Sverre Fehn
A cura di Filippo Palladino
È nato nel 1924 nella piccola città di Kongsberg, in Norvegia. Nel 1949 si laurea presso la Scuola di Architettura di Oslo. Nei primi anni cinquanta conduce un viaggio in Marocco, dove si fermerà per due anni, dal 1952 al 1953. Durante questo periodo, studia le architetture primitive in Nord - Africa: l'influenza di questa esperienza informerà più tardi i suoi progetti e le sue opere.
Dal 1953 al 1954 vive a Parigi e lavora nello studio di Jean Prouvé; qui apprende che la valenza formale che risiede nella struttura portante di un opera si fonde intimamente con la valenza estetica che assume l'opera architettonica stessa.
Nel 1962 realizza uno dei suoi più importanti progetti: il Padiglione dei Paesi Scandinavi ai Giardini della Biennale di Venezia.
Dal 1967 al 1979 progetta e realizza il Museo arcivescovile Bispegard di Hamar. Nel 1971 diviene professore alla Scuola di Architettura di Oslo, dove tuttora insegna.
Tra i suoi migliori progetti vanno menzionati il Museo dei Ghiacciai a Fjǽrland, realizzato dal 1989 al 1991, il Museo Aukrust ad Alvdal, realizzato tra il 1993 ed il 1996.
Nel 1994 viene organizzata in Italia una mostra itinerante sui suoi lavori dal titolo "Sverre Fehn architetto". Nel 1997 vince il premio Pritzker Prize.
Tra i progetti non realizzati ricordiamo l'ampliamento della Galleria Nazionale di Oslo, del 1972, il Museo Civico di Røros, del 1980, il Museo della nave Wasa a Stoccolma, del 1982.
Sverre Fehn non aderisce a nessuna corrente in particolare, anche se si è sempre riconosciuto nell'architettura moderna. Durante i suoi studi sulle architetture antiche nord-africane, nota che ogni elemento della costruzione assolve a molteplici funzioni e nel contempo "comunica" con chi la osserva. Questo concetto informa tutte le opere dell'architetto norvegese ed in particolare il Museo Aukrust. In questo museo, il segno dominante è il muro di spina centrale, lungo 170 metri, che serve per esporre i disegni, per contenere gli impianti e per segnare un percorso preciso, semplice e lineare.
Tutta la sua opera è caratterizzata dall'estrema semplicità con cui egli utilizza soprattutto il mattone e la pietra, per realizzare forme ed elementi costruttivi improntati all'essenzialità plastico-figurativa. Durante tutta la sua ricerca ed i suoi studi, condotti oramai da cinquant'anni, si nota l'influenza che i paesaggi nordici hanno sui suoi progetti. Appassionato al mare ed alle navi, l'architetto norvegese conferisce alle sue opere essenzialità e leggerezza, dove l'elemento peculiare di tutta la costruzione è la copertura, spesso molto grande e dominante rispetto alla facciata. In linea con questa concezione è, primo fra tutti, il Museo dei Ghiacciai. In questa opera, dove utilizza una struttura in cemento, acciaio legno e vetro, alcune delle falde del tetto si fondono con il naturale declivio del terreno ghiacciato, altre si ergono dalla copertura, con la stessa imponenza dei fiordi norvegesi, quasi ad indicare ed a "sfidare" la presenza della montagna che sovrasta questa architettura. Il tetto assume così anche il valore simbolico dell'"essere in un luogo".
Le opere di Fehn ripercorrono il senso del forte legame uomo-architettura-natura. I grandi spazi non sono semplicemente un mero contenitore in cui inserire l'opera progettata, ma costituiscono un segno tangibile e forte che l'uomo percepisce ed al quale tende ad adattarsi costruendo le sue opere e seguendo un percorso di ricerca in continuo divenire.