Il Rinascimento a Roma. Nel segno di Michelangelo e Raffaello
Roma - Museo Fondazione Roma a Palazzo Sciarra
Dal 25 ottobre 2011 al 12 febbraio 2012
A cura di: Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli
Dopo il successo della grande mostra dedicata al Quattrocento romano, la Fondazione Roma offre al pubblico un'affascinante retrospettiva sulla Roma del Cinquecento. La mostra Il Rinascimento a Roma. Nel segno di Michelangelo e Raffaello indaga e approfondisce per la prima volta gli aspetti artistici, e insieme architettonici e urbanistici del Cinquecento nell'Urbe.
Promossa dalla Fondazione Roma, l'esposizione è organizzata dalla Fondazione
Roma-Arte Musei con Arthemisia Group, in collaborazione con la Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo
Museale della Città di Roma, e sarà ospitata nelle sale del Museo Fondazione
Roma, a Palazzo Sciarra dal 25 ottobre 2011 al 12 febbraio 2012.
Afferma il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della
Fondazione Roma: “L'esposizione Il Rinascimento a Roma. Nel segno di Michelangelo
e Raffaello si inserisce in un progetto di più ampio respiro che vede la
Fondazione Roma coinvolta in prima linea nello sviluppo culturale della città e
del suo territorio, impegno reso manifesto dalle molteplici attività da essa
promosse, ultima delle quali questa importante esposizione che mira a
raccontare uno dei momenti più alti della storia artistica della Città Eterna.
La Città dei Papi nel Cinquecento ha rappresentato un fondamentale luogo di
incontro, di ispirazione e di scambio per artisti provenienti da realtà
culturali diverse tra loro, rendendo più evidente il ruolo della cultura quale
linguaggio universale capace di superare i meri confini geografici e coniugare
esperienza artistiche differenti. È in tale contesto che si muove il progetto
interculturale della Fondazione Roma che nel corso degli anni ha inteso
diffondere e valorizzare la nostra storia in rapporto con le altre forme e
manifestazioni artistiche, fermamente convinta del valore dell'Arte e della
Cultura quali linguaggi universali capaci di infrangere i confini e superare le
diversità. In questa prospettiva si inserisco le mostre ospitate nel corso
degli anni negli spazi espositivi del Museo Fondazione Roma che dalla lontana
Cina con l'esposizione dedicata alla figura dell'Imperatore Qianlong, ha volto
poi lo sguardo nuovamente ad oriente presentando il Mondo della Natura
dell'artista okiyoe Hiroshinge e che prosegue il suo percorso dedicando, nella
prossima stagione, due importanti esposizioni all'Impero Indiano di Akbar (XVI-XVII
sec.) e alla dinastia dei sasanidi in Iran (IV-VII sec.)”. “Dopo il successo
delle precedenti mostre dedicate al Quattrocento e al Settecento - prosegue il
Presidente - questa volta ad essere protagonista è il Cinquecento romano,
l'epoca aurea del Rinascimento. Un'era memorabile nella storia dell'arte e
della cultura, in cui il mecenatismo di papi lungimiranti, come Giulio II della
Rovere, Leone X de' Medici e Paolo III Farnese attira in città maestri come
Michelangelo e Raffaello. La mostra non si limita ad indagare gli aspetti
artistici di questa straordinaria epoca, ma, come le due esposizioni citate, si
propone di offrire al visitatore la comprensione di un clima culturale in senso
ampio. Inoltre, all'interno dell'ambizioso progetto espositivo la Fondazione ha
deciso di sostenere il restauro di importanti capolavori di questa stagione
artistica”. “Si tratta dunque di una mostra - conclude il Presidente Emanuele -
che ribadisce l'impegno istituzionale della Fondazione Roma per la città di
Roma e in senso più ampio per la tutela e la valorizzazione dell'Arte e della
Cultura”.
La mostra Il Rinascimento a Roma. Nel segno di Michelangelo e Raffaello deve
considerarsi il continuum di quella dedicata al risveglio quattrocentesco della
città, intitolata Il '400 a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a
Perugino voluta dal Presidente della Fondazione Roma Emmanuele F.M. Emanuele
nel 2008, curata da Marco Bussagli e Claudio Strinati, con il coordinamento di
Maria Grazia Bernardini.
