La Belle Epoque. Arte in Italia 1880 - 1915
Rovigo - Palazzo Roverella
Dal 10 febbraio al 13 luglio 2008
La Belle Epoque: poco meno di quarant'anni di storia europea connotati da un
tumultuoso sviluppo, da una incrollabile fede nel progresso, dalla spensieratezza
e da... tante, belle donne.
La luce elettrica annullava le differenze tra il giorno e la notte, facendo
sfavillare vetrine ricolme di ogni ben di Dio, caffè, teatri, cabaret e cinema
dove vorticavano gli incontri.
Galleria d'immagini:
Tutto sembrava permesso e possibile. Denaro e ottimismo parevano destinati a
non finire mai, accendevano i sensi e garantivano l'appagamento di ogni voglia.
Persino le malattie facevano meno paura. A tenerle a bada intervenivano le
continue scoperte della scienza.
A Parigi si innalzava la Tour Eiffel e si vivevano i fasti dell'Esposizione
Universale, si celebrava il ritorno delle Olimpiadi. Un milione di chilometri
di binari attendeva merci e viaggiatori, nuovi e lussuosi modelli di automobili
sfrecciavano lungo strade piene di vita, rese ancora più colorate dai grandi
manifesti che affermavano il nuovo modo di vendere e di vivere.
Euforia e frivolezza dominavano, anche se sotto la superficie serpeggiavano i
virus di un malessere che sfociò nel dramma della Grande Guerra.
L'arte seppe farsi specchio di questi tempi. Registrando il trionfo del beau
monde, un Paradiso in terra apparentemente in scalfibile, minato, o forse solo
sottolineato, dai più diversi eccessi.
Così in Francia, ma anche in Italia.
Paese, il nostro, che visse i Bei Tempi, qui, forse, un po' meno splendenti,
rilucenti e intensi che nella capitale d'oltralpe. Tuttavia magici e unici.
Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Corcos, Gioli, Banti e Panerai vivendo tra
l'una e l'altra capitale mutuarono l'allure parigina coniugandola ai fermenti
italiani. Altri artisti, da Casorati, Boccioni, Bonzagni, Bocchi sino allo
stesso Cavaglieri, hanno reso eterni quei momenti, quei protagonisti, quelle
atmosfere.
Proprio dell'arte in Italia tra 1880 e 1915 darà conto, per la prima volta in
modo veramente compiuto, la grande rassegna che aprirà i battenti il 10
febbraio 2008 a Palazzo Roverella di Rovigo. A volerla, quasi a ideale seguito
della recente, fortunata esposizione monografica su Mario Cavaglieri, sono la
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e l'Accademia dei Concordi con
gli Enti locali. A curarla sono stati chiamati Dario Matteoni e Francesca Cagianelli
che, affiancati da un comitato scientifico di prim'ordine, condurranno in porto
questo grande progetto.
La mostra concentrerà a Palazzo Roverella circa 110 dipinti e una trentina di affiches.
Per raccontare, lungo il fil rouge del ritratto femminile, ma non solo, le mode
e le pose, le pause dell'intimità e della ricreazione, i momenti pubblici con
le escursioni al parco o alle riviere, le promenade e i rendez-vous, le sfilate
di moda, le gite al lago o al mare, la vita notturna nei teatri e nei tabarin,
i veglioni, i casinò, le passeggiate a cavallo, i riti mondani, le galanterie
ma anche i vizi e gli eccessi di quest'epoca.
Al centro sempre lei, la donna. Tra vanità e seduzione, tra
l'autoreferenzialità del lusso, fantasie e vanità senza freno e gli estremi
dell'alcol e della morfina.
Specchio di un tempo nel quale l'obbligo della felicità, imprescindibile,
diventava sempre più emotivamente oneroso.
Alla divulgazione e alla formazione di miti e modelli provvedevano gli affichistes,
in primis quel Leonetto Cappiello che come pochi altri seppe connotare la
pubblicità di quegli anni belli.
Quei colorati cartelloni per molti rappresentavano l'irragiungibilità di un
miraggio, per altri la certezza dell'oggi.
All'orizzonte, tensioni sociali, scontenti, rivolgimenti che portarono a
offuscare le melodie delle orchestre con il cupo rombo dei cannoni.
L'arte in Italia negli anni della Belle Epoque
Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Corcos, Cominetti, Borzagni…tutti incantati
solo da Lei
La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità
Charles Baudelaire
Charles Baudelaire nel suo trattato Le Peintre de la vie moderne
(1863) aveva pronosticato le direttrici dell'evoluzione del gusto artistico
della seconda metà dell'Ottocento e aveva colto nella galleria immensa della
vita di Londra e della vita di Parigi il fascino dei differenti tipi di
donna, identificando la modernità con il transitorio, il fuggitivo, il
contingente, la metà dell'arte, di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile.
