Dal frammento alla forma. Note sull'opera di Tony Cragg di Ludovico Pratesi
Tony Cragg vince il Praemium Imperiale 2007
Dal frammento alla forma. Note sull'opera di Tony Cragg *
di Ludovico Pratesi, curatore della mostra
Tony Cragg. Material Thoughts
Milano - Fondazione Stelline
Dal 27 settembre al 25 novembre 2007
Fin dai primi anni Settanta, dopo aver terminato i suoi studi al Royal College of Art di Londra, Tony Cragg aveva già dimostrato uno spiccato interesse per l'analisi dei rapporti tra la materia e la scienza. Nato a Liverpool nel 1949, figlio di un ingegnere elettronico, Cragg comincia ad avvicinarsi ai materiali industriali da giovanissimo, quando lavora come tecnico di laboratorio nel Natural Rubber Producers Research Association, prima di entrare, nel 1968, al Gloucester College of Art and Design di Cheltenham e passare l'anno successivo alla Wimbledon School of Art, dove trascorre tre anni di studio, alternati ad un lavoro da assistente presso una fonderia. Abbinare arte e scienza sembra essere il suo principale scopo, già manifesto nei suoi primi lavori di ambito concettuale e poverista, come Untitled (1970) composto da una fotografia con una serie di buste di plastica trasparente contenenti oggetti trovati per strada e separati dall'artista. In un'altra opera realizzata l'anno successivo, Shadow Drawing (1971) Cragg fotografa se stesso in piedi su una spiaggia, con un' ombra molto allungata, accanto al profilo dell'ombra stessa disegnato sulla sabbia. Un'opera legata alla sua ammirazione per Isacco Newton, che osservava la sua stessa ombra in ogni stanza dove entrava, per avere la nozione del tempo.
Tony Cragg
I'm Alive, 2003
Carbon / kevlar, Dim: 250x390x360 cm
L'interesse per la materia arriva più tardi, durante gli studi ai Royal College of Art di Londra. Nei primi anni settanta la scena artistica britannica della scultura era ancora dominata dalle forme antropomorfiche di Henry Moore e dalle strutture di matrice minimalista di Anthony Caro, alle quali si andavano affiancando artisti più giovani, come Richard Wentworth, autore di assemblaggi di oggetti di produzione industriale, o Bill Woodrow, impegnato nell'elaborazione di opere realizzate attraverso ritagli di materiali diversi. Ma la personalità che aveva più colpito Cragg era il maestro della Land Art Richard Long, che Cragg accompagna in diverse camminate tra il 1973 ed il 1975. In quel periodo comincia a raccogliere detriti urbani di ogni genere, che l'artista considera prodotti di un mondo dove ogni oggetto acquista senso grazie alla sua interazione con l'umanità, per sviluppare un metodo di analisi scientifica non matematica ma organica, al fine di elaborare il proprio pensiero artistico. Un pensiero che parte dall'assemblaggio di detriti e rifiuti urbani, impilati dall'artista fino a comporre solidi di forma rettangolare come Stack (1975), per poi arrivare ad opere come 4 Plates (1976), composta da quattro piatti allineati per terra, di cui il primo è intero e gli altri tre vengono spaccati dall'artista in frammenti disposti a distanza sempre maggiore per ricordare il loro profilo originale. "Mantenendo sempre l'apparenza funzionale dell'oggetto, Cragg altera tutte le sue suggestioni letterarie e intellettuali", puntualizzano Lucinda Barnes e Marilu Knode.
Tony Cragg
Turbo, 1999
Bronzo, Dim: 170x170x170 cm
Dopo il suo trasferimento a Wuppertal in Germania nel 1977, Cragg comincia a
produrre una serie di opere basate sulla composizione del profilo di un
soggetto ottenuto attraverso l'accostamento di oggetti quotidiani di plastica
usati, recuperati dall'artista e assemblati per identità cromatiche, come New
Stones-Newton Stones, esposto alla Lisson Gallery di Londra nel 1979, in
occasione della prima personale dell'artista.
