Quando non c'è energia non c'è colore, non c'è forma, non c'è vita.
[Caravaggio]
1584
A 13 anni, dimostrando un precoce talento pittorico, Michelangelo Merisi venne
accolto nella bottega di Simone Peterzano, allievo di Tiziano, dove passa 4
anni tra le lezioni dei maestri della scuola lombarda e veneta.
1588
E' incerta la notizia di un suo viaggio a Venezia a seguito della scadenza
del contratto con il suo maestro per conoscere da vicino l'opera dei grandi
maestri del colore, Giorgione, Tiziano e Tintoretto. Indubbia è, invece, la sua
partenza per Roma, che alcuni biografi attribuiscono ad una fuga in seguito ad
un omicidio.
1592 - 1595
Il primo documento che attesta la sua presenza a Roma risale all'11 agosto
1593, a un anno circa dal suo primo arrivo. Dopo la frequentazione di due
botteghe dove imparò a dipingere con rapidità, visto che si trattava di
realizzazioni "in serie", trova accoglienza presso Giuseppe Cesari, detto
Cavalier D'Arpino, uno degli artisti più in voga negli ambienti della committenza romana. che gli fece realizzare soprattutto fiori e frutti. I primi tempi furono duri e mortificanti, soprattutto per colpa del suo carattere spigoloso ed aggressivo, che non lo facilitava nel rapporto con gli altri. Bellori, uno storico dell'epoca, lo
descrive in quel periodo già affetto da malaria, un fatto che condizionò il suo
sistema nervoso per tutta la vita. Un'infermità che rendeva il suo fisico fragile e
vulnerabile in perfetto contrasto con la sua tempra irascibile.
Caravaggio, in rottura con il suo maestro, decise di mettersi in proprio. Durante questo periodo e per tutta la sua vita ebbe una condotta di vita piuttosto sregolata, viene spesso citato nelle denunce per vari fatti di violenza nei quartieri più
turbolenti della città, il che ha oltremodo alimentato il mito dell'artista
bohémien che traeva ispirazione dalla vita di strada e dai fatti di sangue e di
malaffare a cui era abituato.
Nel Bacchino malato, una delle sue prime opere compiute, è raffigurato il
Caravaggio di quei primi anni romani, lo sguardo vivo ed intenso contrasta con
la malinconia provocata dalla malattia che affliggeva il giovane pittore e che lo
accmpagnò fino alla morte. I personaggi che posavano per i suoi dipinti
venivano direttamente dalla strada, gente umile che egli usava frequentare
quotidianamente.
1595
Nel 1595 conobbe il suo primo protettore: il cardinal Francesco Maria Del
Monte, grandissimo uomo di cultura ed appassionato d'arte che, incantato
dalla sua pittura, acquistò alcuni dei suoi quadri. Di fatto viene introdotto
dal cardinale negli ambienti più facoltosi della Roma di fine secolo.
1599
Caravaggio, grazie all'aiuto del cardinal Del Monte, ricevette la prima
commissione pubblica per due grandi tele da collocare all'interno della
cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. I dipinti
che Caravaggio doveva realizzare riguardavano degli episodi tratti dalla vita
di san Matteo: la vocazione ed il martirio, quasi contemporanea alle tele che
realizzò per la Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo (1600 - 1601).
Contemporaneamente gli fu chiesta la realizzazione di una terza tela per la
Chiesa di San Luigi dei Francesi: San Matteo e l'Angelo. Il pittore, nonostante
conoscesse bene il gusto estetico dei suoi committenti, scelse dei soggetti
popolari, che esprimessero in una dimensione reale e drammatica lo svolgersi
degli eventi, rappresentando così i valori spirituali della corrente pauperista
all'interno della Chiesa Cattolica.
