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Il progetto di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue per i Nuovi Uffici Giudiziari di Salerno
(Concorso di idee in due fasi. Progetto non vincitore)
(Tracce di lavoro dalla relazione che accompagna il progetto)
di Carlo Cuomo
Miralles comincia con chiarezza la propria relazione che accompagna il progetto, "...la corte di Giustizia a Salerno non può identificarsi con il modulo urbano degli isolati indipendenti... questo modello, che esiste nelle vicinanze, ha costituito una delle peggiori parti della città...", e allora fermo restando lo studio della dimensione ottimale , il problema è trasferito su un livello essenzialmente formale. Ed è la forma che definisce e articola nuove relazioni tra le funzioni e con il tessuto urbano al contorno. Il progetto liquida definitivamente il mondo prospettico tradizionale, lo spazio tradizionale della visione, il primato della planimetria e l’articolato sistema delle proiezioni che hanno condizionato fino ad oggi la forma dell’architettura. Ancora "...non deve essere una cittadella la nuova sede della Giustizia ...(deve avere) la generosità per rigenerare un frammento di città ... in modo radicale ...". Miralles chiede al proprio progetto di essere, in primo luogo, GENEROSO, nei confronti della città. Così Riccardo Dalisi nel suo primo libro scriveva "Il committente primo è sempre la città, la cultura della città cui va riferita l’opera. In tal modo anche l’architettura si pone al livello della struttura urbana. È a tale livello che la forma non è astratta e riesce ad essere struttura della città….Di quale natura è il rapporto e come si giunge ad esso?..."(R.Dalisi, FORMA (intervallo) SPAZIO, CESVIS, Napoli 1967). Miralles definisce il rapporto tra il suo progetto e la città con la parola generoso. Non richiama termini da altre discipline: intervenire..., intervenire con il bisturi..., incidere..., ricucire..., o peggio come qualche decennio fa quando si parlava di sventrare..., bonificare.... Non ricerca analogie e rimandi, colloca il rapporto sul piano morale. "...la ricerca di un linguaggio adeguato alla descrizione di ciò che si vuol fare si identific(a) con la stessa ricerca formale..." (R.Dalisi op.cit.).
"...Appare il senso del paesaggio interiore..." ancora un passaggio, una frase all’inizio enigmatica e la relazione apre nuovi spazi di riflessione. Paesaggio reale, paesaggio fisico, ambiente urbano, contesto, analisi del contesto, tutto è superato. Miralles fa discendere il progetto, a forgiare il contesto, dal senso di un "paesaggio interiore". Inutile chiedersi cosa è un "paesaggio interiore" o cosa lui intenda. Affinché dell’indicazione metodologica non resti solo un vago senso evocativo occorre impostare una disciplina che lavori su questa indicazione. Miralles non è risultato vincitore del concorso ma il suo progetto ha certamente aperto nuovi sentieri di ricerca. È questo anche il senso giusto per intendere e valorizzare il concorso di architettura.
Un lungo e difficile lavoro di ripensamento su vecchie scelte, una nuova ed avanzata impostazione urbanistica, la scelta finale sofferta e ampiamente dibattuta in città, e poi l’impegno e l’organizzazione del concorso, la forma ed i contenuti del bando, la scelta della commissione giudicatrice, l’impegno di un composto assessore all’urbanistica, la determinazione di un Sindaco, la qualità culturale e professionale di un famoso urbanista ed infine la scelta all’unanimità del progetto vincitore consegneranno alla città la prima grande opera di architettura moderna.
Salerno, forse, sarà la prima città ad essere "orgogliosa della propria Corte di Giustizia".
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