Architettura

Arcosanti nella realtà
La tradizione della città italiana in Arizona

di Aldo Micillo

Molti hanno sentito parlare di Paolo Soleri e di Arcosanti, e molto si è scritto su quest'argomento, accompagnando le pubblicazioni con piante di città immaginarie, proiettate in uno spazio ancestrale, quasi simbolico più che avveniristico. Eppure esiste una città reale, che spesso è passata in secondo piano rispetto alle proposte urbanistiche ed è stata coinvolta nella critica ad esse, e invece rappresenta un'esperienza diversa, concreta e di particolare valore anche sul piano propositivo, ancorata, come sembra, ad un'altra logica di progettazione e che, quando abbiamo provato ad approfondire, ha rivelato approcci inaspettati e le radici storiche del suo progettista.

Siamo giunti ad Arcosanti in una calda mattina d'agosto. Non è stato facile giungere in questo posto addentrato nell'altopiano desertico a metà strada tra Phoneix e Flagstaff. È qui che l'architetto Paolo Soleri ha immaginato la "sua" città, una sorta di utopia urbana che giorno per giorno prende forma reale e che, dopo 30 anni di crescita, ora più rapida, ora più lenta, è lì a dirci dell'impegno e del lavoro di centinaia di persone che vi hanno creduto e che vi credono ancora, primo fra tutti il suo fondatore. Paolo Soleri è nato a Torino nel 1919, dopo essersi laureato in architettura nel 1946 va negli Stati Uniti per un apprendistato durato un anno e mezzo con Frank L. Wright. Nel 1950 torna in Italia, dove progetta la fabbrica di ceramiche Solimene a Vietri sul Mare. Stabilitosi definitivamente in Arizona nel 1956, intraprende la costruzione della sua Taliesin in un terreno a nord di Phoenix, realizzando gli edifici autocostruiti, "a calotta", vernacolari di Cosanti. Ma egli è un architetto che pensa in grande, ed il suo sogno esigeva le dimensioni di un'utopia urbana per cui Cosanti era troppo piccola. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, acquista un terreno molto più vasto per edificare la città immaginata nei suoi schizzi, fondata su una visione avveniristica dello sviluppo degli insediamenti urbani, non più in senso orizzontale ma "stratificati", al fine di ottimizzare le distanze, le percorrenze, la conservazione dell'energia e la salvaguardia dell'ambiente. Per questo approccio globale egli conia il termine di Arcologia, fondendo le parole "Architettura" ed "Ecologia". Con questo neologismo si intende un sistema urbano tridimensionale ed altamente integrato, alternativo allo sprawl americano, alle estese e degradate periferie, alla dispersione della "città diffusa" che si vanno generando nelle metropoli del pianeta, tale da occupare solo il 2% di territorio in confronto ad esse. Nel nuovo circolo urbano si elimina l'uso di automobili (oggi vi si sacrifica anche il 60% del suolo cittadino), e si risolvono senza sprechi le interazioni di tempo, spazio, energia e risorse umane. Da più di 30 anni Soleri parla di "miniaturizzazione", di "frugalità", di "complessità", di energie rinnovabili e non inquinanti, di sole e di vento, di riciclaggio e di tecniche appropriate; a tale pensiero progettuale si associa un percorso parallelo che indaga la natura umana e le relazioni sociali che l'architettura e l'urbanistica tendono a determinare, le radici esistenziali dell'uomo faber e le forme dell'abitare, il rapporto con gli elementi della natura e del cosmo.

Arcosanti - Vista dal canyon

Arcosanti
Vista dal canyon

Arcosanti - Piazza coperta

Arcosanti
Piazza coperta

L'ultimo tratto di strada ci avvicinava man mano al nugolo di edifici compatti stagliati sullo sfondo di un piccolo canyon. Con una certa eccitazione, quindi, ci preparavamo a visitare questo luogo ideale, o almeno la piccola parte finora realizzata grazie all'operare di volontari coinvolti nell'utopia dell'architetto, artista e filosofo italiano.

