Georges Rouault. Miserere
Misere et guerre [Flavio Arensi]
L'attualità del messaggio di Rouault [Carlo Ghielmetti]
L'attualità del messaggio di Rouault
di Carlo Ghielmetti
"Rouault si oppone a quasi tutti i pittori del proprio tempo. Non si aspetta dai colori un equilibrio, ma un significato, la sua arte non si esprime in funzione della parola bello, ma della parola essere. E come Michelangelo elevava contro la rivendicazione della polvere dei morti, le figure sovrumane delle sibille, così Rouault si sforza di elevare contro di essa, la contemplazione della bassezza umana e della carità del Cristo". Questo diceva André Malraux. Così, il grande scrittore francese sintetizzava, in modo mirabile, il messaggio e le finalità dell'opera di Georges Rouault. E così, con le stesse frasi, riusciva a mettere il giusto accento sulla perennità dell'opera di Rouault e sulla sua modernità. Certo, trovarci a discutere sull'attualità di un artista come Rouault, o su quella di una delle sue creazioni più importanti e, forse, più sofferte, rappresenta, a seconda di come la si voglia vedere, una garbata provocazione, o un inutile sofisma. Ma se lo si fa è per sfuggire alla tentazione, tanto cara agli storici dell'arte, di codificare tutto l'operato di un artista all'interno del periodo nel quale ha agito, e delle influenze con le quali è venuto in contatto. Ma per quanto questo tipo di studio sia assolutamente necessario, ci sentiamo, forse con un po' di presunzione, convinti del fatto che un lavoro come quello di Rouault e, in particolare, il suo 'Miserere', possa avere la forza per saper essere apprezzato e sentito ben anche al di là delle mere considerazioni storico-artistiche, tecniche e stilistiche. E, crediamoci o meno, non è un fatto da poco. Non è, infatti, ancora troppo lontano il tempo in cui trionfavano incontrastati movimenti artistici che si proponevano, nei loro manifesti programmatici, di rinnovare l'arte e, in alcuni casi, la società nella sua totalità, che già fatichiamo a ricordare i nomi dei protagonisti di quegli anni.
Il motivo secondo cui Rouault sia riuscito a superare indenne le barriere della moda, del tempo e delle considerazioni stilistiche risiede un po' anche nel suo personale atteggiamento nei confronti degli uomini e dell'arte. Rouault, infatti, non si curava molto degli uomini, e neppure dei loro giudizi. Per 'arte' intendeva solo quello che lui sentiva realmente provenire dalle proprie sensazioni e dal proprio intimo. E questo rigore permise al suo lavoro di sfuggire a qualsivoglia classificazione che, di fatto, risulta difficilmente iscrivibile a qualsiasi corrente artistica a lui contemporanea. Poco incline alle ricerche formali dei fauves, Rouault si sentiva lontano anche dalla poetica espressionista cui fu costantemente accostato, nonostante avesse più volte dichiarato il proprio dissenso. Rouault riteneva che la tecnica pittorica o grafica dovesse necessariamente essere secondaria rispetto all'idea, strumentale al suo 'bisogno interiore'. Doveva essere quindi un mezzo per descrivere le cose che sentiva nel profondo della sua anima e non certo un fine. Ricordiamo, a tal proposito, il già citato Malraux: "Lui non si aspetta dai colori un equilibrio, ma un 'significato'; la sua arte non si esprime in funzione della parola bello ma della parola essere". Che è poi l'essere inteso nel senso esistenziale del termine, in cui l'uomo, gettato nella società, si incontra con le sue situazioni limite, come la morte, la sofferenza, il dolore, la colpa. È l'uomo preso all'interno del tessuto societario; l'uomo visto nella propria debolezza, nella propria sventura, nella propria fragilità. È lui che diventa il fulcro e il centro di gravità dell'arte di Rouault. E se l'analisi si focalizza sull'uomo, non v'è limite temporale che tenga. Non solo ritorna di grande attualità, ma scavalca il concetto stesso di epoca, per diventare atemporale ed eternamente presente. Ma chi è l'uomo di Rouault? E soprattutto, chi è l'uomo che Rouault ritrae nel 'Miserere'? È un uomo solo di fronte al tragico destino del mondo, un uomo prostrato, un uomo stanco, un uomo addolorato, un uomo dal grido silenzioso e dall'assordante e insopportabile silenzio. È un uomo che vede scorrere sotto i suoi occhi l'assurdità di un avvenimento doloroso quanto inutile come quello della Prima Guerra Mondiale. È forse un uomo e basta; non dissimile da quello che scorgiamo a tratti nei telegiornali che quotidianamente ci rimandano, da ogni angolo della terra, immagini di guerra e sopraffazione. È un uomo dalla dignità rubata che ascolta l'imperativo categorico di Kant - "Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre anche come un fine e mai unicamente come un mezzo" - con un muto dolore e un'insanabile tristezza.
