Il nuovo Pirellone
Il Pirellone perde il primato. Milano ricomincia a salire di Pierluigi Panza
Il vecchio Pirellone di Gio Ponti di Gillo Dorfles
Il vecchio Pirellone di Gio Ponti
Forse non verrà affatto superato dalla nuova Torre oggi in costruzione. Ossia:
quello che la Torre Pirelli simboleggiò quando fu edificata, e che ancora
simboleggia, è indipendente da qualche metro d'altezza in più o in meno. È
l'incarnarsi - anzi il «cementarsi» - d'una idea di progresso, di sviluppo
industriale e culturale della Milano di ieri che ha effettivamente condotto il
vecchio borgo medievale (nonostante lo splendore delle sue basiliche da San
Giorgio a San Vincenzo in Prato, da San Simpliciano a Sant'Ambrogio) a
trasformarsi in capitale del design e della moda europea.
Dunque, auspichiamo che la nuova Torre serva proprio da emblema per quella
rinascita della Milano culturale che negli ultimi anni aveva perso un po' del
suo iniziale brillio, lasciando vaste zone edilizie abbandonate e inedificate.
Ecco, allora, che i due vecchi edifici simbolici della Torre Pirelli e della
Torre Velasca - memori d'una rinascita milanese del dopoguerra e del dopo-fascismo
- meritano oggi di essere «superati in altezza» dai nuovi grattacieli (di Zaha
Hadid, di Liebeskind e degli altri) ma purché non si dimentichi che le prime
torri (dalla Galfa alla Pirelli) sono state le testimoni di una grande stagione
di fervore economico e di libertà politica e ideologica; e che, non a caso, era
auspicabile che la Milano del dopoguerra (capitale del razionalismo
architettonico dei Figini e Pollini, Albini, Lingeri, BBPR, ecc.) trovasse una
continuità avveniristica nell'architettura della Nuova Fiera di Massimiliano
Fuksas e in quella del Nuovo Pirellone e - si spera - degli altri grattacieli
del prossimo Expo.
Gillo Dorfles
Corriere della Sera - 6 maggio 2009