All'approssimarsi del sito si facevano sempre più intensi la curiosità, l'interesse e il rispetto per il coraggio di un uomo che ha dedicato la sua vita a realizzare un sogno personale a beneficio per tutti. Nutrivo anche qualche dubbio su quanto avevo precedentemente letto a proposito del progetto di Arcosanti e delle teorie urbanistiche ad esso sottese. Avevo in mente le immagini di questi enormi edifici-città autonomi, racchiusi su se stessi e posati in territori vergini, che richiamano fortemente quella cultura progettuale sviluppatasi negli anni ‘70, proponente organismi abitativi con tutte le funzioni compattate in megastrutture onnicomprensive, in cui ogni persona può muoversi dalla sua cellula residenziale al settore riservato all'attività lavorativa o di ricerca o commerciale, ecc., con ascensori, tapis roulants, camminamenti attraverso reticoli strutturali giganteschi tra i quali, ogni tanto, si aprono giardini pensili e vedute su un panorama sconfinato e selvaggio, interrotto sull'orizzonte lontano da qualche sagoma di un altro mega-edificio per 5-10 mila abitanti. Tale visione urbanistica è supportata da una serie di numeri, percentuali e considerazioni a scala planetaria ed anche da una profonda e rassicurante prospettiva di poter gestire flussi, energie, uso del tempo e clima interno grazie al progresso tecnologico. Il mio piccolo scetticismo, invece, era supportato da immagini come quelle del film Brazil, oppure di riunioni di condominio accese, ben più agguerrite di quelle che oggi esplodono tra coinquilini di una palazzina di pochi piani.

Ma ciò che ci attendeva nella realtà era un'Arcosanti lontana dall'idea che se ne può avere dai disegni di mega-strutture pubblicati da Soleri nei vari libri editi durante la sua vita di architetto.

Al di là di teorie avveniristiche, di cui un giusto approfondimento non concerne questo scritto, ciò che risulta di grande interesse ad Arcosanti è proprio la qualità del piccolo agglomerato finora costruito, sia in termini spaziali che comunitari, scaturiti dalla continua sperimentazione progettuale e applicativa di Paolo Soleri. Il particolare carattere riscontrabile nei manufatti visibili in quel luogo stimola a concentrare il soggetto della nostra analisi sulle qualità dell'intreccio urbano ed architettonico di Arcosanti, provando anche a individuare i riferimenti e le affinità spaziali di questa edificazione e, non ultimo, rivelare la modernità dell'operato che la sottende e del risultato conseguito nella realtà costruita.

Arcosanti - Percorso urbano

Arcosanti
Percorso urbano

Arcosanti - Piccolo patio

Arcosanti
Piccolo patio

Arcosanti - Esterno edificio accoglienza

Arcosanti
Esterno edificio accoglienza

Nella piccola città che si sviluppa sul leggero pendio di un canyon poco profondo, le singole architetture sono strettamente connesse con la forma urbana, tanto da non poter discernere, nella nostra indagine, le une dall'altra. Non esiste, ad esempio, una maglia stradale che definisce dei lotti nei quali si situano delle costruzioni: ogni composizione volumetrica, pure con una propria identità specifica, è imbastita in un organismo urbano unitario. Per poter comunque parlare delle principali valenze spaziali, possiamo concentrare la nostra attenzione su tre particolari volumi architettonici.

Prima, però, è interessante almeno accennare all'edificio che accoglie i visitatori e alloggia varie attività, in quanto in esso pure si sintetizzano alcuni principi compositivi che caratterizzano vari manufatti di Arcosanti.

Arcosanti - Particolare interno edificio accoglienza

Arcosanti
Particolare interno edificio accoglienza

Arcosanti - Interno di un'abitazione

Arcosanti
Interno di un'abitazione

Nel ritmo regolare della struttura di questo edificio squadrato, più livelli sono posti in comunicazione visiva tra loro, così come varie funzioni occupano tutti gli spazi, da quelli più grandi a quelli più piccoli, complementandosi in un'unità quasi conclusa in sé, con una centralità ben riconoscibile nella grande sala. Qui i pieni dei setti d'angolo si alternano con i vuoti a doppia altezza, disegnati da un cerchio di 360° inscritto nella campitura quadrata di un doppio telaio della maglia strutturale. Questo segno dal forte carattere spaziale, la cui geometria evoca qualcosa di simbolico (un cerchio inscritto in un quadrato), lo ritroveremo frequentemente in altri interventi sparsi nel perimetro urbano. Le aperture poi (qui come nell'edificio per biblioteca, uffici, appartamenti e studio dell'architetto, o nell'edificio per residenze, aule e servizi intorno al centro della musica) hanno sempre profondità e creano, con setti frangisole e aggetti, uno "spazio filtro" tra interno ed esterno, risolvendo esteticamente il problema del forte soleggiamento.

