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Ricostruire le torri gemelle
di Marcello Silvestro

Gli eventi tragici dell’11 settembre hanno segnato un momento di riflessione importante.
Ci si è chiesti, e ci si chiede, della convenienza e necessità di costruire edifici tanto alti, dello sviluppo verticale delle città e delle loro vulnerabilità e debolezza.
Dibattiti ed interrogativi sui concetti di densità e di mobilità, sulla necessità dei grattacieli, come unica soluzione possibile per la sovrappopolazione urbana: nel 2006, secondo una stima dell’ONU, la metà delle popolazione mondiale vivrà in città. Lo sviluppo in verticale delle città, come quello di molte grandi metropoli statunitensi, è determinato dalla sempre maggiore carenza di spazi edificabili, dall’addensarsi di attività economiche e finanziarie e dalla convenienza di creare una rete di metropolitane che colleghi una sola area piuttosto che diverse aree.

I grattacieli sono gli elementi che caratterizzano la nuova concezione della città, capaci di svilupparsi in verticale quasi senza limiti. Opere d’ingegno, rappresentano l’entusiasmo di un popolo a delineare il volto delle proprie città. Già da tempo, si presentano progetti di edifici sempre più alti: da quello immaginato circa cent’anni fa da Wright, alto un miglio, a quello progettato dagli ingegneri della società giapponese Taisei Corporation, denominato X Seed 4000, a forma di cono, con una altezza totale di 4.000 metri, capace di ospitare più di un milione di persone.

Le torri gemelle a New York erano alte 411 metri, la Sears Tower a Chicago è alta 440 metri; con i loro 445 metri, le Petronas Towers, progettate da Cesar Pelli a Kuala Lumpur, in Malaysia, sono i grattacieli più alti del mondo. Attualmente, è in costruzione il grattacielo alto 460 metri, sede del World Financial Center a Shanghai, progettato dallo studio Kohn Pedersen che sarà terminato entro il 2005; oltre all’acciaio, verranno utilizzati materiali sofisticati ed innovativi, come i calcestruzzi dalle elevatissime caratteristiche meccaniche. E ancora, a Tokyo, è prevista la Millennium Tower, alta 840 metri, progettata dallo studio Foster & Partners.

L’architettura è da sempre un’arte rappresentativa e prefigurante della realtà dell’uomo che assume la propria forma permeandosi nella scienza e nella tecnologia, nella storia e nella società, nella memoria e nel sogno, nel luogo e nel tempo. Ogni luogo è diverso, ogni società è diversa culturalmente, storicamente, psicologicamente, antropologicamente.

Ma quello che è unificante, in architettura, è un’emozione di fondo, ritrovabile in ogni società e in ogni tempo, che si carica di aspetti simbolici che vanno al di là dell’utilità e della funzione.

Già per le popolazioni primitive, abitare un territorio, costruire un’abitazione, definirne i propri spazi sono decisioni vitali per l’intera comunità in quanto si assume la creazione del mondo che si è scelto di abitare. Nelle popolazioni antiche nordamericane la casa ha un palo centrale che rappresenta l’Axis mundi, il Pilastro cosmico o l’albero del Mondo che collega la Terra al Cielo. Anche in altre popolazioni primitive è osservato lo stesso simbolismo. Nella struttura stessa dell’abitazione si rileva il simbolismo cosmico. Il Cielo è concepito come una enorme tenda sostenuta da un pilastro centrale: il piolo della tenda o il fulcro centrale della casa sono chiamati i pilastri del mondo.

La gente di New York, l’unica città a poter essere definita la capitale del mondo, ha i suoi grattacieli per reggere il Cielo, che sono qualcosa di più di un'icona dell’economia americana o di una espressione tecnologico – formale e le Twin Towers, i grattacieli più alti della città, ne rappresentavano l’Axis mundi.

Dal punto di vista puramente architettonico, le torri gemelle, con le loro semplici facciate, non sono mai state considerate dei capolavori come gli storici grattacieli di New York: il Chrysler Building, il Flatiron Building, l'Empire State Building, il Seagram Building. È però innegabile che le Twin Towers avessero un fascino ed una importanza tali da essere mete di migliaia di turisti e ciò era dovuto alla loro dimensione doppia, alla loro giustapposizione, alla loro altezza e all’imponenza monumentale tali da determinare in modo deciso lo skyline newyorkese e a fissarne un orientamento.

Si potrebbe continuare col tessere un elogio alle torri gemelle per invocarne la loro ricostruzione. Ma questo sarebbe solo un punto. La ricostruzione s’impone per un ordine superiore. Il crollo è dovuto al più terribile degli atti terroristici verificatosi nella storia dell’uomo che ha portato morte e devastazione, e ricercare colpe nell’architettura e nell’ingegneria non ha senso. La ricostruzione assume forza di atto simbolico contro il terrorismo e verso la vita, ancora più di un monumento.

Le torri vanno ricostruite, uguali come prima, nei volumi e nelle superfici.




Uniche variazioni dovranno essere migliorie tecnologiche, ovviamente, magari un collegamento tra le due torri, una sorta di abbraccio tra le due. Torneranno ad essere abitate, ad ospitare tutte quelle attività già presenti e continueranno ad essere meta dei turisti. Ritornerà la vita, e la memoria di tutte quelle vittime rimarrà imperitura nel tempo, perché, come afferma Martin Heidegger in Sentieri interrotti: "Un edificio, un tempio greco, non riproduce nulla. Si erge semplicemente, nel mezzo di una valle dirupata. Il tempio racchiude la statua del Dio ed in questo racchiudimento fa sì che, attraverso il colonnato, essa risplenda nella sacra regione. In virtù del tempio, Dio è presente nel tempio…".