I colori della rosa. Purezza e Passione nell'Arte dal 400 ad oggi
Caraglio (Cn) - Il Filatoio Rosso
Dal 28 giugno al 25 ottobre 2009
Mistica e carnale, simbolo della Passione ma complice di ben altre passioni.
Attributo di Venere così come della Vergine Maria. Se abbinata a Santa Rita
ricorda un grande miracolo, ma per i veneziani è semplicemente il “bocolo”,
strumento per innamorati un po' sognatori. Ha dato il nome alla pia tradizione
del Rosario ma per Carlo Magno era un fiore tanto bello e perfetto da decretarne
ufficialmente la coltivazione nei giardini di tutto il suo Impero.
Tutti, almeno una volta nella vita, l'abbiamo offerta, o ricevuta,
rigorosamente rossa, si trattasse di dichiarare la nascita di un amore o di
riprenderne le fila dopo un qualche incidente di percorso.
È un simbolo così forte di bellezza ed eternità che non pochi grandi uomini e
meravigliose donne l'hanno tanto amata da volerle dare i loro nomi e cognomi. È
lei, la rosa, non a caso “la Regina di tutti i fiori”.
Dal 28 giugno e sino alle brume autunnali il culto della rosa avrà un suo
tempio: il Filatoio Rosso di Caraglio, luogo di singolarissima malia, la “casa delle
seta” che sembra uscita dalla fantasia di un cartonista hollywoodiano e che
invece da tre secoli domina l'ingresso della Val Grana, una delle meravigliose
valli che portano l'estremo cuneese a lambire il Parc Natural de Mercantour,
nella contigua Francia.
Di mostre dedicate alla rosa nel mondo se ne propongono oltre 20 mila ogni anno
ma nessuna potrà mai essere come quella di Caraglio. Qui infatti la rosa
trionferà non come piccolo arbusto da inserire nel proprio giardino ma come
oggetto-soggetto della grande arte e delle arti cosiddette applicate, in un
sontuoso, fantastico excursus che partirà dal tardo Medio Evo per confluire
all'oggi. Avremo rose dipinte, scolpite, trasformate in gioielli o in vetrate,
persino in poltrone, rose protagoniste di pale d'altare, di quadri intimamente
devozionali, di allegorie e baccanali, soggetto di pannelli decorativi per
privatissimi boudoir, ma anche di piatti, servizi da té, argenterie preziose,
stoffe…
Andreina d'Agliano e Alberto Cottino, curatori della grande mostra, hanno
dovuto scegliere precise linee di lavoro: il tema della rosa nell'arte è
talmente vasto da rischiare di ridurlo a genericità. Di qui la scelta di
individuare precisi ambiti di ricerca, corredandoli con opere di altissima
qualità, veramente emblematiche del tema di sezione in sezione individuato. Determinante,
per garantire il livello davvero altissimo alla mostra, è stata la
collaborazione “nel nome della rosa” di molti tra i maggiori musei italiani e
non solo.
Il percorso segue un ordine tematico e cronologico. Si parte dal tema della
“Rosa Mistica” ricordando come la rosa del Paradiso Terrestre fosse senza
spine, cresciute solo dopo la cacciata di Adamo. Se il colore rosso ricorda il
sangue di Cristo, i cinque petali e le spine richiamano la sua Passione e morte.
Senza spine è la rosa bianca che rappresenta la purezza virginea della Madre di
Dio. Ma, nella tradizione ebraica, la stessa rosa, bianca e senza spine,
arrossisce di vergogna e mette gli aculei dopo aver assistito alla
disobbedienza di Adamo.
Dalla rosa mistica alla rosa profana. Ed ecco il fiore accompagnare il ritratto
di dame, simbolo della vanità e della bellezza, a richiamare Venere e Amore,
talvolta fiore singolo tenuto in mano, più spesso profluvio di fiori, tanto da
dare alla rosa e non alla dama il vero ruolo di protagonista.
La rosa è sempre stata caricata di significati allegorici ed eccola come Flora
o come simbolo della caducità della bellezza. Ambivalente fiore: la rosa è
rinascita, sbocciare di nuove forze e memento dell'ineluttabilità della morte,
dell'Amor Sacro e dell'Amor Profano, come nell'omonima opera di Tiziano.
Ma l'esplosione della rosa, la “rosamania” collettiva risale all'Ottocento ed è
vera, piacevole epidemia: naturale che la pittura, ma anche le arti decorative
ne siano influenzate, con esiti spesso altissimi. Si amano i fiori e si indaga
il loro linguaggio simbolico, fattori, entrambi, che portano ad un aumento
dell'elemento floreale sia nei mobili sia nelle arti applicate. In pittura la
rosa viene associata alla passione giungendo, verso il finire dell'Ottocento,
ad una pittura che suscita visioni oniriche animate di enigmi e mistero, con un
simbolismo estetizzante che si avvale di elementi decorativi naturalistici e
floreali, di rose in particolare.
