Design

Conversazione con Paolo Ulian

di Ivana Riggi

Ammetto che questo è uno degli incontri che desideravo di  fare da un po'… Dei progetti di Paolo Ulian mi colpisce la semplicità del messaggio finale che però, da quello che ho letto e osservato, provengono da dei processi di maturazione ben ponderati, pensati, che spesso si concludono con “un colpo di genio” finale. Per lui niente va sprecato e ci riesce facendolo molto bene. A questa breve premessa non aggiungerei altro, conosciamolo direttamente.

Cardboard vase<br>Prototipo 2009 - 2010 <br>Versione in ceramica produzione Skitsch<br>Certi oggetti hanno una predisposizione naturale a trasformarsi in qualcosa d'altro.<br>È il caso degli involucri in cartone ondulato nati per imballare e proteggere bottiglie e vasi in vetro destinati alla spedizione. La loro caratteristica elasticità e deformabilità consente di modellarne facilmente la forma originale per dar vita a innumerevoli variabili morfologiche. I tubolari di cartone modellati vengono poi calzati su una mezza bottiglia di plastica.<br>Alcune forme di vaso sono state riprodotte in ceramica e attualmente sono prodotte da  Skitsch

Cardboard vase

Cardboard vase

Cardboard vase


Double Match - Fiammiferi<br>Modello - 2001<br>Fiammifero con due teste infiammanti in modo da poterlo utilizzare due volte, un po' come facevano le nostre madri e le nostre nonne che non gettavano il fiammifero dopo averlo utilizzato una prima volta, ma lo riutilizzavano ancora per trasportare il fuoco da un fornello all'altro

La folle guerra di Bush<br>Etichetta per vino realizzata per la mostra "Message on the bottle"<br>Amburgo - 2007<br>La bottiglia di vino è avvolta nella carta di giornale, come quando la si acquista dal droghiere. In questo modo, il titolo di un articolo del giornale ci appare come l'etichetta del vino trasformando il messaggio in esso contenuto da casuale a esplicitamente intenzionale e comunicativo

Wabi<br>Tavolino in marmo<br>Prototipi  realizzati da Bufalini Marmi - 2010<br>Tavolino realizzato unendo tra loro e in modo irregolare piccoli frammenti di listarelle di scarto di diversi tipi di marmo. La dimensione ridotta del tavolino e la forma irregolare del suo piano permettono di usarlo sia singolarmente o in combinazione con altri tavolini dello stesso tipo per ottenere una superficie di appoggio maggiore

Wabi<br>Tavolino in marmo<br>Prototipi  realizzati da Bufalini Marmi - 2010<br>Tavolino realizzato unendo tra loro e in modo irregolare piccoli frammenti di listarelle di scarto di diversi tipi di marmo. La dimensione ridotta del tavolino e la forma irregolare del suo piano permettono di usarlo sia singolarmente o in combinazione con altri tavolini dello stesso tipo per ottenere una superficie di appoggio maggiore


Una seconda vita - Centrotavola in ceramica.<br>Attese Edizioni - 2006<br>I piccoli fori a tratteggio delineano all'interno del centrotavola una serie di forme ellittiche che in caso di rottura potrebbero “salvarsi” e quindi, svincolarsi dal contesto del centrotavola acquisendo una propria autonomia di piccole ciotole. La rottura accidentale può trasformarsi così da evento negativo a evento generatore di nuovi stimoli e nuove realtà. Mi piace pensare che questo oggetto possa essere un sorta di ammonimento a non disfarsi delle cose con troppa facilità, nemmeno quando, apparentemente, sono solo dei cocci

Pin - Seduta-tavolino da giardino<br>Modello  realizzato da Segis per la mostra "The shape of Value"- New York - 2006<br> E' una seduta o un tavolino da giardino a seconda della profondità con cui viene piantato nel terreno. La superficie del piano, in acciaio inizialmente a specchio, si caratterizzerà nel tempo

Honeycomb<br>Tavolo basso<br>Prototipo realizzato da Bufalini Marmi - 2010<br>E' realizzato utilizzando un unico foglio di Honeycomb di alluminio di 1250 x 2500 mm.<br>L'Honeycomb è un sandwich di due fogli di resina con all'interno un alveolare di alluminio, solitamente è usato all'interno delle imbarcazioni da diporto per alleggerire il marmo dei rivestimenti. In questo caso è stato utilizzato per le sue qualità strutturali ed estetiche.<br>Il foglio è stato diviso in due metà successivamente accoppiate tra loro. Sulla metà inferiore sono stati praticati dei fori  i cui scarti,  assemblati verticalmente, vanno a costituire  le gambe del tavolo.<br>Per la sua realizzazione non viene prodotto  alcuno scarto di materiale lavorato.<br>Esiste anche un modello con un sottile  piano in marmo bianco di Carrara accoppiato al pannello di Honeycomb

