Presenze. Paesaggi Italiani. Fotografie di George Tatge
Purezza e contaminazione di Walter Guadagnini
Purezza e contaminazione
di Walter Guadagnini
La prima, Pian Grande di Castelluccio, 1987: il campo visivo diviso in tre parti, in basso una grande distesa di terreno erboso, attraversata da una lama di luce, al centro i rilievi collinari che si dispongono su tre piani, l'ultimo dei quali caratterizzato da un nero profondo, in alto le nuvole, un paesaggio naturale puro e incontaminato, la veduta nella sua accezione più classica. L'ultima, Cerchio d'acqua, 1996: in primo piano un grande cerchio d'acqua, dal quale emergono piante disposte irregolarmente, cresciute senza controllo; in secondo piano un terreno incolto, con alcune tracce di tentativi di organizzazione spaziale razionale, sopraffatte da una disposizione naturale spontanea; ancora oltre, i resti di costruzioni in cemento mai finite, a creare uno spazio misterioso e incomprensibile, una sorta di Stonehenge involontaria e prosaica; sullo sfondo, nuovamente la natura, una collina alberata: la veduta dopo il passaggio dell'uomo, geometrie costruite artificialmente, memorie, simboli e disordine.
Tra queste immagini, il viaggio di Tatge alla scoperta di porzioni di territorio italiano, sotto il segno di un'analisi che è insieme lirica e impietosa, curiosa e lucida, sempre sorprendente anche quando affronta soggetti e temi all'apparenza noti, ai limiti dell'ovvietà. La scansione di questa partitura è immediatamente leggibile, si tratta di una progressione - di carattere quasi narrativo - dalla purezza alla contaminazione, dal predominio della natura alla compresenza di natura e artefatto, dall'assenza alla presenza dell'uomo attraverso i suoi segni. L'uomo esiste, in effetti, solo attraverso le tracce che ha lasciato nello spazio naturale, attraverso i mutamenti che gli ha imposto, attraverso l'impronta del proprio passaggio su di una terra che, peraltro, continua la sua vita, si evolve, quasi incurante di questa presenza, talvolta così violentemente ingombrante.
Il rapporto tra uomo e natura è, in effetti, il tema centrale di questa
sequenza di immagini, l'asse portante sul quale si dipana il racconto. Si
tratta di un rapporto che, per quanto non pacificato, non appare mai come
puramente conflittuale: questo elemento, che caratterizza così fortemente le
scelte iconografiche ed etiche di Tatge, si evidenzia in massimo grado nelle
fotografie nelle quali appaiono i curiosi resti, tanto anonimi quanto
rivelatori, della nostra civiltà, di un quotidiano che, decontestualizzato,
assume un significato nuovo, enigmatico. Il segnale stradale in Verso Camerata
del 2006, la vasca in primo piano di Sardegna del 2000, il muro dipinto in
Puglia del 1999, la lamiera nel lavoro omonimo del 1997, il cerchio di sassi
del 2000, la rete di Calabria del 1998, per non citare che le più esplicite,
rimandano chiaramente alle poetiche dell'objet trouvè care al dadaismo e al
surrealismo, così come alle pratiche environmental tipiche di alcune ricerche
degli anni Settanta. Vicende alle quali Tatge guarda con particolare attenzione
sia in quanto riferimenti culturali di fondo, sia perché pongono in risalto la
capacità della natura di assumere anche queste forzature al proprio interno,
facendosi di volta in volta fondale, parete, parte integrante di questa
installazione trovata, modellandosi sulle qualità degli intrusi.
Ciò che emerge da questo dialogo forzato che il fotografo individua nei luoghi,
è una inedita forma di bellezza, che a sua volta si confronta con la bellezza
storicamente accertata e riconosciuta dei luoghi ripresi nella prima parte
della selezione. E' una bellezza, allora, che nasce sui confini, sui limiti,
sulle interferenze, sui contrasti, che non vuole assolutamente sostituire
quella naturale, ma che si rifiuta anche alla semplicistica equazione secondo
la quale tutto ciò che è moderno è per definizione urtante e privo di altro
valore che non sia quello d'uso.
