Dieci domande a Luca De Padova
di Ivana Riggi
“I nostri genitori, con tutti i collaboratori che si sono avvicendati hanno dato vita a questo preziosissimo progetto aziendale; mia sorella Valeria ed io, che abbiamo la fortuna di partire da un'impresa già affermata, vogliamo contribuire a svilupparla e a diffonderne il nome.” A parlare è Luca De Padova, figlio della “Signora del design” Maddalena. Lo incontrerò per tracciare un breve excursus storico della nota azienda De Padova per poi, proseguendo nella contemporaneità, riflettere con lui.
Dottor De Padova, la ringrazio per avere accolto il mio invito.
Sarebbe corretto affermare che “De Padova” sia nata da un'intuizione? Ci
racconterebbe di quell'episodio del lontano 1955 in cui i suoi genitori
dirottarono la meta di un loro viaggio da Rapallo a Copenhagen?
Riprendo ciò che è scritto nel libro dedicato ai 50 anni:
“Maddalena e Fernando hanno poco più di vent'anni. Sono a bordo di una
Giulietta e al semaforo di piazza Duomo l'Alfa rallenta. Nel bagagliaio ci sono
due valigie e le vacanze programmate erano per Rapallo: costumi, abiti leggeri,
lino e cotone. Faceva caldo e Maddalena, guardando la città semideserta, si
rivolge al marito e domanda:” Fernando, ma perché invece di andare a Rapallo
non andiamo al Nord, a Copenaghen? Ti ricordi quei meravigliosi mobili
scandinavi che avevamo visto alla Triennale? E quella ciotola di legno chiara, perfetta…
te la ricordi?”.
In quel viaggio videro per la prima volta i lavori di Bojesen, di Finn Juhl, i
tessuti e i tappeti di Unika Vaev. Lì hanno trovato un altro modo di vivere le
case, moderne, luminose, semplici ed essenziali.
Cos'ha rappresentato la “scoperta” del design danese e che riscontro ebbe
nel vostro showroom che si trovava in via Montenapoleone? Fu una scelta che
potremmo definire “coraggiosa”? Se sì perché?
Sicuramente fu una scelta coraggiosa, ma fu l'inizio della storia di De
Padova. Comprarono una libreria di Finn Juhl, un tavolo e un divano che si
fecero spedire a Milano per esporli per la prima volta nel negozio di via
Montenapoleone. Era la prima volta che arrivavano in Italia. Una rivoluzione e
un rischio, ma con tanta voglia di cambiare, di cancellare il passato, il
drammatico periodo bellico. E così si modificò anche la casa, il modo di
abitare.
Nel 1958 venne fondata la fabbrica I.C.F. De Padova che produceva, su
licenza, in Italia la collezione americana di mobili per l'ufficio Hermann
Miller. Come nacque questa scelta e come avvenne l'incontro con Hermann Miller
e gli architetti Charles Eames, George Nelson, Alexander Girard?
Viene fondata la ICF De Padova, con sede prima sui Navigli poi a Vimodrone,
alle porte di Milano, che produrrà in Italia i mobili per ufficio Herman
Miller. Dall'incontro con i designer americani della Miller Maddalena De Padova
assorbe i segreti che costituiranno il cuore della sua filosofia: l'importanza
del contesto ambientale da George Nelson, le “connections” da Charles Eames, il
ruolo degli oggetti da Alexander Girard, un métissage tra tecnologia e
accessori di uso quotidiano spesso prodotti della tradizione popolare. Il primo
incontro fu con Nelson, che dirigeva la sezione design della Miller. Era stato
lui a volere Eames nell'azienda. Nelson invece lo presentò Ettore Sottsass a
Maddalena De Padova. Charles Eames arrivò in Italia qualche anno dopo e riuscì
a trasmettere il concetto che nell'arredare una casa ci deve essere un filo
conduttore capace di collegare cose diverse e che i dettagli sono fondamentali
nella creazione di un prodotto. L'incontro con Girard apre invece una porta sul
mondo degli oggetti dell'arte popolare, dei tappeti, delle stoffe.
Nel 1967, purtroppo, suo padre Fernando morì; cosa cambiò all'interno della
vita aziendale?
Mah, quello è stato un dramma che ha cambiato tutte le nostre prospettive, della
nostra famiglia intendo. Mia madre ha dovuto farsi carico di un'azienda con 160
persone per parecchi anni, oltre al nuovo showroom di corso Venezia, io stesso
ho poi dovuto interrompere gli studi per un lungo periodo e occuparmene, finché
poi mia madre ha scelto un'altra strada. Certo se non ci fosse stato
quell'evento molte cose sarebbero diverse e anche la fonte attuale di certi
noti prodotti probabilmente sarebbe stata diversa, veramente ciò ha
rappresentato un drammatico salto rispetto alla sensazione di sicurezza
preesistente.