Paolo Ulian che solleva il tavolino HONEYCOMB


Emerso - Vasi in ceramica<br>Attese Edizioni - 2009<br>Una serie di strati di ceramica (ingobbi) di diversi colori si sovrappongono sulla superficie del vaso. Prima della cottura finale vengono lavorati dal progettista con diversi strumenti come carta abrasiva, spazzole metalliche, mole, lame ecc. in modo da produrre delle leggere scalfitture che fanno emergere gli strati colorati ogni volta in modo diverso

Vaso Vago - Vaso in marmo<br>Produzione Up-group - 2008<br>E' un vaso che apparentemente non ci rivela una sua logica interna. La sua forma é la naturale conseguenza della modalità di lavorazione con cui sono stati ottenuti i pezzi che lo compongono. I  24 anelli che formano il vaso sono ricavati da tre lastre di cm. 60 x 60 in marmo bianco di Carrara tagliate a getto d'acqua. La disposizione concentrica degli anelli sulla lastra consente di ridurre nei limiti del possibile gli scarti di materiale lavorato

Vasi rosae - 2009 - Vasi in terracotta <br>Attese Edizioni 2009<br>Un unico vaso in terracotta suddiviso in più parti per accogliere mazzi di fiori di differenti dimensioni

Anemone<br>Lampada a sospensione<br>E' composta da 100 bracci snodabili realizzati con  corpi di penne Bic Cristall.<br>La snodabilità dei singoli bracci permette di variare in qualsiasi momento, l'aspetto generale del diffusore

Paolo, benvenuto e grazie per avere accolto questo invito. Mi piacerebbe che tu facessi una tua presentazione e che mi raccontassi un episodio singolare che ti abbia maggiormente convinto a diventare un designer.
Non sono un vero e proprio designer industriale perché i miei progetti entrati in produzione sono veramente pochi, non sono un designer che si autoproduce, anche se qualche autoedizione l'ho realizzata. Non sono nemmeno un designer-artigiano anche se la maggior parte degli oggetti che ho ideato li ho realizzati con le mie mani.  Probabilmente sono un po' tutte queste tre figure messe insieme che interagiscono e si rafforzano a vicenda. Una linea comune a queste tre caratteristiche è senz'altro una certa attenzione alle problematiche e le contraddizioni del design, alla consapevolezza dei disastri ambientali, ma anche, culturali e sociali,  ai quali un progettista può rendersi partecipe se non ha una sua chiara etica a cui riferirsi. Il design per me è un mezzo di comunicazione dei propri valori e principi, un linguaggio basato sulla fisicità delle cose con cui esprimere  i propri pensieri e le idee a cui teniamo di più. 
L'episodio che mi ha convinto a intraprendere la strada del design è stata una telefonata di Enzo Mari in un momento delicato della mia vita, mi invitava ad andare a lavorare nel suo studio pochi mesi dopo essermi diplomato, mentre cercavo di guadagnarmi da vivere realizzando lavori di grafica e di fotografia. Ero in una sorta di limbo in cui l'entusiasmo e la passione per il design si stavano affievolendo e la possibilità di andare  a lavorare con Mari era la cosa più bella che mi potesse capitare in quel momento.


Nell' aprile 2009  allo spazio Careof-Viafarini, si è tenuta una mostra dedicata a tuoi lavori che è stata, correggimi se sbaglio, divisa in due aree che contengono ognuna degli insiemi di ricerche così definiti: Progettare Tracce, Rispettare la Materia, Accortezze Costruttive, Aggiungere Funzioni, Buona Forma, Osservare Comportamenti, Sentire Etico. Sono dei processi progettuali che hanno una base filosofica, ce li descriveresti?
Le due aree a cui ti riferisci non volevano rappresentare due aree tematiche della mia ricerca, erano solo una delimitazione fisica derivata dalla suddivisione dello  spazio espositivo.  Mentre gli insiemi di ricerca che hai citato sono definizioni che ha redatto Beppe Finessi ( il curatore) in occasione della mia mostra personale  ed erano un riuscito tentativo di riordinare  le diverse caratteristiche dei miei risultati progettuali  prodotti nell'arco di venti anni.
“Progettare tracce” si riferisce all'aspetto “decorativo” che alcuni oggetti acquisiscono  in seguito a un'operazione concettuale. Il decoro come una conseguenza e non come uno scopo, come una traccia lasciata da un' atteggiamento ( i colpi di martello sulla superficie dei tavolini-seduta “Pin” necessari per piantarli nel terreno diventano un decoro inconsapevole e in divenire) o dagli strumenti utilizzati  ( i diversi decori dei vasi “Emerso” sono delle tracce lasciate sulla superficie dai vari utensili  usati)
“Rispettare la materia” riguarda tutti quei progetti  in cui c'è un'attenzione ai temi della sostenibilità e al corretto uso dei materiali, mentre in “Accortezze costruttive” sono raccolti i progetti risolti con una soluzione tecnica  di tipo ingegneristico come la lampada “Palombella”, l'appendiabiti  “Flex” o la libreria “Vincastro” . In “Aggiungere funzioni” ci sono gli oggetti  con due o più funzioni come il tavolino-panca  “Cabriolet” o il coltello “Pane e salame” o il Lavello “Tandem”.  In “Buona forma” sono raccolti  gli oggetti non facilmente definibili, quelli particolarmente riusciti nel rapporto tra funzione ed estetica. “Osservare comportamenti” è il tema più ricorrente nella mia ricerca: istituzionalizzare alcuni comportamenti informali delle persone per renderli visibili attraverso la matericità delle cose.  “Sentire etico” è riferito al rapporto molto forte tra forma e significato, a provocazioni come la bottiglia di vino incartata con un foglio di giornale su cui compare  la notizia   La folle guerra di Bush  o il fiammifero a due teste infiammanti che ci  fa riflettere sull'importanza di  avere approcci diversi con le cose, a partire dai più piccoli oggetti e dai gesti più banali.


