Garofalo. Pittore della Ferrara Estense
Ferrara - Castello Estense
Dal 5 aprile al 6 luglio 2008
La prima opera del Rinascimento italiano giunta in Russia, all'epoca di Pietro il Grande - sia pure con l'erronea attribuzione a Raffaello - è stata un dipinto del ferrarese Benvenuto Tisi detto il Garofalo: una Deposizione che il cardinal Ottoboni aveva regalato all'agente commerciale dello Zar a Venezia, Petr Beklemisev, e che questi aveva “avuto l'ardire…di umilmente portare” alla Maestà Imperiale. Era il 1720.
Era quasi inevitabile che la prima mostra realizzata a Ferrara da Ermitage
Italia - la filiale italiana del grande museo russo, inaugurata nella città
estense il 20 ottobre del 2007, quale importante centro di studi e di ricerche
italo russo - fosse dedicata a Garofalo, uno dei principali protagonisti
della cultura figurativa ferrarese del Cinquecento, di cui il Museo Statale Ermitage
di San Pietroburgo conserva un importante nucleo di opere e di cui restano
testimonianze nei principali musei del mondo.
Sarà dunque allestita nelle splendide sale del Castello Estense, dal 5 aprile
al 6 luglio 2008, la prima mostra monografica su Benvenuto Tisi (Ferrara
1481 - 1559), curata da Tatiana Kustodieva e Mauro Lucco in
collaborazione con Michele Danieli, con il contributo dei direttori
scientifici di Ermitage Italia Irina Artemieva e Francesca
Cappelletti e del presidente del comitato scientifico della neonata
Fondazione Michail Piotrovsky, direttore generale del Museo Ermitage di
San Pietroburgo. Un'occasione importante per fare il punto su un artista in
passato sottovalutato dalla critica, ma in realtà già assai apprezzato come
“moderno” dal Vasari, per la sua pittura e per il suo stile di vita, e
straordinariamente vitale e attivo nella città degli Estensi, che in lui si
identifica più che in altri: le sue opere, collocate soprattutto nelle
chiese e nei palazzi nobiliari e meno nella corte, furono infatti sotto gli
occhi di tutti, entrando presto nell'immaginario collettivo ferrarese.
Molti capolavori di Garofalo si conservano ancora in città - e nell'occasione
potranno essere apprezzati in un itinerario tematico che consentirà di
vedere anche opere altrimenti non fruibili - ma molti altri, ormai da secoli,
hanno lasciato Ferrara, in seguito alla famosa devoluzione del 1598, a
svariate vendite e, non ultimo, alle requisizioni napoleoniche. Grazie alla
collaborazione con le più importanti istituzioni europee - dalla National Gallery
di Londra allo Staatliche Kunstsammlungen Gemäldegalerie di Dresda,
dal Musée du Louvre di Parigi al Kunsthistorishes Museum di Vienna,
dalla Galleria Borghese e dai Musei Capitolini di Roma fino al Museo e
Gallerie Nazionali di Capodimonte - questi lavori dispersi faranno ora
ritorno nella città degli Estensi, ove furono concepiti e ove contribuirono
a quel clima di rinnovamento che caratterizzò il ducato nell'ultimo secolo di
fulgore.
Tornerà dunque anche la Deposizione entrata nelle collezioni dell'Ermitage
alla fine del XVIII secolo e con lei, dal museo russo, tre eccezionali
dipinti di grandi dimensioni, realizzati da Garofalo negli anni ‘30 del
Cinquecento per il perduto convento di San Bernardino: Le nozze di +Cana
di Galilea, l'Andata al calvario e una strabiliante Allegoria del
Vecchio e del Nuovo Testamento di metri 3,18 x 2,57. Quest'ultima tela,
specialmente, risulta interessante, non solo perché la composizione è una
variante di un affresco di analogo soggetto conservato presso la Pinacoteca di
Ferrara, ma anche perché, per più di una cinquantina d'anni, l'opera era
rimasta arrotolata e, solo nel 2007, dopo un accurato restauro, è
stata pienamente recuperata.
