La biografia di Mimmo Paladino
La biografia di Brian Eno
Opera per l'Ara Pacis. Mimmo Paladino. Musiche di Brian Eno
Ara Artis di Achille Bonito Oliva
Conversazione con Mimmo Paladino di Federica Pirani
Necessità e bellezza di Ferdinando Scianna
Paladino/Eno all'Ara Pacis di James Putnam
Breve introduzione alla musica generativa di Brian Eno di Michael Bracewell
Eno. La musica della mente di Paolo Zaccagnini
Paladino/Eno all'Ara Pacis
di James Putnam
Un progetto che metta insieme, all'Ara Pacis di Roma, due talenti così diversi
come Brian Eno e Mimmo Paladino può sembrare un'idea singolare: ma questi due
artisti non appartengono a mondi realmente separati. Oltre a essere nati nello
stesso anno, il 1948, e aver studiato Belle Arti durante gli anni Sessanta, entrambi
hanno lavorato, intorno alla fine degli anni Settanta, sperimentando
combinazioni di elementi o moduli reiterati. Più precisamente ancora, possono entrambi
individuare una relazione tra arte visiva e arte del suono. Eno ha paragonato
la sua musica alla scultura, qualcosa che può essere tangibile nello spazio, che
può prendere forma attraverso una dimensione temporale ripetibile. E Paladino
crede che la creazione della musica dall'armonia dei toni sia paragonabile alla
creazione dell'arte visiva dall'armonia delle forme. Paragona anche la
disposizione delle forme compositive in pittura al contrappunto, alle note, agli
intervalli, ai ritmi e alle armonie in musica. Nel 1999 hanno collaborato alla installazione,
particolarmente apprezzata dalla critica, I Dormienti per il sotterraneo
della Roundhouse a Londra.
Il progetto per l'Ara Pacis ha la sua genesi ne I Dormienti ma da questi
si distacca per sensazioni e per collocazione. Nell'oscuro spazio sotterraneo,
rivestito di mattoni, della Roundhouse la scultura di Paladino e la musica
generativa di Eno erano distribuite intorno a un'area centrale di forma
circolare e nella rete delle gallerie che da questo nucleo si irradiano. In
acuto contrasto, l'etereo basamento di travertino bianco della struttura
dell'Ara Pacis rappresenta una sfida ancora maggiore per la creazione di una installazione coinvolgente ed evocativa.
Per tutta la larghezza e la lunghezza di una parete Paladino ha creato
un'installazione costituita da centinaia di vecchie forme per scarpe in legno a
cui sono applicati dei piccoli uccelli in bronzo. Il visitatore viene condotto
lungo questo spazio, che è quasi un corridoio, fino a giungere a Treno,
una complessa installazione scultorea, un assemblage di elementi in
terracotta su una struttura in acciaio, posta in diagonale sull'intera larghezza
dello spazio. Il titolo suggerisce il paragone con una lunga fila di vagoni
ferroviari che viaggiano da un lato all'altro dello spazio. I moduli in
metallo, tuttavia, rivestono un ruolo formale e funzionale piuttosto che una significanza
rappresentativa. Treno è stato appositamente costruito per l'Ara Pacis,
in un grande spazio nello studio di Paladino a Paduli e poi trasportato nel
laboratorio di ceramica a Faenza. Qui i vari elementi plastici in ceramica,
disposti separatamente sui loro moduli metallici, sono stati messi assieme direttamente
nel forno. Con l'alta temperatura l'argilla si è fusa con il metallo,
costituendo un elemento facile da trasportare e installare nello spazio
dell'Ara Pacis. Il suo aspetto modulare e geometrico, con diverse
configurazioni della forma rettangolare, costituisce un elemento centrale della
concezione scultorea di Paladino. Le strutture d'acciaio e le griglie di
supporto, che ricordano il sistema di scaffali Dexion, sono state organizzate
per creare un insieme di parallelogrammi e di vuoti. Questo sistema,
apparentemente audace, quasi costruttivista, è anche un metodo pratico per
organizzare singoli elementi su linee perpendicolari, ottenendo una
composizione in cui le linee verticali e quelle orizzontali dialogano.
Sembrano essere forme allineate casualmente e, nello stesso tempo,
accuratamente accatastate, suggerendo un che di provvisorio, come se l'artista
potesse in ogni momento aggiungere, togliere o cambiare qualcosa, quasi nello
spirito di un pittore astratto. Paladino lavora d'intuizione, il processo
implica una sequenza di azioni e reazioni, attentamente soppesate ed esaminate,
affermate o rifiutate fino al conseguimento del risultato.
