Paolo Ulian. 1990-2009
A cura di Beppe Finessi
In occasione del Salone del Mobile 2009, Careof e Viafarini hanno presentato dal 22 aprile al 2 maggio 2009, alla Fabbrica del Vapore, a cura di Beppe Finessi, la prima mostra monografica dedicata a Paolo Ulian, uno dei più significativi designer dei nostri giorni, erede dei maestri della grande stagione del design italiano (come Bruno Munari, Achille Castiglioni, Angelo Mangiarotti, Vico Magistretti, Enzo Mari), a sua volta già riferimento, per coerenza estro e capacità, della nuova generazione di progettisti.
Un'opera ventennale, quella di Ulian, ricca di collaborazioni significative (da Driade a Progetti, da Bieffeplast a Zani&Zani, da Fontana Arte a Seccose, da Coop a BBB emmebonacina), e protagonista nei luoghi della ricerca e della sperimentazione (da Opos al SaloneSatellite, da Droog Design alla Galleria Luisa Delle Piane).
Paolo Ulian: un agire puro e libero, lontano dalle logiche di mercato, sempre centrato su alcuni fili rossi ricorrenti, particolari territori d'affezione praticati con continuità, con spontanea e naturale attenzione e dedizione. Come:
- Osservare i comportamenti e farne derivare nuove tipologie di prodotto: "se non siete curiosi cambiate mestiere" era il verbo del grande giocoliere del design, Achille Castiglioni. Guardare a come le persone vivono, si muovono, si atteggiano, compiono quel dato gesto per fare quella certa cosa è un modo intelligente ed efficace per immaginare "nuovi" prodotti destinati a "nuove" funzioni. Così una piastrella per il rivestimento dei bagni pubblici il cui decoro a righe, come quello del più classico dei quaderni, è un invito "ordinato" alle scritte clandestine ("Pagina", Opos, 2001). Così un tappetino per il bagno con ciabatte integrate per muoversi quasi "pattinando" dopo la doccia ("Mat-walk", Droog Design, 2004). Così un biscotto da "indossare" per infilare liberamente il dito nel vaso di Nutella ("Finger biscuit", Ferrero, 2004-2006).
- Sentire come un dovere etico, quasi un principio morale, l'attenzione al riciclo e al recupero dei materiali di scarto da altre lavorazioni, e rivederli in altri usi, intelligentemente portati a nuova vita: elementi di marmo diventano lampade ("Parabolica", 1992), contenitori ("Portafrutta", 1992) e oggetti d'uso per la cucina, come un tagliere ("Bat-tagliere", Galleria Luisa Delle Piane, 1999); mentre bottiglie di plastica possono diventare appendiabiti ("Dune", Opposite, 1998) o moduli costruttivi di un paravento ("Accadueò", 1996).
- Sfidare la tradizione che ha prodotto spesso oggetti monofunzionali, e arrivare così a delineare un nuovo dizionario di presenze con più anime, e quindi più funzioni (un coltello da cucina con una doppia lama per differenti usi, "Pane e salame", Zani & Zani, 1999; un appendiabiti con svuotatasche, "Bowl", Fontana Arte, 2003; un lavabo con cestino incorporato, "Tandem", Azzurra Ceramica, 2008).
- Inseguire spesso invenzioni produttive/costruttive, figlie di un sapere quasi ingegneristico ma reso più soft da un fare più artigianale, che hanno reso possibili costruzioni semplicemente geniali ma incredibilmente comprensibili (un
appendiabiti da parete costruito con moduli di compensato marino che opportunamente forati assumono la conformazione d'uso dopo essere stati inseriti in un binario di alluminio che li ospita, "Flex", Opos, 1995; una lampada da tavolo il cui paralume è una elastica cuffia da piscina che mantiene in tensione la semplice struttura metallica che la sostiene, "Palombella", 2000; un paravento costruito con due sottili fogli di compensato abbinati che compressi meccanicamente sui lati verticali assumono una conformazione curvilinea che lo rende autoportante, "Up", BBB emmebonacina, 2001).
