Gio' Ponti in Casa Palladio
Fratta Polesine (Ro) - Villa Boadoer
Dal 21 febbraio al 28 giugno 2009
Palladio ospita Giò Ponti. In contemporanea con la grande mostra “Dèco. Arte in Italia. 1919 - 1939” allestita a Palazzo Roverella, Villa Badoer di Fratta Polesine, villa capolavoro di Andrea Palladio, ospita una preziosa esposizione dedicata a Giò Ponti ed alle sue creazioni per la Richard Ginori ma non solo.
“Titolo della mostra “Giò Ponti in Casa Palladio”. A promuoverla è la Provincia
di Rovigo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la
collaborazione della Regione del Veneto.
“Ponti è senza dubbio una delle una delle figure centrali del gusto déco e non
soltanto in Italia. Nei pezzi disegnati per la manifattura Richard Ginori le
forme non sono mai banali e i decori mostrano scene e piccole figure nelle
quali la citazione archeologia, l'eleganza neoclassica, l'ispirazione
palladiana è sempre unita alla levità e all'ironia. Nella produzione di Ponti
convivono - afferma il curatore della mostra, Dario Mattoni - pezzi di grande
raffinatezza come le ciste di ispirazione archeologica, e ad un tempo prodotti
anche per il mercato corrente nella manifesta volontà di diffondere modelli
nuovi, ma soprattutto artisticamente di qualità anche per oggetti d'uso comune.
L'impegno di Ponti nella diffusione del gusto déco appare ancora più emblematico
se si considera il fatto che egli si rivolgeva ad una committenza borghese
intellettuale e moderna e che sotto la sigla “Domus Nova” si impegno per una
produzione di mobili per un grande magazzino come La Rinascente. Ed è proprio
l'aver compreso, come egli stesso scriveva, che l'industria è la “maniera” del
ventesimo secolo, è il nuovo metodo di creare, il senso della sua modernità”.
Nel 1928 Ponti fonda “Domus”: nelle pagine della rivista pubblica esempi di architettura
e di arredo in linea con la sua poetica, e nello stesso tempo illustra le
esperienze di maggiore novità che si stanno sperimentando in Italia e
all'estero. Nel primo numero della rivista, nell'editoriale, Ponti presenta la
casa italiana: “E' di fuori e di dentro senza complicazioni, accoglie
suppellettili e belle opere d'arte e vuole ordine e spazio fra di esse e non
folla o miscuglio”.
Il rapporto di Giò Ponti con la manifattura Richard Ginori basterebbe - afferma
Manolo de Giorni - a smentire tutti i luoghi comuni più classici sulle priorità
nella formazione di un architetto secondo le quali l'architettura si
configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore di risulta. La
poetica pontiana non si sarebbe quindi costruita così solidamente senza quella
palestra fondamentale che verrà garantita a Ponti nel suo doppio ruolo di
direttore artistico e progettista tra il 1923 ed il 1930 nella Richard Ginori.
Questa solida formazione viene prima dell'architettura e anche se Ponti ha
molto progettato le due esperienze costruttive della casa di via Randaccio a
Milano (1925) e della casa Bouilhet a Garches (1927) gli garantiscono solo in
parte la possibilità di elaborare iconicamente i temi di quella che lui vuole
diventi la “casa all'italiana” e di una “italianità” nel domestico.
Anche al mobile Ponti arriva più tardi e dopo la ceramica .Le esperienze della
Domus Nova e del Labirinto sono soprattutto interessanti esperimenti ma
faticano ancora nell' assumere una sicurezza di indirizzo. E' più sperimentale
l'idea organizzativa che sta dietro a queste due esperienze: l'aver convinto un
grande magazzino come la Rinascente a sviluppare una linea di mobili per un
pubblico medio-alto o l'aver riunito un gruppo di progettisti come team a
rivisitare il neoclassicismo, che non il risultato compositivo generale. I mobili
progettati per il Labirinto con Marelli, Lancia, Buzzi, Marelli sono moderni
solo nei piedini, appoggi a virgola che strizzano l'occhio ad una
dinamizzazione e a d una riduzione delle sezioni mentre domina ancora
l'impianto neoclassico.
Le serie ceramiche pontiane per Ginori elaborano invece uno scatto in avanti
del substrato classico della cultura figurativa italiana verso una nuova
modernità. Da una parte c'è una classicità lontana che copre l'aspetto
tipologico dell'oggetto dall'altra c'è una classicità di “secondo grado” già
digerita e rielaborata che copre invece l'aspetto materico e decorativo
dell'oggetto (quella veneta cinquecentesca legata a Palladio e alla cultura del
bianco, del neutro glaciale della pietra di Verona e degli stucchi lucidi riflettenti
con polvere di marmo). Palladio come noterà la figlia Lisa è geneticamente
dentro Ponti per motivi biografici “Quando Gio Ponti nomina Palladio come suo
maestro pensava alla “perpetuità”, termine palladiano. E da giovane gli era
avvenuto di “dormire dentro Palladio” in ville palladiane abbandonate e
deserte, durante la prima guerra mondiale). Il riduzionismo di Palladio gli è
necessario come strumento di moderna semplificazione e non appena ci sarà la
rivista “Domus” ci sarà anche nel primo numero un doveroso omaggio con un
Itinerario Palladiano su un pieghevole a due pagine”.
La mostra presenta selezioni di mobili dsiegmnati da Giò Ponti oer gli arredi
di case milanesi tra i quali vale la pena notare il divanetto di casa Ritter
disegnato nel 1930 e una spendida serie di ceramiche come alcune opere
plastiche modellate, “La terra promessa”, coppia di vignaioli che sorreggono un
grosso grappolo d'uva, “Il poeta” raffinata figura in abito settecentesco e
ancora le due versioni del “Levriero” modellati dalla scultore toscano Italo Griselli.
Ponti assumeva dalle arti figurative contemporanee soggetti facilmente
stilizzabili quali slanciati levrieri o maschere ghignanti (si vedano le tre
erme presentate in mostra) così da imprimere alla manifattura di Doccia un
indirizzo aderente al gusto internazionale del Dèco. Da segnalare ancora il vasa
ovale in maiolica “Le mie donne - Donatella”, e i due rarissimi piatti in
maiolica del 1923 “Euridice” e “Orfeo”che anticipano atmosfere metafisiche e
ancora due vasi con figure femminili e vegetazioni prodotti per la sigla Domus
Novo diffusa dai grandi magazzini de La Rinascente:
Di grande effetto l'inserimento di queste raffinate suppellettili nel vuoto dei
saloni di Villa Badoer, vis a vis con gli affreschi di Giallo Fiorentino, essi
stessi un unicum nella decorazione degli interni di villa di Palladio.