Indice degli articoli di arte


Dello stesso Autore:
Lettera a uno studente dell’Accademia di Belle Arti
Un’occasione che si sta sprecando

A proposito della creatività

Franz Falanga*

Un modo per impostare un problema è quello di mettere inizialmente in relazione fra loro poche parole fondamentali. Via via che si procede nell’impostazione e nel tentativo di soluzione del problema medesimo, il numero delle parole chiave aumenta.
Ciò detto, chiariamoci un po’ le idee su alcune parole molto interessanti che incontriamo quotidianamente, noi che ci muoviamo nello straordinario universo della comunicazione.
Le parole sulle quali ci intratterremo sono due:
fantasia e creatività.
Questi due termini rappresentano due categorie assolutamente preziose per gli addetti ai lavori. Già che ci siamo, è bene chiarire subito chi siano gli "addetti ai lavori" di cui sto parlando: sono quelli che insegnano e quelli che apprendono; sono i maestri e gli allievi; sono i trasmettitori e i ricevitori. Una categoria non esisterebbe senza l’altra.
Chi insegna non potrebbe esistere se non ci fosse il rapinoso mondo di quelli che imparano. Queste annotazioni, sono rivolte ad ambedue gli addetti ai lavori.
Torniamo dunque alle due parole iniziali: fantasia e creatività.
Come dicevo, sono due categorie mentali di grande complessità e di grande fascino sulle quali si è scritto moltissimo e si continuerà a scrivere parecchio. Mentre stavo scrivendo il periodo precedente, ho inaugurato un’altra bella parola, complessità. Non riesco ad andare avanti se non chiarisco prima di tutto a me stesso il significato di questo nuovo termine. Nuovo nel senso di nuovo "qui", all’interno di queste parole organizzate che sto scrivendo con il mio programma di videoscrittura.
Complessità dunque. Mi raccomando, "complesso" non va assolutamente confuso con "complicato". Per comprendere la differenza sostanziale fra queste due parole facciamo un esempio.
Se prendiamo un motore di una Ferrari, ci accorgeremmo che per poter comprendere il suo funzionamento in modo totale e perfetto, dovremo smontarlo e rimontarlo dieci, venti, trenta volte, cinquanta volte, impiegandoci molto tempo. Ma alla fine, magari la centesima volta, riusciremo a capire esattamente come funziona ogni suo minimo ingranaggio, da solo ed in rapporto agli altri meccanismi del motore che abbiamo studiato. Tempo ci sarà voluto ma alla fine delle osservazioni il motore della Ferrari non avrà nessun mistero per noi. All termine delle nostre analisi sistematiche saremo diventati padroni completi di un meccanismo "complicato" fin che si vuole, ma alla fin fine lo avremo capito benissimo. Ecco dunque che il motore di una Ferrari è una struttura complicata, un meccanismo complicato. Dico questo perché dopo un bel po’ di tempo e di studio, faticosamente, sono riuscito a violarlo e ad impadronirmi di "tutti" i suoi segreti. Posso quindi dire di aver compreso i meccanismi di una struttura complicata. Una struttura, quando è "complicata" è detta "struttura chiusa".
Se invece prendiamo in esame un organismo vivente, l’uomo, una lucertola, un albero, e lo studiassimo per tutta una vita, ci accorgeremmo che, malgrado tutto il tempo impiegato, non sarebbe possibile comprendere tutti i meccanismi necessari al funzionamento dell’uomo, della lucertola, dell’albero. L’uomo è ancora lontanissimo dalla comprensione "totale" del fenomeno della vita e chissà mai se ci riuscirà. In questo caso ci troviamo di fronte ad una struttura "complessa". Una struttura, quando è "complessa" è detta "struttura aperta".
Attenzione però! Ho messo in ballo un’altra parola molto particolare, "struttura". Che cosa significa esattamente? Per non allontanarmi troppo da quanto volevo dire all’inizio, basterà dire che la struttura è l’insieme di tutta una serie di funzioni e di relazioni che caratterizzano un oggetto qualsiasi. I matematici direbbero "l’insieme delle relazioni all’interno di un modello".
Parente strettissimo della struttura è il sistema. Ma qui mi fermo sennò ci perdiamo. Eventualmente ne parleremo in altro momento.
Torniamo dunque alla fantasia e alla creatività. Alla luce di quanto abbiamo detto prima, ambedue le categorie, sono due momenti del pensiero estremamente complessi. Siccome bisognerà pur iniziare, cominciamo a parlarne.
La fantasia. Parola magnifica, ricca di suggestioni, di mistero, di significati, di allusioni, di speranze. Tutti conosciamo il significato di questa parola. Basta chiudere gli occhi e "con la fantasia" siamo in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio, di inventarci situazioni piacevolissime o di prefigurarci momenti terrificanti; nello spazio di qualche frazione di secondo con la nostra mente, con le nostre capacità fantastiche siamo capaci di diventare re o regine dell'universo, di atterrare sulla luna, di andare a comprare le sigarette sull’unica tabaccheria che noi si è deciso stia su Marte.