Tornerà inoltre anche un grandioso dipinto, sempre appartenente al nucelo di
San Bernardino, che a ragione può dirsi il suo meno noto e che dal 1920 è
custodito presso il Museo di Belle Arti del Lontano Oriente, a Kabarovsk in
Siberia. La moltiplicazione dei pani e dei pesci - ove pare ritratto
anche il volto del Garofalo in una delle figure in basso a destra - sbarcherà
infatti nella città d'origine dopo aver percorso 15.000 kilometri, grazie
all'intervento del Ministero delle Emergenze russo che, per consentire il
trasporto di una tela tanto grande dalla cittadina situata nei pressi di
Vladivostok fino a Mosca, ha messo a disposizione un velivolo speciale: un Ilyushin
IL76.
Opere giungeranno anche da Cracovia, Birmingham, Strasburgo, Maastricht,
Amsterdam, Colonia, Budapest, Francoforte: circa sessantalavori di Garofalo
- di cui oltre venti mai esposti prima d'ora in Italia - e una decina
di dipinti di assoluta qualità di artisti del Cinquecento ferrarese come
Domenico Panetti, Boccaccio Boccaccino, Dosso Dossi e Francesco Francia, per
ricostruire non solo la parabola di questo artista, che è riuscito a
convogliare a Ferrara, e nelle sue opere, tutte le tendenze dell'arte
moderna, ma anche parte dello straordinario clima artistico ferrarese di
inizio Cinquecento.
Più che in altre città italiane, attorno alla corte estense si venne infatti
miscelando una particolare cultura di intrattenimento, affidata ai voli lirici
della fantasia, incantata dalla scintillante bellezza di luci particolari, dai
vapori di nebbie, dal godimento di colori e di storie inverosimili ma
eccezionalmente fantasiose; un mondo del quale si pretendeva, come ovunque, l'
“imitazione della realtà”, ma che di fatto si declinava come un universo
lontanissimo, di sogno, dove tutte le cose impossibili potevano accadere con la
più grande facilità, senza alcuno sforzo. In questo sistema Garofalo si direbbe
a priori un perdente: addetto al tipo di produzione più consueta, quella di
soggetto religioso richiesta dalle chiese e dalle confraternite devote, egli
sembrerebbe tagliato fuori da quel tipo di mirabolante narratività, da quella
sfrenata fantasia. Come, infatti, raccontare di personaggi sacri, della
Vergine, di Cristo, dei Santi, quasi fossero personaggi di una favola avventurosa?
Invece, incredibilmente, con la meravigliosa distillazione della poesia,
entro le luci fatate di un ambiente magico, tutto ciò potè avvenire fra le
mani del nostro artista; e questo è chiaramente il segno non solo della sua
qualità di grande pittore, ma anche della sua modernità, che
riesce ancora, superando le epoche, a parlare al nostro cuore.
Del coinvolgimento con la “modernità” del suo tempo parlano, invece, con grande
chiarezza le sue amicizie, ricordate quasi ostentatamente dal Vasari (1568):
che sono quella con Giorgione, e poi con Michelangelo e Raffaello, oltre alla
comunanza di lavoro con Dosso.
E infatti Garofalo, pur partendo dalla lezione di Panetti e Boccaccino e pur
sensibile a influssi lombardi, più ancora che mantegneschi, come nel soffitto
di Palazzo Costabili, si apre presto alle influenze dell'arte veneta. L'acuta
sensibilità giorgionesca per l'ambiente naturale, il paesaggio, le sue penombre
trasparenti e avvolgenti, imprime una forte svolta nella pittura del Tisi, che
tuttavia sembrerà del tutto immune dall'influenza del suo continuatore Tiziano,
pur presente a Ferrara a più riprese; mentre invece si rivela assai attento ed
aperto agli stimoli provenienti dall'ambiente romano, e pronto a cogliere fin
dagli anni 1512-1513 le suggestioni della grande rivelazione di Raffaello. Il
sogno di un mondo sereno, grandiosamente dignitoso - in cui l'uomo si commisura
con un ambiente di estrema bellezza e varietà senza esserne schiacciato e
travolto, ma restando al di sopra degli affanni e dei dolori - vive eterno in
tutte le sue opere.
