Intervento di Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia
La Biennale è come una macchina del vento
La Biennale è come una macchina del vento. Ogni due anni, scuote la foresta,
scopre verità nascoste, dà forza e luce a nuovi virgulti, mentre pone in
diversa prospettiva i rami conosciuti e i tronchi antichi (e quest'anno i
tronchi saranno davvero antichi vista l'intenzione della curatrice di aprire
con Tintoretto).
La Biennale è un grande pellegrinaggio dove nelle opere degli artisti e nel
lavoro dei curatori si incontrano le voci del mondo che ci parlano del loro e
del nostro futuro.
L'arte è qui intesa come attività in continua evoluzione.
Se un museo si qualifica principalmente per le opere che possiede (anche se non
esclusivamente, visto che ai direttori di musei si chiede oggi di essere anche
manager e impresari), una istituzione come la Biennale si qualifica piuttosto
per il suo “modus operandi”, per i metodi seguiti, per la natura dei soggetti
che vi partecipano, per le scelte sul metodo e per i principi e le regole che
ispirano la sua organizzazione, per gli spazi di cui dispone, ecc.: insomma per
la Forma dell'Istituzione che si riflette nella Forma data alla Mostra che vi
si tiene ogni due anni. Ed è dalla qualità di questa Forma che dipende il
raggiungimento del principale nostro obbiettivo: ottenere la stima del mondo.
Dopo 116 anni di vita della Biennale, la Forma della Mostra attuale è quella
definita in modo compiuto nel 1999 e confermata e perfezionata negli anni
successivi. Dico questo perché è proprio a partire da quell'anno che alla
mostra organizzata per padiglioni si affianca in modo netto e distinto la
mostra che il curatore nominato dalla Biennale deve organizzare come “mostra
internazionale”, con un compito netto non dovendo egli darsi carico della
selezione del padiglione italiano.
La Mostra della Biennale si presenta dunque ora fondata sui seguenti pilastri.
1) Primo pilastro: i Padiglioni dei Paesi partecipanti.
Sono 28 i padiglioni fissi dei paesi costruiti all'interno dei Giardini,
utilizzati da 30 paesi titolari considerati partecipanti permanenti. Sono però
partecipanti ad egual titolo altri paesi che chiedono di essere invitati alla
Mostra; di questi alcuni trovano spazio all'interno dell'Arsenale, altri
trovano il loro spazio in luoghi diversi di Venezia. I paesi partecipanti
quest'anno, ad oggi confermati, sono complessivamente 89 (erano 77 nell'ultima
Biennale).
Tra questi alcuni sono presenti per la prima volta: Andorra, Arabia Saudita,
Repubblica Popolare del Bangladesh, Haiti. Altri sono tornati dopo presenze
antiche: India (1982), Repubblica Democratica del Congo (1968), Iraq (1990),
Repubblica dello Zimbabwe (1990), Sudafrica (1995), Costa Rica (1993, poi con
l'IILA) e Cuba (1995, poi con l'IILA).
Ricordo che per ogni Biennale le amministrazioni degli stati che gestiscono i
padiglioni (o le amministrazioni cui gli stati hanno affidato la gestione del
padiglione) nominano un commissario ed un curatore.
Nell'autunno che precede la Mostra si tiene una riunione generale nella quale
il curatore nominato dalla Biennale illustra le linee del suo progetto per la
“sua” mostra internazionale. Si tratta solo di una informazione, i curatori dei
vari paesi non sono vincolati e possono compiere le loro scelte liberamente.
I Padiglioni dei paesi sono una caratteristica molto importante della Biennale
di Venezia. Una formula antica di presenza degli stati eppure viva e vitale più
che mai. Preziosa in tempi di globalizzazioni, perché ci dà il tessuto primario
di riferimento sul quale possono essere osservate e meglio evidenziate le
autonome geografie degli artisti, sempre nuove, sempre varie.
Ci si può chiedere in che misura questi padiglioni portino con sé, per quanto
ampia sia l'autonomia lasciata ai curatori, anche desideri di rappresentazione
del paese che li organizza. Ognuno ha la sua storia e il suo stile. Possiamo
senz'altro dire che in essi i paesi rivelano il ruolo attribuito all'arte
contemporanea quale messaggera del loro presente e della loro ricchezza
culturale. Ma dai padiglioni vengono anche rivelazioni su realtà e ricchezze
più profonde di quelle delle pretese o consuete immagini ufficiali e
stereotipe.
2) Secondo pilastro: La Mostra internazionale del curatore della Biennale.
Al centro, parallela alla serie dei Padiglioni dei paesi, sta la Mostra
Internazionale del curatore, quest'anno Bice Curiger, che ha scelto come titolo
ILLUMInations (gli artisti presenti saranno 83). Il curatore (la curatrice) è
chiamato espressamente a realizzare una mostra “senza confini”. La Biennale non
ha nominato comitati o commissioni, né diversi curatori per diverse aree, ma si
affida alla singolare responsabilità di un curatore (assistito dai suoi
consiglieri, e, per l'esecuzione, dalle strutture della biennale).