Un capitolo della mostra è dedicato, non a caso, all'art nouveau che, come il
successivo dèco affonda le radici in un naturalismo che ha nei fiori prototipi
amatissimi Lo si evidenzia nelle arti applicate dove l'attenzione al magnifico
fiore non mostra cedimenti continuando anche oggi ad influenzare designers e
stilisti.
Tutto per la gioia degli infiniti adepti del meraviglioso, coinvolgente, eterno
culto del più bel fiore del mondo.
La mostra, curata da Andreina d'Agliano e Alberto Cottino in collaborazione con
Roberta Orsi Landini e Carlo Sisi, è organizzata dall'Associazione Culturale Marcovaldo
in collaborazione con la Regione Piemonte, il Comune di Caraglio e la
Fondazione Filatoio Rosso.
L'evento è reso possibile grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo,
della Fondazione CRC e al contributo della Fondazione CRT.
I molti petali di una grande mostra trasversale
Non è una mostra di rose bensì sulle rosa, sul suo significato e uso
nell'arte lungo un arco di più di cinque secoli, per rispondere a domande che
forse talvolta sono state poste sulla profusione o presenza di questo fiore in
sculture e dipinti ma anche tappezzerie ceramiche e gioielli.
La mostra che apre al Filatoio di Caraglio, a cura di Andreina d'Agliano e
Alberto Cottino, è stata concepita in maniera che si può definire
“trasversale”, compiendo un viaggio diviso a tappe in cui vengono esaminati i
diversi significati e motivi che convalidano la presenza di questo elemento
iconografico esemplificato in diverse sezioni di un percorso di grande
originalità.
Si viene invitati in mostra da una stanza con un turbinio di rose proiettate
sulla parete che fanno da sfondo agli abiti di Cappucci e Fendi, prima di esser
introdotti nella sezione dedicata alla rosa mystica, uno dei più noti e
importanti attributi mariani, qui documentato dalla deliziosa Madonna
dell'Umiltà del raro aurifex e pittore abruzzese Nicola da Guardiagrele (ante
1422), proveniente dagli Uffizi di Firenze e dalla Madonna del Museo Civico di
Torino, attribuita a Fermo Tizoni da Caravaggio (fine XV secolo). La figura
della Vergine è in questo quadro rappresentata con la siepe di rose sullo
sfondo, esemplificazione dell'Hortus Conclusus, memoria del giardino chiuso del
Cantico dei Cantici, a cui dedica proprio un saggio in catalogo Margherita Azzi
Visentini. La presenza della rosa nell'Hortus Conclusus assume un valore anche
cristologico, a causa delle spine riferimento alla corona indossata sa Cristo
durante la Passione.
Vanno segnalate in questa sezione due importanti opere dedicate alla Madonna
del Rosario, la cui liturgia fu introdotta dai cisterecensi nel XIII secolo ma
rinforzata da papa San Pio V che dopo la battaglia di Lepanto inserisce la
festa nel calendario liturgico (7 ottobre): le pala tardo cinquecentesca del
marchigiano Simone de Magistris e del secentista genovese Giovan Battista Paggi
sono esemplificative di questa tematica.
Una tela seicentesca della cerchia di van Dyck raffigura la Madonna della rosa,
la cui diffusione fu ampia soprattutto nel XVII secolo. Uno splendido esempio
di Jan Brueghel, proveniente dal Museo Liechtenstein di Vienna, completa la
serie. La ‘sezione religiosa' è anche corredata con alcune tele raffiguranti
Santa Rosalia (Anton Maria Vassallo, XVII secolo; Genova, Galleria Nazionale di
Palazzo Spinola) .
Simbolo della Vergine, la rosa trionfa sui paramenti liturgici barocchi.
Realizzata con le tecniche più sofisticate di ricamo, appare fra serti e
ghirlande fiorite riprodotta realisticamente. Alcuni paliotti d'altare e
vestimenti ecclesiastici, splendidi per ricchezza di decorazione e disegno –
molti provenienti da conventi e chiese genovesi – esemplificano in mostra
questa produzione. Fra questi va citato lo splendido paliotto su disegno di
Domenico Piola, proveniente dal museo diocesano di Genova.