E' il punto di partenza per l'elaborazione di un progetto estetico in cui la
donna, intesa quale interprete della moda, diventa focale nell'inquadramento
della modernità: La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla
felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un'armonia
generale, non solo nel gesto e nell'armonia delle membra, ma anche nelle
mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffe in cui si avvolge,
che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità.
Donna e veste personificano quindi di fronte all'acutissimo sguardo baudelairiano
un tutto indivisibile, secondo un ragionamento condiviso senz'altro anche da quel
Giuseppe De Nittis che giungeva a Parigi proprio nell'anno della scomparsa
dell'autore de Les fleurs du mal: in bilico sulla sedia o serrando il monocolo
le donne denittisiane popolano ippodromi e teatri con toilettes impeccabili,
fino a diffondere i loro effluvi nei Salotti della Principessa Matilde, in un
trionfo della mondanità che è insieme eleganza, lusso e emancipazione
culturale.
Tra i cantori della femminilità moderna si colloca in prima posizione Federico Zandomeneghi,
che in occasione della quarta Esposizione Impressionista veniva additato da
Diego Martelli come il cantore di un nuova tipologia femminile, quello della
moderna parigina figura di giovane donna che ride, mostrando con una franca
civetteria due file di bei denti, movente il corpicciolo isterico in un abito
corazzato di primissimo rango.
Soprattutto la parabola parigina di Giovanni Boldini diventa esemplare negli
anni Settanta di una stagione ritrattistica che tra moda e pose dispiega la
complessa varietà femminile tanto nella lussuosa e felpata intimità dei salotti
privati quanto sul palcoscenico rutilante della vita urbana.
L'artista impose infatti una cifra ritrattistica destinata a divenire miliare
nei circuiti della borghesia parigina, destando perfino nella critica
l'impressione di una bravura sbalorditiva da sembrare – come si legge sulla Gazette
des Beaux Arts del 1881 - abuso della mano, malattia endemica in Italia, lo
chic.
Mirabile appare dunque il percorso nella galleria femminile dispiegata da Boldini
dagli anni Ottanta fino al secondo decennio dell'Ottocento, fino all'estrema
declinazione della femme
fatale Belle Epoque.
Al di là delle suggestive coordinate ritrattistiche offerte da Boldini e
dell'esemplare declinazione del tipo della moderna Parigina assestata da de Nittis
e Zandomeneghi, il cliché femminile subirà tra gli anni Ottanta dell'Ottocento
fino alla prima guerra mondiale infinite variazioni e complicazioni.
Dalle fasi dell'intimità domestica intessuta di incombenze professionali e
appassionate letture, la donna consegue infatti la sua emancipazione attraverso
escursioni nel parco, villeggiature e reveries: frangenti diversi di un
identico e sognato abbandono alle proprie divagazioni interiori che non sempre
si coniugano con la vocazione borghese e l'identità familiare.
Basti pensare a Vittorio Corcos che allo scorcio dell'Ottocento imponeva una
tipologia femminile ritenuta da pubblico e critica addirittura inquietante per
la sua innegabile modernità, coincidente con la scelta di un'eroina borghese,
ambigua e voluttuosa, i cui occhi, come scrisse Vittorio Pica, esprimono: i
caldi desideri e i torbidi pensieri.
All'alba del Novecento la stagione della reverie diventa allora totalizzante
per la donna Belle Epoque, in quanto segna l'uscita dalle convenzioni sociali e
dagli oneri familiari: si sogna davanti alla toilette, in riva al mare e nel
folto di un giardino, secondo itinerari che trasgrediscono le incombenze
dell'ufficialità.
Siamo a un passo dalla perdizione ed è proprio Vittorio Corcos che nell'effigie
della Morfinomane anticipa le conclusioni di una complicazione del cliché
femminile fino alle soglie del travolgimento psichico.
La fuoriuscita dall'impasse della parabola borghese sembra attuarsi negli anni
10, quando lontano dalle inibizioni e dal quotidiano la donna riesce a
frequentare i luoghi del divertimento e della mondanità con incontrovertibile
spirito di emancipazione: il mito di Coco Chanel effigiata tra gli altri da
Giuseppe Cominetti diventa allora emblematico nell'allusione alle infinite possibilità
della seduzione anche e soprattutto quale tramite di una altrimenti impossibile
escalation sociale e professionale.
Le incongruenze della psiche e le evasioni dalla quiete borghese, altrimenti
ritratte quale deviazione morale, vengono ora esaltate quale momento di gioiosa
emancipazione. Mutano infatti gli stessi ritmi del divertimento, e le
occasioni di danza mondana vedono trionfare sul romantico valzer la frenesia
del tango e del can can: le farandoles di Giuseppe Cominetti mettono in scena
l'ebbrezza di una danza scomposta, nella quale indistinte silhouettes
contraddistinte da modernissimi copricapo esprimono un'emotività ormai
incontrollabile.
