Architettura
Blog di un architetto italiano in Francia
Di Giovanni Bellaviti*
Maggio 2005
Come ogni anno numero speciale della rivista "le moniteur" sullo stato dell'urbanistica nell'anno appena trascorso.
Porti, riabilitazioni di quartieri periferici, boulevards…
qui i politici fanno, gli urbanisti riflettono e per un osservatore straniero l'immagine che ne esce è molto rassicurante: la nazione del barone Haussman, dei "grands travaux" dell'era mitterandiana, della "toute puissante" collettività sembra ancora funzionare, ultimo baluardo (sic) alla potente globalizzazione delle mode e dei costumi anche urbani.
Penso ai primi fotogrammi del film di Kassowitz "la Haine": "fin qui tutto va bene......"
Maggio 2003.Servizi tecnici del comune di…
Nel futuro Parco dello sport si discute della posizione della piazza principale del parco.
Crimine di lesa maestà osare dire che in un parco dove si svolgono attività sportive le vere piazze sono i terreni di gioco e i loro dintorni.
Qui in Francia, i meccanismi di montaggio delle operazioni urbanistiche le più tradizionali (un sottile, intricato bilancio finanziario costituito dalla vendita dei diritti a costruire in cambio di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di edifici pubblici e di sistemazioni a verde pubblico o di piazze etc) hanno senza dubbio molti meriti ma talvolta lasciano dei riflessi condizionati in tutte gli attori implicati nel progetto.
Ed ecco domandarsi se questa moltiplicazione di "placettes", percorsi pedonali, ‘mails plantés', sopratutto in aree nelle quali tutto questo esiste già in gran quantità ed è facilmente accessibile, corrisponda effetivamente ai bisogni e ai nostri modi di vita quotidiani o se non sia piuttosto "l'effetto collaterale", il prezzo da pagare per giustificare ruoli, presenze, parcelle e autorismi piuttosto improbabili quando si discute di pezzi di città.
Tutto questo ha veramente un senso quando le risorse sono limitate? E poi il nostro ruolo di urbanisti non dovrebbe essere quello di stabilire innanzitutto delle priorità, "creare" delle situazioni che ne mettano in moto altre, liberare delle risorse?
Nel frattempo una petizione di cittadini chiede che il comune chiuda il percorso pedonale che cinge il retro delle loro abitazioni sul confine del parco sportivo.
Il comune, alle prese con una riduzione delle entrate, non ha più i mezzi per occuparsi della sua manutenzione.
Il percorso pedonale quasi sempre deserto è diventato una specie di discarica a cielo aperto, ma comunque la nostra coscienza era salva...
Luglio 2003
Piano particolareggiato di una zona pavillionaire a... terreno minato, quello delle zone residenziali e delle case unifamiliari per gli urbanisti.
Eppure tenuto conto del mercato, questo è sicuramente un tema da approfondire.
Attività abbandonata, lasciata per anni ai geometri, definiti dai più i veri "maitre d'oeuvre" di questi quartieri, il tema della casa unifamiliare e della sua aggregazione è diventato da qualche anno terreno di sperimentazione e dibattito, quasi sempre limitato al solo piano teorico.
Messa da parte l'esigenza di mettere le mani su una consistente fetta di mercato da cui l'urbanistica è stata completamente esclusa, questa tendenza si è accresciuta nel corso degli anni con la volontà di ottemperare ad un'altra delle grandi parole d'ordine dell'urbanistica francese "fin de siecle": la "mixité".
Come introdurre all'interno dei quartieri di edilizia economica e popolare, dominati dalla tipologia delle "barres" e delle "tours", una diversità in termini tipologici e soprattutto sociali (essendo le case unifamiliari destinate per la maggior parte alla vendita), offrendo nello stesso tempo agli abitanti un percorso e una possibilità di riscatto "residenziali" all'interno del quartiere (dall'appartamento in affitto in un condominio alla casa unifamiliare di proprietà), ma contando anche sulle possibilità finanziarie derivanti dalla vendità dei diritti a costruire venutisi a liberare (dopo una dedensificazione forzata del quartiere) su terreni quasi sempre pubblici in modo da equilibrare l'operazione di risistemazione urbanistica.