Osservata da diversi punti di vista, la scultura si trasforma in molteplici
composizioni geometriche e intesse nuove miscele di ombre.
La qualità sorprendente ed eterea della luce, che si riflette dalle pareti in
travertino poroso e dal pavimento tirato a lucido, agisce da perfetto sfondo
per gettare ombre da questa complicata combinazione di elementi scultorei e
strutture d'acciaio. L'idea dell'ombra è particolarmente significante per l'Ara
Pacis poiché l'altare fu a suo tempo orientato secondo un'antica tradizione che
legava i luoghi sacri a quelli celesti. Nella sua originale collocazione al
Campo Marzio, un gigantesco obelisco egizio era stato installato perché
proiettasse la sua ombra dal sole verso l'altare in omaggio ad Augusto che
aveva instaurato un periodo di pace. Questo funzionava come un grande gnomone
od orologio solare e il vertice dell'ombra risultava miracolosamente allineato
con una specifica parte dell'altare solo una volta all'anno, in occasione del
compleanno dell'imperatore. Piuttosto che essere un sottoprodotto di Treno,
la sua ombra diviene una parte significante del lavoro e muta il contesto
dell'installazione, tanto da farla apparire contemporaneamente attuale e virtuale.
Come una rappresentazione in piano della scultura tridimensionale proiettata sul
pavimento, l'ombra diviene parte integrante del lavoro, né completamente
dipendente né indipendente dalla scultura originale che le dà forma. L'ombra
indica altro da se stessa, un dialogo fra presenza e assenza. Altera i confini
della percezione, poiché contiene non solo il riflesso dell'immagine di Treno
e la sua natura essenziale ma anche una traccia della sorgente di luce.
I singoli elementi dell'opera sono realizzati in terracotta, un mezzo che
Paladino usa di frequente poiché lo affascina per le sue proprietà elementali e
trasformative. A questo materiale tradizionalmente si attribuisce minor valore
nella scala gerarchica dei materiali plastici, subordinandolo ai cosiddetti
materiali nobili quali la pietra, il bronzo e il legno. Ma l'argilla è un
materiale di base, materia prima che viene direttamente dalla terra, un'intensa
manifestazione di energia e vita nella forma più elementale, la combinazione di
terra, acqua, aria e fuoco. Tra tutte le arti la ceramica è la più intimamente
connessa con la vita e in alcuni antichi miti della creazione la divinità crea
la figura umana direttamente dalla terra. Il pigmento rosso nella terracotta è
anche in relazione con il ferro nel nostro sangue. Fino dagli albori della
storia umana è il materiale più largamente usato per realizzare i contenitori
che portano il nutrimento ai nostri corpi e per costruire le case dove i corpi
trovano rifugio fino alla fine della vita quando essi torneranno nuovamente
alla terra. È come se Paladino fosse cosciente della connessione fra l'argilla
e il corpo quando giustappone utensili domestici e tegole in cotto a figure
umane accucciate in posizione fetale.
A un primo sguardo la presentazione per tipologie delle parti frammentate di Treno ricorda il deposito di un museo archeologico. Una caratteristica dellopera di 'Paladino consiste nel mettere in relazione forme dall'aspetto ordinario con i tradizionali materiali dell'arte plastica, modellandoli e fondendoli in
ceramica e in bronzo.
Anche se involontariamente, le figure distese di Paladino sembrano sepolcrali,
quasi circondate da corredi funebri nello spazio simile a una cripta. Forse si
potrebbe azzardare un parallelismo con le sculture etrusche funebri in
terracotta di epoca preromana. Gli Etruschi erano preoccupati di assicurare ai
loro defunti, rappresentati sui coperchi dei sarcofaghi in terracotta, una
piacevole vita eterna: le loro tombe venivano infatti decorate con pitture che
rappresentavano tutti gli oggetti quotidiani di cui potessero avere necessità. Nonostante le sue autentiche radici moderniste, la percezione dell'opera di Paladino è inevitabilmente legata all'estetica del frammento arcaico.
Alcuni oggetti frammentari proprio a causa della loro decontestualizzazione risultano
penetranti: la loro fragilità parla di perdita. Altri possiedono una qualità
insita grazie alla configurazione plastica della loro rottura e hanno quasi una
maggior potenza proprio grazie alla loro frammentarietà. Il fascino estetico
del frammento rappresenta un paradosso poiché la psiche umana ha necessità di
percepire l'interezza piuttosto che l'incompletezza ma, allo stesso tempo, è
innegabile che l'uomo abbia una passione per ciò che è perduto o distrutto.