Dalla rosa mistica si passa alla rosa come attributo femminile, e il fiore è
motivo che ritorna in ritratti e figure allegoriche, dall'imponente Maria
Farnese di Nicolas Régnier (1638 circa) all'inedito capolavoro firmato da
Pierre Subleyras (Maria Luisa di Borbone), grande riscoperta proposta in
mostra, al magnifico ritratto di Maria Cristina di Borbone di Elizabeth Vigée
Le Brun (Napoli, Capodimonte), ad altri ritratti settecenteschi (Giuseppe
Duprà, Stern). Una doverosa citazione, poi, ai due straordinari momenti del
Settecento rappresentati dalla Donna con rosa e gatto di Giuseppe Maria Crespi
(Bologna, Pinacoteca Nazionale) e dalla La piccola giardiniera di François
Boucher (Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini), che impreziosiscono la
mostra e con cui idealmente si chiude questa sezione: il primo è un'intensa e
misteriosa raffigurazione di una ragazza che mostra una rosa con cui accarezza
un gattino, simbolo evidente di caducità ma forse anche pregna di altri
significati, un quadro denso di contrasti luministici e profondi contenuti,
mentre il secondo rappresenta una piacevole e leggiadra fanciulla in un
delizioso contesto agreste e primaverile, allietata da colori chiari e sereni. Due
estremi opposti di un secolo complesso come il Settecento, accomunati entrambi
dall'evidenza data alle rose, uno dei fiori più amati in pittura.
Non mancano però grandi autori dell'Otto e Novecento, secoli in cui la rosa viene
associata ancora alla figura femminile, alla caducità della natura umana,
emblematica di passioni, visioni oniriche o significati misteriosi.
Fra le opere più significative, ricordiamo “Alaide in giardino” di Cristiano
Banti, proveniente dalla Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti, il
“Giocoliere” di Antonio Donghi, della collezione dell'Unicredit e lo splendido
“Autoritratto con rosa” di De Chirico, da collezione privata.
Misticismo, passione e ovviamente naturalismo: a questa sezione appartengono
una serie di opere che riproducono la rosa in modo fedele e meticoloso, opere
con incisioni acquerellate di grande pregio, proveniente dalla Biblioteca
Nazionale di Firenze, fra cui le magnifiche “Roses“ di Redouté, o la splendida
opera “Rose Bianche” di Georg Friedrich Waldmueller del Liechtenstein Museum, o
ai quadri di Maurizio Bottoni, pittore botanico contemporaneo che alle rose ha
dedicato tempo ed attenzione.
Ma un lavoro trasversale sulla rosa non sarebbe completo senza esaminare il
vasto repertorio delle arti decorative, che fin dal XVII secolo hanno visto la
rosa trionfare: oltre ai paramenti sacri seicenteschi, in cui questo fiore
veniva abbondantemente usato, un vero trionfo della rosa si avrà soprattutto a
partire dal Settecento, che oltre che nei ritratti femminili, la vide motivo
protagonista in arredi, porcellane e abiti.
Come motivo di tessuti di abbigliamento la rosa non appare prima del secolo XVIII,
in cui conquista il ruolo da protagonista. La rosa è ora il fiore di Venere e
rosa è il colore dell'Aurora, che schiude alla luce un mondo nuovo alla cui costruzione
le donne desiderano partecipare. Fondamentale nella vita culturale del tempo e
in quella della corte, la figura femminile afferma la funzione civilizzatrice di
Amore e Bellezza. Madame de Pompadour e le regine d'Europa si fanno ritrarre in
abiti rosa e/o decorati con rose. Anche la figura, disegnata dalla linea
sartoriale, con la gonna ampia decorata con applicazioni e ruches ricorda una
rosa rovesciata.
Rosa è anche il filo che lega l'Oriente all'Occidente. Il gusto per l'esotico
determina un cambiamento di cromia, di valori estetici e di disegno nella
produzione tessile e nella moda, che porta in primo piano le tonalità delicate.
Anche gli uomini del Settecento si vestono di rosa.
Il rosa sarà anche il colore dominante di splendide porcellane: basti pensare
al color rosa introdotto nella porcellana di Sèvres , di cui figura una
splendida brocca dipinta a nastri proveniente da Palazzo Pitti e già parte
della collezione della Duchessa di Parma, come pure va menzionato il servito in
porcellana di Vienna a forma di rose, proveniente dal Museo di Arti Applicate
di Vienna o la splendida zuppiera di Cozzi con rose applicate, del Museo Civico
di Torino.
Anche i mobili settecenteschi sono dominati dal motivo della rosa, dipinta sui
mobili laccati veneziani, di cui è presente in mostra uno splendido esempio di
culla proveniente dal Museo di Ca' Rezzonico di Venezia oppure lavorati in
volute o disegnate su superfici impiallacciate.
La rosa emerge nelle arti decorative anche nel secolo XIX, divenuta emblema
della fragilità della donna e della sua incapacità di autodeterminazione,
soggetta a tutte le incongruenze e i pericoli delle passioni. Il colore rosa,
delicato ed incerto, sparisce quindi dal guardaroba maschile. Mai passata di
moda nella decorazione tessile per arredamento ed abbigliamento, la rosa torna
a fiorire in forme nuove e stilizzate negli anni Venti del XX secolo, simbolo
ora di una femminilità assertiva e di una seduzione fondata sulla parità dei
sessi.