Questa volta l'esposizione, a cura di Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli,
illustra l'arte nel Cinquecento della Città eterna, dall'alto Rinascimento
della Roma di papa Giulio II e Leone X - e dei due massimi artisti,
Michelangelo e Raffaello - fino all'arte dei decenni successivi che,
sostanziata di cultura umanistica, declina verso una astrazione della forma più
elegante e decorativa per arrivare all'epoca della morte di Michelangelo (1564)
profondamente condizionata da una nuova e coinvolgente religiosità.
Per l'occasione la Fondazione Roma ha provveduto a restaurare alcune
importantissime opere, tra cui la Pietà di Buffalo (Stati Uniti) di ambito
michelangiolesco (con attribuzione a Michelangelo stesso da parte di alcuni
studiosi), che verrà esposta in mostra dopo il restauro realizzato sotto la
direzione dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma.
La mostra si avvale di un prestigioso comitato scientifico presieduto da
Vittorio Sgarbi e formato da Cristina Acidini, Maria Grazia Bernardini, Marco
Bussagli, Nicole Dacos, Marzia Faietti, Marcello Fagiolo, Kristina Herrmann
Fiore, Sylvia Ferino Pagden, Christoph L. Frommel, Anna Lo Bianco, Maria Luisa
Madonna, Lorenza Mochi Onori, Antonio Paolucci, Silvia Danesi Squarzina,
Rossella Vodret, Alessandro Zuccari.
LA MOSTRA
L'evento riunisce opere d'arte nell'intento di raccontare un'epoca ricca di
vicende politiche e religiose in tutta Europa, che si ripercossero sulla Città
eterna, spesso anche in maniera devastante.
Questo ricco momento storico del ‘500 romano prese avvio dal pontificato di
Giulio II (1503-1513) per arrivare al 1564, anno della morte di Michelangelo,
che seguì di poco la conclusione del Concilio di Trento nel 1563. Tale data
suggellò un'epoca aprendone contemporaneamente un'altra all'insegna di quella
Controriforma che, reagendo alla Riforma protestante, portò a un radicale
mutamento del clima sociale, culturale e artistico in tutto il Vecchio
Continente.
Il fortunato avvicendarsi al soglio pontificio di illustri e grandi mecenati
quali Giulio II della Rovere, Leone X e Clemente VII de' Medici, Paolo III
Farnese e la concomitante presenza a Roma di Michelangelo e Raffaello furono la
spinta propulsiva del secolo: uno tra i più fiorenti di tutta la Storia
dell'arte.
Per illustrarlo è stato selezionato un nucleo straordinario di oltre 170 opere,
tra sculture, dipinti, disegni, incisioni e medaglie provenienti da importanti
istituzioni museali italiane e straniere, tra cui, oltre ai maggiori Musei
romani, i Musei Vaticani, la Galleria degli Uffizi, il Museo Nazionale del
Bargello di Firenze, la Pinacoteca Nazionale di Capodimonte di Napoli, e il
Kunsthistorisches Museum di Vienna, l'Hermitage di San Pietroburgo, l'Albertina
Museum di Vienna, e la già citata Royal Library di Londra.
Per introdurre il visitatore nel clima suggestivo del Rinascimento a Roma
saranno esposti capolavori di Raffaello, quali l'Autoritratto e il Ritratto di
Fedra Inghirami, e di Michelangelo, quale il David-Apollo proveniente dal Museo
Nazionale del Bargello, oltre a numerose opere d'arte di artisti coevi, come
Sebastiano del Piombo e Francesco Salviati.
Capolavori antichi come la Statua di Afrodite accovacciata di Palazzo Altemps e
il Dioniso ed Eros del Museo Archeologico di Napoli, che apparteneva alla
collezione Farnese, dialogano con opere moderne a testimoniare quanto l'antico
favorì la radice vitale del momento artistico cinquecentesco, divenendo fonte
di ispirazione per alcuni e di emulazione per altri: in mostra la copia del
Laocoonte di Pietro da Barga dal Museo del Bargello, oltre allo splendido
disegno del Pantheon realizzato da Raffaello come studio.
