Conversazione con Michele De Lucchi
di Ivana Riggi
Michele De Lucchi è sicuramente uno dei progettisti attuali più interessanti;
riveste i ruoli di architetto e designer da intellettuale responsabile in grado
di realizzare i suoi progetti in termini di bellezza e qualità. “Quando trovi
un'intuizione non è mai sola, ma sono tante che non sai come tenerle a freno.
Vengono da dentro. Vengono dalle curiosità e dalla volontà di vedere ogni cosa
da un punto di vista non scontato”, osserva, riflettendo a proposito della sua
Produzione Privata, fondata nel 1990, “per progettare prodotti adatti per la
convivenza nella società contemporanea usando gli strumenti basilari dell'uomo:
le mani e la mente”.
A novembre 2009 apre Exits “la prima uscita dello Studio e dallo Studio di via
Varese 15”, in via Varese 14 per l'esattezza, che si occupa anche della
distribuzione di Produzione Privata.
Oggi converserò con lui, inizieremo dai suoi progetti più recenti per poi
andare a ritroso cercando di ricostruire la vita di questo importante
personaggio.
Produzione Privata è una realtà consolidata, la potremmo paragonare anche a
un centro di ricerca specifica su un materiale e o un processo? Com'è
attualmente strutturata e quali sono i programmi per il futuro?
Produzione Privata può essere definita un centro di ricerca su tanti
materiali, di preferenza quelli tradizionali come il vetro, le pietre, il legno
eccetera. Non si concentra su un solo materiale alla volta e su una sola
lavorazione, ma ha uno sguardo di riflessione e un atteggiamento di scoperta
verso tutti i materiali.
La cosa veramente importante è che questi materiali possano essere trasformati, lavorati, interpretati secondo vari processi, che partono dalla mano dell'uomo, che si fa aiutare dalle tecniche manuali e anche da quelle industriali, in una costante simbiosi e reciproca influenza, che costituisce il mio principale interesse. Mi affascina il risultato dell'applicazione simultanea e successiva di tecniche estremamente differenti, dalla soffiatura a bocca al taglio a controllo numerico. Produzione Privata riscopre e attualizza tecniche che la produzione di serie aveva necessariamente abbandonato per la legge dei grandi numeri e della standardizzazione. Ma a noi questo non interessa in assoluto, facciamo anche piccole serie, oppure sperimentiamo tecniche artigianali che sono di supporto alla grande produzione. Il fare di Produzione Privata è di tipo emozionale: osserviamo le lavorazioni degli artigiani italiani e così riflettiamo su quali forme si potrebbero ottenere con maggiore soddisfazione, nostra prima di tutto e poi anche del pubblico. Dopo di che sperimentiamo. Produzione Privata è anche una sperimentazione sul senso dell'industria nella società e sui suoi processi: è un'industria in miniatura perché tutto quello che succede in piccolo nella nostra scala simula quello che avviene nelle grandi organizzazioni industriali.
La nuova collezione 2010 di Produzione Privata. Che processo di maturazione
ha subito questa serie di oggetti da un punto di vista intuitivo e di
realizzazione? Si discostano in qualche modo dai precedenti?
Con questa collezione che presentiamo come ogni anno in occasione del
Salone del Mobile, ho voluto calarmi pienamente nel ruolo del designer che si
lascia suggestionare dallo spirito del tempo per tradurlo con i suoi oggetti.
L'ho chiamata “adesso, adesso, adesso, presto, presto, presto, appartiene ad
oggi!” perché non ho fatto solo disegno industriale, solo arte, solo arte
decorativa o solo architettura, ma ho messo insieme tutto quanto. Perché credo
che questo sia oggi il design: questi oggetti, producibili in serie, in piccola
o grande serie, alcuni derivati da opere al confine con l'arte e altri con
l'ambizione di essere riproducibili all'infinito, mettono in scena le grandi
contraddizioni, se così possiamo chiamarle, del design contemporaneo, in cui
l'elemento della serie è scomparso come elemento assoluto e imprescindibile,
per lasciare spazio, anche nel campo dell'industria, alla ricerca finalizzata
alla soddisfazione piena dell'uomo e non alla riproducibilità seriale.
Come nasce e si concretizza l'idea di aprire Exits?
