Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Gli “amori” di Cesare
Il mito di Giulio Cesare e due “tifosi” d'eccezione: Napoleone I e Napoleone III
Cesare costruttore
Giulio Cesare e il suo tempo: gli avvenimenti principali
Il dado è tratto. Cesare, eroe in solitudine
Tutti non sanno che…: le ceneri di Cesare
Veni, vidi, vici. Cesare autore letterario
Tutti non sanno che…: le ceneri di Cesare
Il mito di Cesare è rimasto vivo ininterrottamente dalla sua morte, in
particolare nei luoghi più legati alla sua memoria, come il Rubicone in
Romagna. Ma è ovviamente soprattutto a Roma che la fama del Nostro divenne
imperitura.
Col tempo, capita anche che dallo stesso mito siano stati permeati luoghi e
monumenti che nulla hanno avuto a che fare, direttamente o indirettamente, con
la persona e le varie vicende di Cesare; ed è questo un ulteriore segno della
sua fama imperitura.
Esemplare in questo senso è la leggenda cesariana legata al celebre obelisco
egizio che si erge maestoso ancora oggi in piazza San Pietro, proveniente dal
vicino circo di Nerone-Caligola in Vaticano.
Trasportato dall'Egitto per volontà dell'imperatore Caligola nel 37 d.C. come
principale elemento decorativo della spina per il circo, l'obelisco era
stato realizzato per Nencoreo, faraone della XII dinastia (1991-1786 a.C.) e collocato ad Heliopolis, città dalla quale Giulio Cesare lo fece trasferire ad
Alessandria, capitale ellenistica dell'Egitto dei Tolomei, per adornare la
città di Cleopatra.
Con tale simbolo eretto a Roma, Caligola si univa idealmente all'iniziatore
dell'impero; tuttavia egli non riuscì a vedere completato il circo, che fu
portato a termine da Nerone e che fu anche teatro del martirio di S. Pietro
nel 64.
Il primo papa della chiesa cristiana fu sepolto lì a fianco, nel luogo dove già
sorgeva una necropoli, poi occultata dai lavori per la realizzazione della
prima basilica di S. Pietro, al tempo dell'imperatore Costantino. L'obelisco
però rimase fuori dal perimetro dell'edificio e fu lasciato al suo posto - nei
pressi dell'attuale Aula Nervi -, col suo globo bronzeo dorato e l'iscrizione,
poi perduta, che rimandava a Cesare.
Nel corso del Medioevo il monumento, impostosi per l'attiguità alla mèta di
migliaia di pellegrini, venne chiamato l'aguglia e la probabile
suggestione data allo stesso dalla vicinanza della sepoltura di S. Pietro,
portò a vedervi un monumento funerario, ovviamente di un “Grande”: il grande
globo posto sulla sommità dell'obelisco altro non sarebbe stato che l'urna
cineraria di Gaio Giulio Cesare, di cui si sapeva, attraverso le fonti
letterarie, della cremazione, avvenuta tra i tumulti poco dopo l'assassinio.
La leggenda divenne parte integrante delle notizie raccontate ai visitatori
della basilica ed il monumento additato come tomba di Cesare nei Mirabilia
Urbis Romae, tanto da essere ancora vivo nella memoria culturale della
stessa popolazione romana fino alla fine del XVI secolo, quando papa Sisto V Peretti,
fiero avversario di ogni superstizione e diffidente della considerazione quasi
religiosa per il globo, decise di porre fine alla medesima.
Si decise allora, nel progetto di ampliamento e nuovo allestimento di piazza S.
Pietro, lo spostamento dell'obelisco al suo centro, dove veniva a
rappresentare, nel solco del significato simbolico dell'oggetto, l'autorità
cristiana. L'impresa titanica delle complesse operazioni di trasferimento e
nuovo innalzamento dell'obelisco al centro della piazza è descritta dal suo
organizzatore, l'architetto Domenico Fontana, nel libro Della Trasportatione
dell'Obelisco Vaticano et delle Fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V,
edito nel 1590.
Parte integrante dei lavori, realizzati nel 1586, è stata la rimozione
dell'antico globo dorato e quindi della fine della leggenda popolare: la sfera
fu aperta e trovata vuota e al suo posto sull'obelisco fu issata una croce
bronzea contenente una reliquia della “vera Croce”.
Per la curiosità di molti, il globo non è andato perduto: esposto alla mostra
“Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito”, come simbolo altissimo del mito
di Cesare, è conservato oggi nei Musei Capitolini, sfregiato, tra l'altro, dai
segni delle archibugiate infertegli dai Lanzichenecchi durante il Sacco di
Roma, nel 1527, questi sì ignari, si spera, di tanta storica credenza.
Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Roma - Chiostro del Bramante
Dal 24 ottobre 2008 al 5 aprile 2009