Proprio la perfetta fusione tra i modi del Sanzio e di Giorgione sarà
uno dei maggiori traguardi di Garofalo, cui tutta la letteratura riconosce il
merito di aver trovato una delle più elette e originali sintesi tra la
pittura veneta e quella romana.
Così, se nelle differenti versioni giovanili della Madonna con Bambino -
quelle della Ca' D'Oro di Venezia, del Museo di Copenaghen o del Bonnefanten Museum
di Maastricht (opera appartenuta alla collezione di Otto Lanz e voluta da Hitler
per il costituendo Führermuseum di Linz) - come pure nell'opera del Sacro
Convento di Assisi, nella bellissima Madonna dei Musei Capitolini o nel Cristo
Portacroce da Cento, le lezioni di Boccaccino, di Costa, del Francia e di Giorgione
fanno tutte ormai parte del lessico garofalesco; e se con la “bellissima” pala
di Argenta non è più possibile dubitare dell'influsso esercitato da Raffaello
su Garofalo, già la Madonna col Bambino in atto di prendere un cardellino della
Galleria Borghese e, soprattutto, la Pala Suxena mostrano ormai un
raggiunto equilibrio tra il colore giorgionesco e la forza delle anatomie
raffaellesche. Persino nella stagione in cui, come direbbe Melville, “crescono
gli anni e le malinconie”, in opere mature quali il Sacrificio Pagano della
National Gallery di Londra o la Sibilla ed Augusto del Wallraf Richartz Museum
di Colonia che mostrano le aperture manieriste dell'ultima fase- entrambe prime
assolute per l'Italia - o nella Venere e Marte e la Diana ed Endimione
da Dresda che si richiamano al paesaggio e alle tipologie di Dosso (fra i
pochissimi dipinti realizzati da Garofalo per il Castello Estense, su richiesta
di Ercole II), quel sogno olimpico rimane fisso, e ne emerge la capacità
dell'artista di fondere le diverse parlate della cultura figurativa del
tempo in una lingua fluida e bella, in armoniosa unità, senza cesure nette come
invece è stato talvolta ritenuto, senza conversioni radicali o contraddizioni
in termini. Garofalo non sceglie diverse modalità espressive a seconda delle
committenze, ma parla sempre la sua individua, inconfondibile lingua
poetica, sia che si trovi a dover affrontare una solenne pala d'altare, o
un quadretto privato, o ancora un'opera di tema cortese, in linea con la città
dell'Orlando Furioso.
Rendere dunque omaggio a questo magnifico artista, che quasi con forte
tempra morale ha tenuto ferma una linea espressiva senza mai tradirla, ma
sapendola continuamente aggiornare, innervare, modificare, aprire al nuovo, era
insomma quasi un atto di giustizia storica, che ben si accordava con gli
scopi, i modi, le circostanze della fondazione Ermitage Italia.
