Arte

Il Simbolismo in Italia

di Ellen Cancian

E' la prima volta che viene dedicata una mostra al movimento italiano del Simbolismo. Nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova sono esposti ottanta dipinti, alcune sculture e trenta disegni, tramite otto sezioni non cronologiche.

Dettaglio di una didascalia e di una tabella segnaletica all'interno della mostra

Dettaglio di una didascalia e di una tabella segnaletica all'interno della mostra


 Franz von Stuck, Il Peccato, 1908 Palermo, Galleria ‘Arte Moderna “Restivo” - Foto Giacomo ‘Aguanno

Franz von Stuck
Il Peccato, 1908 Palermo
Galleria ‘Arte Moderna “Restivo”
Foto Giacomo ‘Aguanno

Gaetano Previati, Il Sogno, 1912 Collezione privata

Gaetano Previati
Il Sogno, 1912
Collezione privata

L'incipit della mostra è da una frase di Gabriele D'Annunzio, « … Noi camminiamo di nuovo, io penso, verso le vette mistiche, avendo radici nelle profonde viscere della vita, l'arte espanderà. La sua nuova fioritura originale e suprema in un'atmosfera di sogno», che accompagna il visitatore in un viaggio dominato dal simbolo, dall'enigma, dal mito, dal mistero e dal senso della vita e della morte.
L'esposizione è contrassegnata da citazioni di grandi letterati dell'epoca e dai critici-pittori del movimento, le stesse rappresentazioni, infatti sono dense di rimandi letterari e di evocazioni mitologiche.

Gaetano Previati, Maternità, 1890-1890 Collezione Banca Popolare di Novara - Gruppo BANCO POPOLARE (Foto Studio Pietro Parmiggiani)

Gaetano Previati
Maternità, 1890-1890
Collezione Banca Popolare di Novara - Gruppo BANCO POPOLARE
Foto Studio Pietro Parmiggiani



Gaetano Previati, Notturno, 1909, Fondazione il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera

Gaetano Previati
Notturno, 1909
Fondazione il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera

Nino Costa, To be or not to be, Who loves not is not, 1890 ca

Nino Costa
To be or not to be, Who loves not is not, 1890 ca



Umberto Boccioni, Il Sogno (Paolo e Francesca), 1908-1909, Collezione privata

Umberto Boccioni
Il Sogno (Paolo e Francesca), 1908-1909
Collezione privata

All'interno del percorso espositivo si ha la possibilità di vedere due opere esposte una di fronte all'altra come alla  triennale di Brera del 1891, “Le due madri” di Giovanni Segantini e “Maternità” di Gaetano Previati. La volontà da parte dei curatori di riproporre le due tele  nella  posizione originaria, vuole evidenziare l'importanza dell'esposizione del 1891, dove venivano per la prima volta esposte opere simboliste divisioniste e soprattutto evidenziarne le differenze.

Viene ricostruita in una sezione anche La “Sala del Sogno” della Biennale di Venezia del 1907, che aveva consacrato la poetica simbolista. Non è un vero e proprio contesto ricostruito ma l'esedra di Palazzo Zabarella sembra suggerire l'abside della sala della Biennale.
Vengono riproposti non solo alcuni dei quadri esposti all'epoca, ma anche l'architrave di Edoardo De Albertis che decorava la parte interna dell'ingresso.

Nell'”opera d'arte totale” (Gesamtkunstwerk) di Wagner, il dramma musicale è il momento di fusione di musica, poesia e teatro. Il principio della perfetta sintesi delle arti influenzò profondamente poeti e artisti simbolisti. Anche l'esposizione ha voluto rappresentare una fusione delle diverse arti: la pittura, la scultura, la grafica, il cinematografo e l'arredamento.

Grande protagonista è la grafica alla quale è dedicata una sezione. Si possono ammirare fogli di Gaetano Previati, di Alberto Martini, di Giovanni Costetti e di Umberto Boccioni, la maggior parte di collezioni private. Il cosiddetto Bianco e Nero diventa in questi anni arte autonoma, non è più disegno preparatorio e ritrova una sua dignità espressiva.  I temi erano l'immaginario fantastico e alla dimensione notturna del sogno, c'era l'idea che attraverso il disegno si riuscisse a preservare la spiritualità, dato che il colore risultava più legato alla realtà.