L'espediente emblematico delle mani separate dal corpo, delle teste a forma di
maschera, dei torsi spezzati, degli oggetti in metallo corroso evocano
un'antichità lontana e frammenti archeologici sepolti.
Treno incorpora nella scultura objét trouvé di uso quotidiano,
utensili domestici, tegole in terracotta e vecchi infissi in metallo
arrugginito.
L'artista ha una predilezione per gli oggetti poveri che egli ritiene esprimano
al meglio la dignità dell'umanità semplice. Un'ulteriore serie di frammenti di
scultura è stata installata lungo l'intera larghezza dell'altra parete lunga
del basamento. A differenza degli altri elementi di grandi dimensioni, questi
frammenti di corpi sono montati a diverse altezze direttamente sul muro,
voltando le spalle allo spettatore come se cercassero di fuggire dall'angusto
spazio a forma di corridoio. Sono fusi in alluminio su cui è stata data una
patina nera che appare combusta e carbonizzata, quasi un reperto di una
misteriosa antica civiltà su cui si sia scatenata una catastrofe.
L'artista spesso combina e replica elementi del suo lavoro e crea
intenzionalmente forme che possiedano sufficienti adattabilità e flessibilità
da poter essere riusate in diverse combinazioni. Gli stampi permettono la
produzione di multipli che poi l'artista rende unici, talvolta rompendo le
figure in frammenti e riassemblandole in modo diverso. La frantumazione degli
elementi plastici di Treno certamente conferisce loro un'appropriata
relazione con l'altare antico che è stato esso stesso ricostruito da numerosi frammenti
rinvenuti dagli archeologi nel suolo intriso d'acqua.
Dopo averli installati sulla parete, Paladino ha inframezzato i frammenti con
una serie di delicate linee disegnate. Ha considerato molto importante
improvvisarle direttamente sul posto, incidendo direttamente l'intonaco ed
evidenziandole con il carboncino.
Il lavoro di Paladino rende sfumati i confini tra figurazione e astrazione,
poiché, pur con forme riconoscibili, non risulta né narrativo né simbolico.
Sarebbe perciò erroneo cercare interpretazioni o significati nascosti nelle sue
immagini enigmatiche, nei moduli segreti o segni criptici. Egli crea i suoi
caratteristici archetipi personali, un repertorio di forme generiche,
idealizzate che egli può riusare in diverse configurazioni nei suoi quadri,
nelle sue sculture e nelle installazioni. Esse non rappresentano il mondo reale
ma sono entità prototipiche in se stesse che si conformano alla sua filosofia
modernista. Sono in fin dei conti forme universali, fondamentali per la nostra
sensibilità umana e noi siamo subconsciamente condizionati a reagire alle
sfumature della forma, del gesto e della spazio. Sebbene la loro origine sia al
tempo stesso geometrica e naturale esse possono essere lette a un livello
puramente astratto. Questo conduce a una complessa relazione visiva fra
immagini rappresentative e astratte quando esse sono giustapposte o quando si
fondono l'una nell'altra. In alcuni suoi lavori egli compone la sua grafia,
costruita di gesto e di tratto, che oscilla tra segno e immagine
rappresentativa, anche se i segni appaiono come misteriose rune o geroglifici
sono, in effetti, più vicini alle pennellate sulla tela di un pittore astratto.
Questi segni criptici sono inscritti sulle numerose facce del grande cerchio di
alluminio installato al piano superiore dietro l'antico altare.
All'interno della prima stanza dell'area centrale Paladino ha dipinto una serie
di grandi forme geometriche, direttamente sulle superfici delle pareti interne.
Queste composizioni rosse e bianche trovano precedenti nei suoi lavori,
scaturiti dalla passione per l'opera suprematista di Kasimir Malevich
(1878-1935), pioniere dell'arte astratta geometrica. Il rosso è
fondamentalmente un colore sensuale, capace di stimolare l'immaginazione e si
associa sempre con urgenze, impulsi ed emozioni, suggerisce sentimenti di eccitazione,
energia, velocità, forza, pericolo, passione e aggressione. Ma è universalmente
percepito che il rosso, il colore del sangue e del fuoco, rappresenta la vita e
la vitalità, dal momento che è anche il colore dell'energia del sole che
trasmette, irradiandola, la sua forza vitale all'umanità. Il rosso e il bianco
sono la combinazione di colori più potente usata nei simboli, nelle bandiere,
negli slogan pubblicitari e nei marchi di imprese. Le pitture murali di
Paladino perciò creano un'atmosfera intensa, fortemente carica all'interno di
questo spazio conchiuso, labirintico che circonda la piccola stanza proprio
come una camera di sepoltura.