- Senza dimenticare un'attenzione alla valenza scultorea degli oggetti, perché anche le presenze intorno alla nostra quotidianità hanno il "diritto" alla bellezza oltre la necessaria funzionalità, e nel caso di Ulian questa capacità espressiva è figlia di rara sensibilità ("Paravento in cartone ondulato", tra i primi, felicissimi e originali cimenti del nostro, 1990; "Portauovo" in tondino metallico, 2000; collezione di vasi "Cardboard vase", 2009).
- Certo, inserire una sana dose di humour in molti gesti, tra provocazione, sorriso e sberleffo (un metro realizzato in cioccolato, "Golosimetro", Eurochocolate, 2002-2009; un incarto per bottiglia realizzato con un foglio di giornale scelto per il messaggio politico del giorno, "La folle guerra di Bush" - per la mostra "Messagge on the bottle", 2007; un paio di ciabatte da spiaggia che lasciano la scritta "who loves me follow me" come impronta sulla sabbia, "Print", Sensi & C, 2001).
Un'opera limpida, evidentemente originale, sempre riconoscibile, spesso spiazzante per risultati lontani da qualsiasi episodio precedente o coevo.
Uno dei pochi autori italiani della sua generazione, il cui talento brilla, serenamente e fieramente, vicino a quello di Morrison, Grcic, Bouroullec, Newson, Campana, che tutti riconosciamo e amiamo. BF 2009
Paolo Ulian. Venti anni di lavoro, una mostra
Di Beppe Finessi
Paolo Ulian: un agire puro e libero, centrato su alcuni fili rossi ricorrenti, particolari territori d'affezione praticati con continuità, con spontanea e naturale dedizione.
Una mostra strutturata su due grandi aree che contengono ognuna tre insiemi di ricerche, sviluppate attraverso l'elaborazione di oggetti molto diversi tra loro ma sottesi dagli stessi intenti.
La prima area, tra costruzione e produzione, gravita intorno all'uso sapiente dei materiali.
Una serie di oggetti riflette il progettare tracce: oggetti dove i segni di usi o lavorazioni arrivano a connotarne con originalità l'aspetto finale, come un tavolino/seduta da giardino in acciaio lucidato che piantato nel terreno a colpi di martello ne registra le impronte, come una serie di vasi dalla medesima forma ma resi unici da lavorazioni differenti che fanno affiorare strati di colori diversi.
Rispettare la materia vuol dire sentire il dovere di ottimizzare l'uso dei materiali, facendo attenzione a non sprecare nessuna quantità, e così guardare al riciclo e al recupero di residui di produzione, e rivederli in altri usi, intelligentemente portati a nuova vita: scarti di marmo diventano lampade, contenitori e oggetti per la cucina, mentre bottiglie di plastica possono diventare appendiabiti o moduli di un paravento.
Avere accortezze costruttive, inseguendo invenzioni produttive figlie di un sapere quasi ingegneristico, permette costruzioni semplicemente geniali ma incredibilmente comprensibili (un appendiabiti da parete costruito con moduli di compensato che opportunamente sagomati assumono la giusta conformazione d'uso dopo essere stati inseriti in un binario di alluminio; una lampada da tavolo il cui paralume è una cuffia da piscina che mantiene in tensione la struttura metallica che la sostiene).
La seconda grande area è riconducibile alla ricerca della buona corrispondenza con le necessità d'uso, già sedimentate o di nuova formulazione. Così oggetti nati dall'esigenza di aggiungere funzioni, sfidando la tradizione che li vuole spesso monofunzionali, e arrivando a delineare un nuovo dizionario di presenze con più possibilità di utilizzo (un coltello da cucina con doppia lama per differenti usi; un lavabo con incorporato un cestino sottostante; un tavolino da soggiorno che diventa anche panca per sedersi; un paio di ciabatte da spiaggia che lasciano un messaggio sulla sabbia; un vaso la cui particolare sezione orizzontale permette la disposizione ordinata di un fiore singolo o di un mazzo più corposo). Così progetti attraverso i quali tendere a una buona forma, tra piccole e grandi attenzioni (un'oliera dove ogni dettaglio è studiato tra specificità dei materiali e necessità d'uso, oppure una rotella tagliapizza dove l'impugnatura è realizzata con un unico nastro di acciaio opportunamente curvato in tre punti e in tre modi diversi per assolvere ai differenti bisogni). Senza dimenticarsi di osservare comportamenti per farne derivare nuove tipologie di prodotto: "Se non siete curiosi cambiate mestiere" era il verbo del grande giocoliere del design, Achille Castiglioni. Guardare a come le persone vivono, si muovono, compiono quel dato gesto per fare quella certa cosa è un modo efficace per immaginare "nuovi" prodotti: una piastrella per il rivestimento dei bagni pubblici il cui decoro a righe, come quello del più classico dei quaderni, può essere un invito "ordinato" alle scritte clandestine; un tappetino per il bagno con ciabatte integrate per muoversi quasi "pattinando" dopo la doccia; un biscotto da "indossare" per infilare direttamente il dito nel vaso di Nutella.