Il tutto è servito con la volontà di coniugare alcuni elementi tipologici tipici di questo tessuto urbano (l'allineamento sul fronte strada e la densità delle "maisons de ville") con le caratteristiche sociologiche proprie di questo tipo di prodotto (l'isolamento, il mito della vita all'aria aperta, la possibilità di usufruire di un parcheggio personale coperto e di un giardino).
Sfortunatamente alle prese con un mercato dominato da una serie di prodotti estremamente standardizzati, l'urbanista si trova spesso preso a tenaglia tra i rappresentanti degli interessi della collettività che vedono di solito nell'arrivo delle maisons individuali la possibilità di un riscatto per il loro quartiere (con la conseguente retorica del cambiamento d'immagine del quartiere, l'arrivo di una popolazione più benestante e quindi "di conseguenza" più "tranquilla", potenziali elettori felici di diventare finalmente proprietari) e gli interessi dei costruttori privati, i famigerati "promoteurs".
Novembre 2003
Gran dibattito al Pavillon dell'Arsenal, il museo permanente dell'arhitettura del Comune di Parigi, "bisogna costruire dei grattacieli a Parigi?"
D.P., architetto rinomato, "ex-giovane" sottolinea la necessità di introdurre nella città della verticalità in opposizione alla sua orizzontalità.
Penso talvolta alla fumosità dei discorsi degli urbanisti, con gli urbanisti e per gli urbanisti.
Non sarebbe il caso di domandarsi innanzitutto se ci sia qualcuno che sia disposto a investire per costruire dei grattacieli?
Dicembre 2003
La sala è piena, l'atmosfera è greve, nell'auditorium del centro delle halles è in corso una riunione di concertazione per il progetto di riqualificazione del quartiere.
Alcuni abitanti si lamentano della scarsa sicurezza dei luoghi, altri sostengono che la grande stazione del metro, con il suo afflusso continuo, smisurato di persone, (piu di 800 000 passeggeri al giorno, per la maggior parte provenienti dalla banlieau) rappresenta una vera "sventura" per il quartiere.
L'associazione dei commercianti denuncia l'occupazione dello spazio pubblico e l'invadenza delle terrazze che impediscono la circolazione.
Questo è un momento chiave per ogni progetto urbanistico che si rispetti, il confronto con la "ggente".
I tempi dell'urbanistica sono ormai inconciliabili per definizione con quelli della comunicazione.E questo vale sia per i commanditari (i politici) che per gli esecutori (gli urbanisti).
C'era un periodo in cui l'urbanistica (che in Francia, ed è il caso di dirlo, per uno studio offre una renumerazione molto inferiore che l'architettura) serviva per accedere a incarichi di architettura o al minimo permetteva di fregiarsi del titolo di architetti "en chef" con il risultato, non trascurabile, di gestire per cooptazione incarichi e potere.
Ma oggi con le obbligazioni europee in materia di concorsi tutto questo è sempre piu difficile.
Diciamo quindi che il vero progetto, quello "virtuale", si riduce al breve spazio della concertazione e degli annunci pubblici.
Tutto quello che segue (e quindi la meno ‘rentable' fase della realizzazione) è considerato come normale lavoro di routine e non svolgendosi sotto i "riflettori" della storia, "non esiste".
Il progetto diventa dunque "la comunicazione" stessa.
Senza contare, e il caso del progetto delle Halles è senza dubbio sintomatico di questa deriva, che, ormai assediata dalle numerose scadenze elettorali sempre piu vicine e dai sondaggi quotidiani quasi instantanei che ne scandiscono il corso, la politica ha ormai perso qualsiasi valore decisionale e si riduce a una estenuante continua mediazione nelle quali pareri, rivendicazioni, diritti di veto si addizionano in una logomachia estenuante.
La concertazione indefinita si sostituisce alla politica.
La ripartizione contabile e meccanica del diritto di parola riempie ormai il vuoto della politica.
Eredità forse di un periodo in cui gli architetti e gli urbanisti erano considerati come "il male assoluto", giudicati responsabili negli anni 60 e 70 dei grandi quartieri di edilizia popolare, sospettati di elitismo e di lontananza dai bisogni della gente, la concertazione diventa una specie di messa salvificatoria, un bagno catartico, assume valori mitologici.