Mosaici postindustriali
Dal 1977 alla metà degli anni Ottanta Cragg realizza una serie di opere
composte da frammenti di oggetti trovati di plastica, dando vita ad un
immaginario sempre più complesso, che potremmo definire composto da mosaici
postindustriali. In un felice e fortunato connubio tra frammento reale e forma
assemblata, nascono opere a parete come Policemen (1981), Britain seen from the
North (1981), Green, Yellow, Red, Orange and Blue Bottles II (1982) e Riot
(1987). Ogni figura scaturisce da circostanze diverse. Poteva essere ottenuta
semplicemente attraverso l'accostamento di cose trovate nel luogo stesso della
mostra, oppure costituire "una personale riflessione dell'artista sulla natura
e la funzione di un oggetto, le differenze formali e antropomorfiche delle
bottiglie o i riferimenti geologici o archeologici dei cumuli di detriti"
puntualizza Mark Francis. Contemporaneamente altre opere dello stesso periodo,
come Oval (1982) si presentano come una serie di oggetti di tipologie diverse
avvicinati uno accanto all'altro, dove la dispersione viene sostituita
dall'accostamento, e la frammentazione dall'unificazione. Una svolta prontamente
registrata da Thomas McEvilley: "Il tema della frammentazione o della
dissoluzione -sottolinea Mc Evilley- è necessario a quello del cambiamento. E'
proprio perché le cose possono perdere la loro integrità e scomporsi in più
parti che possono essere riorganizzate in nuove entità". L'opera chiave di
questo turning point del lavoro di Cragg è Mittelschict (1984), che segna il
passaggio alla tridimensionalità dell'oggetto utilizzato nella sua integrità
fisica e formale, per comporre una scultura che transita dalla vocazione
pittorica e cromatica a quella architettonica e strutturale. Composta non più
di materiali trovati ed usati ma di oggetti di uso quotidiano.
Ritorno alla natura
Se i frammenti di plastica, residui di una società postindustriale,
rimandavano ad un universo urbano, a partire dalla metà degli anni ottanta
Cragg torna ad ispirarsi alla natura, intesa come serbatoio di forme e
materiali che l'artista analizza da un punto di vista sia culturale che
scientifico. Non si tratta più di composizioni che vivono della tensione
mentale provocata da uno sguardo costretto a rinunciare a concentrarsi sul
singolo frammento per non perdere di vista l'insieme, in un suggestivo “puzzle
dello sguardo” denso di implicazioni semantiche e sociologiche, ma di paesaggi
incentrati sull'enfasi dell'oggetto ritrovato e celebrato nel momento della
sua reificazione, intesa in senso non solo simbolico, ma anche, se non
soprattutto, materialistico. “Il materialismo di Cragg-puntualizza McEvilley-ha
certamente un aspetto metafisico o idealistico, che consiste nel credere alla
scienza come fonte di una conoscenza che non è limitata alla dimensione visiva,
ma si avvicina all'idea pura”. Un'idea fondata sullo studio dei materiali ,
della loro essenza e delle loro possibilità di trasformazione in nuove modalità
di espressione del vocabolario formale della scultura contemporanea. Una nuova
fase di ricerca che prende avvio da Minster (1987), un lavoro composto da una
serie di pinnacoli costituiti da oggetti metallici piatti e rotondi posizionati
uno sull'altro. Così il rapporto con gli elementi che compongono l'opera si
capovolge: dalla dispersione orizzontale si passa alla sovrapposizione
verticale, in un crescente processo di recupero della vocazione assertiva e monumentale
della scultura. Arricchita però da una ricerca che ne mette in discussione la
staticità, sostituita da una dimensione dinamica della forma, che perde i suoi
connotati tradizionali nel momento stesso in cui viene recuperata.
Forme in movimento: Early Forms e Rational Beings
“Le sculture degli anni ottanta e novanta sono caratterizzate da un
processo di assemblaggio e combinazione” precisa Erik Schonenberg. Un processo
che non nega le fasi precedenti, ma approfondisce ulteriormente le dinamiche
interne al concetto stesso di scultura, e precisamente la relazione tra forma,
materia e movimento. Così, se nella prima fase del suo lavoro Cragg si
confrontava con artisti come Marcel Duchamp o Kurt Schwitters, ora i suoi
interessi si spostano verso Auguste Rodin, Costantin Brancusi, Medardo Rosso e
Umberto Boccioni: artisti interessati alla possibilità della materia di
trasformarsi in un soggetto dinamico, per superare le sue caratteristiche
fisiche. La ricerca di Rodin sul rapporto tra il gesso,la pietra e il bronzo,
le superfici morbide delle sculture in cera di Rosso, la dimensione dinamica
dei capolavori di Boccioni come Forme uniche di continuità nello spazio (1913)
costituiscono riferimenti fondamentali per comprendere la recente evoluzione
del lavoro di Cragg. Le sue opere non si confrontano più con lo spazio che le
circonda, ma si strutturano attraverso un codice interno determinato da inedite
combinazioni tra forma e materiale. "Il materiale trova una nuova forma e lo
scultore si trova in un nuovo contesto per esprimere nuovi significati" spiega
l'artista. Si tratta di un evoluzione che occupa gli ultimi vent'anni della
ricerca di Cragg ai quali è dedicata questa mostra, contraddistinta
principalmente da filoni di ricerca legati a due cicli di opere: Early Forms e
Rational Beings. "L'incessante lavoro di Cragg sulla sperimentazione delle
possibilità e dei limiti delle superfici scultoree lo ha inevitabilmente
portato alla scoperta dell'ampio campo dei contenitori e dei vasi, proprio per
il carattere di pura superficie di questi oggetti dimostra perfettamente il
logico paradosso della loro fisicità" puntualizza Cristoph Brockhaus.
