Arte

Louis-Ferdinand Céline a Meudon
Céline risponde alle domande di Louis Pauwels nel 1959 per la trasmissione “En français dans le texte”

Traduzione dell'intervista: Paola De Rosa - www.paoladerosa.com

Dedicato a Luca

È con una polemica che si è aperto l'Anno di Céline. Cinquant'anni dopo la sua morte lo scrittore “sulfureo” non lascia indifferente nessuno. Romanziere geniale, autore di spaventosi pamphlet antisemiti, Céline sarà sempre l'infrequentabile della letteratura francese.
(Le Figaro hors-série - Céline, une saison en enfer)

Paola de Rosa - Louis-Ferdinand Céline, 2008 - Olio su tela - Dim: 70x90h cm

Paola de Rosa - Louis-Ferdinand Céline, 2010 - Olio su tela - Dim: 23x32h cm

Paola de Rosa - Natura morta, 2009 - Olio su tela - Dim: 40x55h cm

Paola de Rosa - Louis-Ferdinand Céline, 2010 - Olio su tela - Dim: 23x32h cm

Opere di Paola de Rosa
Da sinistra:

Louis-Ferdinand Céline, 2008 - Olio su tela - Dim: 70x90h cm
Louis-Ferdinand Céline, 2010 - Olio su tela - Dim: 23x32h cm
Natura morta, 2009 - Olio su tela - Dim: 40x55h cm
Louis-Ferdinand Céline, 2010 - Olio su tela - Dim: 23x32h cm

Louis Pauwels: Louis-Ferdinad Cèline, siete uno strano personaggio. Eccitate gli animi delle persone con le vostre opere, le vostre idee e attitudini. Spesso affermate di non essere ben compreso. Ora lei ha l'occasione di farsi comprendere meglio. Se dovesse autodefinirsi con una parola, cosa direbbe?
Louis-Ferdinand Cèline: Eh Bene! Io lavoro e gli altri non combinano nulla. Ecco esattamente quello che penso. La questione è che noi siamo nell'epoca della pubblicità. Perché  l'orrore del mondo moderno è fatto di pubblicità. Dunque io sto dalla parte della modestia. Quello che conta è l'oggetto. Questo conta: voi avete un apparecchio davanti a voi. Spero che sia magnifico. Ma, dopo tutto, il brav'uomo che l'ha inventato potrebbe aver avuto dei problemi. Magari era cornuto o pederasta. Magari aveva la calvizie. O era un androgino. Magari aveva il mal di gola. Non so. Ma il suo apparecchio funziona. E' affidabile, non è vero? E' l'apparecchio che mi interessa. Ma a me, dell'uomo che l'ha fatto, non mi interessa nulla.

Tra le vostre numerose stranezze voi avete dei modi spiccatamente da parigino. Il vostro tono, le vostre maniere, le vostre reazioni, anche il vostro accento sono da parigino, o meglio ancora, di un abitante dei sobborghi. Dove siete nato?
Sono nato a Courbevoie Seine, Com du Vin, il 27 maggio 1894.

Ci siete restato a lungo?
Due anni.

Due anni?
Due anni, evidentemente me lo hanno detto, perché, in fin dei conti, all'età di due anni non si hanno ricordi precisi.

Cosa facevano i vostri genitori?
Mia madre faceva la modista e rammendava i merletti. Ma gli affari non andavano bene a Courbevoie e così dovette chiudere il suo negozio. Poi partì ed andò da sua madre, a fare la commessa, in rue de Provence.

E vostro padre?
Mio padre era impiegato. Perché era laureato in lettere, mio padre! E allora aveva delle aspirazioni letterarie. Le aveva. Era un uomo istruito e sbrigava la corrispondenza della sezione incendi della Phoenix in rue La Fayette.

