Il Simbolismo in Italia
di Ellen Cancian
E' la prima volta che viene dedicata una mostra al movimento italiano del Simbolismo. Nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova sono esposti ottanta dipinti, alcune sculture e trenta disegni, tramite otto sezioni non cronologiche.
Dettaglio di una didascalia e di una tabella segnaletica all'interno della mostra |
Franz von Stuck |
Gaetano Previati |
L'incipit della mostra è da una frase di Gabriele D'Annunzio, « … Noi
camminiamo di nuovo, io penso, verso le vette mistiche, avendo radici nelle
profonde viscere della vita, l'arte espanderà. La sua nuova fioritura originale
e suprema in un'atmosfera di sogno», che accompagna il visitatore in un viaggio
dominato dal simbolo, dall'enigma, dal mito, dal mistero e dal senso della vita
e della morte.
L'esposizione è contrassegnata da citazioni di grandi letterati dell'epoca e
dai critici-pittori del movimento, le stesse rappresentazioni, infatti sono
dense di rimandi letterari e di evocazioni mitologiche.
Gaetano Previati
Maternità, 1890-1890
Collezione Banca Popolare di Novara - Gruppo BANCO POPOLARE
Foto Studio Pietro Parmiggiani
Gaetano Previati |
Nino Costa |
Umberto Boccioni
Il Sogno (Paolo e Francesca), 1908-1909
Collezione privata
All'interno del percorso espositivo si ha la possibilità di vedere due opere
esposte una di fronte all'altra come alla triennale di Brera del 1891, “Le due
madri” di Giovanni Segantini e “Maternità” di Gaetano Previati. La volontà da
parte dei curatori di riproporre le due tele nella posizione originaria,
vuole evidenziare l'importanza dell'esposizione del 1891, dove venivano per la
prima volta esposte opere simboliste divisioniste e soprattutto evidenziarne le
differenze.
Viene ricostruita in una sezione anche La “Sala del Sogno” della Biennale di
Venezia del 1907, che aveva consacrato la poetica simbolista. Non è un vero e
proprio contesto ricostruito ma l'esedra di Palazzo Zabarella sembra suggerire
l'abside della sala della Biennale.
Vengono riproposti non solo alcuni dei quadri esposti all'epoca, ma anche
l'architrave di Edoardo De Albertis che decorava la parte interna
dell'ingresso.
Nell'”opera d'arte totale” (Gesamtkunstwerk) di Wagner, il dramma musicale è il
momento di fusione di musica, poesia e teatro. Il principio della perfetta
sintesi delle arti influenzò profondamente poeti e artisti simbolisti. Anche
l'esposizione ha voluto rappresentare una fusione delle diverse arti: la
pittura, la scultura, la grafica, il cinematografo e l'arredamento.
Grande protagonista è la grafica alla quale è dedicata una sezione. Si possono
ammirare fogli di Gaetano Previati, di Alberto Martini, di Giovanni Costetti e
di Umberto Boccioni, la maggior parte di collezioni private. Il cosiddetto
Bianco e Nero diventa in questi anni arte autonoma, non è più disegno
preparatorio e ritrova una sua dignità espressiva. I temi erano l'immaginario
fantastico e alla dimensione notturna del sogno, c'era l'idea che attraverso il
disegno si riuscisse a preservare la spiritualità, dato che il colore risultava
più legato alla realtà.
Attraverso il susseguirsi di temi simbolisti come il paesaggio, l'amore e la
morte, si possono individuare due centri distinti: Milano e Roma. Il primo
legato alla tecnica divisionista e l'altro all'allegoria, al mito e alla
tecnica dei pittori preraffaeliti.
E' attraverso la Biennali di Venezia, che gli artisti italiani vengono
influenzati da pittori stranieri. Nell'ultima sala la “Giuditta-Salome” di
Klimt e “Il peccato” di Von Stuck, testimoniano questo legame, in particolare
con la secessione viennese e monacense.
Dopo un percorso esaustivo del panorama italiano, la mostra chiude con il
“Notturno” di Previati, che fa parte di un ciclo pittorico dedicato
all'allegoria della musica. Nella tela le due donne fluttuanti sono abbandonate
al sonno, ma mentre l'una sembra dissolversi nell'infinito, la sua compagna
pensosa lo guarda fissamente. Questo sguardo, la capacità di cogliere
l'impalpabile, la linea visionaria e onirica, tramonta definitivamente con il
primo conflitto mondiale quando subentra la modernità delle Avanguardie e
getterà le basi della poetica metafisica e del surrealismo.
Padova,
Palazzo Zabarella
1 ottobre 2011 – 12 febbraio 2012
NOTE A MARGINE SULLA MOSTRA
di Roberto Zanon
Ai margini dell'importante sequenza di opere presentate sul Simbolismo
Italiano, possono essere rilevare delle note di carattere museografico
sull'organizzazione dell'allestimento della mostra.
È indubbio che far coesistere la struttura di palazzo Zabarella con le esigenze
espositive di un evento come questo, sia per quantità e grandezza delle opere
(oltre ovviamente alla qualità), è operazione alquanto difficoltosa e piena a
di imprevisti. A differenza però di altre
importanti mostre qui svoltesi, sembra che in questa occasione si sia incappati
in una serie di problematiche non felicemente risolte.
Innanzitutto le improbabili tarsie di colori contrastanti alle pareti che, se
in altre manifestazioni avevano una chiara modulazione, appaiono questa volta
più enigmatiche. Ciliegina finale è l'ultima sala, pavimentata con una moquette
verde bandiera che non trova una logica apparente, stridendo in modo chiassoso
con i capolavori esposti alle pareti.
Appariscente è tutto l'apparato didascalico, in particolare i cartellini (?)
con la descrizione dei vari dipinti. L'uso dell'oro come fondo e la grandezza
esagerata del supporto, che nella maggioranza dei casi arriva fino a terra, se
da una parte presume la volontà di caratterizzare e scandire la sequenza dei
quadri, dall'altra rileva il fallimento di tale tentativo, forse anche a causa
del numero, evidentemente troppo elevato, che finisce per saturare lo spazio,
peccando in comunicazione. Densità rilevabile specialmente al piano terra con
la grafica dove, addirittura, c'è un affastellamento che incide in modo
decisamente negativo nei confronti della percezione delle singole opere.
Problemi si rilevano anche dal punto di vista illuminotecnico: è intuibile in
questo caso l'impotenza degli addetti alle luci di fronte a dei quadri dalle
dimensioni molte volte eccessive per i luoghi di Palazzo Zabarella. Una
situazione che denuncia la mancata comunicazione tra il curatore, che sceglie i
lavori degli artisti, e chi poi si trova a doverli collocare in uno spazio
necessariamente vincolato fisicamente.
Non si vuole con queste critiche distruggere una mostra che raccoglie assieme
una serie di capolavori che valgono sicuramente la visita. Si desidera però
ricordare che un evento espositivo non è fatto solo di opere, ma anche dal modo
in cui queste vengono comunicate (la discussa e dibattuta relazione tra
museologia e museografia), rapporto nel quale un non calibrato bilanciamento
dei due fattori può determinare un risultato poco convincente.