La fantasia non ha limiti di tempo di spazio, di convenzioni, non ha freni inibitori, non è soggetta a censure nei momenti oscuri della vita sociale; durante una tirannìa, con la fantasia si pensa al dopo tirannìa, si vincono le guerre, si conquistano donne o uomini bellissimi distanti da noi anni luce di cultura e abitudini. La fantasia non costa niente è la capacità di sognare ad occhi aperti senza spendere neanche un centesimo. Da un certo punto di vista si può agevolmente pensare che tutte le persone che compongono il genere umano siano dotate di fantasia. La fantasia è una capacità che in misura più meno grande investe l’intero genere umano.
La fantasia dei bambini, poi, è ancora più straordinaria, perché i nostri piccoli amici sono in grado di costruire agganci imprevisti e imprevedibili fra fantasie assolutamente diverse fra loro. I collegamenti fantastici, le affinità elettive che i bambini riescono a costruire in tempo reale fra fatti assolutamente diversi fra loro, rappresentano una delle caratteristiche dell’universo iniziale giovanile. La fantasia non ha limiti, non ha inizio e non ha fine, è una delle capacità primarie dell’essere umano. Una delle peggiori maledizioni che possa capitare a chiunque è il perdere la fantasia. C’è una bellissima frase di una canzone napoletana che dice "aggie perduto o suonno e à fantasia" "ho perso il sonno e la fantasia" terribile condanna da non augurare a nessuno.
E la creatività direte voi?
La creatività è distribuita in misura molto minore della fantasia. Mentre tutti sanno cos’è la fantasia, la conoscenza del significato delle parole "creativo" e "creatività" è di uso molto meno comune, Cento persone su cento bene o male sono in grado di spiegare il significato della parola "fantasia", mentre la conoscenza del significato del termine creatività è meno allargato, meno comune. Perché questa differenza? Si potrebbe parlare a lungo di questa differenza ma qui per il momento questo fenomeno non è rilevante, mentre è più importante dare una definizione la più chiara possibile del termine "creatività". Definizione che ci affrettiamo subito a dare.
La creatività è la capacità che ogni essere umano ha di mettere in pratica ciò che ha precedentemente fantasticato. Andare sulla luna con la fantasia è operazione assolutamente facile per chiunque. Costruire una macchina che mi porti veramente sulla luna e che mi riporti sano e salvo sulla terra, appartiene alla creatività. Una persona creativa è una persona capace di immaginarsi qualsivoglia evento, oggetto, accadimento e, conseguentemente, capace di progettarlo e costruirlo con le sue mani utilizzando ovviamente la tecnologia del suo tempo.
La parola "creare" è parola intrigante, presuppone l’atto della creazione, l’atto di modificare un materiale per farlo diventare altro, arrivando addirittura a creare dal nulla. Guglielmo Marconi è stato un creativo di prim’ordine perché è riuscito a costruire con le sue mani un marchingegno che potesse servire a due persone per parlarsi a distanza senza l’ausilio di fili. Con la fantasia è facilissimo parlare con la nuova Zelanda, senza creatività concretizzare un fatto del genere è assolutamente impossibile. Infatti è soltanto con la creatività che è possibile costruire un accrocco che permetta a chiunque di parlare "effettivamente" con la nuova Zelanda .
Ci sono fior di fisici, fior di matematici, fior di chimici che con la loro creatività hanno permesso di rendere fattibili o evidenti fenomeni che prima erano appannaggio esclusivo della fantasia degli uomini. Da quanto tempo l’uomo ha fantasticato di volare? Un bel giorno, Leonardo ha cominciato a ragionarci su progettando con la sua fantastica creatività macchine volanti, che sono rimaste tali esclusivamente sulla carta, fino a quando i fratelli Wright con la loro straordinaria creatività sono riusciti a far stare per aria, per qualche secondo, un oggetto più pesante dell’aria stessa.
Ma che cosa c’entra questo tipo di creatività con quella che noi stiamo cercando di individuare in quel particolarissimo fenomeno che è l’arte? Consideriamo l’arte come un fenomeno molto particolare, o, meglio come una sommatoria di fenomeni/accadimenti che si dipanano nel tempo e nello spazio, spesso in maniera contraddittoria. Dare qui immediatamente una definizione della parola "arte" forse sarebbe da presuntuosi, proverò quindi a parlarne con estrema leggerezza, ben sapendo che il fenomeno è già sotto l’attenzione degli uomini da secoli e secoli di analisi complesse e complicate (ricordate?).
