La ragione della classicità non si estingue in quella della contemporaneità
di Paolo Gioffreda
Architetture di una geometricità che tende a lambire i principi metafisici della stessa geometria euclidea (l’unica che il sistema riesca oggi oggettivamente a condividere); realizzazioni di relazioni misurate fra pieni e vuoti, luce e ombra; intuizioni ed applicazioni comuni ai principi generali di Le Corbusier, concernenti sia il soggettivo linguaggio formale nella facciata, sia l’intervento con modelli di un vaglio geometrico che qualifica l’intero fabbricato; scala umana predominante, anche perché si dimensiona nell’orizzontale. Tutto questo proprio nel periodo storico in cui era trionfata la certezza della difficoltà percettiva che si ha nel distinguere il concreto dall’astratto, la certezza che solo con l’astrattismo si poteva esprimere al meglio un’emozione od una riflessione metafisica. Ebbene proprio in questo periodo nascevano sculture e mosaici di una sintesi espressionista innovativa che, attraverso scioltezze minimali, qualificanti figure plastiche o in movimento, popolano, cristallizzano e rendono scenico lo scenario del Razionalismo Italiano, coronando quella sintesi di equilibrio, autorevole ed irripetibile, di reciproca funzionalità inter-artistica, quella sintesi di equilibrio di un pensiero razionalista elevato al cubo, fra pittura, scultura ed architettura: un razionalismo autentico e privo di relativismo.
Così in Italia il movimento si concretizzava, nell’adattare l’architettura al presente, nel distillare le cause dei contenuti di cubismo e futurismo, prospettando i medesimi concetti sostanziali dell’architettura europea del momento: semplificazione - influenza delle strutture - esame logico delle funzioni - somma razionalità - dissomiglianza dai movimenti romantici e classicistici - fase funzionale che precede ed influenza quella decorativa. Walter Gropius, con la sua Bauhaus aveva consacrato le origini del Razionalismo, o Funzionalismo, estendendo il movimento a Mies van der Rohe e Le Corbusier, con opere architettoniche ed urbanistiche fondate su modernità e razionalità, nel rapporto coerente con tecnologia industriale e necessità sociali. Si affermava la soluzione sulle incognite abitative, causate in maggior misura dall’espansione industriale, rispetto all’individuo nel nuovo corpo sociale. In Italia l’architettura era al centro delle attenzioni di Stato e cittadini, proprio per la sua importanza nella vita quotidiana, e per la sua funzione rappresentativa, tanto nel settore pubblico, dove Stato e razionalisti poterono meglio mettere in pratica il loro dichiarato impegno sociale, quanto nel settore privato. Nel Sud venivano realizzati uffici, scuole, caserme, ospedali, strutture assistenziali di ogni tipo, con principi di efficienza, igiene e modernità, mentre nel più sviluppato Nord primeggiavano realizzazioni per la grande imprenditoria, con tecnologie innovatrici e principi della più alta modernità e funzionalità. Inoltre l'integrazione dei nuovi edifici nel tessuto urbano fu ponderata, evitando conflitti fra la nuova architettura e quella antecedente.
Arch. Luigi Moretti, 1938/42
Gran Teatro di Piazza Imperiale all’E42 (rimasto alle fondazioni)
Bozzetto di studio
Con il conflitto bellico, l’Architettura Razionalista Italiana si bloccava, un esempio ben visibile ancora oggi è l’EUR; nondimeno restava l’influsso delle conoscenze razionaliste, per quanto isterilito e smarrito, con teorie speculative ed approssimative, materializzate fin oltre la risaputa speculazione edilizia. Il persistere del movimento razionalista, malgrado lo sbandamento politico del fascismo, che l'aveva sostenuto, è stato il sintomo della forza vitale e della validità culturale di questa corrente architettonica. In Italia, influenzato da una dottrinale disapprovazione, è rimasto come fenomeno analizzato da specialisti o appassionati dei singoli luoghi o delle singole opere; al contrario all’estero viene tuttora studiato ed approfondito nelle università ed in quei centri autorevoli di ricerca impegnati ad ottimizzare il Town Planning fino a determinare, presto o tardi, una scienza che sia, anche se non esatta come la Matematica, certa e riscontrabile: la Scienza Urbanistica.