Nel 1986 venne avviata la produzione propria “Edizioni De Padova”
distribuita anche all'estero. Quasi parallelamente, agli inizi degli anni
Novanta, nacque grazie al suo spirito imprenditoriale “Zoltan” che verrà
acquisito da De Padova nel 2008. Sono stati due percorsi paralleli che poi si
sono incontrati? Me ne parlerebbe?
Le “Edizioni De Padova” nascono all'inizio degli anni 80, io ho provato per
un po' di anni a lavorare a stretto contatto con mia madre mentre nel frattempo
portavo a termine il mio corso di studi. Purtroppo non ci sono riuscito e
quindi ho cercato una via di uscita che potesse servirmi per il futuro. Un
percorso a tutto campo, anche se in piccolo, dapprima come rivenditore poi
distributore e anche importatore di piccole ma importanti collezioni
dall'estero e infine ho fatto la scelta di avere e gestire una mia collezione.
Però, data la mia posizione, non ho mai tralasciato completamente la De Padova,
il che ha comportato anche non poche tensioni da schizofrenia. Alla fine anche
in De Padova si è capito che era un'esperienza utile, senza nessuna volontà di
concorrenza. E difatti poi dal 2005 il mio compito in De Padova è stato quello
della R&S in continuità con il mio lavoro principale in Zoltan.
Vi siete avvalsi della collaborazione dei più grandi designers del panorama
internazionale: da quelli “storici” come Vico Magistretti, Achille Castiglioni,
Dieter Rams ai “nuovi” come Denis Santachiara, Patricia Urquiola, Thomas
Sandell, Studio Cerri & Associati, Marco Zanuso jr, per citarne solamente
alcuni. Sono generazioni di progettisti differenti; ciò ha evidenziato un
approccio diverso con la vostra azienda e nelle varie fasi di maturazione del
progetto?
La collaborazione con i due grandi designer italiani Achille Castiglioni e
Vico Magistretti ha formato l'immagine De Padova per tanti anni. La maggior
parte dei mobili é stata disegnata da Magistretti e Castiglioni si era occupato
in prima linea degli allestimenti. Ciò nondimeno in quegli anni 80 si è stretto
il forte sodalizio con Dieter Rams, progettista della famosa libreria metallica
Universal Shelving System che De Padova ha sviluppato utilizzando altri
materiali.
Se pensiamo anche ai designer che collaborano con noi, è importante che trovino
una sintonia con l'azienda, che permette al nome De Padova di convivere con il
nome del designer. Le chiavi del successo in estrema sintesi sono: quanto
all'aspetto strategico: verifica approfondita delle necessità di gamma in modo
da non lavorare su cose inutili o già ben coperte da altri prodotti, selezione
accurata dei designers e/o dei progetti, quanto all'aspetto
tecnico/produttivo:ingegnerizzazione della produzione con particolare
attenzione alla tempistica, il tutto in un ambiente che mira ad una elevata
qualità in tutte le fasi.
Lavoriamo benissimo anche con i “nostri nuovi” designer, da Jasper Morrison a
Naoto Fukasawa, da Paolo Pallucco a Carlo Colombo, dai Nendo a Lust, tra i più
noti ma ci piace il confronto dialettico anche con i più giovani, dai
Lorenz-Kaz ai Lemongras, da Damian Williamsson a Monica Foerster, dagli
Aksu-Suardi ai Setsu-Ito tra i principali ai quali se ne aggiungeranno di nuovi
nel corso del 2011.Nel pensare a questi nomi mi rendo conto che in tantissimi
casi si tratta di coppie maschile/femminile. Forse sta anche qui una delle
ragioni del successo dei loro progetti. In generale oggi il mondo del design
fornisce professionalità in un modo altamente equilibrato fra i generi
maschile/femminile.
Non posso dire come sarebbe stato per me lavorare a fianco di un Magistretti, in
quanto non ne ho avuto l'opportunità. Posso solo dire che a livello informale a
volte ci scambiavano opinioni sui nuovi progetti e da quei brevi confronti ho
potuto immaginare la ricchezza del confronto serrato.
Nel gennaio 2010 lei è diventato il nuovo Amministratore Delegato di De
Padova. “Semplicità, eleganza e coerenza” rientrano nel carattere di De Padova
e dei suoi valori. Le pongo una domanda etica: come fate a mantenerli in una
società come quella attuale che, mi corregga se sbaglio, tenderebbe a svilirli?
Personalmente ritengo invece che a seguito della crisi epocale che si è
abbattuta su tutte le nazioni sviluppate e mature la sobrietà e la coerenza
interna unite ad una chiara e forte etica commerciale e all'attenzione
all'ambiente saranno valori molto capiti da un mercato più intelligente. Non è
detto che quei valori non debbano andare d'accordo con l'eleganza e la
seduzione come valore aggiuntivo del design.
Da sempre poi diamo particolare attenzione all'ambientazione dei nostri
prodotti.
Ieri come oggi De Padova non si limita ad esporli nel suo showroom, ma crea
raffinati ambienti in cui tanti cittadini di Milano e del mondo si identificano.
Recentemente poi si è aggiunto un fornitissimo reparto oggetti che invita a
curiosare negli ampi spazi dello showroom.
Inoltre, poiché il successo dell'azienda dipende dalla qualità di tutta la
filiera poniamo massima attenzione alla selezione e al rapporto con i nostri
partner rivenditori in modo da garantire loro il giusto spazio operativo, assistenza
alla nostra clientela nel proporre la corretta immagine aziendale, una
comunicazione sobria supportata anche da iniziative “culturali” durante i
periodi più “caldi” del nostro settore.
De Padova prevede anche investimenti in manifestazioni culturali, tutti
programmi in via di attuazione. Di cosa si tratta?
De Padova in realtà fa cultura da sempre. Il design stesso, inteso come
ricerca e scoperta, è già di per se "cultura". Mia madre Maddalena
negli anni '50 importò in Italia il design scandinavo e americano, allora
sconosciuto: si rivoluzionò la cultura dell'abitare e gli interni delle nostre
case non furono più gli stessi. De Padova è stata anche protagonista della
cultura industriale. Negli anni '70, ad esempio, l'Interparete fu il risultato
di una ricerca progettuale e segnò una rivoluzione estetica e funzionale.
Anche la riscoperta di un grande maestro come Dieter Rams è stato il frutto di
una ricerca culturale. Lo showroom di Milano ha sempre avuto un occhio
spalancato sul mondo: negli anni '80 De Padova fece scoprire al pubblico gli
Shakers, una comunità sconosciuta del mid west americano. Oggi proseguiamo su
questa strada, non perché sia un must ma perché fa parte del nostro modo di
essere: in uno spazio già popolato di cultura, nel senso di oggetti di design, vogliamo
anche proporre eventi culturali in senso stretto. La mostra “Effetto
Castiglioni”, che abbiamo presentato durante l'ultima edizione del Salone del
Mobile, è un omaggio a un grande Maestro del design riconosciuto
internazionalmente ma è soprattutto una vera e propria “chicca”.Con lo Studio
Museo Achille Castiglioni abbiamo deciso di esporre le maquette inedite dei
progetti di architetture temporanee realizzati da Castiglioni dagli anni '50 al
2000 per allestimenti di mostre e fiere.
La vostra azienda continua a rafforzare la propria presenza nei più
importanti mercati internazionali. Da giugno 2010 le vostre collezioni hanno a
New York uno spazio d'eccellenza e di visibilità allo Studio Anise: il nuovo
punto vendita a Greene Street, Soho, nel centro della città; da ottobre 2010
sono presenti da Functions, il nuovo showroom nel quartiere di Los Angeles, West
Hollywood. Si tratta di realtà che operano attivamente e da tempo nel mondo del
design; Functions, ad esempio, è stato uno dei primi a esporre arredi
contemporanei nel sud della California. La domanda sembrerà forse banale, ma
gliela porrò ugualmente: nel 2006 avete compiuto cinquanta anni di esperienza
lavorativa continuando con successo in maniera capillare nel mondo, come ci si
riesce?
In più di 50 anni di attività De Padova è rimasta fedele alla filosofia
delle origini: il design come strumento per diffondere un'emozione. La passione
per un modo rigoroso di operare, per l'attenzione ai classici come per il gusto
all'innovazione ci è stata trasmessa dai nostri genitori. Questo è ciò che ha
formato l'unicità dello stile e del successo De Padova che viene capita e
apprezzata a tutte le latitudini.
Abbiamo iniziato questa conversazione dal lontano 1955 focalizzando
l'attenzione su un episodio dei suoi genitori, la concludiamo nel 2010
ricordando la “Medaglia d'oro Apostolo del design” ricevuta il 17 aprile di
questo anno da sua madre. Si tratta di un riconoscimento importantissimo per il
contributo enorme che ha dato nell'ambito del design. Salutiamoci con un
pensiero rivolto al futuro: cosa auspica?
Che l'Italia possa uscire dalla crisi con rinnovata energia vitale, che le
nostre PMI possano trovare la strada per competere in un mondo ora veramente
globale.
Note biografiche di Luca De Padova.
Dal 18 gennaio 2010 Luca De Padova è il nuovo Amministratore Delegato di De
Padova.
Laureato in Economia e Commercio, Luca De Padova ha lavorato in azienda come
responsabile amministrativo dal 1984 al 1988. Dopo avere creato il marchio
Zoltan, in seguito integrato nella collezione De Padova, rientra in azienda
prima come responsabile della Ricerca e Sviluppo, oggi come Amministratore
Delegato.
Insieme alla sorella Valeria, consigliere delegato e responsabile dello
showroom di Milano,
Luca De Padova allaccia rapporti di collaborazione con nuovi designer già
affermati ed emergenti investendo significative risorse finanziarie per lo
sviluppo di nuovi prodotti, per consolidare il marchio e incrementarne la
presenza sui mercati esteri tradizionali ed emergenti.