Uomo di cultura, non solo visiva, raffinata, Tatge concepisce luoghi e tempi in
termini di stratificazioni, di sedimentazioni, li concepisce come luoghi della
mutazione e non dell'immobilità, e tale concezione trova sul territorio
italiano conferme continue. Un brano di Carlo Bertelli relativo a questa
ricerca è sintomatico ed esemplare: “Tatge non sta lavorando in un luogo
qualsiasi della terra, ma in Italia, e di questa terra antica è pronto a
cogliere i segni di tempi lontani e della loro continuità. Spesso lo
interessano le voragini scavate nel calcare, non sai se dall'uomo o dalle
acque, una buca nel terreno, in un bosco magro, che fa pensare ad uno scavo
archeologico. Sotto la terra italiana possono trovarsi tracce di altre vite e
un bosco può nascondere una sua connotazione sacra. Vi sono divinità ctonie cui
la documentazione tellurica di Tatge fa inevitabilmente pensare”.
Poche descrizioni possono rendere meglio il sentimento che nasce dalla visione
dell'ultima immagine di questo volume, dove i resti di un'edilizia selvaggia -
che in altre immagini è invece semplicemente spontanea - finiscono per apparire
come rovine, sebbene con un retrogusto amaro venato di ironia e disincanto. Ma
se quell'immagine provenisse, invece che dall'Italia, dagli Stati Uniti,
avremmo noi la stessa sensazione, o penseremmo piuttosto a un paesaggio
apocalittico, e quelle rovine non farebbero pensare a un paesaggio post-atomico,
alla terra desolata attraversata dal protagonista dell'ultimo romanzo di Cormac
Mc Carthy? Queste fotografie, allora, giocano anche sull'inconscio di chi
guarda, pongono in campo il tema delle attese dello spettatore e del clima
culturale all'interno del quale un'opera d'arte - e a maggior ragione una
fotografia - viene realizzata e interpretata.
D'altra parte, lo sguardo di Tatge è in questo senso davvero uno sguardo di
confine, nato nel punto di incontro di due culture, quella europea e quella statunitense:
non a caso, i riferimenti più prossimi per questa fotografia non solo quelli
del grande paesaggismo dei Weston e degli Ansel Adams, quanto piuttosto la
ricerca più intima ed evocativa sulla natura di personaggi come Minor White o Paul
Caponigro; e, allo stesso modo, se pure è legittimo un raffronto con alcune
delle posizioni dei “nuovi topografi” relativamente alla centralità del
rapporto sovente conflittuale tra natura e presenza dell'uomo, non ci si dovrà
certo riferire alla lettura fortemente ideologica e razionale di Baltz, ma al
lirismo che emerge sorprendentemente tanto dagli scritti quanto da alcune
immagini di Robert Adams (le cui riflessioni su questi temi sono non
casualmente raccolte in un volume dal titolo Beauty in Photography...). E non
si potrà certo dimenticare, a proposito di tali argomenti, la lettura che ne è
stata data proprio in Italia da un personaggio centrale nell'evoluzione della
fotografia di paesaggio come Luigi Ghirri.
Anche da queste ragioni di ordine culturale nasce, infine, la classicità di Tatge,
la sua scelta di adottare come modalità espressiva esclusiva un bianco e nero
sfruttato nell'intera gamma delle sue possibilità linguistiche, tanto dal punto
di vista concettuale quanto da quello tecnico, come se anche questa scelta
rispondesse a quella volontà insieme di distacco e di partecipazione nei
confronti del soggetto, che sempre affiora dalle sue immagini. Il tempo lungo
della ripresa, la cura della stampa, sono gli equivalenti del tempo lungo della
sua riflessione e della sua visione, nonché della storia stessa dei luoghi che Tatge
fotografa, in perfetta unità tra intenti e risultati. Come ha rilevato ancora
con grande acume Bertelli : “Le immagini di Tatge trasmettono l’emozione di una
scoperta personale e assoluta, nonché il desiderio di fermarla per sé e
comunicarla ad altri. E’ il miracolo di ciò che Svetlana Alpers ha chiamato, in
un libro famoso, The Art of Describing, per la quale la pittura olandese si fa
a form of knowledge, una forma di conoscenza, al di là della mera
specializzazione geografica che pure tante volte evoca. Il senso della scoperta
geografica che le immagini di Tatge trasmettono, evidenzia quella dialettica
fra arte e scienza di cui la fotografia, con i suoi meccanismi fisici e con le
sue finezze chimiche, è parte”.
© Walter Guadagnino, 2008
Mostra “Presenze. Paesaggi Italiani”
Fotografie di George Tatge
Roma - Museo di Roma in Trastevere
Piazza S. Egidio 1/b - Roma
Dal 6 marzo al 5 aprile 2009