E' non è importante se questa divenga talvolta l'occasione del prevalere di interessi particolaristici (i commercianti, i proprietari, gli automobilisti, i pedoni.....) se non addirittura di valori reazionari ("chi sono questi che verranno a abitare nel nostro vecchio quartiere?" "Non vogliamo discariche nella nostra regione…." etc.).
Alla fine, come nel caso del progetto delle Halles , è il nulla che prevale probabilmente perché il nulla, magari condito da un po di verde, che fa tanto politically correct, è consensuale e il tutto è rimandato indefinatamente alle prossime scadenze ….........
Giugno 2004 ore 8.15
Alla fermata della RER D, poco lontano dall'ormai mitico stade de France e dal quartiere limitrofo, costruito in previsione della coppa del mondo 98, una marea umana si incammina verso i numerosi immobili di uffici per intraprendere la loro giornata di lavoro.
Qui tutti hanno svolto diligentemente il loro lavoro, degli urbanisti di fama hanno progettato il quartiere, degli architetti hanno disegnato edifici d'avanguardia dalle ampie vetrate e interamente climatizzati, la collettività come si conviene ha messo i grandi mezzi, le imprese hanno seguito installando le loro sedi.
E in effetti nulla è stato lasciato al caso e tutti gli elementi che costituiscono l'armamentario del buon urbanista, qui sembrano essere declinati in un puzzle urbano dall'incastro "perfetto".
Un ampio boulevard, ricavato dalla copertura dell'autostrada del nord, "l'asse strutturante", una gerarchia di strade secondarie, e poi fronti urbani, ‘gabarits', cornici, soluzioni d'angolo, arredi urbani...
Gli architetti interpretano il regolamento edilizio nella piu completa autoreferenzialità.
Tipico esempio di quell' urbanismo "parisiennista" fatto di grandi assi, corridoi, allineamenti stradali che si sta riciclando aldilà del peripherique (la tangenziale o meglio il raccordo anulare che segna la frontiera fisica ed amministrativa della metropoli parigina) sostituendosi a un blob amorfo ma comunque vivente fatto di fabbriche dismesse, quartieri a bassa densità, quartieri di edilizia economica e nodi ferroviari e autostradali.
Si potrebbe passeggiare per anni , quasi all'infinito, qui come nel nuovo quartiere della Rive Gauche nell'est parigino, in questo universo fatto di spazi intercambiabili.
Ma la chimica, o meglio l'alchimia di una città, resta qualcosa di difficilmente decifrabile anche per il nostro diligente savoir faire...
Settembre 2004
In visita commerciale da Mme G. Direttrice della .., mostriamo il video del progetto di riqualificazione del quartiere di White City a Londra, concorso vinto nel 2003 e il cui inizio dei lavori si avvicina.
Il programma prevede la costruzione di un complesso residenziale misto di case individuali e collettive (all'incirca 80 appartamenti) nonché la risistemazione di un quartiere tipicamente londinese del periodo vittoriano situato ai margini di un enorme centro commerciale di futura edificazione su di un sito precedentemente occupato da un deposito di bus (i famosi double-deckers londinesi).
Londra - Masterplan
Mme la direttrice ha una lingua tagliente, ma le sue critiche sono esemplificative di quanto sopra.
La nostra interlocutrice sembra sorpresa del fatto che il nostro intervento non si inserisca nella continuazione del tessuto del quartiere vitttoriano esistente e non lo prolunghi fino ai piedi del futuro, massiccio centro commerciale disegnato da Ian Ritchie (piu di un milione di metri quadrati!!!!).
Londra - Foto cantiere
Riprodurre, "clonare" "remasterizzare", è la logica parigina degli assi, delle prospettive, dei "corridoi", dei fronti stradali che ritorna.
Questo modello massimo è diventato ormai un passe-partout applicabile ed estensible all'infinito anche e soprattutto in periferia (come nella Zac rive gauche ai margini della Très Grand Bibliotheque).
E laddove tutto questo non è possibile realizzarlo con un fronte costruito, lo si puo fare con recinzioni, siepi (i Francesi sono i più grandi consumatori di Tuya in europa), come nel caso dei quartieri di edilizia economica e popolare: è la famosa "residenzializzazione" une delle tante parole chiave che costellano il fare urbanistico d'oltralpe.