Il momento storico e la concomitante parabola artistica furono però minati
dalla tragedia del Sacco di Roma che vide nel 1527 la città messa a ferro e
fuoco dalle truppe imperiali di Carlo V. Quale rappresentazione del tragico
episodio, in mostra sono esposte due opere di Sebastiano del Piombo - Ritratto
di Clemente VII - raffiguranti il papa seduto sul soglio pontificio al tempo
del Sacco: l'opera del 1526 raffigura Clemente VII glabro, mentre quella del
1527 lo ritrae con la barba. Le opere a confronto sono esaustive di un'epoca
caratterizzata da una profonda angoscia.
La rinascita della città dopo il 1530 coincise con il papato di Paolo III
Farnese, colui che commissionò a Michelangelo la decorazione della parete di
fondo della Cappella Sistina. In mostra una grande tavola di Marcello Venusti
che copia il Giudizio Universale, rendendo omaggio al grande affresco, tra i
capolavori indiscussi di tutta la Storia dell'arte.
La ricchezza artistica dell'epoca è altresì documentata dal compimento della
straordinaria impresa architettonica del rifacimento della Basilica di San
Pietro, di cui in mostra sono presenti i modelli lignei che illustrano anche
l'originario progetto con le due torri campanarie.
Esposte anche opere di Perin del Vaga, Daniele da Volterra, Jacopino del Conte,
Taddeo Zuccari e Federico Zuccari, Girolamo Muziano e Marcello Venusti.
Novità assoluta è la suggestiva ricostruzione virtuale in 3D della meravigliosa
Loggia di Amore e Psiche della Farnesina, l¹antica Villa voluta da Agostino
Chigi a Porta Settimiana e affrescata dalla scuola di Raffaello, nonché della
volta della Cappella Sistina e del "Giudizio" di Michelangelo
riprodotte in mostra grazie alla tecnologia ENEA, ovvero alla tecnica laser
dell'ITR100 inventato da Giorgio Fornetti e dal suo staff.
Il pubblico della mostra potrà così immergersi in uno scenario virtuale di
affreschi affascinanti che raccontano mirabili storie e miti antichi nella
seducente atmosfera del Cinquecento romano.
L'INTRODUZIONE DI MARIA GRAZIA BERNARDINI E MARCO BUSSAGLI
L'idea di realizzare una mostra sul Rinascimento a Roma, o meglio, sul
secondo Rinascimento, quello che occupa il periodo più bello del XVI secolo, è
nata in chi scrive immediatamente dopo aver portato a termine la complessa e
non facile impresa della precedente esposizione dedicata a Il Quattrocento a
Roma. La Rinascita delle arti da Donatello a Perugino. Questa nuova fatica,
perciò, può considerarsi il naturale completamento dell'altra in quanto il
Quattrocento romano altro non è che la felice premessa di quello che si
svilupperà nel corso della prima metà del secolo successivo.
