Archeologia del futuro
di Riccardo Dalisi
A Caserta, nei preziosi ambienti di San Leucio, un convegno di grande valore "ellittico". Prestigioso per la presenza di personalità di primo piano della critica tedesca (Elmar Zorn), di responsabili di musei tedeschi (Jochen Boberg, Direttore Ripartizione Musei di Berlino; Dieter Ronte, direttore Kunstmuseum di Bonn), di New York, nonché del mondo della critica letteraria ed artistica (Elisabeth Schlebrugge e Mimmo Grasso). Essi hanno tenuto delle interessanti conferenze su un tema affascinante, "Archeologia del futuro", che vuole essere un manifesto, una nuova linea, una ricerca ed un appassionante lavoro nel campo dell’arte. Un modo di fare arte e riflessione nei suoi profondi riverberi, nel corpo vivo della società contemporanea.
Intervento di Riccardo Dalisi a Rua Catalana, Napoli
Aleggiava a San Leucio, durante la nutrita giornata di studio, una vera e propria sospensione tra presente e futuro. In bilico quasi tra quei due termini, intensi, lo scavo archeologico agisce in profondità, praticato verso ciò che ci è davanti. Una sorta di sonda umana entro gli spazi del "Destino".
Una sonda attiva capace di determinarlo, un futuro.
Tant’è che, alla fine della fatica, Zorn ebbe a dirmi: "Ed ora occorre lavorare per tutto ciò, ogni mese, ogni quindici giorni dovrà succedere qualcosa, dovremo rimboccarci le maniche". Un futuro è da costruire e la linea è tracciata.
Intervento di Riccardo Dalisi a Rua Catalana, Napoli
Gli ho chiesto: "Chi di noi?" Tutti noi, ha risposto, come a dire: "Chi è in sintonia con tutto ciò, che ne sente il valore, operi".
Io ne sono stato toccato ed ho visto una profonda analogia tra il mio lavoro (Rua Catalana, le sculture, le mie riflessioni) e la linea e le cose dette. Come potrebbe essere altrimenti?
Apprezzo moltissimo lo sforzo. C’è solo da esser più collegati.
Forse non sono del tutto prevedibili l’esatto iter e le tappe di un movimento da costruire cui forse le mostre presentate contestualmente non possedevano caratteri perfettamente indicativi (Angel Orensanz e Mafonso).
Rimane il senso di uno sforzo di gran livello in quei di Caserta, per ora senza grandi echi di stampa, che oltrepassa il cielo di Napoli.
Ci si chiede ora "come fare?". Non senza conseguenze.
C’è da rimboccarsi le maniche. La prossima mossa la si può studiare, provocare a breve. Il seme è già dato.
Intervento di Riccardo Dalisi a Rua Catalana, Napoli
L’incontro con la Campania è, a me sembra, giusto, dato che qui la dimensione mitica si respira intensamente, un po’ dovunque, ed il rapporto con la Germania è fertile. La tensione diretta verso l’alto e la presenza della terra (un sottosuolo così ricco di memoria) due tonalità di sentimento così diverse si rendono propizie al programma.
Perforare la modernità
La Modernità è stata una passione universale, come è stato ben detto da Octavio Paz (premio Nobel per la letteratura 1990), il ricercarla ci ha portati a scoprire il passato. L’avanzare suscita ricordi e quindi avanzare è perforare la passione universale, il mito se vogliamo, della modernità.
Archeologia del futuro ci farà dunque incontrare i lati nascosti del presente.
Intervento di Riccardo Dalisi a Rua Catalana, Napoli
Ma si può già parlare di tradizione del moderno ove ogni artista e ogni poeta "ha piantato un albero diverso in questa prodigiosa foresta parlante".
E questo avanzare e tornare alle origini è una discesa al passato, come continua a dire Paz, si potrebbe dire che scavare il futuro è una risalita alle "origini del futuro" stesso, come ascoltare una voce che chiama e che ci sta davanti, oltre una coltre a volte spessa e lontana.
E perciò procediamo, e quella voce e musica scopriamo che è forse prodotta dal nostro scavare. Forse è la voce della storia letta a rovescio è la sua imprevedibilità e il suo fascino ed il gesto dello scorrere è ben più impegnativo del procedere.
Procediamo nella storia agendo, scavando, che è un agire, a volte, ad occhi bendati.
Le origini sono necessarie al procedere, sono energia (le scaturigini) e scavare il futuro è possibile solo con tali energie.
Per questo per il mio lavoro sono andato a lavorare a stretto gomito cogli artigiani poveri di una strada antica e dimenticata. Questo contatto è necessario. Le orme del passato ci sono rivolte davanti, come chi procede a ritroso, tale a volte è l’impressione.
Le mani rugose, le pietre nere, il rumore della battitura, il sapore acre del lavoro duro sono la faccia rivoltata del guanto e del pennello lucido e del ticchettìo del computer.
Bisogna saper vedere con occhi dritti dentro quell’intervallo che li separa e che li riunisce.