Consideriamo a che punto del ragionamento noi siamo giunti. Abbiamo detto che la fantasia è comune a tutti mentre la creatività è una caratteristica molto meno comune. Chi è creativo, per dare concretezza ai suoi progetti, ovviamente utilizza degli "strumenti" per concretizzare le sue intuizioni fantastiche.
Per esempio c’è il cuoco che utilizza i suoi strumenti per esprimersi al meglio nel suo campo. Ma forse sarebbe meglio dire che il cuoco usa i suoi strumenti per comunicare al meglio agli altri la sua sapienza creativa. Questo in senso generale, perché, oltre che comunicare la sua capacità di produrre, il cuoco comunica anche delle emozioni fisiche concernenti il gusto del gustare vero e proprio. Un bravo cuoco è dunque da considerarsi un artista? Un artista come un bravo scultore o un bravo pittore o un bravo musicista? Qui la faccenda comincia a diventare complessa (ricordate?) nel senso che immediatamente notiamo che le parole "arte" e "artista" diventano troppo generiche, possono adattarsi a una molteplicità di attività umane e perdono molto della propria originale connotazione. Qualcuno tanto tempo fa, nel 1700, scrisse che il fin dell’arte è la meraviglia. Parrebbe che ancora all’oggi questa definizione sia ancora buona. Ma che tipo di meraviglia?
Per rimettere un po’ d’ordine in queste note così confuse, mettiamo in gioco una parola nuova: "coinvolgimento". Tutti conosciamo il suo significato; affermiamo qui che una delle caratteristiche della creatività è il coinvolgimento. Il coinvolgimento può oscillare da un coinvolgimento di tipo soltanto fisico fino ad un coinvolgimento di tipo soltanto spirituale. Fra questi due posizioni, come si può immaginare, c’è un’infinita serie di coinvolgimenti.
Ma per continuare a rimettere un po’ d’ordine in queste note così confuse, mettiamo in gioco ancora un’altra parola nuova: "strumento". Lo strumento può essere il coltello da cucina (per il cuoco), il pianoforte (per il musicista), il pennello (per pittore), il PC (per l’artista multimediale). Non sarebbe meglio chiamare lo strumento "mezzo"? Forse sì, perché questa definizione ci permette di pensare che fra il creativo e la sua opera c’è di mezzo un mezzo. Scusate l’involontario gioco di parole. Fra il fruitore e l’opera di un creativo c’è, comunque, sempre in mezzo l’esistenza dello strumento del creativo e tutta una serie di informazioni sullo strumento medesimo da parte del fruitore; in più dobbiamo tener presente l’eventuale coinvolgimento che lo strumento di per sé esercita sia sul creativo stesso sia sul fruitore.
Come si può vedere, utilizzando un tipo di meccanismo di analisi consistente nell’aggiungere via via parole che aumentano sempre di più la comprensione del fenomeno che stiamo analizzando, ci accorgiamo di star costruendo una analisi sempre più complessa. Stiamo cioè organizzando un sistema aperto.
A questo punto proviamo a fare un piccolo passo indietro. Forse la nostra salvezza, nel senso della comprensione del fenomeno che stiamo analizzando, è riposta nel termine "coinvolgimento", che abbiamo inaugurato qualche periodo fa.
Più siamo "emotivamente" coinvolti nella fruizione di un’opera frutto di una mente creativa, più quest’opera la possiamo considerare caratterizzata da un certo tipo di artisticità. Senza accorgermene ho introdotto una nuova parola: "emotivamente". Siamo dunque in presenza di un coinvolgimento emotivo.
Riproponendo il tutto con tutte le nuove parole diremo dunque che un’opera creativa che dia un minimo di coinvolgimento puramente emotivo è da ascriversi al fenomeno che comunemente viene definito "arte".
Manca all’appello un ultimo (si fa per dire) modo dire. Stiamo parlando del "dejà vu", del "già visto". Categoria questa, di grande importanza nella conoscenza e nella critica di un fenomeno artistico. Riscriviamo dunque il tutto: un’opera creativa che dia un minimo di coinvolgimento puramente emotivo, e che possa avere la caratteristica di essere stata messa in circolazione per la prima volta, è, quasi certamente, da ascriversi al fenomeno che comunemente viene definito "arte".
Quanto scritto finora è soltanto un punto di partenza.

Elenco dei termini fondamentali usati:
Fantasia
Creatività
Complesso
Complicato
Struttura (aperta o chiusa)
Strumento
Mezzo
Coinvolgimento
Emotivamente
Dejà vu


*Franz Falanga
Laureato in architettura all'IUAV. Direttore del Dipartimento di progettazione all'Accademia di Belle Arti di Venezia, ove è titolare della cattedra di Elementi di architettura e urbanistica


Articolo inserito il 18 gennaio 2004