Gli studi di architettura a Londra di David Chipperfield e Zaha Hadid
di Carlo Cuomo
Lo studio di Chipperfield è un bell’edificio, in Agar Grove, che lui ha progettato e realizzato per sé nel 1988/89. Lasciata la viabilità principale, attraverso una stradina si accede ad un cortile (pavimentato con lastricato di pietra e brecciolino) e da questo allo studio.
Ordinato e tranquillo all’esterno, in parte circondato da alti alberi, l’edificio organizza e definisce lo spazio esterno come una grande anticamera all’aperto che accoglie e introduce all’interno dello studio. Ordinato e tranquillo l’interno dove prevalente è il legno: il parquet del pavimento, i piani da lavoro, le belle sedioline di Alvar Aalto e poi i tanti plastici in ogni angolo a fianco e sopra ogni piano. Plastici da lavoro, per lo studio di particolari, plastici da vedere e da mostrare e al centro della sala principale quasi troneggia il modello della Cittadella Giudiziaria di Salerno.
Poche le aperture sull’esterno (scorci e lembi di verde), molte le aperture che cercano, modulano e filtrano la luce esterna ricreandola all’interno. Un sereno e misurato ambiente da lavoro rigorosamente professionale, senza ridondanza.
Chipperfield non c’è, è in viaggio, ma ci accoglie regalandoci una visita guidata ed esclusiva alla Tate Gallery da poco completata da Herzog e De Meuron.
Esterno dello studio di David Chipperfield
Ambiente da lavoro: i modelli (Studio David Chipperfield)
Ambiente da lavoro (Studio David Chipperfield)
Ambiente da lavoro (Studio David Chipperfield)
I modelli invadono tutto lo studio e si intuisce l’importanza che assumono nel controllo tridimensionale dello spazio. Sono il sistema progettuale. Consentono di controllare ogni modificazione in tempo reale.
Dentro un complesso scolastico in disuso a Bowling Green Lane, in un edificio di mattoncini rossi, oltre un cancello di ferro, all’interno di un cortile, come dentro un film di Hitchcock, al primo piano dopo una ripida scala c’è lo studio di Zaha Hadid. Un grande ambiente con un pavimento rosso, arancio e viola. Tavoli da lavoro con sopra computer, 5,10, 20, ... un ambiente compatto, scaffali ricolmi di cartelle nere, tutte allineate, uguali. Pannelli con disegni alle pareti, colorati, neri, rossi, ocra, viola. Bottiglie, tazze da the, sigarette, volti orientali, italiani, indiani, tedeschi, romani, anche un giovane architetto di Potenza. Nel bagno foto, libri e targhe di premi. Un caffè un po’ troppo lungo, un vassoio con cibi "all’italiana" (buon pane, pomodori e formaggio Bel Paese). Una stanza per incontri e riunioni: al centro un bellissimo tavolo con un piano azzurro che ha spessore e profondità (è realizzato sovrapponendo fogli di plexi-glass uguali ma con ritagli, all’interno della sagoma, di forme diverse). Non ricordo finestre, forse sono alte. Sono tutti molto giovani, vengono un po’ da tutto il mondo ad affollare questo luogo. Non c’è molto tempo per guardare, per essere dentro lo studio tra i più importanti del momento. Riviste un po’ ovunque, libri, plastici, modellini, video e CD...
Cortile esterno dello studio di Zaha Hadid
Ambiente da lavoro: i modelli informatici (Studio Zaha Hadid)
Ambiente da lavoro (Studio Zaha Hadid)
Sala delle riunioni (Studio Zaha Hadid)
Zaha Hadid non c’è, è in viaggio con i suoi abiti e con tutta la sua persona.
Luglio 2000
Trionfano nello studio i modelli informatici, quelli dell’era elettronica, molto più flessibili di quelli tradizionali. Consentono una "manipolazione" maggiore. Ci si "intrufola" dentro le forme.