La biografia di Renzo Piano
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Renzo Piano e Leonardo Benevolo. Critiche e risposte di Riccardo Dalisi
Renzo Piano e Leonardo Benevolo. Critiche e risposte
di Riccardo Dalisi
Sul Corriere della Sera dell'8 e del 9 agosto 2000 critiche e risposte si sono subito intrecciate.
La positività delle critiche c'è sempre, anche se ingiuste, assurde, e non veritiere, per nulla veritiere, come per l'aeroporto di Osaka che, come una nave pur ben progettata (e ve ne sono state) affondi lentamente. La positività è nello sforzo della risposta che fuga le nubi dell'incertezza e del dubbio.
Bella, dunque, la risposta di Renzo Piano, da condividere; vi trapela l'eterna disputa tra benpensanti per i quali la storia va tenuta a freno (e come potrebbe essere?) e chi la storia la fa, battendosi (con la cautela ed il coraggio del guerriero) con tutta la propria forza, oltre il possibile.
Che Renzo Piano sia guerriero dell'architettura è ben evidente: non potrebbe ottenere ciò che ottiene fuori del nostro paese in special modo, se non fosse un grandissimo costruttore, le cui capacità e vocazione tecnologica non spengono, bensì potenziano e trafilano, l'idea architettonica e lasciano sempre trasparire un'anima poetica in un modo suo proprio inconfondibile. Non possiamo che esserne oltremodo lieti noi che viviamo le grandi difficoltà che l'architettura ha nel venir fuori dal nostro paese, nel contesto internazionale.
Curiosità ed aspettative destano il progetto della nuova chiesa di Padre Pio che sarà inaugurata nel maggio 2001.
Elaborazione 3D della nuova Chiesa di Padre Pio, progetto di Renzo Piano
Il santuario di San Giovanni Rotondo, destinato a custodire le spoglie del beato Padre Pio da Pietrelcina, è concepito come uno spazio che sgrana radialmente grandi archi di pietra (in numero di 17 ed ognuno con un diametro massimo di 45 m) dall'interessantissima impostazione tecnologica, destinata a far parlare di sé. Bisogna dire che pochissimi, tra i più grandi nomi dell'architettura contemporanea, sarebbero in grado di fare altrettanto. Il timore che subito viene è che una sì grande opera possa spostare su di sé, in modo improprio, sproporzionato, lo spirito umile, francescano, di Padre Pio. Si vorrebbe che la semplicità dei luoghi, la mistica povertà e la genuinità del frate, che si leggono ancora a Petrelcina, non risultino travolte e cancellate; che continui ad aleggiare, oltre e dentro le grandi costruzioni, come è successo ad Assisi ove il paesaggio traspira spiritualità, devozione ed umano raccoglimento.
Certo, l'architettura di oggi è tutt'altra cosa e le forme ricurve, la grande conchiglia traspirante, aperta, ampiamente vetrata, stabilirà un rapporto particolare con il contesto.
Ciò che si comprende è la permeazione interno esterno, che è perfettamente moderna-attuale-futura, una fusione ed una delicata sensibilità di presenza dell'uomo e della folla dei visitatori che saranno protagonisti dell'effetto spaziale, materia ed umana tecnologia anch'essa.
E gli archi? Si caricano, tecnologicamente, di un senso particolare, i molti vistosi conci di pietra; in solidarietà (come tenendosi per mano), saranno "devoti" che fanno cerchio, che fanno forza, che fanno catena di sentimento, come era (simbolo) per gli antichi archi. Come era per le colonne del tempio greco, che oggi leggiamo concio per concio e che sentiamo simboleggiare quale coralità dell'uomo greco, della democrazia che ne animava la città e la cultura: tutti a reggere la città con i suoi dei, la sua vocazione, il suo destino.
I conci (i fedeli in cerchio), mano nella mano, reggeranno il futuro.