|
New York: non solo "Big Apple" ma anche Arte e Design. Raymond Loewy New York rappresenta, nel mondo intero, la città simbolo dell’innovazione artistica e tecnologica; è l’unica città al mondo che attrae non per il suo passato ma per la sua storia recente, sempre proiettata al futuro. Non c’è azienda che non ambisca ad avere un ufficio o uno show-room nella città; non c’è artista che non si auspica di esporre in una delle prestigiose gallerie della città o ad esibirsi presso il Metropolitan Theatre; non c’è atleta che non ambisca di entrare nel Madison Square Garden. Con tutti i suoi contrasti, New York è sempre New York. La città è il simbolo dell’attrazione americana , quell’attrazione che portò negli Stati Uniti, intorno al 1937, anche a causa degli avvenimenti europei, uomini come Mies e Hinlberseimer a Chicago, Eliel Saarinen a Cranbrook, Konrad Wachsmann, Walter Gropius e Marcel Breuer ad Harvard. Tutti questi personaggi, in Europa, erano i massimi esponenti della modernità e, d’altronde, negli Stati Uniti i tempi erano maturi e promettenti per le loro ricerche. Lo stesso Gropius, che con il Bauhaus aveva teorizzato la cultura dell’oggetto di qualità a basso costo, non aveva potuto verificarne l’applicazione nella produzione di serie. Tali teorie, però, venivano già applicate negli Stati Uniti da un ingegnere di origini europee: Raymond Loewy. Loewy studiò a Parigi all’Ecole de Lanneau e si laureò in ingegneria nel 1918. Nel 1919, già trasferitosi negli Stati Uniti, aprì il suo primo studio professionale; a New York, nel 1929, fondò il primo centro di design e consulenza industriale, la "Raymond Loewy International". Raymond Loewy può essere considerato il primo vero designer dell’epoca moderna, dove la figura del designer è intesa senza limite di campo d’azione. Se oggi i centri stile "Pininfarina", "Italdesign", "Bertone" progettano di tutto, già nel 1934 Loewy aveva intrapreso questa strada. Cito la data del 1934 perché in quell’anno, su incarico di Sears Roebuk, progettò il frigorifero "Super Six" che è il primo esempio di prodotto industriale il cui successo commerciale è legato al design. Sears Roebuk e Raymond Loewy (a destra) in una foto del 1934 col frigorifero Super Six Le innovazioni erano concentrate nell’involucro e nella funzionalità, con una forma semplice e pulita; struttura in alluminio antipolvere, maniglione verticale con apertura a scatto per permettere l’apertura della porta anche con le mani impegnate; silenziosità che, secondo Loewy, rappresentava, per la casalinga, segno di qualità del prodotto. Tale frigorifero aveva, inizialmente, un costo molto elevato; però, il successo commerciale portò ad un notevole aumento della produzione per cui i costi si ridussero notevolmente e Loewy poté affermare che: "il buon aspetto estetico abbinato alla funzionalità del prodotto permette l’aumento del prestigio sia del prodotto che della casa costruttrice, creando l’incremento della produzione e la riduzione dei costi". Successivamente, su incarico della Coca Cola, disegnò la lattina per la omonima ditta per poi progettare, nel 1947, il dispensatore della stessa, di forma parallelepipeda, con tutti gli angoli e gli spigoli fortemente arrotondati. Ne studiò, inoltre, la grafica ed i colori. |
Dispensatore di Coca Cola |
Lattina di Coca Cola |
|
Studebaker - modello "Champion" |
Studebaker - modello "Champion" |