Londra - Prospettiva Parco Lineare
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Londra - Prospettiva cortili
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Quasi come se l'intervento su un corpo malato ma comunque vivente non possa ammettere "innesti" ma debba necessariamente passare, attraverso una chirurgia di tipo invasivo, l'applicazione di un modello ideale che deve "necessariamente" funzionare.
L'area di concorso detta "White City", in cui si inscrive il progetto, si trova nel nord ovest di Londra (l'area è prospiciente la sede della BBC), ed è oggetto di un`operazione di risistemazione urbanistica che prevede la costruzione di un grande centro commerciale con cinema multiplex annesso.
L'area (all'incirca 0.81 ettari) , attualmente occupata da una serie di atelier e fabbriche in disuso, è situata all'interfaccia tra il nuovo centro commerciale e il quartiere esistente, un tipico quartiere di abitazione a bassa densità di epoca vittoriana.
E' evidente che l'inserzione urbanistica di un complesso commerciale di queste dimensioni pone dei problemi di scala e di relazione con lo spazio pubblico circostante essendo l'ingresso principale del centro commerciale situato dal lato opposto del nuovo quartiere.
Lungo tutta l'area di progetto, il centro commerciale sarà presente con un muro completamente cieco, senza aperture, (nello stile di un "buon" centro commerciale) e con un'altezza variabile tra i 7 e i 9 metri.
Il problema che si è posto fin dall'inizio del concorso è stato quello di come ridurre l' impatto di questo elemento completamente introverso, che "volta le spalle" al quartiere esistente e nello stesso tempo di come "utilizzare" architettonicamente la presenza del muro.
E' per questo motivo che la soluzione, prevista negli studi di fattibilità antecedenti al concorso, di prolungare la struttura del quartiere vittoriano esistente fino ai piedi del centro commerciale, è sembrata fin dall'inizio una risposta esclusivamente "formale" che non teneva conto della presenza e dell'impatto del nuovo centro commerciale.
Un parco lineare, che "contiene" le circolazioni di accesso alle abitazioni, i parcheggi e un fossato di ritenzione delle acque piovane, prolunga la riserva naturale situata ai margini del centro commerciale e assicura la transizione di scala tra il quartiere esistente e il futuro centro commerciale.
I nuovi edifici, letteralmente "immersi" nel parco e impiantanti perpendicolarmente, "a pettine", quasi incastrati sul muro di cinta del centro commerciale (che da muro completamente privo di aperture diventa un "muro abitato") rifiutano la tradizionale suddivisione tipologica tra case individuali e case collettive e le inglobano nello stesso corpo di fabbrica in una tipologia spuria.
Questo ha permesso di ricavare tra gli edifici delle aree verdi private che costituiscono i giardini degli alloggi individuali situati a piano terra.
Solo uno di questi spazi "interstiziali" è destinato ad un uso pubblico e piu in paricolare quello prospiciente ad uno degli ingressi secondari al centro commerciale dal quartiere .
Ma ritorniamo alla nostra interlocutrice: " il parco finalmente è recintato o aperto a tutti ? e i giardini tra gli edifici hanno quale statuto? sono pubblici o privati? E il i parcorsi transversali che finisconno in "cul de sac", non pongono problemi di sicurezza?"
Si la sicurezza, dopo lo "choc" del 21 aprile 2002 (il passaggio al secondo turno delle elezioni presidenziali del fascista Le Pen) è diventata un'altra "parola chiave", l'arma segreta alla quale far ricorso per far passare qualsiasi progetto, l'abracadrabra capace di vincere ogni resistenza, vero elemento fondatore ormai di ogni progetto urbano (insieme all'argomento della creazione di posti di lavoro).
Per questa è stata inventata anche una specializzazione l' "urbanisme securitaire".
L'obiettivo non è solo quello di recintare, chiudere, sbarrare come potrebbe sembrare ovvio e naturale ma soprattutto, quando questo non sia possibile, quello di rendere gli spazi il più possibile "permeabili", l'obiettivo è la fluidità assolutà indefinita, l'eliminazione di tutte le possibili zone d'ombra, dallo statuto incerto e indefinito. Tutto puo essere attaversato, tutto deve essere attraversabile...
