Leonardo. Dagli studi di proporzioni al Trattato della Pittura
Leonardo e il modello di cera di un cavallo ben proporzionato di Martin Kemp
Leonardo. Dagli studi di proporzioni al Trattato della Pittura di Pietro C. Marani* e Maria Teresa Fiorio*
Leonardo e il modello di cera di un cavallo ben proporzionato
di Martin Kemp*
La partecipazione di Leonardo a vari progetti di monumenti equestri è ben documentata ed è stata oggetto di numerose ricerche. Durante i suoi due soggiorni a Milano, Leonardo portò fino a una fase di sviluppo molto avanzata due progetti di statue di nobili personaggi a cavallo, a grandezza naturale o in scala molto maggiore. La progettazione del monumento equestre di Francesco Sforza, fondatore dell'omonima dinastia, lo impegnò almeno dalla fine degli anni ottanta del XV secolo al 1499. Dopo il suo ritorno a Milano, nel 1507, al seguito dei francesi, progettò un monumento commemorativo analogo per Gian Giacomo Trivulzio, un generale italiano al servizio di Luigi XII. È inoltre possibile che durante i suoi ultimi tre anni di vita, trascorsi in Francia, egli abbia accarezzato l'idea di progettare una statua equestre di Francesco I. In questa sede non intendo occuparmi di questi progetti; per la documentazione relativa, rinvio il lettore alla compilazione di Villata. Mi concentrerò invece sulle testimonianze riguardanti la creazione di un piccola statuetta (o più statuette) di un cavallo (o di più cavalli), connessa a quello che ho chiamato il suo "programma di ricerca" per gli Sforza.
Leonardo Da Vinci |
Attribuito a Leonardo da Vinci |
Testimonianze relative a statuette equestri e "libri" sulle proporzioni equine
Il primo riferimento esplicito a una scultura di piccole dimensioni di un cavallo appare nel foglio 12350 W del codice Windsor, dedicato alla fusione del monumento Sforza, dove si legge: "Per maneggiare la forma grande fane modella della picholla forma". In questo caso, la parola chiave, "forma", va intesa quasi certamente nel senso di "stampo", e non in quello di "modello" o "figura". In alcuni fogli legati a questo, anch'essi conservati a Windsor, il termine "forma" è certamente usato in questa accezione. Il significato di questo appunto è che Leonardo aveva deciso di sperimentare la fusione in scala ridotta prima di procedere alla rischiosa colata della grande statua equestre. Egli avrebbe potuto realizzare a tale scopo una statuetta in cera, da cui avrebbe potuto essere ricavato uno stampo. Per collaudare quest'ultimo, il modo più semplice sarebbe stato quello di effettuare una prima gettata in cera.
Una testimonianza a sostegno dell'ipotesi che Leonardo avesse effettivamente realizzato, come parte del suo programma di ricerca, il modellino in cera di un cavallo, è contenuta in uno degli ultimi fogli dedicati alla battaglia di Anghiari (con lo schizzo di un allievo raffigurante l'Angelo dell'Annunciazione, corretto da Leonardo), dove l'artista ricorda a se stesso di "fare uno [dei cavalli] in cera lungo un dito" (W 12328r).
Gli studi sui cavalli che ci sono giunti, conservati principalmente a Windsor, dimostrano l'ampiezza delle sue ricerche, che andavano, come era suo costume, ben al di là di quanto la maggior parte degli artisti avrebbe ritenuto di dover fare in termini di disegni preliminari per un quadro o per una scultura. Dopo aver ricevuto la commissione per il monumento Sforza, Leonardo cominciò a svolgere studi approfonditi sulla struttura e sulle proporzioni dei cavalli presenti nelle stalle milanesi. Alcuni di questi studi recano l'indicazione del tipo del cavallo e del nome del proprietario (per esempio il "Ciciliano" di Galeazzo Sanseverino, capitano e genero di Ludovico). In questo, Leonardo segue le orme del Verrocchio, i cui disegni comprendono alcuni studi sulla misurazione delle proporzioni dei cavalli, basati su una scala di teste, suddivise a loro volta in gradi, ciascuno dei quali equivalente a 1/16 di testa, un sistema ripreso da Leonardo. Ogni grado era ulteriormente suddiviso, di solito in 16 "minuti" e persino in "semiminuti", cosa che consentiva di effettuare misurazioni straordinariamente minuziose e di calcolare i rapporti delle proporzioni con sorprendente precisione.