Ma l'analisi dell'uomo in Rouault si accresce di una critica sociale di grande spessore. Il suo uomo, infatti, non è solo quello umiliato dai dolori della guerra. Ma è anche quello che si appresta a subire le violenze di una società alienante, dove il ruolo della nascente borghesia, rozza, stupida, invidiosa, assetata di benesseri solo materiali, finirà per emarginare tutti coloro i quali non condividono i loro falsi ideali, restando insensibile e indifferente alle grida d'aiuto dei più indifesi. Rouault riesce però ad andare al di là di ogni possibile condanna o considerazione politica. Ed è per questo che la sua visione sociale rimane di straordinaria attualità, con una società che spinge alla soddisfazione dei bisogni secondari e voluttuari, tutti ugualmente inutili. Fosse vissuto qualche anno dopo, anche Rouault sarebbe d'accordo con l'analisi di Marcuse, secondo cui: "Il migliorato tenore di vita è viziato dal controllo che invade tutta la vita. La gente alloggia in concentrazioni di appartamenti e possiede automobili private con le quali non può fuggire in un mondo diverso. Si possiedono enormi frigoriferi carichi di cibi congelati. Si comperano dozzine di giornali e di riviste che divulgano tutte gli stessi ideali. Tutti hanno innumerevoli scelte, innumerevoli marche di fabbrica, che sono tutte della stessa qualità e li tengono occupati e fanno divergere la loro attenzione da quella che dovrebbe essere l'unica vera conclusione: rendersi conto che potrebbero lavorare meno e determinare i loro bisogni e le loro soddisfazioni da sé". Certo, Rouault non poteva giungere a queste conclusioni: il tessuto sociale in cui viveva lui non era a tal punto cambiato da fargli presupporre uno sviluppo così radicale della società. Ma è certo, che Rouault aveva individuato nella diffidenza del nuovo potere della borghesia, che si rivolgeva anche alla cultura, alla giustizia, alla politica, uno dei punti cardine della propria speculazione che sapeva poi magistralmente tradurre in immagini. Rouault, quindi, mette in scena il suo mondo di prostitute, di giudici, di clown. Il clown, estrema immagine dell'uomo moderno, costretto a truccarsi per poter sopravvivere - "Qui ne se grime pas?" - costretto a sorridere, nonostante il suo spirito sia sempre di più solitario e triste. Una condizione particolare, una serie di immagini, una metafora straordinariamente efficace.
L'uomo di Rouault è in fondo l'uomo esistenzialista, che calca la mano sui caratteri negativi dell'esistenza umana nel mondo, sul suo essere provvisorio, sulla sua debolezza e fragilità, sull'alienazione nella società, accantonando una volta per tutte la Ragione romantica, ridotta a mero strumento che l'esistenza stessa utilizza per comprendersi e chiarirsi.
È l'esistenza, dunque, come modo d'essere dell'uomo in costante rapporto col mondo, a diventare il caposaldo delle sue opere. L'esistenza che ha un rapporto immediato, e sarebbe meglio dire immediatamente vissuto, con l'essere; laddove per 'essere' si intende gli altri uomini, le cose che l'uomo adopera e incontra ogni giorno, il mondo in cui vive, e persino Dio, incarnato nella figura del Cristo. Ed è proprio il Cristo, la sua figura di penitente e di sofferente il punto da cui ripartire per rifondare i valori dell'uomo, dopo che la condizione umana era uscita enormemente prostrata di fronte agli eccidi e dai massacri delle due guerre mondiali. In tutta l'opera di Rouault, il Cristo agonizzante è una figura umana, un umile modello di tutte le sofferenze terrene che dureranno finché durerà il mondo. Ed è proprio nel contrasto tra la mitezza divina e la malvagità umana che Rouault pone la figura del Cristo quale redentore, speranza e attesa di un rinnovamento terreno dell'uomo.