E dopo Courbevoie dove siete andato?
Al passage Choiseul. Quello che aveva di bello il passage Choiseul, all'epoca, era il troppo gas. C'erano 360 lampioni accesi dalle 4 di sera. Con tutti quei lampioni Auer funzionanti, eravamo tra il gas. Sono stato cresciuto sotto una campana di gas.

A quel tempo, eravate un bambino molto dolce, molto affettuoso?
Non ho avuto molte possibilità di essere dolce e affettuoso. Sono stato cresciuto a suon di ceffoni perché servivano i ceffoni, perché era così. A quel tempo si veniva cresciuti a ceffoni e a “Zitto, sei un monello!”, etc.

Volevate bene e vostra madre?
Eh, beh! Non mi sono mai posto la domanda. Tutto succedeva in un… Erano angosciati dal problema del cibo, proprio così, me lo ricordo. Mi ricordo una cosa: non c'era mai più che una sola vetrina illuminata la sera con la luce a gas perché, nell'altra, non c'era nulla. Ne avevamo sempre una sola accesa, delle due, perché l'altra era vuota. Così non ti poni queste domande. Che ne so? Non avevamo dei complessi, no? Ci preoccupavamo del mangiare, di trovare qualcosa da mandar giù. Ah! Mi ricordo un'altra cosa! Che mangiavamo le tagliatelle. Mangiavamo le tagliatelle perché? Facevamo un pentolone di tagliatelle perché era il solo cibo, a proposito di bettole, il solo cibo che si potesse cucinare privo di odore perché i merletti, soprattutto i merletti antichi, trattengono gli odori. E' per questa ragione che sono cresciuto con la fobia degli odori. Quindi, non c'era questione di carne, né di pesce, né di niente. Tagliatelle! Tagliatelle! Allora mia madre, povera donna, avevamo una scala, non è vero? Per salire le scale, era inferma, il meno possibile faceva un pentolone di pasta. Mangiavamo pasta con un po' di burro la sera, molto poco. Sono stato allevato a pasta e miseria.

Al passage Choiseul c'era un po' di verde?
Neanche un po'.

Eravate un ragazzino di Parigi che conosceva poco la natura, il cielo, l'aria pura. Come avete scoperto la natura?
Al cimitero, a vedere la tomba di mia nonna, dopo che è morta. Al cimitero. E poi a piazza Louvois, perché c'era la mia scuola. Allora… vedete… perché là c'era la mia scuola.

Come andavate a scuola? Quali studi avete compiuto?
Ho completato le scuole medie, sino al diploma.

I vostri genitori che mestiere volevano faceste?
L'ambizione di mia madre era che diventassi il direttore di un grande magazzino. Per lei non c'era niente di più prestigioso. Per quel che riguarda mio padre, non voleva che studiassi perché sarei rimasto povero e lui ne sapeva qualcosa.

Cosa vi ha fatto pensare di diventare medico?
L'ammirazione che avevo per la medicina. I dottori li trovavo meravigliosi.

Quando eravate giovane, pensavate fosse importante essere uno scrittore?
Ah! Per nulla! Lo trovavo ridicolo. Quei tipi che si siedono a sbavare e scrivere delle cose. Perché? Sarei stato uno tra i tanti. Questo, non mi pareva straordinario. Che era poi quello che pensava mio padre.

Quando superaste la maturità?
Mi diplomai per la prima parte, prima della guerra, prima di arruolarmi nel 1912, e dopo nel 1918.

Ma nel tempo intercorso in attesa del ritiro dell'attestato e la maturità, voi avete…
Ho studiato sui libri di testo disponibili.

Cosa stavate facendo in quel periodo?
Ero un fattorino ed un apprendista. Ho lavorato dappertutto per Lacoste, Raymond, Vackerner. Ho avuto dodici padroni. Dodici mestieri, tredici miserie, come dice il proverbio. Voglio dire che  ho fatto molto. Mi son dato molto da fare. Ora, sono un invalido, qui, adesso.

Ma voi passaste la prima parte della licenza liceale?
Con il massimo dei voti!

