La bella Italia. Arte e identità delle città capitali
Firenze - Palazzo Pitti
Dall'11 ottobre 2011 al 4 marzo 2012
"E pluribus unum" recita la sentenza in latino che sostiene e giustifica la costituzione degli Stati Uniti d'America. Qualcosa di analogo è accaduto in Italia nel 1861. Con la differenza che, qui da noi, le specificità storiche e culturali fra i diversi stati della Penisola erano ben più grandi di quanto non fossero fra le "nazioni" della nascente America. Che l'Italia fosse patria comune, unita dalla lingua, dalla religione, dall'eredità consegnataci da Roma antica, questo lo si è sempre saputo.
Fino dai tempi di Dante Alighieri e di Francesco Petrarca. Su un tale comune e
condiviso sentire si sono innestate le storie particolari delle singoli
capitali preunitarie: Torino e Milano, Genova e Bologna, Firenze e Venezia,
Napoli, Roma, Palermo. Ognuna di queste capitali è stata ed è in diverso modo
rappresentativa dei differenti destini, delle particolari identità dei popoli
d'Italia. Chiunque abbia anche solo sfogliato un manuale di storia o, meglio
ancora, di storia dell'arte sa che le capitali degli stati preunitari hanno
conosciuto vicende antiche e gloriose, ognuna segnata da specifici caratteri
distintivi. Alla vigilia del 1861, le capitali d'Italia si erano date una loro
auto-rappresentazione che teneva insieme vicende storiche, fenomeni letterari
ed artistici, temperamenti dei popoli, destini, attese e speranze
all'appuntamento dell'unità nazionale. La mostra, che avrà la sua prima sede a
Torino alla Venaria Reale (19 marzo - 11 settembre 2011) e sarà poi a Firenze a
Palazzo Pitti, darà immagine alle Italie che la Storia chiamò a diventare
Italia. Il nostro è il Paese delle "differenze". Oggi, nel tempo
della globalizzazione, ci accorgiamo che le "differenze" che i popoli
d'Italia di sé stessi avevano (e per nostra grande fortuna ancora hanno) alla
vigilia del fatale 1861. Almeno 350 opere d'arte provenienti dai musei d'Italia
e del mondo racconteranno l'identità delle capitali italiane preunitarie. Ogni
capitale sarà significata da opere d'arte, da documenti ed oggetti in certo
senso identitari, in grado cioè di significare e di ricostruire il profilo
storico e i termini delle auto-rappresentazioni. Per cui Torino è l'Armata, la
Metallurgia, la Corte. Milano è Leonardo da Vinci, è la religiosità dei
Borromeo, è l'Illuminismo, è il dialogo costante e fecondo con l'Europa.
Venezia è la grande pittura di Tiziano e di Veronese, è il profumo d'Oriente, è
il mito della città inimitabile. Firenze è la lingua e le arti con Donatello,
con Botticelli, con Michelangelo. Bologna, la seconda città dello Stato
Pontificio, è il prestigio della sua Università ed è l'ideale classico che da
Raffaello arriva a Guido Reni. Roma è la gloria dell'Antichità Classica e della
Religione; due elementi unificanti destinati a tenere insieme la nuova Italia.
C'è poi Genova, capitale finanziaria nell'Europa della Controriforma e degli
Assolutismi, la città che ha saputo trasformare il profitto bancario nei
Rubens, nei Van Dyck, nei palazzi più belli della Cristianità. E infine ci sono
le due capitali del Regno: Napoli e Palermo. C'è la Napoli degli Aragona e dei
Borbone, di Caravaggio e di San Gennaro, dei Lazzari e di Masaniello; la
Palermo di Federico Imperatore, del Feudo, dei Baroni riottosi, della autonomia
continuamente affermata e continuamente contrastata. Per governare un progetto
così vasto occorreva coinvolgere studiosi specialisti titolari di autorevolezza
insieme accademica e istituzionale. Per il coordinamento generale di Antonio
Paolucci i settori dedicati alla immagine storica ed artistica delle capitali
preunitarie sono stati affidati ad Enrica Spantigati per Torino, a Pietro
Marani per Milano, a Piero Maria Boccardo per Genova, a Giandomenico Romanelli
per Venezia, ad Andrea Emiliani per Bologna, a Cristina Acidini e Maria
Sframeli per Firenze, ad Antonio Paolucci per Roma, a Pierluigi De Castris per
Napoli, a Vincenzo Abbate per Palermo. Qual'era l'identità culturale delle
capitali d'Italia all'anno 1861, come i cittadini di Milano o di Napoli, di
Firenze o di Palermo vedevano sé stessi e come gli artisti li hanno nei secoli
rappresentati. Questo è l'obiettivo della mostra. Le "differenze",
rimanendo tali, si sono risolte in Unità. È questo il "miracolo"
italiano che il 1861 ha inaugurato. Di questo parlerà la mostra che celebra i
primi centocinquanta anni dalla unificazione del Paese.
Antonio Paolucci
Presidente del comitato scientifico della mostra