Troviamo la rosa, nel ricco repertorio floreale di fine Otto-primi Novecento,
utilizzata maggiormente dall'asimmetrica e fluttuante Art Nouveau che dalla più
stilizzata Art Déco, sebbene in tono minore rispetto all'iris, al giglio, al
papavero o alla margherita. Inoltre, mentre l'Art Nouveau, figlia di un
naturalismo descrittivo e sensuale, proveniente dal Simbolismo e dal
Giapponismo, tende a una resa precisa e realistica e, quindi, di più facile
identificazione, l'Art Déco generalizza, nel sua stilizzazione, l'elemento
floreale, la cui identificazione precisa si fa più difficile: le rose
potrebbero essere anche camelie o peonie, la soda compattezza, la
geometrizzazione delle corolle e dei petali le spoglia del naturalismo per
trasformale in eleganti e raffinati elementi decorativi. Tuttavia, sia nel
primo che nel secondo periodo, la rosa compare su ceramiche, vetri, bronzi,
gioielli, stoffe, mobili, pochoirs, portando con sé gli antichi simboli e
significati. La usa Galileo Chini nell'eleganti maioliche preraffaellite
prodotte a Firenze a fine ‘800 e in quelle più klimtiane di San Lorenzo in
Mugello, la usa in Francia la Scuola di Nancy e, soprattutto, Gallé con le
struggenti e decadenti Roses de France miracolosamente plasmate in pasta di
vetro e applicate su vasi e coppe. A Murano sono il motivo prediletto delle
invenzioni a murrine degli Artisti Barovier e dei Fratelli Toso, a Milano e a
Roma ornano a profusione le belle vetrate a piombo che rallegrano le
costruzioni liberty della buona società, come quelle provenienti dal Casino
delle Civette di Villa Torlonia. E così le ritroviamo nei bei mobili di Issel e
di Quarti, nei raffinati e smaglianti pochoirs di Lepape, Iribe, Barbier e
Brunelleschi.
Un panorama completo non poteva mancare senza prendere in esame il gioiello,
ornamento raro e prezioso della figura femminile: rappresentante soprattutto la
produzione Otto e Novecentesca, la sezione del gioiello prende in esame la
lavorazione del corallo, ampiamente presente in mostra con esemplari della
collezione Ascione di Napoli. Non mancano inoltre significativi esemplari di
oreficeria popolare del museo Leone di Vercelli, mentre la miglior oreficeria
valenzana del XX secolo è raffigurata da spille e boccioli di rosa ornati di
brillanti e rubini.
Non manca in mostra un omaggio al contemporaneo, con la presenza dell'opera
“Strange Contract” di Donald Baechler, dal MART di Rovereto o le tre rose in
bianco e nero “Rosa Rosita e Rossella” di Aleksandra Mir, eseguite dopo la sua
presenza durante la Biennale di Venezia del 2006.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Silvana editoriale, che è
completo di diversi saggi scritti da un comitato scientifico di alto profilo:
Margherita Azzi Visentini, Lia Lenti, Gianni Venturi, Carlo Sisi, Roberta Orsi
Landini, Alberto Cottino, Andreina d'Agliano, Marzia Cataldi Gallo, Maria
Grazia Massafra, Elena Accati, Carla Cerutti, Laura Casprini, Carla Pinzauti.
Informazioni
I colori della rosa. Purezza e Passione nell'Arte dal 400 ad oggi
Luogo: Caraglio (Cn) - Il Filatoio Rosso
Via Matteotti, 40 - 12023 Caraglio (Cn)
Periodo: dal 28 giugno al 25 ottobre 2009
Orari: dal 28 giugno al 30 agosto: da giovedì a sabato 17.00-22.00; domenica e
festivi 10.00-14.00 - 17.00-22.00; dal 3 settembre al 25 ottobre: da giovedì a
sabato 14.30-19.00; domenica e festivi 10.00-19.00
Ingresso: biglietto intero 7,00 Euro; biglietto ridotto 4,00 Euro (7-14 anni;
maggiori 65 anni; soci Marcovaldo; soci ACLI; Unitre Savigliano e Racconigi;
docenti di Lettere, Architettura e Belle Arti; possessori Conti Correnti Genius
e Re-Play di UniCredit Banca, soci Touring Club); ingresso gratuito: fino a 6
anni, giornalisti, residenti in Caraglio (domenica mattina), possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte in corso di validità, possessori di Tessera Artea
Info: numero verde della Regione Piemonte 800 329 329
Prenotazioni: Associazione Culturale Marcovaldo, tel. 0171 618260