Gentile Ministro Mariastella Gelmini,
Anticipiamo qui la lettera aperta scritta da Francesco Dal Co e indirizzata al Ministro italiano dell'Università, signora Mariastella Gelmini che comparirà nel numero 774 di febbraio 2009 di «Casabella»
Gentile Ministro Mariastella Gelmini,
poiché «Casabella» è un mensile, potrebbe accadere che alcune considerazioni
che vorrei sottoporre alla Sua attenzione debbano venire riformulate tra non
molto alla luce degli esiti dei provvedimenti presi nel lasso di tempo che
intercorrerà tra la stesura di queste righe e la pubblicazione della rivista.
Ritengo però che parte delle questioni di cui Le dirò non possa venire risolta
in tempi brevi e dalle decisioni assunte dal Governo all’inizio del mese di
gennaio 2009. Da anni «Casabella» richiama l’attenzione sul degrado delle
Facoltà di Architettura e dell’Università italiana, che anche Lei ha potuto
constatare. Lo provano la opportuna decisione da Lei presa alla fine del 2008
di sospendere le procedure per il reclutamento di nuovi docenti nonché i Suoi
richiami al rispetto di criteri amministrativi corretti da parte degli Atenei,
atti, questi, ai quali hanno però fatto seguito le deliberazioni più deludenti
previste dal Decreto Legge 180. Ciò detto e per limitarmi ai problemi che più
interessano «Casabella», mi consenta di ricordare, in particolare per i lettori
della rivista, qual è la situazione che negli ultimi anni la proliferazione di
nuove Facoltà di Architettura e dei correlati Corsi di Laurea ha prodotto nel
nostro Paese. I dati che riporto sono arrotondati per difetto e sono quelli
forniti dai siti ufficiali degli Atenei. Da questa verifica risulta che in
Italia sono in funzione 25 Facoltà di Architettura e più di 200 Corsi di
Laurea, le cui denominazioni rendono ancor più eloquenti, se possibile, queste
cifre. Dati simili dimostrano che tutte le “riforme” adottate per l’Università
italiana negli ultimi decenni ne hanno aggravato la bulimia corporativa,
ulteriormente stimolata da un fattore esogeno quale l’esplosione degli appetiti
localistici, a loro volta favoriti dall’acquiescenza dimostrata dalle Pubbliche
Amministrazioni nei confronti delle aspirazioni, quasi sempre scarsamente
motivate, delle più diverse comunità ad ospitare sedi universitarie.
Ciò ha prodotto la dispersione delle risorse, lo scadimento della qualità del
personale docente, la crescita del precariato e ha drasticamente ridotto la
propensione alla mobilità della parte più giovane della popolazione italiana.
Questa situazione si regge su un presupposto che nessuna “riforma” è riuscita
ad affrontare (e ora se ne ha ancora una conferma), ovvero sul fatto che in
Italia, a differenza di quanto accade in molti Paesi, alla Laurea è
riconosciuto un valore legale, peraltro “indiretto”, considerato il presupposto
per accedere alle professioni o ai concorsi pubblici. Poiché i titoli
rilasciati dalle diverse Università hanno tutti il medesimo valore, ne deriva
che la Laurea è ormai una indifferenziata “erogazione” che non certifica il
buon esito di un percorso formativo e non garantisce una efficace selezione.
Ciò implica il fatto che gli enti eroganti, ovvero le sedi universitarie,
continuano a moltiplicarsi per soddisfare le supposte domande e necessità di
docenti e studenti o le ambizioni di circoscritte comunità ritenendole
analoghe, verrebbe da dire, a quelle che esprimono gli utenti dei servizi
postali, i quali di solito preferiscono rivolgersi agli uffici più prossimi ai
luoghi di residenza senza molto curarsi del loro decoro.
Data la solida maggioranza parlamentare di cui dispone il Governo di cui Lei fa
parte, mi chiedo, gentile Ministro, se non sarebbe opportuno Lei si facesse
promotrice di una nuova iniziativa legislativa mirante a chiarire
definitivamente che la Laurea ha unicamente un valore accademico, promuovendo
così l’unica riforma che potrebbe consentire il riordino dell’Università
italiana. Una iniziativa del genere verrebbe accolta favorevolmente anche da
molti di coloro che non condividono la politica dell’attuale Governo e potrebbe
aprire ulteriormente la strada a una serie di “riforme virtuose”, spingendo le
Università a competere tra di loro fornendo servizi formativi più efficienti e
non più strutturati secondo logiche endogamiche. Inoltre ciò consentirebbe di
riconoscere alle Università una piena autonomia per quanto riguarda la
formazione dei corpi docenti, facilitando la mobilità degli insegnanti e lo
scambio tra il mondo accademico e quello delle professioni.
A questo fine sarebbe opportuno abolire le procedure concorsuali sin qui
seguite e quelle da Lei volute per il reclutamento degli insegnanti, senza
prestare molta attenzione anche alle indicazioni recentemente formulate dal CUN
che sembrerebbero suggerire l’opportunità di adottare parametri meramente
quantitativi per la valutazione della produttività scientifica e pertanto
dell’autorevolezza accademica dei futuri docenti. In sostituzione di queste
procedure si potrebbe ripristinare l’istituto della Libera Docenza, vigente in
altri Paesi, demandando alle singole Università la responsabilità di
selezionare liberamente gli insegnati tra coloro in possesso di tale qualifica
e di proporre ai prescelti i rapporti contrattuali ritenuti più opportuni. A
tutto ciò si dovrebbero accompagnare provvedimenti volti a ridurre il numero
delle sedi universitarie e a stimolarne la specializzazione, più incisivi
rispetto a quelli da Lei previsti e in buona misura basati sulla valutazione,
peraltro opportuna, dell’uso che ciascun Ateneo fa delle risorse finanziarie a
disposizione. Infine, andrebbe radicalmente modificato l’assetto dei curricula
formativi impostato sulla divisione degli studi in corsi di tre e due anni,
oggetto di contestazioni in diversi Paesi europei e all’origine di fenomeni
deleteri quale il progressivo aumento degli studenti fuoricorso.
Contestualmente andrebbero riconfigurati i corsi triennali, evitando che i
passaggi da questi ai successivi corsi di specializzazione siano automatici,
ripristinando nella loro generalità i corsi quadriennali e quinquennali ai
quali fare seguire un’articolata offerta di corsi specialistici e di master.
Le chiedo scusa, gentile Ministro, per la rapidità e la modesta originalità di
queste considerazioni che negli ultimi tempi libri, saggi, articoli e prese di
posizione autorevoli hanno sviluppato con più agio. Ma è evidente, onorevole Gelmini,
che se non si affrontano le questioni che Le ho prospettato il degrado
dell’Università italiana diverrà inarrestabile e con esso anche quello della
professione, quella dell’architetto, dei cui destini questa rivista si occupa
da più di ottanta anni.
RingraziandoLa per l’attenzione, Le porgo i miei migliori saluti,
Francesco Dal Co