E' strano per un paese che aveva inventato un termine ad hoc "flaner" per questa attitudine a perdersi nei "meandri" oscuri della città, un girovagare gratuito senza una meta precisa.
Qualunque stazionare ad un angolo della strada diventa automaticamente sospetto in quanto portatore di non si sa quali traffici.
Ma tutto questo diventa ormai insopportabile per una sociétà che ha sostituito al "flaner" l'esercizio dello "shopping" e che cerca di rincondurre al modello panottico della città neoborghese tutte le sue periferie.
Ottobre 2004 ore 9.00
Appuntamento con uno studente alla rue du Faubourg saint Denis.
Tremblay - Masterplan
All'uscita del metro Chateau d'eau decine d'immigrati antigliesi invitano i frettolosi viandanti ad entrare nei numerosi saloni di coiffeur che sorgono nella zona apostrofondali e commentando ad alta voce le loro abitudini tricologiche.
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Tremblay - Concetto
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Tremblay - Struttura
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Questo rumore di fondo, una specie di giaculatoria ossessiva, accoglie i viandanti all'uscita del metro: quelli che sembrano dettagli e segreti più intimi (barbe non fatte, brushing mal riusciti) diventano improvvisamente denunce collettive, colpe di cui pentirsi.
Il Faubourg, grandi lotti, tagliati trasversalmente da magnifiche corti lineari è in subbuglio da quando, a partire dal 2003, la nuova municipilità rosso-verde ha intrapreso dei lavori di "civilizzazione", bizzarro nome con il quale i Francesi denotano la semi pedonalizzazione degli spazi pubblici, la riduzione della zona carrabile ad un solo senso di circolazione (la cosiddetta "zona 30") e l'allargamento conseguente dei marciapiedi.
Questa volontà bonificatoria, armata senza dubbio di buoni propositi, sembra essere una delle nuove frontiere dell'urbanistica francese e più particolarmente parigina.
Non c'é comune piccolo o grande che sia che non abbia avviato il suo programma di pedonalizzazione o di piste ciclabili, "residenzializzato" i suoi quartieri di edilizia economica e popolare.
Una rigida separazione dello spazio pubblico e dello spazio privato, la riduzione di tutti i possibili "conflitti d'uso", il sogno di una città epurata da tutte fome di negatività è diventata la nuova ossessione della collettività.
Sul Faubourg, nel frattempo, ai commerci "etnici" (salumerie, telefonia a basso costo, riproduzione di documenti, commerci tipici dei quartieri dell'immigrazione) si succedono velocemente librerie, locali alla moda e insegne in franchising, sui muri si intravedono i primi manifesti delle nascenti associazioni di quartiere proprio quando ormai non c'é più nulla da difendere se non la nascente "tranquillità" di una delle ormai tante versioni metropolitane di una nuova "community gated".
Il comune annuncia che a partire del 2015 tutto il centro di Parigi sarà reso pedonale...
Dicembre 2004
Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoe annuncia il vincitore del progetto di risistemazione del quartiere parigino di Les halles: l'equipe capeggiata dall'urbanista David Mangin.
Parigi 2012
Il concorso effettuato secondo le modalità del "marché de definition" ha occupato per un anno intero le pagine di tutti i quotidiani nazionali per non parlare poi delle riviste specializzate
nonché tutto il dibattito architettonico ed urbanistico d'oltralpe.
Il "marché de definition" è un tipo di concorso (previsto dalla regolamentazione francese) che vede differenti equipes pluridisciplinari affrontarsi in due fasi di cui la prima "aperta e partecipata" è effettuata in concertazione con tutti i soggetti implicati nel progetto e "in primis" con la popolazione.
Halles - Progetto Mangin
In questa fase i differenti gruppi partecipanti al concorso (in questo caso quattro) mettono in comune le loro analisi e riflessioni con lo scopo dichiarato di giungere alla definizione di un programma progettuale "concertato".
A questa prima fase ne segue una seconda, per cosi dire "anonima", nella quale, nel segreto delle loro stanze, le equipes elaborano le proposte progettuali definitive.
