Gaudì opera ancora Si continua la Sagrada Familia di Riccardo Dalisi
"Il mediocre imita, il genio ruba": è stato detto così (Eliot).
Grande interesse suscita l’idea secondo cui scade un'altra tappa della costruzione della Sagrada Familia, concepita verso la fine dell’800 da Antoni Gaudì che aveva dedicato quasi quarant’anni del suo intenso lavoro, sempre più esclusivo e totale, fino alla sua morte, avvenuta nel 1926. Desta curiosità soprattutto l’impresa di un anziano noto scultore catalano, Subirachs (72 anni), che, apprendiamo, ha dedicato tredici anni della sua vita alla realizzazione di una parte fondamentale (il lato opposto a quello fatto da Gaudì). Ripetendo quest’ultimo, vive dentro l’opera stessa, e ciò che più incuriosisce è ciò che dice: "ho chiesto ed ottenuto di lavorare senza imitare lo stile del maestro". Hanno una forza le dichiarazioni dello scultore, una convinta sicurezza nel fatto che l’opera grande di Gaudì deve essere finita (anche S. Pietro fu continuata e finita dopo la morte di Michelangelo). Doveva superare in altezza S. Pietro, appunto, l’opera titanica manuale e scultorea la più alta di Barcellona e non solo. Un’eguale sicurezza è nei continuatori dell’opera architettonica che sostengono esserci sufficienti documenti e disegni del grande architetto per potervene fedelmente attenere. La remora profonda nasce dal fatto che il gesto attuativo di Gaudì è, in realtà, intriso della sua forte presenza. Tutta la sua opera è, oltre che perfetta ingegneria e distribuzione logica, anche opera di scultura dello spazio, di continua modellazione e sorpresa, frutto di ripensamenti e di atti creativi di getto, disseminati e totali. Vale dunque la chiara posizione di Josep Maria Subirachs: "non imiterò il maestro".
D’altro canto, per chi, come me, ha avuto la fortuna non solo di visitare il monumento ma anche di aver studiato in maniera appassionata il maestro catalano, amerebbe veder realizzate le sue splendide visualizzazioni, i modellini i disegni. Continueranno a far parlare molto di sé, Gaudì e la sua opera più ardita e controversa, la più amata dai Catalani. Con dei concorsi appropriati, invitando i più grandi architetti, avremmo potuto raccogliere idee, proposte, visuali, soluzioni. Il dibattito si sarebbe aperto uscendo da una stagnante contrapposizione di due posizioni opposte. Un modo di onorare una delle personalità più alte della cultura europea cui indirettamente, ancora oggi, in un clima di dilagante cultura mediatica, si rifanno operatori, artisti ed architetti. Forse, un’opera così si fa vivendoci dentro. Le storie di vita degli artisti di genio sono intriganti ed indicative del loro essere nel mondo. Gaudì, negli ultimi anni della sua vita, viveva dentro il cantiere della Sagrada Familia, avrebbe voluto chiudere gli occhi nel cuore di quella architettura. È mitico, è simbolico, per un artista, fisicamente entrare nella propria opera, diventarne parte. Un attore, grande, vorrebbe morire recitando, un violinista vibrare tra le note del suo strumento, un mistico spirare in preghiera. Un sogno per tutti, un’immagine alta. Oggi un grande scultore catalano, settantaduenne, vive a sua volta in un apposito studio allestito ai piedi dell’opera nel bianco della polvere di travertino di Tivoli.
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