La biografia di Antonio Canova
La mano e il volto di Antonio Canova. Nobile semplicità
Serena grandezza
Ritrarsi e farsi ritrarre: un atto di procreazione di Mario Guderzo
Ritrarsi e farsi ritrarre: un atto di procreazione
di Mario Guderzo
Sappiamo con certezza che Antonio Canova lesse e studiò le pagine del Saggio
sopra la pittura di Francesco Algarotti, edito a Venezia nel 1784, non solo
perché costituiva uno dei testi fondamentali per l'apprendimento dei principi
dell'arte, ma anche perché il volume appare nel catalogo della sua biblioteca,
collocato tra i diciassette volumi delle Opere, edite in 8°, a Venezia, due
anni dopo, nel 1786. Possiamo immaginare le meditazioni che Canova fece sul
testo dedicato alla pittura ed alla convinzione della bontà della stessa,
soprattutto quando, nell'introduzione, si sarà imbattuto sulla considerazione
della “verità” di quest'arte, dice, infatti, l'Algarotti: “Che se arte ci è
alcuna la quale oltre al natural genio riechieggia senza altro svagamento, un
particolare e pertinacissimo studio, la pittura è pur dessa: quell'arte, cioè,
in cui la mano dee francamente eseguire quanto di più bello e peregrino può
apprendere la fantasia; che si propone di giugnere a dar rilievo alle cose
piane, luce alle scure, lontananza alle vicine, vita ed anima ad una tela:
onde, mercé i dotti suoi inganni, ella faccia dire allo spettatore: Non vide mé
di me vide il vero”.
Del resto, in una biblioteca così ricca, luogo materiale, ma anche ideale, la
produzione letteraria e quella artistica avevano il loro centro in una cultura
ricercata, selezionata, assimilata e rielaborata. La biblioteca ricostruiva il
laboratorio intellettuale dell'artista, fatto di documenti e di libri destinati
alla formazione. Nella pratica del Canova, infatti, vigeva la convinzione di
apprendere dai “sacri testi” i principi delle belle arti, così come soleva
farsi leggere i classici greci e latini, mentre era intento alla sua arte, o come
ricercava appassionatamente ed ammirava i capolavori prodotti per mano dei
grandi maestri, di cui Roma costituiva il “museo”.
Così Canova avrà considerato le riflessioni dell' Algarotti, nel capitolo sulle
Espressioni degli affetti, sempre nel suo studio dedicato alla pittura, sulla
necessità per l'artista di apprendere dalla natura, che deve essere maestra
anche nel modo di manifestare i sentimenti: “senza di essa è orba di vita
l'opera più bella; è come senz'anima. Non basta che il pittore sappia delineare
le più scelte forme, rivestirle de' più bei colori e bene comporle insieme, che
mediante i chiari e gli scuri faccia sfondare la tela, dia a' suoi personaggi
di convenienti vestiti e di graziose positure; conviene ancora che sappia
atteggiarli di dolore e di letizia, di temenza e d'ira, che scriva in certo
modo sulla faccia loro ciò che pensano, ciò che sentono, che gli renda vivi e
parlanti. E là veramente si esalta la pittura e diviene quasi maggiore di sé,
dove sa fare intendere assai più di quello che un vede dipinto”.
Per rappresentare questo “ sentire”, non c'è genere più opportuno del ritratto,
a partire dalla derivazione della parola: il verbo latino “re-traho”, che si
avvicina all'analogo termine “pro-traho”, da cui il francese portrait. In entrambi
i casi si indica proprio l'azione di "tirar fuori", di recuperare
l'immagine della persona che sta posando.
Il ritratto nasce dall'ambizione o dalla necessità di tramandare ai posteri la
propria immagine come testimonianza del proprio passaggio, la sua origine si
può ricercare in un istinto sicuramente molto vicino a quello della
procreazione, poiché sempre di “creazione” si tratta, sebbene artistica. La
considerazione che gli occhi sono lo specchio dell'anima è dello stesso
Leonardo, il cui interesse per la conoscenza non si rivolge più solamente al
mondo visibile, ma piuttosto a quello delle passioni intime, della sfera
psicologica, ed è testimonianza di un mutato atteggiamento della cultura tra la
fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. La possibilità di conoscere
il carattere ed indagare la psiche, attraverso lo studio del corpo, appaga la
necessità di rimandare una realtà non visibile a schemi noti e perciò
rassicuranti: può essere questa una delle motivazioni per cui l'arte nel corso della
storia ha affrontato ed interpretato in mille modi il tema del ritratto,
secondo una linea evolutiva che passa dalla fisiognomica toccando in età
moderna e contemporanea la psicologia e la psicanalisi.
Da: La mano e il volto di Antonio Canova. Nobile semplicità Serena grandezza
Possagno (Tv) - Museo e Gipsoteca Antonio Canova
Dall'11 ottobre 2008 all'1 marzo 2009