Nel Viaggio al termine della notte, il vostro eroe si arruola a diciotto anni perché trascinato da una marcetta militare.
Ah! No, quello è un fatto inventato.

Vi arruolaste per patriottismo, per provocazione o per voglia di farlo?
Certamente un po' per voglia, ma anche perché sono un artista e quindi un po' coglione…..

Il protagonista di Viaggio al termine della notte, Bardamu, scopre la realtà della guerra attraverso la paura. E' stato detto di voi che non eravate coraggioso. Avete paura della morte?
Oh, cazzo! Adesso, a ben vedere, sarebbe un sollievo.

Intendevo allora.
Avevo ancora ragioni per vivere, no? Non avevo la stessa disposizione di oggi. Oggi, me ne frego, potrei suicidarmi all'istante, davanti a tutti. Verrebbe bene davanti alla cinepresa. Ma all'epoca, avevo ancora delle illusioni. Non delle illusioni, ma una pulsione di vita.

E voi volevate già essere medico?
Sì, sempre. Molto! Molto! Molto!

Ma perché volevate essere medico?
Ah, semplicemente perché ne avevo la vocazione.

Per rispetto di voi stesso? Per pietà verso gli uomini?
No, per fare qualcosa nel campo della medicina; questo mi faceva piacere. Questo mi ha fatto  piacere per lungo tempo. Quando praticavo, e ora sono trentacinque anni, questo mi faceva piacere: di guarire un raffreddore, di curare una varicella, di dilettarmi con un morbillo. Lo facevo molto bene, mi prendevo cura anche del temperamento, non è vero?

Vi interessa la sofferenza dell'uomo o la malattia in sé?
Ah! No, la sofferenza dell'uomo. Io mi dico: se soffre, sarà ancora più cattivo del solito. Si vendica e quella non è più sofferenza. Si sente bene! Bene! Molto bene! Mai stato meglio. Voilà!

Qual è il genere di persone che amate di più?
I Costruttori.

Quale detestate maggiormente?
I Distruttori.

Quali sono gli scrittori che sono più vicini a voi? E quali invece vi sembrano agli antipodi?
Degli scrittori mi interessano solo quelli che hanno uno stile; se non hanno uno stile non mi interessano. Ma di storie, ne son piene le strade: tutto è pieno di storie, ne sono pieni i commissariati, pieni i tribunali, piena la vostra vita. Tutti hanno una storia, mille storie.

Parlate di stile. Ma non c'è uno scrittore…
E' raro uno stile, signore. Ce ne sono uno , due, tre per generazione. Ci sono migliaia di scrittori, ma sono dei poveri pasticcioni, borbottano delle loro frasi, ripetono quello che qualcun altro ha già detto. Scelgono una storia, una buona storia e poi la raccontano. Per me questo non è per nulla interessante. Mi è successa una cosa molto particolare, ho smesso di essere uno scrittore,  per diventare un cronista. Ho messo la mia pelle in gioco perché, non dimenticate una cosa: la grande ispiratrice è la morte. Se non mettete la vostra pelle sul tavolo, non avete nulla. Uno deve pagare! Quello che è fatto senza pagare, sa di gratuito, puzza di gratuito. Allora avete scrittori gratuiti. Al giorno d'oggi ci sono solo scrittori gratuiti.

Qual è l'emozione a voi più familiare? L'odio? Il disprezzo? Il disgusto? L'amore? L'amicizia? Quale dunque?
Il lavoro. Io sono un povero lavoratore. Come diceva Cartesio, non sono più geniale di altri, ma ho più metodo, giusto? Io, non ho che un metodo, ed è quello di prendere un oggetto e poi di plasmarlo.  Sapete il vizio di  questa civiltà, mediocre imitazione della civiltà greca, è che vuole fare tutto molto in fretta. Allora è come per le canzonette: “ Encore une autre. Dis donc, je t'en prie, encore un! Encore un! J'en ai une bonne! Questa è una sciocchezza. Capite che è una cosa che vale per dieci minuti, mentre in realtà le novità sono cose che durano cinquecento anni, mille anni.