È probabile che gli studi sopravvissuti siano solo una minima parte di quelli eseguiti da Leonardo. Solo uno dei ventuno studi sulle proporzioni equine copiati direttamente dai disegni di Leonardo sui fogli 70-86 del Codice Huygens - compilato probabilmente da Carlo Urbino da Crema - può essere ricondotto a uno dei disegni di Windsor. Un rapporto di sopravvivenza di 1:21 è sorprendentemente basso. L'elenco di libri contenuto nel secondo codice madrileno registra "un libro di schizzi di cavalli realizzati per il cartone" (cioè per la Battaglia di Anghiari), di cui non si è mai trovata traccia. Il termine "libro" indica in questo caso una raccolta rilegata, compilata probabilmente riunendo una serie di fogli separati, piuttosto che un trattato organico. È altamente probabile che anche gli studi per il cavallo Sforza fossero stati riuniti e rilegati insieme in uno o più volumi.
Nel 1550 Vasari menziona esplicitamente "un modello piccolo di cera, ch'era tenuto perfetto, insieme con un libro di notomia di cavalli fatto da lui per suo studio". Sappiamo che Vasari aveva accesso ai manoscritti di Leonardo e ad altri oggetti gelosamente conservati da Francesco Melzi in memoria del Maestro. Il termine "notomia" potrebbe indicare ovviamente la nostra "anatomia", ma potrebbe includere anche lo studio dettagliato della forma esteriore dei cavalli, nonché i risultati di accurate misurazioni delle loro proporzioni.
Il Trattato di Lomazzo, pubblicato nel 1584, contiene un ampio resoconto degli studi leonardeschi sulle proporzioni equine, e fornisce una serie di elaborate tavole di misure, basate su disegni e note andati purtroppo perduti. Lomazzo era un buon conoscitore di Leonardo ed era sicuramente in grado di riconoscere un manoscritto leonardesco quando ne vedeva uno. Nel suo Trattato si riferisce in particolare ai manoscritti posseduti in precedenza da Melzi e ad altri studi sull'"anatomia del cavallo", allora in possesso di Pompeo Leoni in Spagna. Nell'Idea, Lomazzo scrive che Leonardo "aveva disegnato l'anatomia, le proporzioni dei cavalli", fornendo un'ulteriore conferma del fatto che nell"anatomia" era'no inclusi anche gli studi sulle proporzioni.
Gli studi leonardeschi sulle proporzioni equine ebbero un'ampia diffusione. Rubens ebbe l'opportunità di esaminare gli studi leonardeschi sull'anatomia degli uomini e dei cavalli, allora in possesso di Pompeo Leoni, inclusi i fogli di Windsor, all'epoca rilegati in volumi, e altri manoscritti di Leonardo.
Il fatto che il lascito leonardesco comprendesse una statuetta in cui erano concentrati i risultati di tutte le sue ricerche sulle proporzioni equine è confermata da una voce di un inventario dei beni della famiglia Morandi di Faenza. Il documento non è più reperibile ma non c'è motivo di dubitare della sua autenticità. L'esistenza di questa voce è stata segnalata per la prima volta da Selwyn Brinton in "The Connoisseur" del 1919 e il suo contenuto è stato citato per intero da Arturo Bovi nel 1959. La voce in questione è la n. 19 dell'inventario: "Un coffano dipinto alla veneziana dono del Sommo Pontefice Clemente VIII [Aldobrandini] al capitano Domenico [Morandi] con entravi un cavallino do cera e una cartapecora con l'arme papale e la storia scritta di mano del Sommo Pontefice: ‘Questo modellino del sommo Lionardo fu già di Ludovico Sforza e di Alfonso II duca di Ferrara che in gran pregio l'ebbe avendovi il maestro ritratto le perfette forme del cavallo con lunga ricerca e passione studiate'. Il sommo pontefice Clemente VIII divenutone possessore ne faceva dono a Capitano Domenico nel 1603 all 20 October giorno degli sponsali come cosa la più gradita".
Non è difficile ricostruire il probabile tragitto cinquecentesco del cavallo Morandi, partendo dall'annessione di parti cospicue delle proprietà estensi a Ferrara da parte degli Aldobrandini, avvenuta nel 1598. Clemente VIII e i suoi familiari costrinsero Cesare [d'Este] ad abbandonare Ferrara per Modena. Cesare portò con sé ciò che poteva, e in primo luogo le cose preziose di piccole dimensioni, come gioielli, oggetti in materiali preziosi e pezzi di antiquariato facilmente trasportabili. Molto rimase a Ferrara e venne incamerato avidamente dagli Aldobrandini dopo il loro ingresso in città. Una parte dei beni entrò in loro possesso, l'altra fu messa in vendita. È probabile che il coffano con il modello di cera non fosse in cima ai pensieri di Cesare e che sia rimasto di conseguenza a Ferrara.
Estratto dal testo in catalogo Electa
*Comitato scientifico della mostra:
Leonardo. Dagli studi di proporzioni al Trattato della Pittura
Milano - Sala delle Asse del Castello Sforzesco
dal 7 dicembre 2007 al 2 marzo 2008