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Carlo Scarpa nella fotografia. Racconti di architetture (1950 – 2004)
Di Roberto Zanon
Può sembrare un pretesto l’organizzazione di una mostra di fotografia su Carlo Scarpa per continuare a parlare di temi già esperiti? No, decisamente; è, invece, la reale opportunità di poter vedere e rivedere il conosciuto lavoro del maestro veneziano attraverso le visioni di una serie di sapienti autori che si sono confrontati attraverso l’obiettivo fotografico con il mondo scarpiano e che in parte tutt’oggi continuano – comprovandone indirettamente anche l’evoluzione diacronica - nell’opera di documentazione e lettura. Una visita così piacevole, la mostra aperta a Palazzo Barbaran da Porto a Vicenza intitolata "Carlo Scarpa nella fotografia", che quasi ci si dimentica della "messa in scena", della presenza di un apparato espositivo che come di consuetudine per questo contesto, è affidata all’interpretazione sapiente ed equilibrata di Umberto Riva.
Insegna esterna sul cortile di Palazzo Barbaran da Porto |
Prima sala - Sezione schizzi prospettici di Scarpa |
Che sia stata raggiunta l’"essenza" della disciplina dell’allestimento, realizzando una presentazione che non si percepisce e che solo aiuta alla visione di ciò che è esposto? Forse sì, almeno nella prima grande sala che funge da accoglienza e che conserva il cuore della mostra. Eppure la costruzione di paramenti verticali completamente rivestiti da un assito ligneo che si sviluppa orizzontalmente, favorendo la percezione della sequenza lineare e perimetrale rispetto alle sale espositive data alla successione delle fotografie, non è certo stata operazione che desidera nascondersi o mimetizzarsi. L’evidente suggestione del rivestimento dell’impalcatura usato in cantiere o anche l’ordinata sequenza di tavole di legno che fungono da cassaforma per il getto del cemento - tanto caro all’architettura scarpiana - si allontana dalla raffinata definizione "geometrica e traspirante" delle partizioni usate sempre in queste sale con la mostra dedicata a Scamozzi nel 2003, ma al contempo, inaspettatamente, non offre quell’idea di provvisorietà che con facilità viene evocata quando si impiegano simili strutture.
Prima sala - Ingresso |
Prima sala ingresso |
Una gestione accorta e programmata nella successione cromatica dei tavolati utilizzati, alternando parti sbiancate ad altre virate nelle tonalità del beige, ha permesso di costruire al centro della prima sala un ambito circoscritto - al contempo piacevole e non opprimente - per la parte dedicata ad una eccezionale selezione di schizzi prospettici di Carlo Scarpa. A sottolineare questa sezione di spazio è stata creata un’intersezione aerea di due pseudo-pensiline, sorta di "barbacani" veneziani, che articola e scandisce l’alto volume della stanza connotandone la straordinarietà. Questo operare ha permesso così un controllo illuminotecnico dei disegni che qui sono esposti, attraverso un sistema di luci che si differenzia rispetto a quello con faretti utilizzato per le fotografie.
Prima sala - Sezione schizzi prospettici di Scarpa |
Prima sala - Pensiline sopra la sezione dedicata agli schizzi prospettici di Scarpa |
L’esposizione in realtà concentra, come si accennava in precedenza, quasi tutte le sue potenzialità nella sola sala di ingresso, perché nella seconda stanza perde il rivestimento ligneo diventando per le immagini presentate solo cornice-supporto espositivo a muro sulla nuda parete bianca, mentre poi, purtroppo, in parte compromette il suo carattere con l’inserimento della grande teca luminosa nella terza sala. Qui infatti sta forse l’unica caduta, in termini allestitivi, della pur non ampia esposizione e sembra addirittura che la mano progettuale sia diventata altra. L’inserimento leggermente obliquo di un lungo sproporzionato visore che retroillumina una sequenza di diapositive appartenenti alla campagna fotografica sistematica attivata dal 2004 sull’opera di Scarpa coordinata da Italo Zannier, sembra sia sfuggito al controllo progettuale, divenendo oggetto ingombrante non propriamente gestito. In modo scomposto va ad appoggiarsi ad una lastra metallica (materiale che denuncia la sua eccezionalità rispetto a tutto l’apparato espositivo precedente) leggermente piegata e scostata dal muro, supportando, tra l’altro, anche un sistema didascalico "scoordinato" rispetto al segno grafico impiegato in tutta l’esposizione.
Seconda sala |
Terza sala con insegna luminosa |
Nell’ultima sala il percorso si chiude con la proiezione della multivisione con sonoro "spazio tempo e luce" del 1981-82 realizzata da Arno Hammacher.
Quarta sala - Vista del corridoio di passaggio nella sala
Ritorna in questo caso, attraverso l’introduzione di pochi, ma compositivamente esemplari segni tridimensionali, la sapienza del progettista Riva che riesce a definire, con coerenza al linguaggio di geometrie e materiali usato nella prima sala, un ambito che stimola la permanenza, ma che al contempo favorisce anche il passaggio di chi non desidera assistere alla proiezione multimediale.
Informazioni
Carlo Scarpa nella fotografia. Racconti di architetture (1950 - 2004)
Vicenza, Museo Palladio / palazzo Barbaran da Porto
24 settembre 2004 - 9 gennaio 2005
info: C.I.S.A. Andrea Palladio 0444 323014
Articolo inserito il 30 settembre 2004