Architettura

Mario Botta e l’interpretazione dello spazio nella mostra a lui dedicata nel Salone di Padova

di Roberto Zanon*

Il Palazzo della Ragione di Padova - immenso e proporzionato spazio nel cuore della città, delimitato da una cortina continua di affreschi e chiuso in sommità da una eccezionale copertura lignea carenata - ha offerto il privilegio di far confrontare il proprio neo-restaurato volume con l’opera dell’architetto ticinese Mario Botta (1943).



Cavallo con fondo vista mostra

Un’opportunità che ha "esaltato" il progettista svizzero nell’allestimento da lui stesso curato di una mostra che raccoglie le sue principali architetture realizzate nell’arco degli ultimi dieci anni.

Il titolo scelto Luce e Gravità, volutamente controcorrente, riassume egregiamente un modo di pensare al progetto che riflette sulla luce come generatrice dello spazio e dei ritmi di vita dell’uomo e sulla gravità intesa come legame alla terra non solo come fatto fisico, ma anche come vincolo ad una storia inevitabilmente presente.

Vista generale della mostra

Vista generale della mostra

L’architettura di Botta, pur avendo moltissimi detrattori - specie nell’ambiente degli architetti - è inequivocabilmente caratterizzata da un segno forte, preciso, geometrico, limpido, spesso simmetrico, di facile (almeno apparentemente) lettura che, fedelmente ai propri assunti, con altrettanta chiarezza ha scelto di mostrarsi.

Vista generale della mostra

Vista generale della mostra

Disposta assialmente rispetto al lato lungo della pianta rettangolare che definisce lo spazio del Palazzo della Ragione, inondata da una superba luce naturale proveniente dalle ampie vetrate, l’esposizione interpreta perfettamente quelli che sono i dettami della disciplina dell’allestimento senza però prendere rischi di alcun tipo. Contenitore e contenuto sono labilmente correlati tra loro e viene completamente perso il confronto che lo stesso Botta aveva denunciato essere lo stimolo ispirativo nella scelta di questo magico luogo padovano.

Vista dall'ingresso della mostra

Vista dall'ingresso della mostra

Il grande cavallo ligneo quattrocentesco, copia di quello del Donatello, posizionato su piedistallo, "da sempre" ospite all’interno del Salone, presenza unica, ingombrante, non ignorabile e sicuramente non rimovibile, è diventato il soggetto protagonista-pretesto per la costruzione di una ipotetica "passeggiata", ad altezza del basamento, che Botta ha deciso di dedicare proprio al cavallo. La suggestione che questi stesse per iniziare una trotterellata partendo dal fondo della grande sala dove la scultura equestre è stata accuratamente riposizionata; la costruzione di una sorta di lunga pedana che nel suo materializzarsi ha dato vita al corpo-volume che accoglie tutta la rassegna di opere messe in mostra.

Mario Botta spiega un suo progetto

Mario Botta spiega un suo progetto

Mario Botta schizza con il gesso un suo progetto

Mario Botta schizza con il gesso un suo progetto

Il rapporto con il decantato Salone, dicevamo, avviene senza realmente esserci; la mostra potrebbe essere collocata anche dentro un anonimo capannone e il risultato sarebbe il medesimo. L’apprezzabile idea-pretesto di "far camminare il cavallo" lungo un percorso rettilineo diventa l’unico rapporto con il contesto non trovando altra relazione in cui intervenga il reale genius loci; un legame quindi che si sviluppa, paradossalmente, con l’unico oggetto che appartiene al Salone solo come una sorta di arredo, ma che in realtà potrebbe stare da qualsiasi altra parte.

Mario Botta spiega un suo progetto

Mario Botta spiega un suo progetto

I ventotto progetti di architettura esibiti, scelti nell’arco degli ultimi dieci anni, sono presentati attraverso una percettivamente chiara e inattaccabile sequenza regolare - una sorta di simmetria per traslazione - proponendo due immagini retroilluminate poste verticalmente, due tavole di disegni autografi e due tavole tecniche posizionate su un piano obliquo, un modello e l’estemporaneo accompagnamento di alcuni schizzi "ridisegnati", ovvero realizzati a gessetto bianco dallo stesso Botta durante il montaggio di tutto l’apparato espositivo. Uno stratagemma questo che caratterizza segnicamente il nero fondale della struttura, ma che al contempo risulta anche essere un po’ fittizio e autoreferenziale.

Mario Botta schizza con il gesso un suo progetto

Mario Botta schizza con il gesso un suo progetto

È ribadita quella sicurezza, sempre espressa dal progettista ticinese attraverso le sue architetture con la scelta di geometrie assolute, che è letta da molti come una "prepotenza" nel voler imporre il valore tettonico del proprio pensiero.

Mario Botta. Luce e gravità. Architetture 1993-2003
Padova, Palazzo della Ragione
13 dicembre 2003 - 15 febbraio 2004

*Roberto Zanon, architetto, insegna nelle Università di Padova e Firenze e all’Accademia di Belle arti di L’Aquila. È stato visiting professor presso alcune Università asiatiche (Bangalore, Hong Kong e Bangkok) e in Portogallo (Lisbona e Porto). Ha un proprio studio di progettazione (interni, allestimenti ed oggetti) ed è socio della Wagner e Associati.

Articolo inserito il 21 dicembre 2003