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Bagnanti di Giorgio Morandi (1890-1964) Olio su tela eseguito nel 1915 Giorgio Morandi (Bologna 1890 - 1964) L'esiguo numero delle opere giovanili conosciute dipinte da Morandi dal 1910 al 1920, può essere spiegato, come nota Lamberto Vitali nel suo Catalogo generale, alla luce dell'intransigenza del pittore che lo portò a distruggere non poca parte dei quadri di quel tempo, anche per la necessità materiale di riutilizzare le tele. E' facile supporre che già allora la scelta di salvare alcune tele e di cancellarne altre, abbia investito le opere ritenute più riuscite e in quanto tali sopravvissute ai furori iconoclasti dell'autore, come al rigoroso oblio del tempo. Il cerchio si restringe ulteriormente se si considera il presente soggetto nella produzione morandiana. Morandi aveva appena venticinque anni quando dipinge queste Bagnanti, datate 1915. Come testimoniato dal Catalogo Generale, il maestro bolognese affronta questo soggetto solo in un'altra tela sempre datata 1915, pittoricamente meno ricca e di dimensioni inferiori, oltre che nell'anticipazione offerta dal Nudo femminile del 1914. Questo quadro può dunque essere considerato come la versione più compiuta, e forse più felice, delle Bagnanti, soggetto particolarmente significativo nella tradizione pittorica di tutti i tempi, che offre peraltro la possibilità di evidenziare un sottile gioco di colti rimandi tra la produzione del giovane Morandi e quella di artisti coevi ma lontani. La critica ha più volte constatato come il riservato Morandi, lo schivo Morandi si sia formato ed abbia vissuto nell'alveo di un volontario isolamento. Dato biografico che ha creato il mito di un Morandi "monaco laico", esclusivamente intento alla creazioni dei suoi oggetti di Bellezza nel chiuso del suo studio. Se è vero che il giovane Morandi viene formandosi in un contesto culturalmente provinciale, è stato tuttavia sottolineato che per un artista sensibile e aperto a nuovi stimoli, si offriva comunque un orizzonte di nuove dilaganti potenzialità creative provenienti dall'estero mediante le riviste nazionali ed internazionali e filtrate dalle avanguardie locali. In generale, la nuovissima borghesia del tempo, emersa dal rivolgimento di strutture economiche e politiche, si faceva vanto di stare al passo con l'Europa del progresso industriale, coniugando idealismo e positivismo con una percezione sia pure vaga delle filosofie della crisi. In arte ciò permetteva di porsi in sintonia con le grandi correnti del simbolismo, dell'art noveau e con le ultime novità provenienti da Parigi che la Biennale di Venezia, alle sue prime edizioni, e riviste come "La Voce", venivano sia pur parcamente illustrando. Ed è a queste fonti che il giovane Morandi attinge la sua conoscenza di Cézanne, Picasso, Braque ed in generale la lezione di modernità dei grandi d'oltralpe. Severo Pozzati, uno dei sodali del Morandi degli anni degli studi in Accademia, ci lascia questo ritratto di Morandi e della generale temperie culturale in cui si muovevano: "Si andava a parlare fuori porta o sugli scalini di S. Petronio: di Soffici e de "La Voce", di Cézanne e degli impressionisti. Morandi stava volentieri con noi (Mario Baccelli, Osvaldo Licini, Severo Pozzati, Giacomo Vespignani n.d.r.) sempre taciturno; ascoltava più che parlare ma ci intendeva, specialmente quando si parlava dei primitivi, di Giotto, Masaccio, Paolo Uccello." (cfr. F. Solmi, Dagli esordi alla Metafisica in Morandi ed il suo tempo, Milano 1985, p. 22). Se la modernità del Morandi consiste nella rivisitazione meditata della lezione degli amati primitivi, filtrata dagli stimoli che le avanguardie dell'epoca offrivano al giovane pittore, nel caso delle Bagnanti la sottile rete di rimandi suggerisce i nomi di Cézanne, Derain, Modigliani, Soffici, finendo per mettere in crisi il mito di un Morandi allo scuro dei fermenti culturali del suo tempo ovvero sorprendentemente in linea con altre esperienze pittoriche, malgrado l'isolamento. E' vero altresì che la straordinaria levatura tecnica dell'artigiano Morandi, la "geniale" sensibilità dell'artista gli consentono di