Il successo è immediato, soprattutto presso i ricchi e colti collezionisti che animavano Roma alle porte del XVII secolo. Esegue diverse tele caratterizzate da un naturalismo tanto immediato da considerarsi a tratti brutale, giocato su forti e vividi contrasti di luce e ombre, ponendo l'eccezionale raffinatezza esecutiva al servizio d'immagini di verità umana e psicologica tali da sconvolgere i principi pittorici del tempo. Questa rivoluzionaria impostazione non viene immediatamente accettata e compresa e si vede rifiutare molte pale, considerate inadatte e indecorose per gli altari votati ai principi della Controriforma.
1605
Dopo svariati episodi di risse, denunce e aggressioni, al seguito di una
sanguinosa rissa avvenuta a Roma il 29 luglio 1605 Caravaggio fu costretto a
fuggire a Genova, dove risulta il 6 agosto e dove si trattenne poco più di due
settimane ospitato da Marcantonio Doria che tenta invano di convicerlo ad
affrescare la loggia di una villa di famiglia a Sampierdarena. Ha contatti con
altri estimatori genovesi e liguri, tra cui il marchese Vincenzo Giustiniani,
Ottavio Costa, Giovanni Battista de Lazzari e il marchese Ippolito Malaspina. A
testimonianza di questi rapporti rimasero in collezioni cittadine alcune sue
opere originali e alcune copie antiche di opere romane.
L'intervento dei protettori dell'artista riuscì ad insabbiare l'accaduto e
tornò a Roma.
1606
Rientrato a Roma il 29 maggio 1606, uccide in una zuffa il suo avversario
al giuoco della pallacorda, tal Ranuccio Tommasoni .
Il verdetto del processo per il delitto di Campo Marzio fu severissimo:
Caravaggio venne condannato alla decapitazione, che poteva esser eseguita da
chiunque lo avesse riconosciuto per la strada. In seguito alla condanna, nei
dipinti dell'artista lombardo cominciarono ossessivamente a comparire
personaggi giustiziati con la testa mozzata, dove il suo macabro autoritratto
prendeva spesso il posto del condannato.
La permanenza nella città eterna non era più possibile: ad aiutare Caravaggio a
fuggire da Roma fu il principe Filippo Colonna, che gli offrì asilo.
Alla fine del 1606 Caravaggio giunse a Napoli, dove rimase per circa un anno e
dove visse un periodo felice e prolifico per quanto riguarda le commissioni.
1607
Michelangelo Merisi parte per Malta, sempre per intercessione dei Colonna,
qui entra in contatto con il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San
Giovanni, Alof de Wignacourt, a cui il pittore fece anche un ritratto. Il suo
obiettivo era diventare Cavaliere per ottenere l'immunità, in quanto su di lui
pendeva ancora la condanna alla decapitazione.
1608
Caravaggio, dopo essere diventato cavaliere, in seguito ad un litigio con
un cavaliere di rango superiore, fu costretto a rifugiarsi in Sicilia,
precisamente a Siracusa. Il 6 dicembre i Cavalieri espulsero Caravaggio
dall'Ordine con disonore. Sull'isola si mosse anche a Messina e Palermo.
1609
Alla fine dell'estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli. Quando seppe che
a Roma Papa Paolo V stava preparando una revoca del bando. Caravaggio, da
Napoli si mise in viaggio con una feluca traghetto che settimanalmente faceva
il tragitto Napoli-Porto Ercole.
1610
Muore il 18 luglio del 1610 sulla spiaggia di Porto Ercole consumato da
febbri malariche.
HANNO DETTO DI CARAVAGGIO
BRUNO MUNARI
"Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L'interruttore non so
dov'è."
Dal volume "Occhio alla luce", 1990, Osram edizioni
RENATO GUTTUSO
"Dopo Giotto e dopo Masaccio egli riafferma il principio secondo cui non
concetti astratti o prevenute concezioni filosofiche sino da incollare sulla
tela, ma la conoscenza della realtà, le cose come esse sono, indagate ed
esplorate nelle loro relazioni di luogo, spazio, luce: le cose, da sole,
esprimono idee, filosofia e storia, perché da esse si sprigiona il presente e il suo suono, la
nuova condizione umana, i nuovi concreti rapporti tra gli uomini e degli uomini
con le cose e la storia. Le vie del realismo non sono infinite".