Qual è stata la gioia più grande della vostra vita?
Eh beh, Dio mio, devo dirvi che non ne ho avuta molta. Non sono un essere gioioso. Confesso che sarò felice quando morirò, ecco la verità. Desidero morire nella maniera più indolore possibile, non sono smanioso di dolore.

Credete in Dio?
No, non ci credo per nulla, no, no, non ci credo per nulla. Sono un positivista. Non chiederei niente di meglio che credere in Dio, sono certamente un mistico. Ma il buon Dio, eh, beh! Dio non mi sembra che si interessi molto alle stesse cose che mi interessano. Questo sicuramente no, no, no. Ma sono un mistico, si, lo sono di certo.

Dite di non aver avuto delle grandi gioie nella vostra vita. Avete avuto delle grandi sofferenze?
Ah! Sono stato servito, per un bel po'! Di queste da quella parte, ne ho avute in abbondanza. Me ne sono toccate di tutti i tipi, davvero; di quelle, in verità, ne ho avute molte, molte. Non voglio insistere oltre, ma davvero, le ho viste di tutti i colori!

Soffrite quando pensate al fatto che molta gente dice, pensa  del male di voi?
Ah! No, me ne frego altamente. Non mi interesso alle persone, mi interesso alle cose, capito?

Ma credete nell'amore?
Se si prende la vita come una cosa molto divertente, eh, beh, allora, largo all'amore! E a tutta la sua volgarità. Ma per esempio, io non amo ciò che è comune, no, ciò che è volgare. Voglio dire che una prigione è una cosa che si distingue perché la persona ci soffre, no,  mentre la dolce vita di Neuilly è un cosa molto volgare, perché la persona là si diverte. E' questa la condizione umana.

Ma voi, per i vostri libri, sembrate una figura profetica. Quale profeta dell'Apocalisse, pensate veramente che il cielo si oscurerà? Credete che la condizione dell'uomo peggiorerà? Diteci, se volete, come vedete il futuro prossimo.
Se tutti gli uomini non volessero andare in guerra, è molto semplice, dovrebbero dire: “Non ci vado”. Ma hanno il desiderio di morire. E' un desiderio, c'è una misantropia nell'uomo. Per esempio, quando vedete gli incidenti appena accaduti, non pensate che siano tutti involontari. C'è dentro di essi, c'è dentro qualcosa di perverso, ci sono persone che vanno davvero contro un albero. Apparentemente un brav'uomo non sale nella propria auto dicendo: “Vado a schiantarmi contro un albero”, ma il desiderio c'è, sì, e l'ho notato io stesso a più riprese, soprattutto tra i chirurghi, tra persone distinte. Li ho visti guidare le auto in una maniera sospetta. Tutti gli uomini della terra non hanno che da andare al governo e dire: “Sapete? Io non voglio andare in guerra”. Eh beh, allora non ci sarà la guerra. Se invece la mantengono, è perché la amano… questo desiderio generale. Questo desiderio…

Questo desiderio di distruzione…
Come diceva Montlue, maresciallo di Enrico IV: “Signori, e vostri capitani, che conducete gli uomini alla morte. Perché la guerra non è che questo…”

Se voi doveste morire adesso per volere divino, quale sarebbe il vostro ultimo pensiero?
Ah beh: Arrivederci e grazie! Ah! Va bene così. Non vi auguro alcun male, ma Dio mio, occupatevi di voi stessi, io me ne sono occupato poco. Manco d'egoismo, è assai raro. Il mondo ne è pieno, no?


“Oh! J'ai vu bien des agonies… ici… là… partout… mais de loin pas des si belles, discrete… fidèles… ce qui nuit dans l'agonie des hommes c'est le tralala…”
(L. F. Céline, D'un chateau l'autre)

giugno 2011