A Roma è consolante accertare che le discussioni si sono fatte sempre più approfondite, fino a giungere a conclusioni sempre più rilevanti e realistiche, come quelle emerse appieno nell’anno in corso, grazie all’EUR S.p.A. che tende a riottenere e riconsegnare all'EUR il suo valore effettivo (il 90% del capitale societario è posseduto dal Ministero dell'Economia ed il 10% dal comune di Roma). Una città nella città che, nonostante sia stata pensata negli anni Trenta, ha sempre conservato un'anima moderna e che, negli ultimi decenni, stava rischiando di perdere la sua identità. A tale proposito la società si è impegnata a favorire e preservare la cultura sostanziale del proprio patrimonio complessivo e pertanto, in quanto proprio codice identificativo, il patrimonio dell’Architettura Razionalista. Nell’ottobre del 2005 la EUR S.p.a. ha dunque consentito la nascita Centro Studi di Architettura Razionalista - grazie al contributo ottenuto ai sensi dell’art. 33 della Legge Regione Lazio del 17/02/2005 n. 10 -, apprezzabile organismo per preservare e rivalutare fabbricati e complessi urbanistici di provenienti dal Razionalismo Italiano. L’intento promettente del centro è quello rivolto ad una serie di attività, con una molteplicità di traguardi fra i quali, quello lodevolmente propedeutico, ai fini tanto accademici quanto realizzativi, che possa convogliare le future scelte di architetti, pianificatori e conservatori. Il centro, inoltre, comprova le legislazioni regionali e la nazionale, per la salvaguardia dei "Centri di Fondazione", al fine di rivalutare la qualità e l’importanza dell’esempio urbanistico dell’E42, come sommo modello realizzato. Un’indicazione rivolta anche alle pubbliche amministrazioni sia per riportare, città e quartieri, ad una qualità priva di rischi, nella coerenza architettonica, sia per legittimare l’integrazione dei "Nuclei di Fondazione" nel patrimonio mondiale dell’UNESCO. Un’ulteriore novità è emersa dal secondo dei due incontri già organizzati dal Centro, laddove, mediante una digitalizzazione da progetti originari dell'E42, attinti dall’archivio della EUR S.p.a., si è reso possibile osservare, ad esempio, il non realizzato Teatro Imperiale di Luigi Moretti (dove ora sorge il grattacielo Italia) ed il Ristorante Ufficiale di Ettore Rossi, realizzato si, ma reso irriconoscibile da interventi effettuati una quarantina anni fa.
Arch. Ettore De Rossi, 1939/42
Ristorante ufficiale
Ricostruzione tridimensionale dai disegni originari
Centro Studi Architettura Razionalista dall’archivio EUR S.p.A.
Nella kermesse, chiamata "Eisenman/Krier: due ideologie", sono stati presentati due protagonisti di concezioni urbanistiche opposte per lo sviluppo della città, relativamente al parametro dell’altezza degli edifici: l’espansione orizzontale, raccomandata da Krier, e quella verticale da Eisenman. Il primo, sostenitore fondamentale del New Urbanism, ribadisce, come aveva già precedentemente raccomandato nel precedente incontro "Colloqui di architettura all’EUR" del febbraio 2006, l’assoluto valore del progetto incompiuto di Piacentini, prospettando la ricomparsa del linguaggio formale classico, con il riscatto delle regole costruttive tradizionali e l’uso dei materiali naturali. Per l’EUR, in quanto prototipo specifico di città orizzontale, composta di edifici a basso costo energetico e comodamente transitabile, tanto con i veicoli, quanto a piedi, Krier ha affermato: "L’imperialismo capitalista statunitense ha costruito in maniera molto più aggressiva e intensiva delle costruzioni pubbliche fasciste. Se l'andamento delle costruzioni dovesse continuare come a Manhattan, nel giro di due secoli non ci saranno risorse energetiche per alimentare gli edifici di New York". Successivamente ha proposto di dividere l’EUR in quattro polarità, dove realizzare piazze con materiali tradizionali, dopo la demolizione degli edifici del dopoguerra. Resta d’accordo Eisenman, purché si recuperino le realizzazioni dei progetti di Piacentini e di Terragni. Entrambi i professori condividono queste comuni certezze: fermare la cementificazione periferica del quartiere, proporre la demolizione delle torri del Ligini, ridisegnare le periferie in una Roma policentrica e, dato e malgrado i loro generali principi antitetici, perseverare l’insegnamento alla Yale, nella stessa università statunitense! Per Eisenman resta la profonda convinzione che i migliori architetti del mondo sono europei, e fra gli europei, sono preferibili gli italiani, gli spagnoli e gli olandesi: peccato che hanno poche possibilità di affermarsi, in quanto l’attenzione delle committenze segue con più attenzione altri ambiti, piuttosto che quello architettonico da realizzare!