Al centro, cuore e cerniera tra le due aree, un gruppo di progetti che dichiarano l'appartenenza dell'autore, la sua posizione morale, il suo essere rispetto al mondo.
Sempre sostenuto da un sentire etico, Paolo Ulian ha capito prima di altri, e lo ha fatto guardandosi dentro, che la propria vita non andava spesa per riempire il mondo di cose prive di senso, figlie solo delle logiche del mercato. E così un tris di proposte dove svetta luminosa la propria, cristallina coscienza (un incarto per bottiglia di vino realizzato con un foglio di giornale scelto per il titolo del giorno, un fiammifero di legno che si può usare due volte, una cartolina che può contenere alimenti per il corpo oltre che per l'anima).
Paolo Ulian, ancora: in ogni istante, opere misurate, mai forzatamente eclatanti, spesso silenti, sempre delicate, molte volte attraversate da una sana dose di humour, tra provocazione e sorriso, ma sempre con garbo (Castiglioni e Munari insegnano), senza mai dimenticarsi di dedicare attenzione alla valenza scultorea degli oggetti, perché anche le presenze intorno alla nostra quotidianità hanno il "diritto" alla bellezza oltre alla necessaria funzionalità (Mangiarotti e Mari vigilano), e nel suo caso questa capacità espressiva è figlia di una rara, evidente sensibilità.
Beppe Finessi (Ferrara, 1966). Architetto, svolge attività didattica (ricercatore al Politecnico di Milano, dove insegna Architettura degli interni, Design e arti contemporanee e Allestimento), critica (dal 1996 al 2007 è stato redattore per il design di Abitare) e di ricerca (continuando a "imparare dall'arte", cercando di "vedere l'arcobaleno di profilo" e non dimenticandosi di "alleggerire"). Da alcuni anni si occupa dell'opera dei grandi maestri del design italiano (Bruno Munari, Vico Magistretti, Angelo Mangiarotti, Alessandro Mendini) e di alcuni nuovi protagonisti della scena internazionale, come Fabio Novembre e Martí Guixé.
Paolo Ulian
Nasce nel 1961 a Massa. Frequenta per tre anni l'Accademia di Belle Arti di Carrara dove segue i corsi di pittura tenuti da Getulio Alviani e Luciano Fabro quindi si trasferisce a Firenze per iscriversi all'Isia. Si diploma in industrial design nel 1990 con il progetto di un paravento in cartone col quale vince il premio Design for Europe in Belgio. Alla fine del 1990 è a Milano per lavorare con Enzo Mari. Rimane con lui fino al 1992 per poi tornare in Toscana e iniziare la propria attività con il fratello Giuseppe col quale collabora ancora oggi.
Dal 1994 partecipa a molte delle mostre organizzate allo Spazio Opos a Milano e a numerose altre in Italia e all'estero. Sono del 1995 i suoi primi progetti entrati in produzione, con Driade e Bieffeplast.
Nel 2000 partecipa al Salone Satellite dove vince il premio Design Report.
Negli anni successivi vince il premio Dedalus e inizia a collaborare con Droog Design e con alcune aziende italiane come Fontana Arte, Luminara, Zani&Zani, BBB emmebonacina, Sensi&C., Coop, Azzurra Ceramiche, Didisegno.