Attraverso il susseguirsi di temi simbolisti come il paesaggio, l'amore e la morte, si possono individuare due centri distinti: Milano e Roma. Il primo legato alla tecnica divisionista e l'altro all'allegoria, al mito e alla tecnica dei pittori preraffaeliti.
E' attraverso la Biennali di Venezia, che gli artisti italiani vengono influenzati da pittori stranieri. Nell'ultima sala la “Giuditta-Salome” di Klimt e “Il peccato” di Von Stuck, testimoniano questo legame, in particolare con la secessione viennese e monacense.

Dopo un percorso esaustivo del panorama italiano, la mostra chiude con il “Notturno” di Previati, che fa parte di un ciclo pittorico dedicato all'allegoria della musica. Nella tela le due donne fluttuanti sono abbandonate al sonno, ma mentre l'una sembra dissolversi nell'infinito, la sua compagna pensosa lo guarda fissamente.  Questo sguardo, la capacità di cogliere l'impalpabile, la linea visionaria e onirica, tramonta definitivamente con il primo conflitto mondiale quando subentra la modernità delle Avanguardie e getterà le basi della poetica metafisica e del surrealismo.

Padova,
Palazzo Zabarella
1 ottobre 2011 – 12 febbraio 2012


NOTE A MARGINE SULLA MOSTRA
di Roberto Zanon
Ai margini dell'importante sequenza di opere presentate sul Simbolismo Italiano, possono  essere rilevare delle note di carattere museografico sull'organizzazione dell'allestimento della mostra.
È indubbio che far coesistere la struttura di palazzo Zabarella con le esigenze espositive di un evento come questo, sia per quantità e grandezza delle opere (oltre ovviamente alla qualità), è operazione alquanto difficoltosa e piena a di imprevisti. A differenza però di altre
importanti mostre qui svoltesi, sembra che in questa occasione si sia incappati in una serie di problematiche non felicemente risolte.
Innanzitutto le improbabili tarsie di colori contrastanti alle pareti che, se in altre manifestazioni avevano una chiara modulazione, appaiono questa volta più enigmatiche. Ciliegina finale è l'ultima sala, pavimentata con una moquette verde bandiera che non trova una logica apparente, stridendo in modo chiassoso con i capolavori esposti alle pareti.
Appariscente è tutto l'apparato didascalico, in particolare i cartellini (?) con la descrizione dei vari dipinti. L'uso dell'oro come fondo e la grandezza esagerata del supporto, che nella maggioranza dei casi arriva fino a terra, se da una parte presume la volontà di caratterizzare e scandire la sequenza dei quadri, dall'altra rileva il fallimento di tale tentativo, forse anche a causa del numero, evidentemente troppo elevato, che finisce per saturare lo spazio, peccando in comunicazione. Densità rilevabile specialmente al piano terra con la grafica dove, addirittura, c'è un affastellamento che incide in modo decisamente negativo nei confronti della percezione delle singole opere.
Problemi si rilevano anche dal punto di vista illuminotecnico: è intuibile in questo caso l'impotenza degli addetti alle luci di fronte a dei quadri dalle dimensioni molte volte eccessive per i luoghi di Palazzo Zabarella. Una situazione che denuncia la mancata comunicazione tra il curatore, che sceglie i lavori degli artisti, e chi poi si trova a doverli collocare in uno spazio necessariamente vincolato fisicamente.
Non si vuole con queste critiche distruggere una mostra che raccoglie assieme una serie di capolavori che valgono sicuramente la visita. Si desidera però ricordare che un evento espositivo non è fatto solo di opere, ma anche dal modo in cui queste vengono comunicate (la discussa e dibattuta relazione tra museologia e museografia), rapporto nel quale un non calibrato bilanciamento dei due fattori può determinare un risultato poco convincente.