Odoardo Borrani
(Pisa, 1833 - Firenze, 1905)
Trasferitosi a Firenze da bambino, nel 1849 cominciò il suo apprendistato come restauratore presso Gaetano Bianchi nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella e poi in Santa Croce, lavorando agli affreschi di Giotto, da cui trasse copie a disegno.
Nel 1853 s'iscrisse all'Accademia di Belle Arti dove fu allievo di Enrico Pollastrini. Nel frattempo disegnava dal vero nelle campagne attorno a Firenze con Telemaco Signorini e Vincenzo Cabianca. Si debbono a quell'esperienza scorci e vedute di paese e di architetture medioevali di grande nitore e scansione luministica.
Nel 1857 presentò alla Promotrice fiorentina e a quella genovese una scena di
vita contemporanea: L'atrio del teatro alla Pergola. L'anno seguente
vinse il concorso triennale all'Accademia con Lorenzo de' Medici che, nella
congiura de' Pazzi, si salva nella sacrestia del Duomo, reso con una forma
acciaccata e dai forti contrasti chiaroscurali, in linea con la maniera più
attuale a Firenze per il rinnovamento del quadro di storia.
Nel 1859 partecipò alla seconda guerra d'indipendenza con Signorini e Martelli,
fu di stanza a Calcinato e poi a Modena, insieme agli altri volontari toscani.
Nell'estate del 1860, con Banti, Cabianca, Pointeau e Signorini, si recò a Montelupo, nel Valdarno fiorentino, per dipingere all'aria aperta con l'intento di
sperimentare un metodo di trasposizione analogica della realtà, fondato sui
netti rapporti luministici e cromatici. Cominciò allora a lavorare al Disseppellimento del cadavere di Jacopo Pazzi, che lo occupò fino al 1864.
Nel luglio del 1861 si recò con Raffaello Sernesi a dipingere a San Marcello
Pistoiese, dove eseguì una serie di studi di paesaggio che si distinguono per
il tenore solenne e pacato, soffuso di lirismo evocativo, da cui trasse due
dipinti, presentati alla prima Esposizione nazionale allestita a settembre a
Firenze, insieme a Il 26 aprile 1859, un soggetto patriottico risolto
secondo l'espressione sommessa e allusiva degli eventi di storia contemporanea,
tipica dei macchiaioli.
Dal 1862 cominciò a esporre con frequenza alle Promotrici di Torino e di Genova
e alle mostre braidensi; fin da quell'anno, inoltre, prese l'abitudine di
recarsi a Castiglioncello durante l'estate, ospite di Diego Martelli; il luogo
gli ispirò composizioni di grande nitore luministico come Orto a Castiglioncello,
Case a Castiglioncello, Pagliai a Castiglioncello. Nel frattempo
lavorava in intrinseca armonia spirituale con Lega, condividendo intimamente i
motivi etici che avevano indotto l'artista romagnolo a isolarsi a dipingere a
Piacentina, nella periferia di Firenze.
Al 1863 risalgono le Cucitrici di camicie rosse, esposto quell'anno a
Torino insieme a L'annegata, La crestaina di Firenze, La mia
cucina.
A Piagentina, dove si trasferì attorno al 1865, Borrani creò capolavori quali Speranze perdute, inviato alla Società triestina di Belle Arti nel dicembre del 1866, Le primizie, L'Arno. Motivo dal vero (1868) e quindi
L'analfabeta e Il richiamo del contingente, ambedue del 1869. Da
quella periferia egli si allontanava di rado, e solo per tracciare sul taccuino
memorie di luoghi urbani che presto sarebbero stati cancellati dagli
ammodernamenti della città, che egli certo non condivideva.
Nell'estate del 1867, a Castiglioncello, dette vita con Giuseppe Abbati e
Giovanni Fattori a un vero e proprio sodalizio artistico. Opera esemplare di
quella ricerca è Carro rosso a Castiglioncello.
Nel 1870 partecipò all'Esposizione nazionale di Parma con Il richiamo del
contingente. Da quell'anno cominciò a dipingere vedute terse e nitidamente
definite delle rive dell'Arno e del Mugnone.
Nell'autunno del 1872 si recò a Milano, dove a Brera aveva esposto più opere
fra cui La visita allo studio, e poi a Venezia.
Nel 1875, insieme a Silvestro Lega, aprì a Firenze una galleria d'arte, con
l'intento di promuovere e sostenere la pittura dei macchiaioli, ma, nonostante
l'entusiasmo di amici generosi come Cristiano Banti e Nino Costa, il negozio
chiuse nel giro di due anni.
Nel 1877 partecipò all'Esposizione nazionale di Napoli con In attesa del
pittore e Catiglioncello. Maremma toscana.
Nel 1880 inviò a Torino Il bollettino del 9 gennaio 1878, ispirato alla
partecipazione degli italiani alla morte di Vittorio Emanuele II.
Nel 1883 si recò a Roma con l'incarico di trarre disegni dalle opere presentate
all'Esposizione nazionale, per un album illustrativo della mostra cui Borrani
partecipò con Curiosità, acquistato dal re.
Nel 1886 presentò alla prima Esposizione di Belle Arti livornese La maricchia,
L'Arno presso la Casaccia, e Vicolo della Scala Santa (Roma).
L'anno seguente inviò all'Esposizione nazionale di Venezia Una vestale
cristiana. A quella data lavorava come decoratore di ceramiche presso la
manifattura Ginori e per arrotondare le entrate insegnava privatamente disegno
oltre a collaborare all'“Illustrazione Italiana”. La sua presenza alle mostre
si fece sempre più rara, e sempre con opere note; solo in occasione della Festa
dell'Arte e dei Fiori, l'importante mostra allestita a Firenze fra il 1896 e il
1897, presentò un nuovo dipinto, In villeggiatura.