intraprendere un percorso di ricerca personalissimo e del tutto originale in cui, come sempre accade ai grandi, molteplici e differenti fermenti trovano espressione in una forma inedita e del tutto peculiare. Se la storia della pittura di Morandi è essenzialmente, e fin dagli esordi, riflessione sul linguaggio, tanto più è vero nel caso delle Bagnanti e tanto più questo quadro assume spessore e significato non solo nella vicenda artistica del pittore, ma per la storia della pittura italiana moderna. Il 1914 ed il 1915 infatti, sono anni cruciali nella formazione di Morandi, perché se nei Paesaggi che dipinge dal 1911 si rileva il forte impianto cézaniano della struttura compositiva, il senso profondo della forma-colore che consente di individuare già da allora il parallelismo Cézanne-Morandi, è solo nel 1914-15 che Morandi si apre moderatamente alle esperienze del Cubismo e del Futurismo. La superficie delle sue nature morte si infoltisce di oggetti arroccati, senza le pause che segneranno poi, quasi sempre, le sapienti spazialità delle opere morandiane. Ed è proprio in questo momento di massima ortodossia "cubista" che Morandi pare trovare un tono squisito nel platonismo pittorico di Bagnanti. L'archetipo culturale è ancora il Cézanne delle Bagnanti del 1885-1887, che Morandi vede riprodotto in bianco e nero nel quaderno de "La Voce" uscito nel 1914, e rimane questo anche per un altro "studio di stile" con bagnanti che rimanda a un disegno di Picasso pubblicato nel 1912. L'influenza di Cézanne però è forte e si delinea nel costrutto compositivo così come nell'impiego dell'"oggetto-colore". Il delinearsi un po' freddo di queste figure allungate e spoglie di ogni sensualismo, consente di accostare questa tela al neogoticismo e allo "stilismo" di Derain e di Modigliani. E proprio i Nudi hanno giustificato le ipotesi critiche di riferimento al Derain più "gothique" e arcaizzante, studioso dei primitivi senesi, affisso a un ascetismo strutturale e cromatico che sarà anche del Morandi dell'Autoritratto del 1915 e dei Nudi all'acquarello del 1918. Benché vada comunque sottolineato che Cézanne costituì l'antecedente sostanziale per tutti, altre opere che il Morandi probabilmente si trovò a conoscere possono essere Le Bagnanti di Ardengo Soffici, ancorché Morandi arrivi ad evolvere in forme più mature e complesse 'impianto cézaniano filtrato dalle tele di Soffici. Nel fascicolo del novembre-dicembre 1918 de "La Raccolta" di Raimondi, Raffaello Franchi scrisse: "Per Morandi tutto è da considerare con la tranquillità della natura morta, sino ai gruppi di figure umane per le quali prende modelli di creta, segnati di valori prospettici con zone di colore, chiusi e perfetti nel limite del proprio volume". Questa affermazione è stata contestata da Lamberto Vitali che non riteneva che per questi quadri di Bagnanti il pittore si valesse di sue piccole sculture di creta. Va tuttavia notato che il fatto non contrasterebbe con il lavoro di costruzione plastica e cromatica del modello, consueta al Morandi di atelier. Ciò che preme evidenziare è come questo quadro rappresenti un momento fondamentale della ricerca strutturale del Morandi, che approda ad un colorismo che diviene necessità plastica ed essenzialità del tono puro. Ecco come la linea Cézanne, Picasso, Braque, Derain, Modigliani, con l'incastro di Rousseau, di qualche traccia del tumulto futurista e di apprensioni neopuriste, arrivi diretta nelle opere del Morandi fra il 1915 e il 1918, quando l'artista bolognese felicemente consapevole, approderà all'esito che proprio Soffici aveva previsto: "Il pericolo di quest'arte è di divenir tanto profonda da ingenerare una sorta di metafisica pittorica" (A. Soffici, Picasso e Braque, in "La Voce-, Firenze 24 agosto 1911, III, n.34). Bagnanti si pone dunque come opera fondamentale, maturata in anni cruciali per la formazione del pittore, che assorbe e rielabora fermenti e stimoli culturali differenti, lasciando assumere tra le prime volte al proprio lavoro un respiro pienamente internazionale. Arte Moderna e Contemporanea, Catalogo Christie’s, Milano 24 maggio 2005, p. 142-145 Articolo pubblicato l'8 luglio 2005 |