La granitica e altera identità borghese cede alle contraddizioni sempre più
evidenti di una società tentata dal vizio e turbata dallo spettro della guerra,
e perfino le toilettes delle Perdute di Pompeo Mariani si sfrangiano impudiche
nell'atmosfera dorata del casino' di Montecarlo.
Veglioni e ricevimenti diventano allora per gli artisti alle soglie dell'avanguardia
vere escursioni sul terreno dell'indagine femminile in rapporto alle infinite
possibilità luminose e cromatiche.
Tappa culminante, nel 1914, quello della coppia emancipata, femme fatale lei e
dandy lui, che, come in un racconto di Villiers de L'Isle-Adam, incede altera
nella Mondanità di Aroldo Bonzagni, ostentando, oltre alla complice estraneità
rispetto alle consuetudini borghesi, anche e soprattutto tracce indelebili
della raffinata cultura espressionista personificata dall'artista in quel coagulo
di avanguardie europee addensatosi in Italia alle soglie del primo conflitto
mondiale.
La Belle Epoque
Anni di progresso e spensieratezza, che sembravano dover diventare eterni
Il periodo della storia europea compreso tra gli ultimi decenni dell'Ottocento
e lo scoppio della prima guerra mondiale è assunto nel nostro immaginario come
la Belle Epoque, espressione felice e suggestiva che sintetizzava il clima di
benessere, di socialità, di uso spensierato del tempo libero che i ceti urbani
più agiati seppero in quegli anni sprigionare.
Gli ultimi venti anni dell'Ottocento furono relativamente per l'Europa anni di
pace, l'economia mondiale conobbe allo scadere del secolo una impetuosa fase di
espansione capitalistica, condizione che continuò almeno fino al 1914, quando
lo scoppio del conflitto mondiale segnò la fine di un'epoca e con essa la fine
di un modo di vivere.
Le conquiste della tecnica e l'incremento della produzione industriale
modificarono in pochi decenni le condizioni materiali di milioni di persone e
ciò che è più importante -anche la loro visione del mondo: pensiamo
all'energia elettrica, al miglioramento delle condizioni igieniche, ai nuovi
mezzi di comunicazione o ancora sul versante dello svago, alla nascita del
cinema. Grazie alla strada ferrata e allo sviluppo dei mezzi di trasporto si
diffuse poi il piacere di viaggiare e di soggiornare nelle località balneari e
termali alla ricerca di svago e di mondanità.
Espressione concreta di tali straordinari mutamenti furono certamente le grandi
metropoli: Parigi, capitale conclamata del bel mondo, ma anche Londra, Vienna e
in Italia Milano e Torino. Gli ampi viali e le piazze invase da una folla
variegate diventarono il palcoscenico di una nuova arte: la grafica
pubblicitaria. Manifesti e splendide insegne reclamizzavano, una nuova parola
che sorge proprio in questo periodo quell'assortimento di merci d'ogni tipo che
il pubblico potrà trovare nei grandi magazzini. Le esposizioni universali
(Londra, Parigi, Vienna) educarono il grande pubblico, come in un grandioso
parco di divertimenti, ai progressi della tecnica, lo misero in contatto con
la produzione manifatturiera mondiale. Non solo: immaginiamo quali novità
poteva rappresentare per i visitatori dell'Esposizione universale di Parigi del
1889 l'impressionante visione della città che ai loro occhi si offriva durante
la salita in ascensore verso la vetta della Torre Eiffel.
La Belle Epoque fu dunque una fantasmagorica espressione di nuovi fenomeni di
costume, dai caffè concerto, ai bagni di mare, alle gare sportive, alle corse
automobilistiche, ai voli in aeroplano; ad un tempo impose un altrettanto
importante accelerazione nel mondo delle arti.
Informazioni
La Belle Epoque. Arte in Italia 1880 - 1915
Luogo: Rovigo - Palazzo Roverella
Via Laurenti - Rovigo
Periodo: dal 10 febbraio al 13 luglio 2008
Orari: feriali 9.00-19.00; sabato 9.00-21.00; festivi 9.00-20.00. Chiuso i lunedì non festivi
Ingresso: intero 9,00 Euro, ridotto 7,00 Euro (dai 6 ai 18 anni, over 65,
studenti universitari, categorie convenzionate); gratuito (bambini fino ai 6
anni, portatori di handicap con un accompagnatore, giornalisti con tesserino,
militari in divisa); gruppi (almeno 20 persone) 7,00 Euro (gratuito per un
accompagnatore); gruppi scolastici 5,00 Euro (gratuito per due accompagnatori).
Con il biglietto della mostra sarà possibile anche vedere alcuni capolavori
della Pinacoteca dell'Accademia dei Concordi e del Seminario Vescovile di
Rovigo
Catalogo: Silvana Editoriale
A cura di: Francesca Cagianelli, Dario Matteoni
Info: Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
tel 049 8761855 - fax 049 657335