di Attilio Bolzoni per "La Repubblica"
Basta diffonderla con convinzione, magari arricchendola di volta in volta di nuovi e intriganti dettagli che la fanno sembrare sempre più credibile e "autentica". Oppure - come è capitato di recente in una fiction televisiva sui Medici - basta lanciare il falso per esigenze di spettacolo e far morire ammazzato il capostipite della famiglia mentre nella realtà si era serenamente spento nel suo letto.
Ma ci sono favole e favole. E alcune più di altre continuano a confondere, come dimostra l'epopea della mafia inaugurata dal film Il Padrino diretto da Francis Ford Coppola e adattato dal romanzo di Mario Puzo. Una leggenda persistente vuole che Cosa Nostra abbia aiutato gli anglo- americani per lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943. Un mito recentemente rilanciato dal film di Pif In guerra per amore.
È vero? È falso? Risponde uno studioso che di queste vicende se ne intende: «Il problema è molto serio: la verità storica non sembra capace di smontare un mito costruito su una grossa balla».
Con John Dickie, storico inglese conosciuto al grande pubblico italiano per i suoi pregevoli libri sulla criminalità organizzata e il Mezzogiorno, affrontiamo la querelle sullo "sbarco" a Gela e sulle polemiche che si sono riaccese sull'invasione alleata. Su quanto (non) sarebbe avvenuto nel luglio del '43. E su come la mafia - fra patti e ricatti e protezioni - avrebbe influenzato in seguito i destini della nostra libertà.
Sono proprio tutte "balle", professor Dickie, i boss non c’entravano nulla?
«L'intervento di Lucky Luciano nello sbarco in Sicilia è una panzana girata fra i suoi amici e fra elementi corrotti dell'amministrazione americana che volevano spacciare Luciano per quello che non era. Come anche è circolato l'inganno della sua collaborazione per liberare il porto di New York - da lui controllato con i suoi sindacati - dal pericolo dei sabotatori tedeschi. In realtà, quello di Luciano era un tentativo di difendersi dalle accuse di controllo del racket sulle banchine. Sì, sono millanterie messe in giro dagli stessi boss per alimentare il mito della mafia. Ma la storia non è ancora in grado di sconfiggere la menzogna».
Eppure si dà sempre per scontato che sia stata la mafia a "permettere" al più forte esercito del mondo di invadere un'isola del Mediterraneo.
«Dobbiamo chiederci che interessi avrebbero avuto gli americani e gli inglesi ad affidare a quattro gangster di dubbia affidabilità le sorti della seconda guerra mondiale. Dobbiamo chiederci perché consegnare il segreto dell'Operazione Husky - fino ad allora la più grande offensiva anfibia della storia - e il destino di duecentocinquantamila soldati a un personaggio sinistro come Lucky Luciano».
In molti sono però ancora legati all'immagine del fazzoletto con disegnata una grande L - quella di Luciano - sbandierato dal capomafia di Villalba don Calogero Vizzini per farsi riconoscere dalle truppe alleate arrivate nel cuore dell' isola. Un altro falso storico?
«Un'altra favola, probabilmente diffusa dallo stesso Vizzini e subito raccolta e divulgata. Al contrario, gli inglesi hanno fatto di tutto per far credere ai tedeschi e agli italiani che lo sbarco sarebbe avvenuto in Sardegna o nei Balcani».
In sostanza lei la pensa come il suo collega italiano Salvatore Lupo: la mafia che riscrive a suo uso e consumo la storia.
«Questa ricostruzione, che vuole il prepotente ritorno dei mafiosi con l'arrivo degli americani, fa anche passare senza alcuna critica l'altra balla che la mafia sia stata sconfitta dal fascismo e dal prefetto Cesare Mori. Noi sappiamo ormai che questo non è avvenuto, nel ventennio non si parlava di mafia solo perché i giornali non ne scrivevano.
E poi è fuorviante mettere la Sicilia al centro della storia mondiale con molto anticipo rispetto agli anni della guerra fredda. Far della Sicilia la chiave di tutto il mondo è un'assurdità. Gli americani volevano liberare l'Italia dal fascismo e non avevano alcun interesse a creare illegalità, quell'interesse l' aveva la mafia».
Mappa Operazione Husky in Sicilia
Dibattito che si è animato con il divertente film di Pif "In guerra per amore". L'ha visto?
«Sì, mi è anche piaciuto. Pif sta dimostrando il suo impegno civile e non è il caso di criticarlo. Pif non è uno storico e il suo non è un film di denuncia. Chi prende questo film per un film di denuncia dimostra di avere le orecchie di latta, come diciamo noi inglesi. Questo film si può godere per altri versi, usa un linguaggio nuovo più adeguato ai nostri tempi, abbandonando i toni religiosi che hanno segnato per la Sicilia e per l' Italia una stagione drammatica dalla quale stiamo uscendo».
È così noiosa la verità storica?
«Nel mio Paese i libri di storia si leggono in metropolitana. Se raccontata bene, anche la verità storica può essere interessante e divertente».
5 dicembre 2016
© archimagazine