Non che questa monografica sia la prima mostra in assoluto consacrata
all'artista; altre manifestazioni gli sono state dedicate, in cui si investigava
o un particolare momento, o un particolare filone della sua arte. Questa è
la prima che cerca invece, nei limiti delle possibilità - condizionate
dalle precarie condizioni conservative di molte tavole o dalle loro eccezionali
dimensioni, che impediscono l'accesso alla sede espositiva - di prendere in
considerazione tutto il percorso dell'artista, dall'inizio alla fine; e per
far questo, si è preferito ripartire quasi da zero, conoscendo e valutando,
naturalmente, tutto quanto è stato scritto sull'argomento, ma cercando di
sfrondare tutti i luoghi comuni che si sono ormai consolidati sull'artista e
riassestando il suo catalogo, agganciandolo alle opere certe, in quanto
firmate, datate o documentate. Quella che è la metodologia di base per ogni lavoro
storico artistico, in questo contesto, assume un carattere ambizioso, perché
costringe a lavorare su tutti i dipinti di Garofalo, anche quelli non presenti
in mostra, come si stesse scrivendo un libro onnicomprensivo; e necessariamente
impone anche di mettere ordine all'interno di una bottega, i cui aiutanti e
collaboratori erano sicuramente numerosi. Ciò che oggi passa sotto il nome di Garofalo
è insomma costituito di un nucleo forte di opere autografe, ma anche di molti
dipinti con diversi gradi di collaborazione, e di un gruppo di copie di diversa
mano, che testimoniano tuttavia del grande successo goduto dall'artista ai suoi
tempi. Per le ragioni suddette, e quasi in analogia col mondo garofalesco,
nelle schede di catalogo si è scelto un passo per così dire “narrativo”, che
discuta temi e problemi in relazione alle singole opere, anziché trattare
queste ultime, come di consueto, in isolamento, quasi si trattasse di monadi incomunicanti.
Di questo godibilissimo pittore dunque, la mostra ferrarese - promossa dal Museo
Statale Ermitage, dalla Provincia di Ferrara, dal Comune di
Ferrara e dalla Regione Emilia-Romagna, con il sostegno della Fondazione
Cassa di Risparmio di Ferrara, della Carife e di Hera, con
l'organizzazione generale di Villaggio Globale International e catalogo Skira
- offre finalmente un volto nuovo, e forse inaspettato, alla luce dei più
recenti studi e dell'attenta revisione dei documenti originali confluita nel
corposo regesto del catalogo.
L'Arte di Garofalo: dalla mostra alla città
Informazioni ed orari
La mostra trova la sua ideale estensione in città, attraverso un itinerario
alla scoperta delle importanti testimonianze dell'artista qui conservate. In
occasione dell'evento, oltre alla riduzione reciproca dei biglietti d'ingresso
tra mostra e musei, sarà possibile anche ammirare - con ingresso gratuito - i
bellissimi affreschi realizzati da Benvenuto Tisi al Seminario Vecchio, di cui
si sono conclusi da pochi mesi i restauri, grazie all'apertura straordinaria
resa possibile dalla Curia Arcivescovile di Ferrara e della Fondazione Cassa di
Risparmio di Ferrara.
Pinacoteca Nazionale
Palazzo dei Diamanti, corso Ercole I d'Este 21
Orario: 9.00 - 14.00; giovedì 9.00 - 19.00;
domenica e festivi 9.00 - 13.00
Museo Archeologico Nazionale
Via XX Settembre, 124
Orario: 9.00-14.00, chiuso lunedì
Seminario Vecchio
Via Cairoli, 32
Orario: 9.30-13.00 / 14.30-17.30, chiuso lunedì
Cattedrale
Piazza della Cattedrale
Orario: feriali 7.30-12.00 / 15.00-18.30;
festivi 7-.30-12.30 /15.30-19.30
Informazioni
Garofalo. Pittore della Ferrara Estense
Luogo: Ferrara - Castello Estense
Periodo: dal 5 aprile al 6 luglio 2008
Orari: tutti i giorni ore 9.30 - 19.30
Ingresso: Il biglietto dà diritto alla visita della mostra e del Castello
Estense. Interi: 10,00 Euro. Ridotti: 8,00 Euro (ultra 65enni, visitatori fino
a 18 anni, convenzionati, disabili, altre riduzioni di legge e visitatori con
biglietto della mostra Mirò. La terra). Gruppi: 8,00 Euro (da 15 a 30
visitatori con 1 gratuità oltre i 15 componenti paganti). Scuole: 6,00 Euro (2
gratuità a scolaresca). Gratuito: fino a 6 anni, accompagnatori di disabili e
giornalisti con tessera
Info: call center 199 411120