Creato per rendere il processo urbanistico "piu democratico e partecipativo", questo sistema sempre più in voga, ma velatamente criticato dalla maggior parte dei partecipanti (per ragioni economiche in quanto le indennità non sono quasi mai commisurate agli sforzi che queste procedure richiedono), incrinano la mitologia del "maitre d'oeuvre" urbano come artista solitario e solleticano gli istinti paranoici dei partecipanti trasformandone la prima fase in una estenuante guerra strategica di posizione in cui l'unico obiettivo è quello di svelare il meno possibile sulle proprie (quasi sempre poche) idee riguardanti le questioni poste.
Al contrario, questo tipo di procedure esaltano gli appetiti dei politici che hanno la possibilità di prolungare all'infinito il chiacchiericcio mediatico e allontanare il momento della decisione.
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Rue Faubourg Saint Denis
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Quartiere Stade De France
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Salvo poi rilevarsi perfettamente controproducente, ed è il nostro caso, quando la montagna mediatica finisce con il partorire il classico "topolino".
Dopo più di un anno tra concertazioni e dibattiti, il progetto vincitore prevede l'ampliamento del centro commerciale esistente con la costruzione di un grande "tetto" (di una dimensione equivalente per intenderci a quella della Place des Vosges, una delle più note piazze parigine) e la risistemazione del giardino con la creazione di un asse prospettico tra il nuovo forum coperto e l'edificio della Borsa del Lavoro.
Ma sulla natura del nuovo forum, nonché su quella del futuro giardino, tutto è rimandato all'istituzione di futuri concorsi.
Tenuto conto della grande partecipazione di pubblico a mostre e riunioni di concertazione, e delle battaglie generazionali ed affrontementi familiari che il concorso ha suscitato, c'é da domandarsi, visto il risultato, se non ci sia qualcosa di tragico (nel senso dell'unità del luogo) in questa parabola che vede all'incirca trent'anni dopo, laddove era comincita l'era delle grandi trasformazioni urbane parigine, l'urbanistica francese offrire un simile spettacolo nello stesso tempo di impotenza e di vacuità.
E non resta forse che parteggiare per la proposta provocatoria di François Roche (uno dei pochi veri "sperimentatori" presenti nel panorama francese) di classificare e proteggere all'inventario dei monumenti storici da salvaguardare le architetture e i padiglioni "a forma di fungo", in stile anni '80, di Vasconi et Pancrec'h che ornano le frange del giardino esistente.
La loro architettura "labellisée villes nouvelles" (F. Roche) permetterebbe almeno di ridurre lo scarto e la supremazia in termini culturali ed estetici della banlieau con la capitale.
Ma tutto questo non puo essere permesso da una cultura urbanistica che dal progetto di riqualificazione dell' est parigino (la cosiddetta ZAC rive Gauche), al progetto di risitemazione dell'ile Seguin a Boulogne (la sede della'antica fabbrica Renault) al progetto di risistemazione delle Halles ha fatto del fare "tabula rasa" uno dei suoi principi fondatori e che mette in scena con grande spiegamento mediatico le demolizioni di torri e barre nelle banlieau almeno con la stessa sicumera e fede nelle "magnifiche sorti progressive" dell'urbanistica con le quali negli anni del boom economico annunciava la creazione di migliaia di alloggi nello stesso quartiere.
Ma nel frattempo, che lo si voglia o no, quegli stessi indiani che nel film "non toccare la donna bianca " di Marco Ferreri venivano scacciati dal "cuore" della città si sono riorganizzati e talvolta ritornano facendo della stazione di Chatelet la più la piu grande stazione ferroviairia d'Europa ma anche ormai l'ultima grande roccaforte della periferia nel pieno centro di Parigi.
Che ci piaccia o no, il grande centro commerciale sotterraneo e il ridicolo e inconsistente giardino "alla francese" che lo ricopre restano comunque un "corpo vivente" un coacervo di spazi improbabili e incontrollabili capace di accogliere il meglio e il peggio di una città, i commerci "legali" come i traffici e le relazioni le più diverse.
Ma giustamente questa specie di casbah metropolitana, l'esempio di un urbanismo troglodita fatto di aggiunte successive, superfetazioni e cacofonie non puo essere compatibile con lo spirito igienizzante e bonificatorio di tanto nostro urbanismo contemporaneo.