Di fronte a scelte romane iper-moderniste, distaccate fra loro - l’Auditorium di Piano, l’Ara Pacis di Meier (proprio nel centro storico), le torri di Ligini e la nuvola che arriverà di Fuksas (entrambe proprio nell’area appartenente al profondo del Razionalismo Italiano) -, questo risveglio del Razionalismo Italiano non può non evidenziare, sia l’abisso sterminato fra esso e scelte completamente fuori dell’ordinario, sia l’apertura ad un sospirato ed essenziale dibattito tanto urbanistico, quanto architettonico. Nasce così un atteso confronto che resta fondamentale per il futuro di una capitale che, in tal modo, potrebbe esporre nuovamente l’ennesimo modello dimostrativo al quel resto del mondo che, non avendo mai smesso gli approfondimenti sul razionalismo nostrano, avrebbe atteso tale confronto per sentirlo rinascere, o in qualche figura rivivere, laddove è stato ideato, progettato e realizzato. L’architetto Krier, infatti, si è fatto portavoce di tale confronto, appunto affermando che quando non c’è neanche possibilità di confronto, di contraddittorio non può esserci che guerra! Proprio ad esemplificare tale proposito, Krieir ha accolto il confronto con uno dei suoi più impegnati antagonisti, Eisenman (del gruppo dei "Five Architects" fra cui, non a caso, il Meier dell’Ara Pacis), a voler in qualche modo imitare la querelle tutta italiana del periodo razionalista fra le opposte correnti di Terragni e Piacentini (che diveniva poi una causa sostanziale della fusione equanime nel Razionalismo Italiano). Il confronto "Eisenman / Krier: due ideologie" termina lasciando entrambi monolitici sulla propria cognizione discordante riguardo il bello in architettura. A tale proposito, nel dibattito a seguire, il sottoscritto domanda ai due antagonisti un loro commento su cosa renderebbe imprescindibile il percorso estetico-formale da quello filosofico, vale a dire se la concezione del problema del bello in architettura, non sia definibile prima di quanto sia definibile quello che potrebbe trasmetterci, quello che ne conseguirebbe da tale bellezza in quanto tale. Una bellezza che, secondo le essenziali ideazioni ereditate dei secoli recenti, possa sedurre ma senza suscitare interesse (come nella concezione kantiana), possa diventare semplice motivo di interpretazioni o di felicità (come definito da Stendhal), possa suscitare si felicità, ma nel trance della liberazione dalla tortura dell’assiduo lavoro forzato del volere (come precisato da Schopenhauer), o possa rimanere una concezione primariamente razionale e funzionale per armonizzare ragione con necessità e benessere (come sostenuto dai razionalisti). Arriva la risposta di Krier ed Eisenman, in accordo sostanziale (anche se solo nella precisazione di una retorica propria dei professori statunitensi) su un luogo comune del concetto, ossia che beauty in architecture che può al massimo divenire oggettiva, ma solo relativamente, ovvero non per una quantità assoluta di convinzioni. Infatti, dato che la scelta filosofica del concetto del bello delinea la corrente architettonica, per Eisenmann seguirebbe il continuo cambiamento dei costumi, la moda, usa ma non necessariamente getta, viceversa per Krier attualizzerebbe la migliore tradizione, che si è riconfermata nel Razionalismo Italiano.
Peter Eisenmann e Leon Krier
Paolo Gioffreda, Leon Krier, Maurice Culot e Pierpaolo Rossi durante il Simposio Internazionale Le Città nella Città "Laboratorio di rigenerazione urbana. Il Bello dove non c’è", indetto da EUR S.p.a. al Palazzo dei Congressi di Roma all’EUR
In conclusione, per analogia all’esempio del reale trionfo razionalista come fusione delle diversità, come quelle fra Terragni e Piacentini, si può oggi dedurre ed affermare, attraverso la miriade di esperienze progettuali percepite, che per l’architettura resta più che salutare far proprio un lessico che disponga della facoltà di coordinarsi alle urgenze del territorio, urbano e suburbano, piuttosto che lasciar sopravvivere trovate stupefacenti, distaccate dalla realtà culturale del luogo. Con questo non si vuol dire che la necessità di vedere realizzare architetture fuori dall’ordinario non sia nel nostro DNA, ma resta altrettanto una necessità imprescindibile situare tali costruzioni straordinarie nelle aree più idonee, immetterle in una fonologia comunitaria, che possa tanto accrescere oggettivamente lo stato d'animo dei fruitori, quanto disgiungerli da ogni forma di deviazione culturalistica.