Da "Antiaccademia" su I Classici dell'Arte - Caravaggio
STENDHAL
"Per l'orrore ch'egli sentiva dell'ideale sciocco, il Caravaggio non correggeva nessuno dei difetti dei modelli ch'egli fermava nella strada per farli posare. Ho veduto a Berlino alcuni suoi quadri che furono rifiutati dalle persone che li avevano ordinati perché troppo brutti"
Da "Rome", 1806
ROBERTO LONGHI
"La sua ostinata deferenza al vero poté anzi confermarlo nella ingenua
credenza che fosse l'occhio della camera a guardar lui e a suggerirgli tutto. Molte
volte dovette incantarsi di fronte a quella magia naturale; e ciò che più lo sorprese fu di accorgersi che allo specchio non è punto necessaria la figura umana, se, uscita
questa dal suo campo, esso seguita a specchiare il pavimento inclinato, l'ombra
sul muro, il nastro caduto a terra. Che altro potesse conseguire a questa
risoluzione di procedere dipingendo per specchiatura diretta della realtà, non
è troppo difficile intendere. Ne conseguiva la tabula rasa del costume
pittorico del tempo che, preparandosi gli argomenti in carta e matita per via di
erudizione storica e di astrazione stilizzante, aveva elaborato una complessa
classificazione del rappresentabile, dove, per meglio servire alla società di
allora, non poteva che preferirsi l'aspetto della classe dominante. Ma il
Caravaggio pensa invece alla vita comune, ai sentimenti semplici, all'aspetto
feriale delle cose che valgono, nello specchio, come gli uomini."
Da "Il Caravaggio", 1952
FEDERICO ZERI
"Secondo me c'è
una forte affinità fra la fine di Pasolini e la fine di Caravaggio, perché in
tutt'e due
mi sembra che questa fine sia stata inventata, sceneggiata, diretta e
interpretata da loro stessi."
"E quanto al grande genio del realismo, Michelangelo da Caravaggio, le sue figure sono (come in tutti i grandi inventori visivi) archetipi universali, che non
scendono mai alla specificazione in senso regionale; il Caravaggio ha mostrato
come si dipinge l'uomo, e non ha mai diluito i suoi tipi sulla falsariga della
vita quotidiana, né secondo il repertorio fisionomico o di costume di Roma, di
Napoli o di Malta."
Da "La percezione visiva dell'Italia e degli italiani", Einaudi 1989
"Oltre a rincorrere la natura oggettiva delle cose, Caravaggio portò la
pittura a un ampliamento dei soggetti, vale a dire una sorta di superamento dei
vari generi nei quali era divisa allora l'arte figurativa. Il genere «supremo»
era considerato l'arte sacra. Poi, veniva la pittura profana che proponeva
storie, battaglie, eroi e grandi personaggi; all'ultimo scalino, stavano il
paesaggio e la natura morta. Nelle opere di Caravaggio dei primi anni romani,
ad esempio il Bacchino malato della Galleria Borghese (forse un autoritratto
del pittore) o il Ragazzo che monda un frutto noto in varie versioni, la figura
umana e la natura morta appaiono sullo stesso piano ed entrambe sono di una
lucidità straordinaria. Questo nuovo modo di dipingere, questo nuovo modo di
interpretare la realtà, suscitò dapprima una grande curiosità e poi l'ostilità
da parte dell'establishment artistico."
Da "Abecedario Pittorico", Longanesi 2007
GIULIO CARLO ARGAN
"Il realismo caravaggesco è mancanza di sviluppo storico o naturale,
estrema contrazione o concentrazione di spazio e di tempo, affronto diretto
della realtà nella furia cieca del fare pittorico".
ROGER ELIOT FRY (artista e critico d'arte inglese, 1866-1934)
"In verità, egli fu per molti aspetti il primo artista moderno. Il primo a
non procedere per evoluzione, ma per rivoluzione".
1905
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