In questo sancta sanctorum finale l'artista ha installato una scultura
antropomorfa in bronzo, con un ramo d'albero che si proietta fuori dal torso
come a esprimere crescita e forza vitale. Secondo Paladino il ramo potrebbe
essere in relazione con le pratiche della rabdomanzia dove un ramo di salice o
di nocciolo a forma di “Y” viene adoperato per localizzare sorgenti sotterranee
od oggetti nascosti. Una scultura collegata a questa, che comprende anch'essa
questo ramo biforcato sormontato da un cappello a cilindro, si proietta dalla
parete del recinto interno nello spazio principale, quasi a stabilire una
dialettica fra interno ed esterno.
La musica di Eno per l'Ara Pacis, lontano dall'essere semplicemente una colonna
sonora per accompagnare ed elevare l'installazione di Paladino, costituisce
parte integrante e complementare dell'intera opera. L'obiettivo è quello di
creare un brano musicale che animi la scultura di Paladino, liberando qualcosa di
profondamente sepolto in essa ed evocando un'aura di infinita continuità e
coerenza che pervade tutta l'opera.
L'approccio personalissimo di Eno nella creazione e composizione musicale è
considerato da molte parti come un vero e proprio genere dell'arte
contemporanea.
Diversamente dalle composizioni tradizionali dove i suoni di tutti gli
strumenti sono organizzati in uno schema prestabilito, Eno lavora con piani
musicali che si muovono nello spazio indipendentemente gli uni dagli altri per
creare un panorama sonoro riccamente intessuto. Questi piani, che possono
rientrare nella definizione di musica ambient o generativa, fluttuano
liberamente, incontrandosi continuamente in combinazioni imprevedibili e irripetibili.
Sebbene abbia creato del software per la Musica Generativa nel 1996,
l'interesse per il concetto fondante risale agli anni della sua formazione
quando, ispirato da musicisti di avanguardia, fece i primi esperimenti usando
campioni su nastro magnetico in loop e tecniche di cambi di fase. Il
registro stilistico peculiare di Eno, nonostante le sempre più vaste
possibilità sonore offerte dagli avanzamenti tecnologici nel campo della
registrazione e della riproduzione, è basato sempre sul principio fondamentale
che si possa costruire una struttura musicale, bella e complessa, muovendo da
un punto di partenza molto semplice.
Come una sorta di alchimia del suono la manipolazione degli elementi sonori
crea una complessità progressivamente sempre più sorprendente, a partire da
un'iniziale semplicità.
Eno utilizza il pianoforte preparato e talvolta sovrappone suoni improvvisi e
frammenti parlati che sono messi in loop, dissolvono e assolvono, sono
rallentati o velocizzati, amplificati o attenuati fino a risultare dei
sussurri. I piani musicali che si trovano sia isolati che combinati con altri
sono mixati in tracce di diversa lunghezza con l'inserimento anche di periodi di
silenzio. Gli arpeggi lenti e continui e il ritmo da loro creato costruiscono
una spinta ma non raggiungono mai un climax. Ciò produce suoni che si ripetono in
cicli casuali poiché è evidentemente improbabile che i piani musicali si
sincronizzino nuovamente durante la progressione del brano nel tempo. La
pratica della costruzione di piani sonori, messa in opera da Eno, è un processo
di assimilazione e combinazione che produce una nuova entità in continua evoluzione.
Comprende una relazione unica tra un elemento noto, la pre-programmazione, e un
elemento sconosciuto e casuale. Ciò crea configurazioni, su più piani,
intricate e imprevedibili. È un modo di comporre che implica l'attivazione di
un insieme di regole (o un sistema) che produce musica che è ‘organica' nel
senso che è costantemente in mutazione e in rinnovamento. Uno degli aspetti più
intriganti e affascinanti è il non sapere cosa sarà, pur sapendo che sarà
diverso a ogni ascolto. A differenza delle composizioni musicali convenzionali
che hanno un inizio e una fine predeterminata, la musica generativa può avere
durata infinita con piani sonori che si riconfigurano costantemente in modi
diversi. La pratica artistica di Eno implica una collaborazione fra lui stesso
e i meccanismi tecnologici che utilizza per creare la sua musica; ma qui
implica anche una collaborazione tra la musica e l'ambiente, la scultura e i
dipinti di Paladino combinati con lo spazio architettonico dell'Ara Pacis. La
presentazione e la propagazione della musica è sempre un fattore attentamente
soppesato nelle installazioni di Eno e la scelta e la posizione delle singole
fonti sonore è un aspetto di grande importanza.
