Architettura del vino in Italia
di Chiara Radaelli
Da circa una quindici anni il tema della progettazione delle cantine vinicole
si è posta all'attenzione della cultura architettonica internazionale.
Grandi nomi dell'architettura mondiale hanno posto la firma a progetti di
questo genere: basti ricordare la Hall Winery nella Napa Valley o le Cantine
del marques de Riscal in Spagna di Frank Gehry e le Bodegas Ysios, a Laguardia,
opera di Santiago Calatrava.
L'Italia non è affatto rimasta indietro rispetto alle ricerche internazionali,
ma al contrario possiamo oramai annoverare molteplici esempi di “architettura
del vino” .
I grandi viticoltori hanno corteggiato e ottenuto il prestigioso contributo di archistars e progettisti di primo piano come Mario Botta, Alberto Cecchetto, Renzo Piano, Marco Casamonti e Massimo Pagliari.
Sembrano esserci propositi comuni, da parte dei committenti, in ciascuna di queste cantine-monumento : creare o ristrutturare un involucro che rappresenti, protegga e sottolinei l'importantissimo e, allo stesso tempo delicatissimo, processo produttivo e alchemico che si compie al suo interno; dare un' impronta attrattiva a livello culturale e turistico che funga da richiamo ed aumenti il processo di sviluppo del territorio e della sua economia, basato sulla valorizzazione delle produzioni locali ed in particolare del vino; rispettare, tutelare e mettere in risalto il contesto paesaggistico e le risorse ambientali che fanno da contorno a queste architetture contemporanee.
La Nuova Cantina Marchesi Antinori a San Casciano Val di Pesa ideata da Marco Casamonti è stata studiata secondo un progetto che tenta di salvaguardare al massimo il landscape naturale che lo circonda. In effetti la struttura è sviluppata su cinque piani interrati e ciò che appare in superficie sono solamente i due
tagli laterali sui fianchi della collina, completamente ricoperta di vigneti.
Sorprendente è la scelta di un'architettura ipogea voluta dall'architetto
Massimo Pagliari, autore della Cantina Rubbia al Colle a Suvereto.
La volontà della Azienda Agricola Muratori, committente dell'opera, era quella
di non stravolgere l'equilibrio, già delicato, del territorio, ma di creare
un'architettura “invisibile” , sfruttando appieno il sottosuolo, scegliendo
materiali di costruzione locali, e adottando una politica di edificazione
economicamente ed energicamente sostenibile.
Paolo Panerai, committente della imponente Cantina Rocca di Frassinello a Gavorrano
ha voluto per questa realizzazione uno dei più grandi architetti a livello
mondiale, il genovese Renzo Piano.
“Non un monumento a se stessa” - ribadisce l'architetto - “ma una fabbrica nobilissima come quella dove si produce e si eleva vino”.
Il risultato è una cantina parzialmente interrata: la barricaia, scavata dentro
la roccia maremmana a cinquanta metri di profondità ; soprastante, una grande
piazza a cielo aperto che offre ai visitatori un' ampia veduta dell'
inconfondibile paesaggio toscano.
Niente lusso e sfarzi, anche nella scelta dei materiali. Cemento a vista per
l'interno e intonaco colorato del rosso di Maremma alle pareti esterne.
Con i suoi filari disegna il terreno, delinea il paesaggi e si inserisce
perfettamente nella geografia delle colline maremmane.
Il progettista Alberto Cecchetto era stato contattato dal Gruppo Mezzacorona al
fine di progettare un unico complesso che rappresentasse il punto di
riferimento per tutti i soci della storica Cantina rispetto alle varie sedi
disparse sul territorio della Valle dell'Adige.
Inoltre il progetto era condizionato da una serie di problematiche legate al
territorio e alla viabilità: infatti l'area prescelta era di tipo industriale,
ma circondata da una vasta pianura coltivata a vite, simbolo della viticoltura
locale, e si trovava a ridosso dell' uscita dell'autostrada del Brennero e a 200
metri dalla stazione ferroviaria.
L'obiettivo era dunque che il progetto architettonico derivasse direttamente
dal sito, che il paesaggio circostante fosse l'elemento linguistico
dell'edificio: per questo motivo la modellazione delle superfici orizzontali
prevale sull'articolazione delle verticali; la copertura in lamiera, i pali di
legno ondulati e tiranti d'acciaio riprendono le trame e la scansione dei
vigneti circostanti.
La cantina Petra a Suvereto (LI) è stata realizzata da Mario Botta per il
volere dell' imprenditore Vittorio Moretti.
“Avevo le idee molto chiare anche sulla concezione del ciclo produttivo” -
sostiene il committente - “che doveva essere moderno, funzionale, ma rispettoso
della tradizione. La lavorazione per gravità doveva essere uno dei punti fermi
della cantina”.
Botta ha messo in pratica tutto questo erigendo una delle cantine che hanno il
più forte impatto sul territorio naturale.
Petra è prima di tutto un luogo di trasformazione e invecchiamento, ma anche
un luogo di accoglienza e quindi di scambio di culture e di esperienze.
L'impatto architettonico finale è di grande fascino: sottolinea la capacità di
ottimizzare il concetto di forma/funzione a partire dai processi costruttivi e
dall'impiego dei materiali.
Non a caso la struttura architettonica di Petra è stata interamente realizzata
con manufatti prefabbricati in cemento armato ed in legno lamellare prodotti da
Moretti Industria delle costruzioni, la divisione edilizia del Gruppo Moretti.