Questa commistione di spazi interni risolti in un'unità esterna dice qualcosa di più della lezione loosiana del "raumplan", ed esprime con chiara concretezza i principi di complessità e di miniaturizzazione, combinati tra loro, della progettazione di Paolo Soleri, fino a ridurre organismi urbani per migliaia di abitanti in forme talvolta primarie, ma dallo strutturato e totalizzante contenuto viscerale. Eppure questo edificio, pur fondandosi sullo stesso atteggiamento progettuale, non ha nulla della dimensione ciclopica delle strutture urbane immaginate e disegnate dall'architetto nei vari schizzi di progetto succedutisi nel tempo per Arcosanti (ancora a questa data si sta elaborando un'ennesima soluzione progettuale).

Le forme spaziali che dicevamo più interessanti, però, sono quelle di tre edifici nell'area centrale. Due di essi sono caratterizzati da una calotta che è un quarto di sfera, orientata a sud, rafforzata alla base da un semicerchio di locali retrostanti, alloggianti botteghe, magazzini e residenze. La prima di queste splendide costruzioni si trova sul ciglio dell'altopiano, ed ospita il lavoro della ceramica.

Arcosanti - Emiciclo delle terrecotte

Arcosanti
Emiciclo delle terrecotte

Arcosanti - Emiciclo della fonderia

Arcosanti
Emiciclo della fonderia

Arcosanti - Fonderia

Arcosanti
Fonderia

La semi-cupola si sviluppa a proteggere le fasi di modellazione e rifinitura che si svolgono su ripiani di lavoro in cemento, ordinati circolarmente intorno al centro dello spazio e del lavoro, occupato dal fuoco e dalla materia prima dell'impasto. Il secondo edificio si appoggia sul pendio del piccolo canyon, e sembra avere la parte retrostante a metà scavata nel terreno. La calotta, anche qui aperta verso sud, si allarga ad accogliere gli artigiani che modellano e fondono le famose campane di Arcosanti, organizzando il loro lavoro tra il semicerchio coperto e la parte antistante.

La valenza spaziale di queste architetture è fortissima. Esse racchiudono e concentrano lo spazio, danno un verso, un orientamento, lasciando al di fuori ciò che è alle spalle. Infatti è notevolmente diversa l'immagine urbana che definiscono dalla parte convessa, chiusa, schiva e respingente. Dal lato sud, invece, le pareti concave, dipinte e cesellate, si aprono al territorio assolato dell'Arizona, lo accolgono e generano una sorta di interno urbano, concentrano lo spazio, che diventa più compatto, più denso, e diventano lo sfondo prezioso di una delle tappe lungo i percorsi o per i piccoli giardini che prosperano da questo lato. Tali edifici, quindi, al di là della loro pur intensa valenza architettonica, sono un'invenzione spaziale a scala urbana, determinando un interno ed un esterno a dimensione cittadina, un dentro e un fuori, un chiuso ed un aperto e, infine, chiariscono l'orientamento, nei confronti del paesaggio e dell'arco solare, di tutto l'agglomerato di Arcosanti.

Questa forma così forte, piena di senso urbano, fa pensare alle calotte semi-crollate o ancora integre del parco archeologico di Baia, pregne di un'identità spaziale che ora ritrova riattualizzazione in queste architetture contemporanee. Più probabilmente i riferimenti di Soleri sono a Roma, primo tra tutti il Pantheon, in ogni caso la qualità qui generata ha la stessa origine geometrica: la semi-sfera che determina due attributi complementari di uno stesso spazio: un dentro che accoglie, che contiene, e un fuori che respinge, che isola. L'uso sapiente che l'architetto fa di questa forma caratterizza degli edifici moderni con una plasticità accentuata e significante, ponendoli tra le architetture forse poco note ma molto emblematiche degli ultimi decenni.

Nel cuore di Arcosanti sorge un'altra costruzione disegnata da matrici curvilinee. In realtà più che la materia qui prevale lo spazio imponderabile, modellato con grande leggerezza, equilibrio e carattere. Si tratta di una sorta di grande volta a botte urbana, divisa da una pausa di non-pieno, o, detto in altro modo, di due volte dal grande arco a tutto sesto, brevi, sfalsate e distaccate dal "tempo" di un sotto-modulo.