Il primo problema che si presentava ai nostri occhi, infatti, era quello del
limite cronologico dal momento che il Cinquecento, in tutta Europa, ma a Roma
in particolare, non è un secolo omogeneo. Le soluzioni possibili, infatti,
erano diverse. Si poteva disegnare il discontinuo andamento di tutto il secolo,
fino ai prodromi del successivo, coinvolgendo anche la figura di quel Merisi
giovane che avrebbe poi segnato profondamente l'arte del Seicento. Oppure,
tenendo conto del 2011 come ricorrenza dell'anno vasariano, si poteva chiudere
il percorso espositivo all'anno della scomparsa del grande aretino. Tuttavia,
il 1574, che vide la morte di Giorgio Vasari, cadeva in un momento di passaggio
fra il pontificato di Pio V Ghisleri (1566-1572) e quello di Gregorio XIII
Boncompagni (1572-1585) che non poteva considerarsi come la conclusione di un
periodo, quanto piuttosto la continuazione di una tendenza che, iniziata con il
rigore religioso di Pio V, si sarebbe perpetuata fino al pontificato di Sisto V
(1585-1590) il quale, a sua volta, avrebbe costituito, lui sì, un punto di
cesura rispetto al periodo precedente. In questo modo, però, si sarebbe di
certo sfilacciata quell'idea di Rinascimento che voleva essere la stella polare
dell'organizzazione della mostra. Tuttavia, anche fermarsi – come classicamente
si usa fare –, alla morte di Raffaello, avrebbe proposto un'immagine falsa ed
edulcorata del Rinascimento, non fosse altro che per il fatto che mentre il
Sanzio passò a miglior vita nel 1520, Michelangelo, l'altro indiscusso
protagonista del Rinascimento a Roma (e non solo) seguitò a lavorare nella
città eterna fino al 1564, quando lasciò questa terra. Non solo, ma il
Rinascimento romano dovette anche misurarsi con quell'immane tragedia che fu il
Sacco di Roma perpetuato dai Lanzichenecchi di Carlo V per più di un anno. Un
dramma al quale l'urbe seppe reagire proprio grazie alla spinta ed alla
creatività rinascimentale. In altre parole, il Sacco fu il banco di prova del
Rinascimento che seppe sanare quella profonda ferita; sia pure a costo di
profondi cambiamenti e intime modificazioni che, come noto, investirono la
Cristianità intera. Artefice di questo nuovo percorso non fu tanto Clemente VII
(1523-1534) che subì il Sacco sulla propria pelle e ne rimase intensamente
segnato, ma Paolo III (1534-1549) che promosse la Controriforma ed il Concilio di
Trento, pensato in quella città nel 1542, inaugurato nel 1545 e chiuso nel
1563, un anno prima della morte di Michelangelo. Tuttavia, Paolo III non fu
solo l'austero riformatore della Chiesa ed il fiero oppositore di Carlo V (che
il suo predecessore
aveva incoronato imperatore a Bologna, tre anni dopo il Sacco), ma fu pure il
collezionista d'arte, il mecenate munifico, il committente per eccellenza, il
latinista raffinato. In una parola fu di nuovo uomo del Rinascimento e per
questo non se ne poteva escludere la figura. Un Rinascimento fermo ai primi
venti anni del Cinquecento sarebbe stato, perciò, un Rinascimento falso,
incompleto, storicamente inattendibile. Si è quindi deciso di considerare il
periodo che va dai prima anni del Cinquecento alla morte di Michelangelo che
coincide pressappoco con la chiusura del Concilio di Trento e con la
pubblicazione del volume di Giovanni Andrea Gilio Dialogo nel quale si ragiona
degli errori e degli abusi de' pittori circa l'istorie con molte annotazioni
fatte sopra il Giudizio di Michelagnolo che emblematicamente segna il passaggio
ad una nuova epoca, diversa nel cuore e nella mente.
Il secondo problema, ancora più complesso, consisteva nel sintetizzare al
massimo un periodo della storia dell'arte così ricco, così vasto, così denso di
novità e sperimentazione. Negli ultimi anni si sono susseguiti numerosissimi
studi e mostre monografiche su tanti protagonisti, a cominciare proprio da
Michelangelo e Raffaello, per proseguire poi con Sebastiano del Piombo, Daniele
da Volterra, Salviati, Zuccari, per citarne solo alcuni, che hanno messo in
luce ad esempio un rapporto intenso di Michelangelo sia con Sebastiano del
Piombo sia con Daniele da Volterra e sia con Marcello Venusti, o il ruolo così
centrale di Perin del Vaga; così come molti studiosi, da Calì a Pinelli, da
Kliemann a Joannides, da Firpo a Pfeiffer, da Strinati a Nicole Dacos, da
Frommel a Fagiolo, hanno proposto nuove interpretazioni e analisi approfondite
dei fenomeni artistici nel loro complesso e sui concetti di Rinascimento e
Manierismo. La mostra tiene conto di queste ricerche e le restituisce al
pubblico attraverso la scelta delle opere esposte. Basandosi sulla
constatazione che l'arte a Roma fu più che altrove condizionata dai due sommi
artisti, Michelangelo e Raffaello (di cui un esempio paradigmatico potrebbe
essere il dipinto della Galleria Borghese, La Madonna con Bambino di Giulio
Romano, dove raffaellesca è l'impostazione e di evidente derivazione
michelangiolesca le torsioni e il plasticismo delle figure, ma anche l'adesione
al lessico michelangiolesco da parte di artisti che lavoravano nella cerchia di
Perin del Vaga e quindi di stretta aderenza al mondo raffaellesco, dopo la
scoperta del Giudizio Universale) si faceva strada l'ipotesi di seguire i due
numi tutelari dell'arte a Roma: Raffaello e Michelangelo. Fu così, da queste
continue riflessioni che, nell'ambito di una riunione del Comitato Scientifico,
Cristina Hermann Fiore ebbe l'intuizione del titolo che è stato adottato e che
rispecchia in pieno lo spirito della mostra: Il Rinascimento a Roma. Nel segno
di Raffaello e Michelangelo.