Un'indagine che conduce l'artista a concentrarsi non più su frammenti o
paesaggi, ma sulla possibilità di stravolgere le forme di contenitori comuni,
come vasi, fiaschi, bottiglie o scatole. "Le superfici di questi oggetti
vengono trasformati, allungati, piegati, dilatati per ottenere nuove forme
scultoree, che col passare del tempo non rivelano più la loro forma originaria" aggiunge Brockhaus. Un processo che comincia nel 1988 con il ciclo delle
Early Forms, dove la rotazione delle forme produce un interessante dinamica tra
esterno e interno, strizzando l'occhio al design italiano degli anni Sessanta.
"Le prime sculture di questa serie sono state realizzate in gesso, e le loro
forme derivano dai contenitori in vetro utilizzati nei laboratori chimici, o
dai vasi spessi e pesanti, come i mortai", ricorda l'artista. Sviluppate in
orizzontale, queste sculture possiedono una tensione interna, che Cragg
sviluppa volta per volta in maniera più complessa, attraverso l'inserimento di
un contenitore dentro l'altro, fino ad ottenere un ritmo quasi musicale, ben
visibile in opere come Sinbad (2000) e Can-Can(2000), mentre una scultura come
Declination (2003), grazie alla sua monumentalità accentuata dalla rotazione
del volume unita al colore giallo. è dotata di una forza impositiva e
spiazzante rispetto all'ambiente circostante. Ogni scultura è il risultato di
una serie di passaggi formali che descrivono la tensione della forma iniziale
del contenitore - sia esso vaso, bottiglia o mortaio - in ogni momento della suo
divenire altro da sé, come una sorta di morphing tridimensionale. "L'artista
si muove, il materiale si muove. Alla fine appare una forma che è il risultato
di migliaia di decisioni" precisa l'artista.
Un processo che possiamo seguire nelle sue diverse fasi creative attraverso i
disegni di Cragg esposti in mostra, che illustrano in maniera chiara
'attitudine dell'artista verso il disegno inteso come la possibilità di
collegare le forme tra di loro,in maniera poetica ma anche tecnica. Questo è
evidente soprattutto nella serie dei fogli relativi alla genesi del ciclo di
opere intitolate Rational Beings, che derivano dalla struttura di Minster
(1987). “La struttura di Minster era composta da oggetti trovati, dischi di
metallo con funzioni varie, uniti soltanto dal fatto di essere rotondi e
piatti” ricorda Cragg.” Dal 1995 lavoro sui Rational Beings, che hanno un
aspetto più organico e sono fatti di fibra di carbonio con un'anima di
polistirolo, partendo però sempre da una base di elementi circolari.Sono
sculture realizzate partendo dai contorni di un gesto umano o di un profilo
riempito poi da cerchi di polistirolo incollati insieme.Quello che mi
interessava di loro era il modo in cui una forma organica e irrazionale si
sposava ad un elemento geometrico rigido, per dare vita a forne che mi
sembravano colme di riferimenti e sensazioni eccitanti.”precisa l'artista. In
una ideale genealogia dei Rational Beings, possiamo citare gli studi sulla
ritrattistica di Leonardo da Vinci e le anamorfosi dipinte da Holbein, la
colonna infinita di Brancusi e i profili di Duchamp, fino al Profilo
Continuo-Testa di Mussolini (1933) di Giuseppe Bertelli. Sviluppandosi per lo
più in verticale, evidenziando la loro origine non oggettuale, ma
antropomorfica, dove la rotazione intorno ad un'asse centrale assume il senso
di una mente umana in perenne cambiamento, caratterizzato da una vorticosa
evoluzione. “Nei Rational beings la forma non è più architettonica o organica,
ma dinamica”sottolinea Cragg. Un dinamismo che si basa comunque sull'interesse
dell'artista per le strutture stratificate che lo ha accompagnato fin dai suoi
esordi. In questo senso, rappresentano il punto di arrivo di un percorso
iniziato negli anni Settanta da parte di un artista che ha sempre pensato la
scultura come un estensione di sé stesso. E non si è mai smentito.
* Dal catalogo Electa