All'Ara Pacis queste sono inframezzate all'installazione di Paladino e constano
di più di venti lettori di CD portatili e di numerosi diffusori sonori. Per
ogni riproduttore è stato registrato un disco diverso che costituisce un piano
musicale unico composto di diverse tracce indipendenti. Usando il meccanismo di
selezione casuale e di ripetizione automatica dei brani di cui ogni
riproduttore è dotato, le diverse tracce vengono attivate secondo una sequenza
imprevedibile così da poter produrre infinite permutazioni del suono nello
spazio. I singoli diffusori installati all'Ara Pacis variano da casse ben
nascoste a più visibili unità a griglia fino ai diffusori a forma di fiore,
caratteristici di Eno.
Come vere e proprie sculture questi fiori sono costituiti da minuscoli
diffusori, montati su alti stativi
metallici, che oscillano in relazione al suono che emettono. I vari piani
musicali, separati e distribuiti fra i lettori CD e i diffusori, si combinano
in modi sempre diversi e poiché il suono emana da così tante fonti differenti,
pare quasi suggerire una forma vivente palpitante.
Gli esseri umani tendono naturalmente a ricercare dei modelli nella musica e a
captare gli intervalli e le singole note. Ma la sorprendente molteplicità di elementi
nella musica di Eno permette all'ascoltatore di apprezzare e valutare il suono
in sé stesso, ignorando i suoi componenti strumentali indipendenti o le sue
influenze culturali. Qui la musica è una sorta di stato atmosferico idealizzato
che non richiede un'attenzione, uno sforzo, una concentrazione cosciente
all'ascoltatore. I suoni morbidi possiedono una qualità soave e fluttuante,
costruendosi e decostruendosi di nuovo.
Il riverbero dona al brano una qualità eterea quasi inquietante che slitta
lentamente nel tempo mentre i piani si sovrappongono, si intrecciano, si
fondono e si reiterano contrapponendosi. Questa musica, onnipresente nello
spazio espositivo, consente all'ascoltatore di immergersi totalmente e abbandonarvisi
temporaneamente così da fluttuare alla deriva nello spazio etereo
dell'installazione. L'esperienza della musica, sebbene all'ascolto risulti
composta da raggruppamenti e combinazioni degli stessi elementi base, è unica
in ogni singolo momento durante la progressione del brano.
Questa configurazione complessiva del suono all'Ara Pacis fornisce una
dimensione spaziale oltre la stereofonia assumendo la forma di una ‘scultura di
suono'.
Eno e Paladino hanno deciso di trasformare la struttura del loro lavoro usando
frammenti ripetuti per creare interrelazioni in nuove dimensioni di spazio e di
tempo. Espandendo e assemblando singoli suoni o moduli visivi, i frammenti si
riuniscono per costituire un insieme armonioso e coerente. Stabiliscono
connessioni complesse e sfaccettate che possono essere lette da un punto di
vista formale come emozionale, fisico come psicologico. L'azione reciproca di
vari elementi separati da spazi o intervalli in un modulo collega l'aspetto preorchestrato
con quello casuale. Paladino ritiene che affidarsi al caso possieda una componente
di destino e di unità artistica piuttosto che di pura casualità. Combinata con
la musica di Eno la sua installazione è permeata da un senso coerente di flusso
e riflusso, fra i due poli opposti di transitorietà e continuità, creando un
temporaneo stato di emergenza, il contrappunto tra informale e formale.
Nell'esperienza dell'Ara Pacis l'osservatore, che è anche ascoltatore, non si
trova nell'opera semplicemente come parte di essa, ma continua a sostenere il
ruolo di osservatore e di ascoltatore anche essendo all'interno di essa. Non si
è né completamente inclusi né completamente esclusi dall'opera, che agisce come
una mappa che permette di esplorare luoghi immaginari della psiche fuori dallesperienza ord'inaria.