Nasceva, in questo modo, un progetto di grande impegno, che avrebbe fatto
tremare le vene ai polsi a chiunque, intorno al quale si è costruito un
percorso espositivo che si articola in sette sezioni che, talora si modulano in
ulteriori declinazioni pensate per affrontare un tema da più punti di vista. Si
susseguono, così: La Roma di Giulio II e Leone X, la prima sezione dedicata ai
due papi, e agli anni dell'Alto Rinascimento, con opere dei due sommi maestri e
di tanti artisti che erano presenti in quegli anni d'oro. Le rappresentazioni
in 3D della Volta della Sistina e
delle Logge di Raffaello (realizzate grazie alla tecnologia ENEA dell'ITR100 di
Giorgio Fornetti e dei suoi collaboratori) potranno permettere al pubblico di
soffermarsi sui particolari più affascinanti delle due grandiose imprese. Il
Rinascimento e il rapporto con l'antico, è una sezione che propone i diversi
rapporti dell'arte di allora con l'antico, dalla scoperta di reperti antichi,
alla copia di famose sculture, al collezionismo. La terza sezione, La Riforma
di Lutero e il Sacco di Roma, pone l'accento sulle implicazioni politiche e
religiose di quel dramma storico e spirituale. I fasti farnesiani, la quarta
sezione, invece, palesa la dimensione pubblica e quella privata di Paolo III e,
nel contempo, sottolinea la profonda differenza tra l'arte prima e dopo il
Sacco ancora legata alla cultura umanistica, anche se ormai lontana dalle
aspirazioni all'armonia e alla serenità del primo Cinquecento, sebbene aperta a
una nuova spiritualità. Così, l'arte offre un linguaggio moderno, elaborato,
ricco, elegante e raffinato, sempre sulla scia dei due grandi maestri. La
quinta sezione è dedicata a La Basilica di San Pietro, ossia la più grande
impresa architettonica della Cristianità. La maniera a Roma alla metà del
secolo, come dice il titolo, documenta nella sesta sezione, le diverse
variazioni sui temi del michelangiolismo e del raffaellismo incarnati da artisti
come Venusti, Salviati, gli Zuccari, Marco Pino, Siciolante, Muziano e molti
altri, che hanno visto nei due grandi maestri altrettanti punti di riferimento.
Conclude il percorso la settima sezione intitolata Gli oggetti che documenta la
dimensione quotidiana, civile e religiosa della Roma cinquecentesca, con
piatti, ceramiche, reliquiari e quant'altro.
Il Rinascimento a Roma, fu un fenomeno di portata europea che presto divenne un
termine di paragone per tutti gli Stati nazionali allora più o meno in embrione
per l'Impero stesso che vi vedeva il proprio fondamento. Allora, sarebbe stato
importante testimoniare del rapporto tra l'arte italiana e l'arte fiamminga,
francese, tedesca e spagnola, ma questo aspetto è un'altra storia.
Maria Grazia Bernardini - Marco Bussagli