L’incarico conferito a Loewy dall’allora presidente della Studebaker, Paul Hoffman, prevedeva la progettazione di una vettura che fosse la "prima auto sport americana", sobria, aerodinamica e filante. Il risultato fu notevole, tanto che il Museo d’Arte Moderna (MOMA) di New York, nel 1953, scelse per un'esposizione 10 auto tra le più belle e la "Starliner" fu l’unica vettura americana a parteciparvi, tanto da essere definita "un’opera d’arte". La linea era tesa all’indietro e caratterizzata da un anteriore affusolato, basso e aerodinamico abbinato ad un posteriore ancor più basso e sfuggente. Studebaker - Starliner La linea sfuggente era messa ancora più in risalto dal montante posteriore inclinato all’indietro come il montante del deflettore. Il tutto era completato dalla spigolatura sulla fiancata che, nascendo dal faro, si protraeva per 2/3 della fiancata per ritornare in avanti ed annullarsi nei pressi del passaruota anteriore. L’anteriore affusolato aveva invecchiato bruscamente tutte le auto fino a quel momento caratterizzate da calandre grosse ed elaborate. Indubbiamente, il disegno dell’anteriore risente dell’influenza del nascente Italian Style, in quanto i baffi che compongono la calandra erano già stati montati su alcune Alfa Romeo di carrozzerie italiane. Inoltre, furono abbandonate le enormi cromature, fino a quel momento presenti su tutte le auto americane. L’auto riscosse un immediato successo grazie alla linea, ma grosse noie meccaniche ne decretarono il rapido declino. Nel 1961, Sherwood Ecbert divenne presidente della Studebaker. Il neo-presidente volle rilanciare l’azienda, ormai in cattive acque a seguito di scelte commerciali errate. Sherwood puntò su una vettura che alle alte prestazioni abbinasse una linea avveneristica da cui far derivare un'intera gamma di modelli. L’incarico fu ancora assegnato a Loewy che era, per l’azienda, garanzia di successo per la nascente vettura. Loewy si dedicò immediatamente al progetto per il quale aveva da rispettare poche semplici condizioni: linea slanciata come una freccia ed aerodinamica, posteriore basso e corto; abolizione della calandra; abolizione di tutto il superfluo in fatto di cromature e sovrapposizioni; strumentazione concentrata davanti al pilota con comandi sulla consolle centrale secondo influenze aeronautiche. Loewy convocò tre suoi collaboratori e, precisamente, John Ebstein, Bob Andrews e Tom Kellog, giovane studente dell’Art Center. Il gruppo si ritirò a Palm Spring, in California, dove Loewy aveva un suo atelier e lavorò a tale pieno ritmo che, dopo una settimana, era pronto un modello in creta della nuova vettura. Tale modello, presentato alla Studebaker, ne ottenne l’immediata approvazione. Dopo circa un mese, il team era pronto con il modello definitivo che fu battezzato "Avanti". L’auto era una coupè quattro posti e due porte di grosse dimensioni caratterizzata da tutta quella serie di novità stilistiche che erano alla base del progetto richiesto da Sherwood. Studebaker - Avanti L’auto era priva di calandra ed il raffreddamento era assicurato da un'ampia feritoia posta sotto il paraurti (tale soluzione verrà ripresa circa 30 anni dopo dalla Volkswagen per il modello "Passat"). Questa configurazione dava alla vettura la massima sobrietà a cui contribuivano i paraurti sottili , privi di rostri e quasi integrati nella carrozzeria. La fiancata, con una leggera ondulazione, risultava slanciata ed equilibrata in tutte le sue componenti dando alla vettura la giusta immagine sportiva. Studebaker - Avanti Tutte le componenti furono pensate in termini di sobrietà come le maniglie a filo carrozzeria, le luci di posizione piccole ed incassate. Alla sobrietà dell’esterno si abbinò un interno ricercato e razionale. Tutta la strumentazione era raccolta davanti al pilota e tutti i comandi erano a portata di mano. Loewy continuò nella progettazione di auto anche se, oramai, lo stile europeo aveva preso slancio e i carrozzieri si erano notevolmente evoluti, divenendo anch’essi veri e propri designer con ampi campi d’azione fino ad allora negatigli. Infatti, solo 11 anni dopo, la mostra "Italy: The New Domestic Landscape. Achievements and Problems of Italian Design", tenutasi al Museo D’Arte Moderna di New York (dal 26 maggio all'11 Settembre 1972), sancirà la nascita dell’Italian Style che ha dominato e continua a dominare il panorama mondiale. |