Gennaio 2005 ore 23.50
Sulla facciata dell'Hotel de ville un' insegna luminosa e colorata ricorda alla cittadinanza la recente candidatura della città per ospitare i giochi olimpici del 2012.........
Giochi olimpici, anni internazionali della cultura, grandi esposizioni, notti bianche, spiagge in pieno centro, le nostre città, come dei malati terminali, hanno veramentte bisogno di queste continue alimentazioni forzate e di queste ripetute "messe in scena" ?
Febbraio 2005
Progetto di una zona industriale ai margini dell'aeroporto Charles de Gaulle.
Il cliente ci accoglie spiegandoci che il "segreto" della riuscita di una zona industriale sta nel "cahier des charges" un rigido regolamento edilizio "particolare" che si aggiunge alle regolamentazioni già esistenti e che regola principalmente il costruito (dalla impiantazione dell'edificio fino agli elementi di dettaglio della sua architettura come il colore o la forma delle finestre).
Al momento della cessione del terreno il "cahier des charges" diventa elemento contrattuale, vera e propria appendice all'atto di vendita.
Ma di fronte all'indeterminatezza del programma (una serie di lotti cedibili di una superficie variabile tra 2000 e 3000 m2 con un coefficiente tra spazi liberi e superficie costruita- il COS francese equivalente del nostro indice di fabbricabilità – di circa 0.6) ha veramente senso e valore preoccuparsi di una "possibile armonia" delle costruzioni ?
Soprattutto quando queste stesse costruzioni hanno dei programmi molto variabili che vanno dalla sede sociale di una piccola impresa della new economy alla logistica.
Senza contare che si tratta di edifici, costruttivamente una via intermedia tra l'edificio-container totalmente modulare e l'edificio "nobile" durevole nel tempo, dotati di una vita assai breve o destinati nel corso della loro esistenza a cambiamenti di funzione, di proprietà e quindi di "pelle" molto veloci.
La maggior parte delle aree di questo tipo "lavorano" come se fossero in uno stato di perpetuo "work in progress". Non è un' utopia pensare che, durante la sua storia, il progetto possa "vivere", il suo programma possa evolvere, subire aggiustamenti, accogliere nuove funzioni, dismetterne altre.
Vista la quantità e la natura delle funzioni e dei soggetti capaci di interagire con il tema progettuale- in primis il fattore temporale ed economico- il problema non puo porsi esclusivamente in termini di pura e semplice composizione urbana.
Il progetto deve dunque, prima di tradursi in "design", badare a configurarsi come "strategia", instaurare una sorta di metodologia che lo renda capace di evolversi all'interno di un quadro dato.
Questo quadro puo essere rappresentato da un fondo pre-paesaggistico, una sorta di impalcatura "à tiroirs", che "precede" il costruito (sia esso gli edifici, i parcheggi o le infrastrutture stradali) anzichè divenirne semplice accompagnamento "a posteriori".
Da qui la scelta di "gelare" le frange di ogni lotto cedibile, rendendole incostruttibili, e tutto questo attraverso la fabbricazione di un "enveloppe" vegetale che comprende i fossati destinati alla ritenzione dell'acqua piovana e prende in conto le essenze vegetali tipiche del luogo.
La "scacchiera" vegetale, la cui manutenzione è a carico della collettività, di fatto è ceduta direttamente con il terreno e "avvolge" i differenti programmi immobiliari che vi si installano come in una "radura" senza alcun obbligo regolamentare se non quello del coefficiente di ouccupazione del suolo.
Questa struttura vegetale prepara il territorio ad accogliere i differenti programmi e permette di gestire le inevitabili transizioni:
- temporali (presenza di aree "terminate" accanto ad aree non costruite o in attesa di essere commercializzate)
- spaziali (accumulazione e profusione di scale differenti)
- funzionali (dando "un senso" al territtorio permette a coloro che lo attraversano di orientarvisi)
Maggio 2005
Sembra, secondo Claude Parent, che le Corbusier a la domanda "perché in Francia?" abbia risposto: "perché è qui che è più difficile.....", e noi, anche questa volta, non ci sentiamo di dargli torto.