Cito alcuni dei tuoi progetti: Vincastro, 1995-Aleph Driade, Cabriolet (Primo Premio “Design Report” nel 2000), 2001- Fontana Arte, Up, 2001-BBB Bonacina, Bowl, 2003-Fontana Arte, Bird-feeder, 2003-Droog Design, Mat-walk, 2004-Droog Design, Panca Estensibile, 2009-OfficinaNove, Emerso, 2009-Attese Edizioni, Carboard Vase, 2009-Produzione Skitsch … Sono pochi dei tanti: avresti voglia di soffermarti a parlare su qualcuno di questi o su altri non riportati?
Alcuni di questi li ho già citati nella risposta precedente, potrei parlarti dei vasi Cardboard  che sono uno dei miei progetti preferiti . Questi vasi sono nati  osservando come un imballo in cartone goffrato per bottiglie potesse assumere infinite forme attraverso semplici interventi di  manipolazione. Cosi', seguendo questa sua naturale propensione, ho realizzato una  serie di forme diverse di vasi in cartone e le ho fatte riprodurre in ceramica per  il marchio Skitsch. Successivamente, parlando di questi vasi  con Enzo Mari, è nata  una variante, non più in ceramica ma in cartone,  all'interno del tubolare  è bastato aggiungere una mezza bottiglia di plastica per contenere l'acqua ottenendo cosi' dei bellissimi vasi in cartone colorato  dalla forma personalizzabile. Qualche mese fa ho passato questa idea ai laboratori per bambini della Triennale di Milano e adesso tanti  bambini possono dar forma al loro vaso, decorarlo liberamente e portarlo a casa come dono alla loro mamma.  Oltre che ad essere stata per me una bella esperienza a livello umano è stata anche una particolare soddisfazione, niente produzione e vendita,  ma solo pura partecipazione e condivisione del “saper fare” con i bambini che hanno delle capacità  creative veramente sorprendenti.


Il tuo design è puntuale e non butti via niente. Cosa ti infastidirebbe, del fare progettuale che ti circonda, a tal punto da farti arrabbiare e indurti a gettare via qualcosa?
Ci sono molti aspetti del design attuale che mi infastidiscono, ma ce n'è uno in particolare che non digerisco ed é quel genere di progetti che si spacciano come design di avanguardia e che sono contraddistinti da forme fantascientifiche e da colori fluo. Di fatto non sono altro che una forma di design autoreferenziale  molto attento alle tendenze  del  momento, tutta apparenza e nessun significato, solo pura spazzatura.


Come vivi il rapporto con le aziende, con gli altri designers e come, invece, l'autoedizione?
C'è qualcuno insieme al quale ti piacerebbe lavorare e perché?
Tutto dipende dalle persone con cui si entra in contatto, se a capo delle aziende ci sono persone interessanti, aperte e amichevoli, allora è possibile che si instauri anche un buon rapporto di lavoro e si possano raggiungere  dei risultati  concreti,  altrimenti tutto si perde nel nulla.  Tra i designers della mia generazione c'è n'è qualcuno che ammiro molto ed altri un po' meno, ma in generale siamo tutti molto solidali e buoni amici. Però non so se sarei capace di lavorare a quattro mani con uno di loro, ognuno ha le sue peculiarità e non credo che sia facile farle collimare per arrivare a dei buoni risultati comuni.
Riguardo all'autoedizione posso dire che è un'attività che mi piace molto e che vorrei perseguire sempre di più anche se fino ad oggi non posso certo fregiarmi di  aver fatto molto in questa direzione. Mi piace perché è un modo di progettare più completo, è un cerchio che si chiude. Il designer nel gestire anche la produzione può apprendere segreti e informazioni preziose direttamente nei luoghi della produzione e questo porta sicuramente a stimolare positivamente anche le sue potenzialità progettuali.  Poi c'è un altro aspetto positivo rispetto al rapporto con le aziende, quello di avere una maggiore libertà espressiva e di giudizio, tutto ruota intorno alle scelte del designer nel bene e nel male anche se questo può significare maggiori responsabilità e maggiori rischi di insuccesso.


