Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Gli “amori” di Cesare
Il mito di Giulio Cesare e due “tifosi” d'eccezione: Napoleone I e Napoleone III
Cesare costruttore
Giulio Cesare e il suo tempo: gli avvenimenti principali
Il dado è tratto. Cesare, eroe in solitudine
Tutti non sanno che…: le ceneri di Cesare
Veni, vidi, vici. Cesare autore letterario
Il dado è tratto. Cesare, “eroe in solitudine”
La vita di Cesare è trascorsa nell'azione, militare e politica soprattutto,
che lo ha visto protagonista in prima linea in battaglie contro nemici armati
di spade o di eloquenza, da lui affrontati sempre con decisione e
impareggiabili capacità strategiche.
Ma le sue qualità eccezionali risaltano ancora di più in episodi vissuti in
solitudine, centrali e secondari che siano nella multiforme vicenda della sua
esistenza, non a caso narrati con dovizia di particolari dai molti biografi che
il divus ha avuto già in antico, riferiti agli stessi probabilmente da
Cesare medesimo, con intenti propagandistici.
Notissima è l'avventura occorsagli agli inizi della carriera, nel 74, a soli
ventisei anni di età, allorquando il futuro generale rimase prigioniero dei
pirati. Mentre era diretto a Rodi per una sorta di “master” diremmo oggi, da
svolgere una delle migliori scuole greche di allora, la nave su cui viaggiava
fu abbordata da pirati, attivi nelle Sporadi, e Cesare catturato con tutto
l'equipaggio.
Pare che i pirati, resisi conto di avere tra le mani un personaggio di alto
rango, l'avessero valutato per il riscatto venti talenti, pari a oltre 400 kg d'argento, e che Cesare rilanciasse l'offerta a cinquanta talenti. Accettata dai pirati la
somma, alcuni compagni di Cesare vennero incaricati di procurarsi il denaro
presso il governatore romano della provincia, mentre il giovane rampollo
rimase presso i suoi sequestratori con alcuni servi. Durante la prigionia ebbe
modo di mostrare la sua forte personalità, fino ad arrivare a zittire i
carcerieri quando desiderava il silenzio, o obbligandoli all'ascolto di poesie
che componeva per ingannare il tempo; giunse persino a minacciarli di morte per
crocifissione, una volta liberato.
Riscatto dopo 38 giorni di prigionia, tornò come promesso sull'isola di Farmacussa,
che i pirati millantavano essere introvabile: distrutto il covo e catturati gli
abitanti, Cesare ordinò la morte dei pirati per strangolamento e crocifissione,
mentre mise in vendita come schiavi le donne e i bambini, restituendo inoltre
alle città della provincia il denaro versato per la sua liberazione ed
ottenendo dalle stesse perpetua riconoscenza.
Anche in una delle circostanze più drammatiche della vita, il generale ci
appare nella solitudine interiore, per un intenso momento, durante la notte
tra il 10 e l'11 gennaio del 49. Trascorsa a Ravenna la giornata con i suoi
ospiti, all'improvviso e in piena notte lascia la cena ancora in corso e,
salito su un carro trainato da muli appena noleggiato, si dirige a gran
velocità fuori città verso sud, mentre l'esercito sta percorrendo altre strade,
tutti diretti verso Rimini, prima città del pomerium, il limite sacro di
Roma, oltre il quale nessuno può indossare le armi. Il confine era fissato al
fiume Rubicone: Cesare giunge alle sue rive in ritardo sui piani previsti,
essendosi smarrito con un manipolo dei suoi a causa del buio, e qui si ferma,
meditando ancora sul da farsi.
Le fonti differiscono sugli eventi immediatamente successivi: secondo alcuni
storici Cesare si sarebbe confrontato coi pochi presenti, in particolare con il
fido Asinio Pollione, in merito alle conseguenze inevitabili legate
all'attraversamento del fiume - cioè, la dichiarazione della guerra civile -, ma
anche sull'eventualità di una ritirata. Gli storici riferiscono poi del suo
sogno occorso la notte precedente: un incubo, che lo aveva visto protagonista
di un rapporto incestuoso con la madre - evidentemente riferibile al rapporto di
amore/odio verso la “madre” Roma, diremmo oggi - e di una visone accaduta al
momento, lì, sul greto del torrente, sotto gli occhi dei Cesare e dei
presenti: un giovane bellissimo, grande e perfetto come una statua greca, un
suonatore di flauto che invita il generale a compiere il fatidico gesto. Cesare
decide quindi il passaggio pronunciando una frase divenuta proverbiale: “il
dado è tratto”.
Giulio Cesare. L'uomo, le imprese, il mito
Roma - Chiostro del Bramante
Dal 24 ottobre 2008 al 5 aprile 2009