LONDRA
Progetto di riqualificazione urbana del quartiere White City
Committente:
CABE Commission for Architecture and the Built Environment,
DAPA Direction de l'Architecture et du Patrimoine
Kent Architecture Centre
Octavia housing and care
Progettisti:
B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati Parigi
Cartwright-Pickard architects Londra
Superficie: 0.81 ettari
Programma: 27 houses (abitazioni individuali con ingresso diretto dalla strada)
45 alloggi collettivi
per all'incirca 5300 m2
Costo: 11 400 000 Euro
Concorso: giugno 2003
Permesso di costruzione: novembre 2003
Debutto dei lavori : giugno 2005
TREMBLAY-EN FRANCE
Studio di definizione riguardante il settore Guesde- Boulangerie- Cimetière
Committente: SAGE Société d'aménagement et gestion d'équipements
Progettisti: B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati
Superficie: 4 ettari
Programma: diversificazione del parco alloggi con la costruzione di abitazioni individuali e collettive
creazione di giardini "ouvriers"
creazione d'un parco di attività per piccole e medie imprese
Realizzazione: 2003-2008
Anno del progetto: 2003
Nel quadro dell'operazione Guesde – Boulangerie – Cimetiere sono inserite le operazioni seguenti:
TREMBLAY-EN FRANCE
Costruzione della sede della sociétà Cargo-logistic
Committente: Soc. Cargo Logistic
Progettisti: B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati
Superficie: 460 m2
Costo: 380000 Euros H.T.
Programma: edificio di uffici
Realizzazione: 2003
TREMBLAY-EN FRANCE
Costruzione della sede della DET
Committente: Soc. DET
Progettisti: B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati
Superficie: 600 m2
Costo: 480000 Euros H.T.
Programma: edificio comprendente:
400 m2 riservati alla logistica
200 m2 di uffici
Realizzazione: 2005
Altre operazioni dello studio B+C
TREMBLAY-EN FRANCE
Costruzione del palazzetto dello sport Maurice Thorez
Committente: Comune di Tremblay-en-France
SAGE Société d'aménagement et gestion d'équipements
Progettisti:
B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati
BET BERIM ingegneria struttura e fluidi
Fabrice BOUGON economia della costruzione
Impresa: EGCM
Superficie: 4920 m2
Costo: 4950000 Euros H.T.
Programma:
palazzetto dello sport con una capacità di accoglienza di 1000 spettatori comprendente:
320 m2 di uffici riservati ai servizi comunali dello sport
sala di convivialità di 100 m2
1 terreno sportivo di allenamento 32m x 19m
1 terreno sportivo di competizione 44m x 32m
Concorso: gennaio 2003
Realizzazione: 2004-2005
TREMBLAY-EN FRANCE
Estensione del complesso sportivo Jean Guimier
Committente: Comune di Tremblay-en-France
Progettisti:
B+C ARCHITECTES Giovanni Bellaviti & Dino Coursaris architetti associati
BET EURATECH ingegneria struttura e fluidi
Fabrice BOUGON economia della costruzione
Impresa: EST construction
Superficie: 1920 m2
Costo: 1295000 Euros H.T.
Programma:
riabilitazione degli spazi comuni
costruzione di una sala riservata alla ginnastica con una capacità di accoglienza di 500 spettatori
Concorso: marzo 2000
Realizzazione: 2001
Bibliografia:
Progetto di riqualificazione del quartiere delle Halles: www.projetleshalles.com
Progetto di riqualificazione dell'est parifgino "Zac Rive Gauche": www.parisrivegauche.com
Progetto del quartiere de la Plaine Saint Denis (Stade de France): www.plainecommune.fr
Progetti del comune di Parigi: www.paris.fr/fr/urbanisme/grands_projets/
*Giovanni Bellaviti, architetto napoletano, si trasferisce in Francia e fonda nel 1999 con Dino Constantin Coursaris lo studio B+C architectes.
B+C architectes partecipa a numerosi concorsi di architettura e urbanistica, realizza opere significative di architettura e oggi rappresenta una voce viva e presente nel dibattito architettonico contemporaneo.
Gli articoli sui progetti di B+C architectes:
Il progetto di B+C Architectes per il porto di Le Havre
Estensione del complesso sportivo J. Guimier
Risposta ai 35 di B+ C Architects: Opera senza passaporto
Articolo inserito il 16 gennaio 2006
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