Arcosanti - Particolare della volta

Arcosanti
Particolare della volta

Arcosanti - Intervallo tra le due volte

Arcosanti
Intervallo tra le due volte

Arcosanti - Fonderia

Arcosanti
Particolare rivestimento della volta

Ampie, ariose come ripari di tende nel deserto, stese a coprire una piazza, queste volte sono cemento concretizzato nel raggio del ritorno rimbombante del suono umano, piene di eco e di luce resa ombra fresca, ombra a limite con l'aria calda e vaporosa dell'altopiano assolato, separate da un'intangibile curva sghemba, sempre cangiante durante lo scorrere del giorno. Anche qui siamo in presenza di una forma spaziale che genera un interno-esterno urbano: non si tratta, infatti di un edificio chiuso e lo spazio "dentro" si fonde in modo del tutto naturale con lo spazio "fuori" intorno. La volta ampia, visibile da lontano, può essere vissuta da "sopra" (di notte, arrampicandosi sulla linea di volta, ci si stende a vedere le stelle); allo stesso tempo essa circonda un'ampia quantità di spazio "sotto", che si impronta di fresco e di rumori raccolti, di colori pompeiani e di disegni incurvati nell'intradosso.

Mentre negli emicicli prima descritti è più forte la separazione nord-sud e meno l'alto-basso, qui è il contrario: è chiaramente distinto il dentro-sotto dal fuori-sopra. La marcata direzione nord-sud, in cui è posto l'asse degli arconi, ribadisce la generale tendenza urbana, che è quella dell'esposizione a meridione, dove l'arco della volta è percepito in tutto il suo sviluppo e genera un'ampia apertura, un magnifico ingresso per i raggi del sole e per il paesaggio, godibile dalla terrazza antistante sul limitare del canyon. Il lato a settentrione, invece, è chiuso con una gradonata (che pure, ricorda tipologie classiche o resti archeologici). La gradonata, a sua volta, diventa il prospetto di un edificio-officina che si sviluppa alle spalle. Un corridoio dilata le due campate, svolgendosi in copertura come un taglio di luce, e alterna il suo proseguire in un cunicolo trasversale che si restringe a comprimere uno spazio più buio dopo la dilatazione luminosa, fino a sfociare nell'anfiteatro della musica, passando sotto l'edificio semicircolare delle residenze.

Altri edifici popolano l'agglomerato di Arcosanti: residenze, uffici, dormitori, piscine, depositi, tutti formanti un'unità urbana compatta, integra che, nei vari progetti che si sono succeduti per lo sviluppo futuro dell'abitato, dovrebbe costituire il nucleo primordiale (una sorta di centro storico) della città futura.

Si è già accennato alla creatività visionaria di Paolo Soleri, a quali sono le sue idee riguardo la città e quali soluzioni prevede, quali concentrazioni propone in alternativa alla città diffusa e quali principi la governano. Figlia di questa filosofia urbana, anche se non sempre con essa coerente, l'Arcosanti "costruita" dagli anni '70 si confronta con i vari "pensieri forti" che hanno fatto la cultura architettonica ed urbanistica degli ultimi decenni, giungendo, oggi, a rappresentare un'alternativa valida nel modo di pensare alla città, forte della continua ricerca e dell'esperienza "sul campo" di questo maestro riscoperto, e si proietta verso un futuro da lui pensato trenta anni fa.

A fianco e parallelamente alla sua teorizzazione urbanistica è ben evidente la qualità di ciò che Soleri ha progettato a Cosanti e ad Arcosanti. È in queste opere che si evidenzia il suo valore come architetto, prima ancora che come teorico.

Cosanti - Passaggio

Cosanti
Passaggio

Cosanti - Percorso

Cosanti
Percorso

Esso è manifestazione di un fare metodologico, progettuale e filosofico basato su una visione cosmica dell'uomo contemporaneo, sulle sue necessità di lavoro espressivo attraverso la manualità, attraverso una riscoperta e più artistica artigianalità, attraverso il "fare creativo"; su una concezione di convivenza e di condivisione, sia nei luoghi di lavoro - che è sempre di gruppo - sia nella gestione delle attività e degli spazi della piccola città; sull'idea di formare una comunità solidale in cui l'individuo si realizzi nella dimensione sociale. Tutto questo è tanto più interessante oggi, in quanto viene riproposto in un'epoca stanca dei propri mali, ancora caratterizzata da consumismo, post-industrializzazione e individualismo isolante che generano periferie parcellizzate, anonime, forme dell'abitare degradate per gran parte delle masse: dal mondo occidentale alle metropoli asiatiche. Quella di Soleri è una ricerca continua su un altro modo di essere uomini, di abitare la terra che si realizza nella sua sperimentazione costruttiva nel corso di mezzo secolo.

