Design

Gio' Ponti in Casa Palladio

Fratta Polesine (Ro) - Villa Boadoer
Dal 21 febbraio al 28 giugno 2009

Palladio ospita Giò Ponti. In contemporanea con la grande mostra “Dèco. Arte in Italia. 1919 - 1939” allestita a Palazzo Roverella, Villa Badoer di Fratta Polesine, villa capolavoro di Andrea Palladio, ospita una preziosa esposizione dedicata a Giò Ponti ed alle sue creazioni per la Richard Ginori ma non solo.

Gio Ponti - Figurazione classica, maiolica, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia

Gio Ponti - Coppa velasca, 1927, porcellana policroma, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia

Gio Ponti - Il circo, porcellana policroma, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia


Gio Ponti - Funerailles de Thais, porcellana policroma, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia

Gio Ponti - Piatto Donatella, maiolica in giallo e bleu, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia

Gio Ponti - Il pellegrino di Montesanto, 1927, porcellana policroma, Sesto Fiorentino, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia

“Titolo della mostra “Giò Ponti in Casa Palladio”. A promuoverla è la Provincia di Rovigo con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la collaborazione della Regione del Veneto.
“Ponti è senza dubbio una delle una delle figure centrali del gusto déco e non soltanto in Italia. Nei pezzi disegnati per la manifattura Richard Ginori le forme non sono mai banali e i decori mostrano scene e piccole figure nelle quali la citazione archeologia, l'eleganza neoclassica, l'ispirazione palladiana è sempre unita alla levità e all'ironia. Nella produzione di Ponti convivono - afferma il curatore della mostra, Dario Mattoni - pezzi di grande raffinatezza come le ciste di ispirazione archeologica, e ad un tempo prodotti anche per il mercato corrente nella manifesta volontà di diffondere modelli nuovi, ma soprattutto artisticamente di qualità anche per oggetti d'uso comune.
L'impegno di Ponti nella diffusione del gusto déco appare ancora più emblematico se si considera il fatto che egli si rivolgeva ad una committenza borghese intellettuale e moderna e che sotto la sigla “Domus Nova” si impegno per una produzione di mobili per un grande magazzino come La Rinascente. Ed è proprio l'aver compreso, come egli stesso scriveva, che l'industria è la “maniera” del ventesimo secolo, è il nuovo metodo di creare, il senso della sua modernità”.
Nel 1928 Ponti fonda “Domus”: nelle pagine della rivista pubblica esempi di architettura e di arredo in linea con la sua poetica, e nello stesso tempo illustra le esperienze di maggiore novità che si stanno sperimentando in Italia e all'estero. Nel primo numero della rivista, nell'editoriale, Ponti presenta la casa italiana: “E' di fuori e di dentro senza complicazioni, accoglie suppellettili e belle opere d'arte e vuole ordine e spazio fra di esse e non folla o miscuglio”.
Il rapporto di Giò Ponti con la manifattura Richard Ginori basterebbe - afferma Manolo de Giorni - a smentire tutti i luoghi comuni più classici sulle priorità nella formazione di un architetto secondo le quali l'architettura si configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore di risulta. La poetica pontiana non si sarebbe quindi costruita così solidamente senza quella palestra fondamentale che verrà garantita a Ponti nel suo doppio ruolo di direttore artistico e progettista tra il 1923 ed il 1930 nella Richard Ginori. Questa solida formazione viene prima dell'architettura e anche se Ponti ha molto progettato le due esperienze costruttive della casa di via Randaccio a Milano (1925) e della casa Bouilhet a Garches (1927) gli garantiscono solo in parte la possibilità di elaborare iconicamente i temi di quella che lui vuole diventi la “casa all'italiana” e di una “italianità” nel domestico.
Anche al mobile Ponti arriva più tardi e dopo la ceramica .Le esperienze della Domus Nova e del Labirinto sono soprattutto interessanti esperimenti ma faticano ancora nell' assumere una sicurezza di indirizzo. E' più sperimentale l'idea organizzativa che sta dietro a queste due esperienze: l'aver convinto un grande magazzino come la Rinascente a sviluppare una linea di mobili per un pubblico medio-alto o l'aver riunito un gruppo di progettisti come team a rivisitare il neoclassicismo, che non il risultato compositivo generale. I mobili progettati per il Labirinto con Marelli, Lancia, Buzzi, Marelli sono moderni solo nei piedini, appoggi a virgola che strizzano l'occhio ad una dinamizzazione e a d una riduzione delle sezioni mentre domina ancora l'impianto neoclassico.
Le serie ceramiche pontiane per Ginori elaborano invece uno scatto in avanti del substrato classico della cultura figurativa italiana verso una nuova modernità. Da una parte c'è una classicità lontana che copre l'aspetto tipologico dell'oggetto dall'altra c'è una classicità di “secondo grado” già digerita e rielaborata che copre invece l'aspetto materico e decorativo dell'oggetto (quella veneta cinquecentesca legata a Palladio e alla cultura del bianco, del neutro glaciale della pietra di Verona e degli stucchi lucidi riflettenti con polvere di marmo). Palladio come noterà la figlia Lisa è geneticamente dentro Ponti per motivi biografici “Quando Gio Ponti nomina Palladio come suo maestro pensava alla “perpetuità”, termine palladiano. E da giovane gli era avvenuto di “dormire dentro Palladio” in ville palladiane abbandonate e deserte, durante la prima guerra mondiale). Il riduzionismo di Palladio gli è necessario come strumento di moderna semplificazione e non appena ci sarà la rivista “Domus” ci sarà anche nel primo numero un doveroso omaggio con un Itinerario Palladiano su un pieghevole a due pagine”.

La mostra presenta selezioni di mobili dsiegmnati da Giò Ponti oer gli arredi di case milanesi tra i quali vale la pena notare il divanetto di casa Ritter disegnato nel 1930 e una spendida serie di ceramiche come alcune opere plastiche modellate, “La terra promessa”, coppia di vignaioli che sorreggono un grosso grappolo d'uva, “Il poeta” raffinata figura in abito settecentesco e ancora le due versioni del “Levriero” modellati dalla scultore toscano Italo Griselli. Ponti assumeva dalle arti figurative contemporanee soggetti facilmente stilizzabili quali slanciati levrieri o maschere ghignanti (si vedano le tre erme presentate in mostra) così da imprimere alla manifattura di Doccia un indirizzo aderente al gusto internazionale del Dèco. Da segnalare ancora il vasa ovale in maiolica “Le mie donne - Donatella”, e i due rarissimi piatti in maiolica del 1923 “Euridice” e “Orfeo”che anticipano atmosfere metafisiche e ancora due vasi con figure femminili e vegetazioni prodotti per la sigla Domus Novo diffusa dai grandi magazzini de La Rinascente:


Di grande effetto l'inserimento di queste raffinate suppellettili nel vuoto dei saloni di Villa Badoer, vis a vis con gli affreschi di Giallo Fiorentino, essi stessi un unicum nella decorazione degli interni di villa di Palladio.