Guido Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio
e Reni
Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna, 1601 - Vienna,
1663) di Daniele Benati
Cagnacci protagonista del Seicento di Antonio Paolucci
Cagnacci tra Caravaggio e Reni di Daniele Benati
Cagnacci tra Caravaggio e Reni
di Daniele Benati
Dopo l'oblio in cui la produzione di Cagnacci cadde dopo la sua morte, a causa
dell'inaccessibilità delle sue opere, conservate perlopiù in collezioni
private, è stato il Novecento a decretargli un nuovo favore. La sua
“riscoperta” ha mosso dalla sua produzione sacra in Romagna, studiata da
Francesco Arcangeli e Cesare Gnudi in occasione della Mostra della pittura del
'600 a Rimini (Rimini 1952) e di quella dei Maestri del '600 emiliano (Bologna
1959). In seguito gli sono state dedicate alcune monografie (R. Buscaroli,
1962; P. G. Pasini, 1986) e nel 1993 è stato oggetto della prima mostra
monografica, tenuta a Rimini. Di pari passo ha proceduto la sua fortuna in
campo collezionistico, così che ora la sua personalità può dirsi apprezzata
nella sua complessità e ricchezza, che ne fanno un out-sider della pittura
seicentesca, al corrente di quanto di più moderno e innovativo veniva prodotto
nei suoi anni, ma in grado nello stesso tempo di mantenere una posizione di
geniale e incontrovertibile autonomia.
La mostra attuale non si limita a presentare la produzione pittorica di
Cagnacci nella sua quasi totale interezza, ma intende mettere in evidenza,
attraverso la presenza di importanti dipinti di altri autori, il fervido
dialogo che egli seppe intrattenere con altri protagonisti della pittura del
suo tempo, muovendosi in modo assolutamente personale tra i due poli del
naturalismo caravaggesco e dell'idealismo reniano.
Si potrà quindi apprezzare il modo con cui, ancora ragazzo, desume gli stimoli
per un vivace naturalismo già nel fervido ambiente romagnolo d'inizio secolo,per
poi aggiornarsi, da “esterno” e senza legarsi in particolare ad alcun maestro,
sugli esiti raggiunti a Bologna. È così che palesi omaggi all'ormai anziano
Ludovico Carracci si uniscono, nei suoi primi dipinti, alle simpatie per il
giovane Guercino. Ma sono poi i soggiorni a Roma a consentirgli di maturare le
sue propensioni a contatto con la pittura del Caravaggio e dei suoi seguaci,
attivi sia in campo sacro (Borgianni, Serodine, Honthorst) sia in campo profano
(Vouet). Dai primi coglie l'invito a una dimensione narrativa in cui il tema
religioso si cala nel quotidiano, dai secondi quello a sottolineare le valenze
emozionali e sottilmente sensuali che il fatto raffigurato suscita nel
riguardante: due aspetti già messi a frutto nei quadri da altare eseguiti a
Rimini, come la Vocazione di San Matteo o la stupefacente pala con La Madonna e
tre santi carmelitani in San Giovanni Battista, dove un'unica onda emozionale
lega i diversi episodi.
A questo punto, anche il confronto con la pittura di Guido Reni, inevitabile,
data l'importanza che questi ha assunto in ambito non solo emiliano, non può
stornarlo dalla strada intrapresa. È tuttavia grazie a questo incontro, e a
quello con i più indipendenti tra i suoi allievi (Cantarini, Gessi), se il
linguaggio di Cagnacci si fa più colto e sapiente, senza sottrarsi alle
implicazioni apertamente melodrammatiche che la pittura bolognese gli
suggerisce, soprattutto per la pittura “da stanza”.
I successivi accrescimenti stilistici, determinati soprattutto dalla conoscenza
della grande pittura veneziana del Cinquecento, già evidente nei “quadroni” di
Forlì (1642-44), vedono il pittore procedere sulla base delle proprie raggiunte
convinzioni, in uno strenuo quanto felice confronto con un tema, quello del
nudo femminile, che lo porta a soluzioni di straordinaria naturalezza ed
eleganza.