È, quindi, interessante approfondire questa ricerca sulla perlustrazione del carattere spaziale che qui si trova, riconoscere la sua particolare identità, rintracciarne i contenuti, i riferimenti formali, comprenderne l'attualità.

Memori dell'approccio sperimentale che Wright applicò nell'edificazione di Taliesin West, dove il maestro americano tentava di rifondare ancora una volta la sua ricerca formale ripartendo dalla natura, liberandosi ancor più dei bagagli stilistici già costituiti (faceva stare i suoi allievi in condizioni estreme, in tende vicino al luogo dove essi stessi ammassavano pietre e cemento per costruire gli edifici, al fine di stimolare un contatto creativo con il luogo naturale), le esperienze costruttive di Cosanti degli anni '60, a 10 miglia di distanza da Taliesin, sono spinte dall'architetto di Torino, ancor di più dello stesso Wright, verso la ricerca di un atteggiamento primordiale nel costruire, riattualizzabile in processi contemporanei e, se non spontanei, più vicini al sentire ed all'essere dell'uomo dei nostri tempi. E mentre intorno si diffondeva la cultura della beat generation, dell'autocostruzione, del ritorno alla natura, del problema energetico, ecc., Soleri improvvisava tentativi di costruzioni con varie tecniche "povere": nascevano spazi cavernosi, strutture che ricordano le architetture di Gaudì, ma più primitive, calotte dalla curva abbozzata su mucchi di terreno e poi scavate al di sotto per un'altra metà, miste ad elementi prefabbricati per impianti fognari, oppure con alberi che crescono all'interno degli ambienti e si sviluppano oltre la copertura, come un'architettura organica, quasi vivente (oggi bisognosa di restauri), che in Arcosanti diventerà più raffinata, organizzata, cosmologica.

Una fase più matura, caratterizzata da una maggiore consapevolezza dell'arte dello spazio messa a servizio della creazione di ambienti per una comunità urbana, comincia, quindi, con l'esperienza di Arcosanti negli anni '70.

Cosanti - Interno di un'abitazione

Cosanti
Interno di un'abitazione

Cosanti - Emiciclo

Cosanti
Emiciclo

Si è già descritto il rapporto tra spazi architettonici, urbani e territorio che rende la piccola città un artefatto unico, altamente interessante. Questi spazi spesso rimandano ad un retroterra d'immagini che rivelano la provenienza e l'intensità culturale del loro progettista. Nelle varie relazioni aggregativi dei volumi, si arriva a caratterizzare scorci con edifici uno sull'altro, uno appoggiato all'altro, con equilibrati rapporti di scala che ricordano i palazzi sette-ottocenteschi a ridosso dei fianchi di grandi chiese, con il terrazzino dell'attico che affaccia sulla cupola o sulla copertura voltata del transetto. Alcune sovrapposizioni poi, fanno pensare all'articolato sovrapporsi di case e cose a Matera: come lì, ad Arcosanti un uguale intersecarsi di ambienti, di volumi, di abitazioni private si amalgama, senza promiscuità, a stanze comuni, a passaggi pubblici, ad un'area di lavoro o alla sala per la musica, come un organismo urbano e comunitario che dosa bene la sfera privata e sociale, integrandole per esprimere una complessità di rapporti più vitale della logica dello zoning.

Tale logica ha imperato nella formazione delle città occidentali - e non solo - negli ultimi decenni e, ancora oggi, in parte ne determina lo sviluppo interno e periferico attraverso leggi e norme improntate con quell'approccio. Quella che governa Arcosanti è una legge urbanistica mai scritta, dalla memoria antica e dai nuovi futuribili sviluppi, non fondata su una cultura "quantitativa" di indici volumetrici, rapporti di distanza, massimi di altezza, muri ciechi o finestrati, ma sorprendentemente vicina alla cultura della città storica europea e italiana, della città stratificata, interrelata, a più ordini di complessità.