Beppe Finessi ti ha definito “un nuovo maestro”. Qual è il ruolo dei maestri nella società attuale? Mi spiego meglio: oggi hanno delle “responsabilità” differenti in relazione al periodo storico che è sicuramente cambiato rispetto al passato?
Non mi sento un nuovo maestro, ho ancora tutto da imparare dai maestri, quelli veri, staremo a vedere tra qualche anno. Per il momento ti posso dire quali sono le responsabilità che mi sento di avere come designer nei confronti della nostra società.
La prima cosa che ho capito da quando ho iniziato questo percorso è proprio la responsabilità pesante che i designers industriali hanno nei confronti dell'ambiente e della società in generale, disegnare un' oggetto in plastica, per esempio non è solo dare una bella forma o caricarlo  di un certo significato ma anche partecipare consapevolmente e in modo determinante  al disastro ambientale del nostro pianeta. E' questa la preoccupazione maggiore che ogni designer dovrebbe avere, ma che ancora oggi è quasi totalmente ignorata perché  si continua a dare più peso al bene privato che a quello pubblico.
Dovrebbe esistere una sorta di regola etica del designer e dell'imprenditore in cui siano stabiliti i limiti oltre i quali non è concesso andare, oltre i quali il designer o l'imprenditore  siano considerati dei fuorilegge ( mi rendo conto che qui sono già nell'ambito dell'utopia pura).


Paolo, cos'è l'etica? … E la retorica?
L'etica per me è rispettare delle regole sociali, avere come priorità il bene comune sacrificando quello privato. Il Design dovrebbe essere considerato più una missione che una professione,  più un'opportunità per esprimere dei sani principi piuttosto che una mera opportunità economica per chi lo pratica. Ma evidentemente la realtà è tutt'altra cosa.
La retorica io la considero come uno strumento che consente di ottenere più risultati con meno sforzi, una tecnica per arrivare diritti all'obiettivo che però spersonalizza la ricerca, la incanala semplicemente in percorsi sicuri e conosciuti. E' una tecnica la cui logica non prevede la sperimentazione, il procedere per tentativi e per prove, è una tecnica che non conduce quasi mai nei territori puri  dell'innovazione e della scoperta.


Nel salutarci: un tuo augurio per il futuro?
Mi auguro l'assestamento o il superamento  di questa economia globalizzata che per il momento mi pare che abbia creato solo grandi squilibri tra le varie aree geografiche e prodotto nuove logiche di mercato basate più sull'indiscriminato  sfruttamento  della forza lavoro che sul rispetto e la  dignità delle persone.


Note biografiche di Paolo Ulian
Ha frequentato per tre anni l'Accademia di Belle Arti di Carrara, si è poi trasferito a Firenze per iscriversi all'Isia. Nel 1990 discute la sua tesi realizzando il progetto di un paravento in cartone col quale  vince il premio Design for Europe in Belgio. Alla fine del 1990 é  a Milano per lavorare con Enzo Mari. Collabora con lui fino al 1992  e poi ritorna in Toscana.
In quel periodo dedica molto tempo alla sperimentazione per poi partecipare a numerose mostre collettive e in particolar modo a quelle organizzate  dallo Spazio Opos a Milano.
Dal 1995 al 2000 alcune di queste sperimentazioni si sono poi tradotte in prodotti come la libreria Vincastro per Driade o la lampada Bartolo per Opposite.
Nel 2000 partecipa al Salone Satellite dove vince il premio Design Report.
Negli anni successivi vince il premio Dedalus  e inizia collaborare con Droog Design e con alcune aziende italiane come Driade, Fontana Arte, Luminara,  Zani e Zani, BBB Bonacina, Coop, Azzurra Ceramiche, Skitsch, Officinanove.
Durante il Salone del mobile 2009, Beppe Finessi ha curato la sua prima mostra personale presso gli spazi di Careof-Viafarini alla Fabbrica del Vapore a Milano. La seconda mostra  personale, curata da Enzo Mari, è stata allestita alla Triennale di Milano nel gennaio 2010.