Intervista a Riccardo Dalisi
Riccardo Dalisi, noto internazionalmente per la sua attività di designer e come esponente di rilievo dell'architettura radicale, ha lavorato in modo interessante, per diversi anni, al tema del restauro.
Silvestro: L'attuale tendenza del restauro architettonico è quella di conservare, quanto più possibile, la testimonianza storica che l'opera da restaurare rappresenta. Ne segue che i recenti restauri sono più vicini ad operazioni che non "toccano" l'opera...
Dalisi: Ogni intervento è una modificazione; anche un discreto (si fa per dire) intonaco grigio è un segno, è una interpretazione che ha una sua forza, una sua presenza che crea atmosfera, rapporti. Si tratta di una scelta linguistica (minimalista, se vogliamo, ma pur sempre una scelta). Ed allora va scelta la tonalità, la grana, la dimensione, la posizione, e ciò comporta un notevole impegno di gusto, di equilibrio compositivo. Ogni intervento minimale, infatti, ha una forte dose di concettualità, ha la sua sottigliezza, il suo contenuto inventivo; ha il suo momento di sorpresa. Chi ha voluto affrontare il tema del piccolo gesto significativo sa quanto arduo sia l'obiettivo da raggiungere.
E qui si apre il discorso sul restauro, riattualizzato entro il variegato panorama delle correnti linguistiche compresenti sia nel mondo dell'arte sia in quello dell'architettura e sia in quello, a lungo taciuto, del valore dell'ambiente e del paesaggio.
Quindi va detto che i modi di intervento, quando si ha a che fare con monumenti, possono essere assai differenti tra loro. In situazioni drammatiche, come la chiesa di S. Ippolisto ad Atripalda ove il transetto, la cupola e un grande pilastro erano crollati e sbriciolati e tutto il resto fortemente lesionato e danneggiato, come ve l'immaginate una ricostruzione? Con quali artigiani, con quanti soldi, con quale precisione nei dettagli? Un intervento minimale tutto bianco o grigio o con un colore di fondo, con finestre similari all'antico, un intervento rispettoso ... di che? Lì la sfida è stata quella di ridare valore alla decoratività, di preziosità, di disegno intenso come era un tempo e tuttavia con la nostra voce, con i nostri modi, con le nostre tecniche e la nostra sensibilità. È stata una sfida, ed è stato un modo di proporre un tema di dialogo, di discussione, di sperimentazione.
Tra gli altri, sono apparsi articoli su "Ananke" e "Abitare".
Silvestro: Come ritiene che sia l'atteggiamento delle Autorità preposte alla tutela dei Beni Architettonici?
Dalisi: Il modo di affrontare il restauro sembra muoversi secondo una traiettoria fatta di alti e bassi, di rispetto o quasi timore e di libertà dall'altro lato. La Carta del Restauro sostiene appunto che si può intervenire secondo criteri di autenticità e "verità" nelle tecniche e nelle relative modalità di espressione. E, difatti, non sembra aver alcun senso modificare profondamente un muro di pietra o di tufo con tiranti e trefoli riempendoli di cemento per poi farli apparire come un tranquillo muro intoccato. Nei momenti a volte drammatici di crolli, ad esempio dovuti al terremoto, vi è stato più spazio per interventi creativi.
Silvestro: I suoi progetti di restauro ridanno nuova vita all'opera restituendone il proprio senso. Qual è il suo approccio al restauro?
Dalisi: Il concetto base è il rapporto discreto e forte tra l'antico e l'attuale. Se devo descrivere una cattedrale medievale userò parole, concetti ed emozioni che appartengono all'oggi. Ciò vuol dire che l'opera esiste in rapporto con l'attualità, e solo se l'attualità coltiva rispetto e sensibilità per essa. Anche tutto il contesto urbano muta e si sa quanto incida il contesto sull'opera stessa. Perché, poi, chi interviene deve annullarsi (e non lo può in nessun caso) per operare come se nulla fosse mutato?
Silvestro: Come considera un'opera che si appresta a restaurare?
Dalisi: La considero come qualcosa che chiede soccorso, rispetto e rapporto. Anche qui direi un malato, un amico in difficoltà chiede un soccorso umano e creativo; il più possibile esatto e scientifico, ma anche veritiero e sincero.
Silvestro: Come una grande opera fa grande una città, un restauro impegnativo incide sulla città. È d'accordo con questa affermazione?
Dalisi: Certo, è un punto importante. L'intervento di restauro a volte si riverbera sul contesto urbano. E bisogna tenerne conto. Ciò è in linea col bisogno di un intervento che tenga conto di aspetti che, come si vede, sono vivi e molteplici.
Silvestro: Cosa prevede per il futuro del restauro?
Dalisi: Il problema di come restaurare un'opera ogni tanto torna d'attualità e lo sarà anche per il futuro innestando una tematica già appena toccata negli ultimi tempi e cioè il restauro di opere moderne per le quali anche per esse è mutato il contesto culturale, urbano e dell'uso stesso del manufatto architettonico.