Tra scelte dei curatori dei padiglioni nazionali e scelte del curatore della
Biennale, tra mostra internazionale del curatore e mostra internazionale dei
padiglioni, si determinano così liberamente scelte condivise o scelte diverse.
Il rapporto dialettico tra queste diverse scelte rappresenta un elemento
qualificante il suo carattere internazionale: una mostra dai molti occhi, dai
molti punti di vista.
3) Terzo pilastro: Gli spazi per realizzare la grande Mostra internazionale del
curatore della Biennale.
Dovevano essere adeguati allo scopo. E proprio per questo, nel 1998 abbiamo
ampliato grandemente gli spazi che oggi sono costituiti: da un lato dal
Padiglione centrale e dall'altro dall'Arsenale.
Gli spazi costituiscono un elemento essenziale della Mostra che, negli spazi e
nella loro particolare articolazione e qualità, trova lo strumento più
opportuno per formare il proprio linguaggio.
Val la pena ricordare che da quando abbiamo realizzato quegli spazi e chiarito
il nuovo impianto della mostra è aumentato il numero dei Paesi che chiedono di
partecipare alla Biennale. Erano 61 nel 1999, sono oggi 89.
Negli anni recenti è stato realizzato e poi molto ingrandito il nuovo
Padiglione Italia all'Arsenale, affidato quest'anno alla cura del prof.
Vittorio Sgarbi, nominato curatore dal Ministro della cultura italiano.
4) Un ulteriore componente: Le partecipazioni collaterali.
Soggetti non profit possono presentare progetti per piccole mostre, da tenersi
nella città di Venezia, normalmente per tutti i sei mesi della mostra. Il
curatore della Biennale, anche qui in totale autonomia, giudica la loro qualità
e ammissibilità come “collaterali”. Quelle ammesse possono fregiasi del logo
Biennale, sono incluse in una sezione speciale del catalogo e sono
pubblicizzate dalla Biennale. Si offre così a soggetti capaci di esprimere una
scelta di qualità un modo di essere presenti. In alcuni casi l'opportunità è
stata raccolta da minoranze etniche che scelgono l'occasione della Biennale
d'Arte per far sentire la loro presenza e dimostrare la loro identità
culturale. Abbiamo sempre attribuito grande importanza a questa possibilità
(quest'anno sono state presentate 83 domande, la selezione del curatore ne ha
ammesse circa il 50%).
5) Un elemento decisivo: la città di Venezia che per sei mesi accoglie sul suo
territorio questo grande insieme di energie vitali.
6) Un pilastro sempre più importante della nostra costruzione è poi la cura del
pubblico.
Da tempo la Biennale sviluppa attività educational e visite guidate.
Queste attività sono svolte con un numero sempre crescente di scuole della
regione.
Quest'anno però abbiamo aperto un nuovo campo d'azione. Dopo l'esperienza
compiuta favorevolmente con la Mostra d'Architettura, per la prima volta
lanciamo il programma “Biennale Sessions”.
Esso è rivolto a istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel
campo delle arti o nei campi affini, Università, Accademie di Belle Arti,
Istituti di formazione e di ricerca. Scopo è quello di offrire una
facilitazione a visite di tre giorni da loro organizzate per gruppi almeno di
50 tra studenti e docenti, con vitto a prezzo di favore, la possibilità di
organizzare seminari in luoghi offerti gratis, assistenza all'organizzazione
del viaggio e soggiorno. Vorremmo che queste istituzioni considerassero la
Biennale d'Arte un luogo dove svolgere, seppur per breve tempo, una sessione
del loro lavoro di studenti, ricercatori, insegnanti.
Ho inviato nei giorni scorsi già oltre 2.000 lettere ad altrettante istituzioni
del mondo, attendiamo le risposte.
Durante la Mostra si terranno poi seminari aperti. “Meetings on Art” saranno
organizzati in giugno e alla ripresa autunnale.
Con questo pilastro vogliamo confermare il ruolo della Biennale di Venezia
quale istituzione aperta alla conoscenza e allo spirito di ricerca, degna di un
pellegrinaggio.
Ho detto dell'importanza del ruolo del curatore e della responsabilità lui
(lei) affidata.
Il curatore deve avere occhio esperto, spirito indipendente, generosità verso
gli artisti, severa capacità di selezione, grande fedeltà a quella misteriosa
dea che è la qualità.
Sguardo libero sul mondo.
Queste doti il mondo riconosce a Bice Curiger.
Con Lei siamo tornati a Zurigo. Cominciammo con Szeemann, appunto nel 1999.
Alcuni amici descrivono questi 12 anni di Biennale come “il felice viaggio
dalla barba di Harald al rosso ciliegia del rossetto di Bice”.
Concordiamo con Bice. In un'epoca nella quale l'arte ha da tempo cessato
l'enfasi sulla provocazione dell'anti-arte, cerchiamo le vie del colloquio tra
l'opera dell'artista e il nostro sguardo e il nostro spirito, vogliamo capire e
sentire quel di più che l'arte con generosità ci dona e ci sussurra,
desideriamo illuminazione come visitatori, come amanti dell'arte, come
individui e come membri della comunità umana.
E che Illuminazione sia!
Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia