La biografia di Valerio Castello
Valerio Castello (1624 - 1659). Genio moderno
Valerio Castello
(Genova, 1624 - 1659)
Si pose, già giovanissimo, in rottura con la tradizione pittorica genovese. La sua spiccata personalità lo condusse a discostarsi dalla corrente naturalistica in voga nella Genova degli anni Quaranta del Seicento e a operare scelte pienamente autonome. Attraverso un recupero dei maestri del Manierismo cinquecentesco, un aggiornamento cercato altrove, a Parma e a Milano, e un'attenta osservazione delle opere dei fiamminghi e dei veneti presenti in abbondanza nelle collezioni genovesi, egli diede un nuovo corso alla stagione barocca, conferendo quella svolta di metà secolo all'insegna di una pittura dinamica, gioiosa e musicale.
Nell'ambito della cultura figurativa genovese, nessuno come lui seppe
interpretare, attraverso la vivacità del ritmo compositivo e l'esuberante
effervescenza coloristica, il sentimento nuovo di un'epoca nella quale fattori
dominati furono la rappresentazione del grande spazio barocco e la teatralità
persuasiva. Nonostante la portata innovativa della sua arte, Valerio Castello
apparve artista solitario, inaccessibile sul piano della stretta emulazione: ma
i destini della pittura genovese rimasero così profondamente suggestionati
dalla sua esperienza artistica che, in seguito alla sua fulminea apparizione,
nulla rimase come prima. Solo il trascorrere di diversi decenni consentì
all'ambiente di metabolizzare tanta audacia espressiva, favorendo l'affermazione
di artisti come Gregorio de Ferrari e, a chiusura del grande secolo della
pittura genovese, di Alessandro Magnasco.
1624
Nasce a Genova il 22 dicembre, figlio del pittore Bernardo Castello che
morirà cinque anni più tardi. Valeriano - così lo ricorda il documento di
battesimo conservato presso l'Archivio parrocchiale della chiesa di San Martino
d'Albaro - sembra fosse stato educato in gran parte dal fratello maggiore
Torquato.
1634 - 1640
Nelle Vite de' Pittori, Scoltori et Architetti Genovesi (1674), il biografo
Raffaele Soprani afferma che Valerio dimostrava precoci attitudini per la
pittura, coltivate in solitudine a confronto con gli affreschi che Perin del
Vaga, allievo di Raffaello, aveva lasciato un secolo prima a Genova nel palazzo
del Principe Doria a Fassolo. Presto venne messo a bottega da uno degli artisti
più celebri del tempo, Domenico Fiasella (1589-1669), per passare quindi a
quella di Giovanni Andrea De Ferrari (1598-1669). Tanto il padre morto
prematuramente quanto i supposti maestri non esercitarono alcuna influenza
apprezzabile sul futuro percorso stilistico.
1640 - 1645
I primi anni Quaranta del Seicento, quelli nei quali Valerio passa dai
sedici ai vent'anni, sono di grande fermento per le arti in città all'insegna
dell'indagine naturalistica e dell'accentuazione di una poetica degli affetti
dovuta ad artisti come Domenico Fiasella, Orazio De Ferrari, Giovanni Andrea De
Ferrari, Luciano Borzone, Giovanni Battista Carlone. Nel contempo le quadrerie
ospitate negli straordinari palazzi e nelle chiese andavano ad accrescersi con
un ragguardevole numero di opere “straniere” provenienti da Milano,
dall'Emilia, dal Veneto, da Roma, dalle Fiandre: ad esempio, la straordinaria
crocifissione di Federico Barocci nella cattedrale di San Lorenzo, oppure
l'Ultima cena di Giulio Cesare Procaccini nella chiesa della Santissima
Annunziata, ma soprattutto i Van Dyck delle collezioni private, dipinti tra il
1621 e il 1627, e le due pale capitali di Rubens per la chiesa del Gesù. Questi
sono i testi sui quali anche il giovane Valerio studia e si forma. È probabile
così, che i viaggi a Milano e a Parma, caduti in questa prima metà del quinto
decennio del secolo, e il conseguente studio ravvicinato dei milanesi di primo
Seicento (Procaccini, Morazzone e Cerano) e dei grandi maestri emiliani del
Cinquecento (Corrreggio e Parmigianino), permisero un approfondimento di
stimoli già assorbiti in patria.
1647
Probabilmente Valerio dipinge in questo momento, per il ciclo dell'oratorio
di San Giacomo della Marina, la tela con la Vocazione di san Giacomo. Nella
seconda, raffigurante il Battesimo di san Giacomo, per lo stesso ciclo, applica
una nuova concezione dello spazio di impronta veronesiana.
1648
Valerio firma e data la pala della chiesa di San Siro a Santa Margherita
Ligure raffigurante San Sebastiano tra i santi Lorenzo e Rocco.
1649
Cade probabilmente in questo anno l'esecuzione della straordinaria e rubensiana
Conversione di san Paolo, visitabile alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
di Pellicceria e proveniente dalla chiesa monastica di San Paolo di Prè. Il
committente fu Giovanni Battista Balbi, che con questo lavoro, destinato al
convento dove risiedevano alcune sue figlie monache, sembra aver messo alla
prova l'artista prima di affidargli gli affreschi per il suo palazzo. Nello
stesso anno realizza per la cappella dedicata a san Francesco Saverio nella
chiesa del Gesù tre tele con fatti della vita del santo.
1650, post
A questo momento si fanno risalire gli affreschi per la chiesa di San
Martino di Albaro, dove l'Assunzione della Vergine è impostata come una
coinvolgente macchina barocca di grande impatto.
1653
Dipinge, firmandoli e datandoli sul retro, due piccoli olii su rame, San
Francesco riceve le stigmate e Santa Chiara in adorazione del Santissimo
Sacramento, registrati nel 1688 tra i dipinti di proprietà di Filippo Spinola
di Massimiliano, conte di Tassarolo.
1653-1654
Entro la primavera del 1654, forse già a partire dagli ultimi mesi
dell'anno precedente, Valerio lavora nel palazzo di Giovanni Battista Balbi
(oggi Palazzo Reale), affrescando la volta del salotto della Fama, tra le
quadrature dell'ascolano Giovanni Maria Mariani, che si trattenne in città, per
l'appunto, tra il settembre 1653 e il maggio successivo. Castello, proprio
nella patrizia dimora, trova stimoli importanti: nel salotto accanto a quello
in cui lavora, l'affresco di Agostino Mitelli e Angelo Michele Colonna con
l'Allegrezza che scaccia il Tempo, dipinto appena due anni prima della sua
Fama, ne costituisce l'ideale punto di partenza.
1654-1656
Dalla seconda metà del 1654 Valerio si sposta a lavorare in un altro vicino
palazzo Balbi. Il pittore è infatti impegnato nella decorazione a fresco di
numerosi ambienti al secondo piano nobile del palazzo di Francesco Maria Balbi,
cugino di Giovanni Battista (oggi Palazzo Balbi Senarega, sede dell'Università,
via Balbi 4), questa volta accanto ad Andrea Sighizzi, quadraturista bolognese
documentato a Genova tra il giugno 1654 e il gennaio 1655. Gli affreschi si susseguono
lungo le pareti dei diversi ambienti: dalla volta della galleria-loggia
affacciata sul giardino con il Ratto di Proserpina e la Caduta di Fetonte, a il
Carro del Tempo sul soffitto del salone centrale, alla sala di Leda, a quella
di Pace con Allegrezza e Abbondanza. La peste, scoppiata alla metà del 1656 con
numerose vittime tra i pittori, gli architetti e i committenti, dovette
verosimilmente interrompere i lavori, conclusi poi da Valerio nell'ultimo
biennio della sua brevissima esistenza.
1655
Dipinge, siglandola e datandola, la maestosa pala con i Santi Marco
Evangelista, Giovanni Battista, Cecilia, Martino e Lorenzo per la parrocchiale
di Recco. Realizza, in olio su ardesia, una Madonna con Gesù Bambino e san
Luca, firmata e datata sopra il plinto, probabilmente destinata a segnare devozionalmente
una piccola edicola votiva. Il 17 dicembre dello stesso anno viene pagato per
l'esecuzione della Madonna con Gesù Bambino tra i santi Giovanni Battista e
Giorgio (Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco), destinata all'ufficio
dei Padri del Comune in Palazzo Ducale.
1657
Martedì 26 giugno Valerio, pochi mesi prima di sposarsi, detta un
testamento al notaio Franco Bagnasco. I lasciati sono rivolti esclusivamente a
persone di famiglia: alla madre, al fratello Torquato e alla sorella Tecla
Maddalena. Il 12 ottobre Valerio sposa, nella parrocchiale di San Martino di Albaro,
Paola Maria Deferrari. Gli sposi andranno ad abitare in una casa che Bernardo
Castello possedeva in città, precisamente “in carubeo nuncupato delli Angeli o
sia Testa dell'Oro parochie S. Marie Magdalene”.
Fine 1657-1659
Tra la fine della peste e gli inizi del 1659 devono datarsi i rimanenti
lavori a fresco: il completamento dei decori, già iniziati, nel palazzo di
Francesco Maria Balbi, e, al fianco di Paolo Brozzi e Domenico Piola, le
pitture sulla volta della chiesa di Santa Marta; gli affreschi sulla facciata
di una casa in piazza San Genesio (perduti); i lavori per Santa Maria in
Passione, noti solo da alcuni disegni preparatori e antiche fotografie.
1658-1659
Al 18 marzo e 30 ottobre 1658 sono datati i documenti relativi alla
costruzione del casino di Giovanni Battista Nascio, decorato da Castello con
episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, tra le quadrature di Paolo Brozzi e
la compresenza di Domenico Piola. Già nel Settecento questi affreschi non erano
più conservati.
1659
All'età di trentaquattro anni, il 17 febbraio, muore improvvisamente e in
circostanze ancora sconosciute. È sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa
di San Martino d'Albaro. Domenico Piola, collaboratore prediletto, completerà
la maggior parte dei lavori rimasti interrotti.