Ciò che ancora colpisce nel frequentare questo luogo, è la bellezza ed il senso di condivisione delle cose costruite che, in un punto, quello della dimensione, sono quasi il contrario delle enormi costruzioni teorizzate da Paolo Soleri. Vi sono vari manufatti che, seppure ben armonizzati in un unico agglomerato, declamano forme e micro-forme varie, diverse, lontane dall'unità totalizzante di un solo mega-edificio: si avvicendano piccoli pergolati, volumi cubici con grandi aperture circolari, ritagli di corti, cupole aperte sui percorsi e sul paesaggio, strisce di terreno tra pavimentazioni e gradoni, il tendone semicircolare di copertura per l'area della musica, ulivi e cipressi di origine italiana, la serra dell'edificio della biblioteca, ecc. Ma La scala è relativa, proporzionata, ben integrata con i terrazzamenti del terreno declinante nel canyon. In nessuna di queste realizzazioni, né nell'insieme, c'è la dimensione "dell'enorme", quella che sembra poter schiacciare, ridicolizzare, frustrare chi la abita. Al contrario qui il rapporto tra il piccolo ed il grande è così sapientemente interpretato da generare non solo quella "complessità" teorizzata per l'organismo urbano, ma soprattutto una piacevole gradazione di concentrazione e dilatazione di materia e spazio, una serie di riconoscibili regole aggregative e, infine, qualità dell'insieme. Tale modo di relazionare varie scale fa venire in mente il gioco di volumi, percorsi e terrazzamenti che si integrano a formare l'habitat unico della penisola sorrentina, dove, come qui, sembra esprimersi una sorta di "minimo necessario", di existenz-minimum ma molto vivibile, di "frugalità" - come direbbe Soleri - degli spazi, dei movimenti, dell'abitare. Un'altra "qualità" di spazio, a cui si è già accennato, rimanda alle grandi volte e alle semicupole che caratterizzano il Tempio di Venere o il Tempio di Mercurio a Baia: in quest'ultimo massiccio edificio la grande calotta muraria di copertura, ancora integra ma colma di fango e con all'interno una sorta di laghetto formatosi con l'acqua piovana, lascia filtrare la luce dall'alto attraverso profonde aperture, luce solare che, a secondo dell'ora, si raccoglie in un largo fascio proiettato sullo specchio d'acqua verde e si muove con il fluire del tempo nell'atmosfera umida e risuonante di echi liquidi, segnando ore ipotetiche sulla superficie ristagnante, in uno spazio fermo, racchiuso, fortemente evocativo. Soleri riattualizza quel carattere di spazio, laicizzandolo senza perderne la qualità intrinseca, il gioco di ombre, la compattezza dell'atmosfera ivi concentrata, il raccoglimento circolare della massa muraria.

Ad Arcosanti ci sono uomini che lavorano l'argilla o il bronzo delle campane, ci sono spazi misurati per la musica, per il lavoro manuale, per le abitazioni, spazi miniaturizzati, con vocazione funzionale mista, ben integrati, sorti con uno spirito che rimanda, in qualche modo, alle città ideali dell'Umanesimo e del Rinascimento.

In questo angolo di Arizona, c'è molta Toscana, molta penisola sorrentina, e ancora Roma, Matera, paesaggi archeologici, e nessuna mega-struttura, né quartieri dormitorio, né aree specializzate.

Soleri prova a progettare "da dentro" (lezione appresa soprattutto da Wright), e non solo come formalismo esterno, quello che in altri luoghi una comunità ha elaborato per secoli (rivelando il suo retroterra culturale italiano), sedimentando poco per volta volumi architettonici, vie, strade e spazi pubblici con un tale equilibrio e organicità da rimandare ad insediamenti umani e complessi abitativi riconosciuti emblematici nella storia dell'architettura e della città, oggi unici e protetti da organi nazionali ed internazionali come l'Unesco. Questo è quanto abbiamo potuto constatare nell'Arcosanti già costruita, al di là di ogni teoria.

L'american dream di Soleri è un sogno che, mettendo insieme immagini, frammenti e vissuto del suo passato europeo, realizza un'utopia urbana finalizzata ad attualizzare in Arizona una forma insediativa pertinente, fondata, oltre che su considerazioni relative allo sfruttamento del territorio, all'uso dell'energia, alla complessità e alla miniaturizzazione, su una consapevolezza dell'abitare e del costruire che proviene da generazioni succedutesi in più di 2500 anni, proiettandola nel futuro. E' difficile dire quanti progetti contemporanei, italiani ed europei, sono capaci di produrre spazi così qualitativi, che affondano le loro radici nell'esperienza architettonica accumulata in tanti secoli di arte del costruire e del pensare alla città: troppo spesso ci si trova di fronte a formalismi senza vitalità o a riferimenti di tendenza nel piccolo villaggio dell'architettura globalizzata. Quella di Soleri, pertanto, resta un'esperienza emblematica che riguarda tutto ciò che è l'abitare: la conformazione dello spazio, il lavoro dell'uomo, la struttura dei rapporti sociali, la dimensione poetica.