Studio Valle (1957-2007). Cinquanta anni di architettura
Monumento alle vittime di Auschwitz Birkenau, Polonia (1958 - 1959)
Padiglione Italiano Expo 70 di Osaka, Giappone (1968 - 1970)
Sede del Consiglio dell’Unione Europea a Bruxelles, Belgio (2005, in corso)
Concorso internazionale di progettazione per la nuova sede del Consiglio Europeo a Bruxelles
Intervista a Franco Purini [Alessandro d'Onofrio]
Padiglione Italiana Expo 70 di Osaka, Giappone (1968 - 1970)
Concorso Nazionale, I premio
Committente: Ministero degli Affari Esteri
Credits: Studio Valle, con O. Accossano, M. Cascarano, M. Mondelli
In associazione con: S. Brusa Pasquè, con G. Giavotto
Strutture: S. Musmeci
Negli anni '60, la “rudezza” del cemento a faccia a vista costituiva l'immagine dominante dell'espressione architettonica internazionale. Tuttavia, parallelamente ad essa, coesisteva un campo di ricerca condotto sul filone dell'utopia - Archigram, Metabolism, Superstudio - che indagava la tematica della città-macchina: tecnologica , temporanea, senza storia, decontestualizzata.
Nell'ambito di questa seconda corrente di sperimentazione, si colloca il
progetto per il padiglione italiano all'Expo degli anni '70 ad Osaka, in
Giappone.
La ricerca formale, strutturale ed i materiali impiegati costituiscono, di
fatto, la prima sperimentazione linguistica realizzata dell'high tech italiano.
Questo progetto segna, indubbiamente, un momento di maturazione architettonica,
strutturale e spaziale dell'attività dello Studio Valle, in cui la ricerca,
traendo pretesto dal carattere temporaneo dell'opera, si avvia verso la
sperimentazione di un progressivo allontanamento dalla concezione tradizionale trilitica
di spazio e struttura.
Tale sperimentazione sarà perseguita più avanti nel Palazzo del Governo in
Tanzania, nell'aeroporto di Genova, nel Concorso per una Stazione di servizio
“Esso”, nello Stadio di Genova, che costituisce tuttora orientamento
progettuale dello Studio Valle.
L'assenza di specifiche connotazioni del contesto, diviene pretesto per un
esercizio concettuale condotto sulla maglia urbana, riprodotta e simbolizzata
dall'edificio stesso. La regolarità del tessuto urbano subisce però una
deformazione lineare, adagiando le proprie direttrici su piani inclinati.
Il progetto è, quindi, concepito come sorta di microcosmo in grado di ricreare
la complessità dell'immagine urbana attraverso la dilatazione di spazi, gli
stimoli percettivi e la velocità di percorrenza.
Gli spazi interstiziali del progetto (della città) divengono “lo spazio”
espositivo, il luogo dell'apprendimento e della riflessione, concepito nella
sfera del non convenzionale:
“…con lo spazio del padiglione prescelto e assimilabile a tre campate di
dimensione crescente nel rapporto 1 a 2 a 3, contrappuntate da quattro elementi
strutturali caratterizzanti l'organismo all'esterno, risulta evidente la
qualificazione di uno spazio estremamente dinamico la cui unitarietà è
ritrovabile continuamente come sintesi di articolazioni modulari complesse. Era
necessario individuare due percorsi, o meglio due possibilità di percorrenza,
di cui il primo breve ed estremamente sintetico e il secondo, in derivazione
dal primo, più articolato, complesso e se si vuole anche più “faticoso”. Il
primo percorso doveva permettere una visione generale attraverso la quale il
visitatore leggesse otto o dieci oggetti importanti riconducibili
immediatamente ad immagini unitarie, mentre il secondo percorso avrebbe
“calato” il visitatore nell'analisi degli argomenti esposti…” .
La costruzione, in acciaio e vetro si compone di una serie di 10 elementi
architettonici base: sei “contenitori” a sezione rettangolare e lunghezza
variabile inclinati di 30°, e 4 tubi o “nodi”, inclinati di 30° ma opposti ai
precedenti. Se, esternamente, contenitori e nodi possono apparire come elementi
distinti, la percezione dello spazio interno appare estremamente unitaria. La
chiarezza strutturale consente la leggibilità di ogni elemento tanto dallo
spazio esterno quanto dall' interno. La struttura è stata concepita in modo da
essere particolarmente efficace alle scosse sismiche: lo slittamento dei corpi
principali è finalizzato all'ottimizzazione dell'inerzia. I solai
inclinati che si innestano a terra sono assimilabili a delle enormi mensole
rigide che, a differenza di quanto avviene con una struttura trilitica,
trasmettono direttamente le azioni sismiche al terreno.
Il progetto di Osaka traccia una linea di demarcazione rispetto alla primissima
produzione dello Studio Valle, fortemente vincolata dal ruolo della committenza
e dall'immagine architettonica che, conformemente alla poetica architettonica
del momento, era ancora gravata dal peso della materia.