Ancora più sfortunata, dell’architettura, l’urbanistica, che da lungo non tiene il passo con tempi e necessità, laddove restano più incognite, che non si risolvono con piccoli interventi limitati e limitanti, ma con una politica del territorio piuttosto, che possa almeno vedere la città come accordo armonico dei quartieri, osservati attentamente come vari corpi sociali - anche se in sostanza congiunti o disgiunti, simili o dissimili -, una politica del territorio che possa almeno vedere i quartieri come sani organi, che portino benessere ed efficienza all’intero organismo della città stessa.
L’EUR, ma anche il Foro Italico, le città di fondazione come Latina e Sabaudia, i nuclei rilevanti sparsi per la penisola e fin oltre la stessa, sono senza dubbio un patrimonio da proteggere. Alla luce degli edificanti proponimenti, particolarmente quelli prospettati grazie ad EUR S.p.a. e CE.S.A.R., si può ricevere il sollievo legittimo per incrementare la determinazione a non rimuovere tutto il Razionalismo Italiano, tutto quel lavoro accurato, più che altro negli anni Trenta, svolto anche da architetti oggi dimenticati, ai quali veniva proposta l’opportunità irripetibile di ideare e/o realizzare una città o un quartiere brand new. Progettazioni per comunità di operai, agricoltori, militari, alcune delle quali, a causa della guerra inattesa, non sono state completate e, come l’EUR a Roma, hanno avuto una forma di crescita interrotta: ne consegue che anche sotto il punto di vista urbanistico possono considerarsi, letteralmente, metafisiche. In realtà il termine metafisico viene spesso ingiustamente inteso e riferito all’irreale, al punto di denominarne una corrente artistica, come per le pitture di De Chirico; in realtà metafisico è un fenomeno cristallizzatosi ai principi essenziali delle realtà oggettive, realtà esistite prima e durante le civiltà umane, che quasi sempre non hanno avuto seguito, quasi sempre non si sono né evolute, né insegnate, né trasformate.
Razionalismo cubista
Opera foto-compositiva (Arch. Paolo Gioffreda, 1989)
Composizione fotografica estratta da due punti di vista (su particolare della facciata d’ingresso delle Foresterie, oggi Ostello della Gioventù, Foro Italico in Roma, Arch. Enrico Del Debbio, 1929/31) di cui il più accostato, della sola parte superiore, ruotato e ribaltato di 90°, si rinnova come facciata laterale. L’opera, rivela l’incastonatura fra Architettura Razionalista Italiana e Cubismo, mostrando così una verità metafisica del pensiero artistico della prima metà del XX secolo. Uno degli ultimi esistenti assemblaggi foto-compositivi, prima dell’avvento del software di fotomontaggio
Così al razionalismo in architettura, in modo particolare in quello italiano, non si dovrebbe accedere con sbrigative chiavi di lettura, come quella che introduce al percorso deragliante che insegue i modelli formali metafisici del mondo bidimensionale ed interpretativo della sfera pittorica; ci si dovrebbe bensì accedere con il riconoscersi nella sfera architettonica, nella sfera tridimensionale affermatasi con assimilazioni ed applicazioni evolutive e millenarie, a partire dai capostipiti, dalle avanguardie della geometria euclidea. Un impegno progettuale non più superbo, che si muova dall’alto delle sfere intellettuali verso il basso dei fruitori, bensì un impegno umile che decolli dal basso della ragionevolezza umana fino ai vertici della sfera architettonica. Non più quindi un’architettura discendente, ma ascendente: Dio ha dato all’uomo l’intelletto in un’anima razionale, che consideri lo spazio funzionale, non senza riconoscere l’eredità dei padri dell’architettura, gli apprendimenti attraverso piani, forme, figure, tracciati regolatori, relazioni fra pieni e vuoti, luci ed ombre, vagliate secondo autentica classicità, secondo la tradizione che, malgrado spesso rimossa, resta sempre viva, contemporanea. Riconsegnare alla classicità la funzionalità, il razionalismo, è anche la persistente speranza, artistica ed energetica, e la persistente energia, spirituale e materiale, da donare costantemente, come premessa e promessa per l’avvenire.