligny vivace e trafficata arteria cittadina. Ed è proprio proprio qui è stata posizionata l'Aula Magna - un vero e proprio teatro da 1000 posti -, uno spazio pubblico per sottolineare simbolicamente il legame tra la Bocconi e la sua città.
Lo spazio che parte da sotto il livello stradale per espandersi fino al secondo livello sopra la strada è una sorta di "camera magmatica" collegata dalle "fenditure" verso l'alto che lasciano filtrare la luce. Spazialmente questo mondo sotterraneo è solido, denso e scolpito.
C'è continuità tra il 'paesaggio' della città e il 'paesaggio costruito' di questa cripta.
La parete frontale dell' Aula Magna parte dalla quota sotterranea fino a raggiunge tutta l'altezza dell'edificio negli ambienti degli uffici dei livelli superiori.
La massa totale e la portata di questa grande stanza 'il masso integrato' si trova direttamente sul bordo strada ed è l'àncora dell'intero edificio
La grande e suggestiva vetrata che collega visivamente il foyer principale con la strada è una finestra su Milano.
Il vasto marciapiede antistante si allunga ad accompagnare il visitatore dalla città verso il cuore dell'edificio, in una ideale sovrapposizione tra la vita universitaria e quella urbana, che è rimarcata attraverso il colore grigio dei rivestimenti.
L'esterno del palazzo è infatti ricoperto di ceppo, una pietra caratteristica dell'architettura milanese: un conglomerato più resistente del cemento ma della stessa tonalità, cavato dalle rive dei fiumi della zona del lago d'Iseo e già molto diffuso a Milano sulle facciate di vari edifici di pregio.
Analogamente gli interni alternano pareti di cemento a vista ad altre in grigio rifinito.
Il nuovo edificio ospita tutta la Facoltà dell'Università Bocconi, suddivisa nei 7 Dipartimenti e nei 24 Centri di ricerca. Inoltre è sede di sale convegni, sale riunioni, un parcheggio sotterraneo e soprattutto della nuova Aula Magna, con un grande foyer e una sala esposizioni.
Le dimensioni e la molteplicità delle strutture ospitate nell'edificio hanno richiesto lo studio di un sistema di segnaletica ad hoc, progettato in modo da agevolare il flusso di circolazione sui diversi piani. L'orientamento è facilitato da un sistema di codici colore, che identificano i sette Dipartimenti.
Una scelta non casuale: sono stati infatti selezionati alcuni tipici colori italici, in una scala cromatica che dal pianterreno marrone-terra, arriva fino all'azzurro-cielo del quinto piano.
Per non aggravare la complessità, un unico colore identifica invece i Centri di ricerca. Un sistema alfanumerico definisce infine univocamente aree e uffici.
Shelley McNamara e Yvonne Farrell:
«Il progetto è stato portato avanti nel migliore dei modi sotto tutti i punti di vista, considerando la sua complessità e i moltissimi vincoli che derivano dalla sua ubicazione in un'area densamente edificata. Il merito va in gran parte alla organizzazione e al controllo del progetto da parte di Nicolo di Blasi che ha rappresentato le esigenze del cliente in ogni fase di progetto, affiancandoci un gruppo di consulenti estremamente competenti in ogni tipo di questione tecnica e normativa. Nel corso della realizzazione siamo stati supportati da un team di progettisti, ingegneri strutturisti quali l'ing. Pereira, impiantisti quali BDSP e l'ing. Amman, e dai project manager di PCMR (Marco Ferrario, Danila Aimone e Maurizio Cantoni). L'impresa costruttrice è stata la GDM. In sintesi dobbiamo moltissimo a Nicolo di Blasi. Lavorare a Milano è stata una bellissima esperienza, molto emozionante per noi e ci manca molto. È stato il progetto più impegnativo e stimolante che abbiamo mai realizzato».