Volevo una vetrina per Produzione Privata, che fosse in via Varese per poter passare dall'altra parte della strada e buttarci un occhio in qualsiasi momento. Desideravo un confronto con il pubblico, avere delle impressioni a caldo. Volevo rivitalizzare la
stessa via Varese: quando siamo arrivati nel 2006 era una tranquilla marginale
strada del centro, in tono minore rispetto alla frenesia della Moscova e di via
Solferino. Oggi sta diventando vitale e il merito credo che sia anche un po'
dell'essere arrivati al numero 15 e poi di esserci allargati al 14. Con Exits
volevo un luogo che tenesse insieme accomunate dalla voglia di ricerca, tutte
le mie attività: l'arte, il design, l'architettura, la vendita, lo scambio
culturale, il respiro della città di Milano. Volevo intraprendere un'altra,
nuova, esperienza.
Nel 2006 ha ricevuto la laurea ad honorem dalla Kingstone University, per il
suo contributo alla “qualità della vita”. Cosa sono per lei la qualità e la
vita? Come interagiscono oggi e come le percepisce da progettista e da uomo?
Qualità è ciò che non si ha bisogno di sottolineare in un oggetto, è la sua
perfezione intrinseca, globale, che è subito evidente a tutti. Poi esiste una
qualità più sottile che regge la qualità evidente a tutti: è quella
dell'oggetto ben pensato, ben eseguito, ben divulgato, ben venduto. Ci sono
moltissimi livelli di qualità in un oggetto e uno deve seguire l'altro: gli
oggetti più diffusi sono quelli in cui tutti i livelli della qualità sono stati
altissimi. Se la qualità è definibile secondo parametri più o meno universali,
la vita è un termine troppo grande perché io possa definirla. Mi limiterò a
dire che cerco sempre di fare oggetti e architettura che stimolino, a loro
volta, la ricerca della qualità della vita.
Negli anni dell'architettura radicale lei è stato protagonista di movimenti
come Cavart, Alchymia, Memphis. Che ricordo ha di quel periodo, dei suoi
colleghi e cosa le ha trasmesso?
Mi hanno insegnato talmente tanto, che non ho più paura di rischiare di
sbagliare. Mettere in discussione tutto quello che ho fatto fino a ora è ciò
che mi stimola a continuare e il merito è tutto di quei primi anni in cui si
andava contro tutto e contro tutti, senza preoccuparci delle critiche anzi
sapendo che più ci criticavano e più eravamo sulla strada giusta.
Tra i suoi progetti recenti la Manica Lunga. Come ha elaborato la percezione
emozionale di questo spazio? Quali le difficoltà?
Entrare nella Manica Lunga è un'esperienza di vertigine architettonica: la
sua prospettiva toglie il fiato, quando si vede dal vero, nessuna fotografia
aveva mai potuto trasmettermi quella vertigine. Sapevo che avrei dovuto
assolutamente conservare e valorizzare l'impatto della straordinaria prospettiva
e ho inserito scaffali che potessero soddisfare le esigenze dell'archiviazione
e della consultazione dei volumi, ma contemporaneamente assecondassero lo
slancio prospettico appoggiati alle pareti laterali: l'idea era che questi
arredi potessero quasi scomparire nella visione prospettica d'insieme, pur
svolgendo pienamente la loro funzione. Le mensole di cui sono costituiti sono
estremamente sottili, nere, essenziali nelle linee. Incorniciano i portali
lignei di accesso alle celle senza turbarne l'equilibrio di proporzioni con
l'altezza della Manica, rispettando anche quello scherzo della prospettiva che
caratterizza lo spazio. A questo abbiamo aggiunto un progetto illuminotecnico
che, evitando qualsiasi traccia e attraversamento nella parte alta del salone e
nelle volte, non tocca in nessun modo le strutture murarie.
Quale esperienza progettuale che non ha ancora vissuta le piacerebbe
affrontare?
Sicuramente non è tanto il cosa ma il come. Il cosa è solo il terreno della
sperimentazione, il come è la sperimentazione e a quella sono interessato,
ossessionato, quella ricerco in tutte le esperienze da quelle artistiche a
quelle professionali.
NOTE BIOGRAFICHE
Classe 1951, Michele De Lucchi consegue la laurea in Architettura a Firenze
nel 1975. È stato uno dei maggiori esponenti dei movimenti Cavart, Memphis,
Alchimya. All'inizio degli anni Ottanta stabilisce a Milano il proprio studio.
Collabora con le più importanti aziende di fama internazionale: Poltrona Frau,
Listone Giordano, Artemide, Compaq Computers, Philips, Siemens, Vitra, Kartell,
Arflex. Per Olivetti è responsabile del design dal 1992 al 2002. Nel 1990 fonda
Produzione Privata in cui disegna e sviluppa prodotti creati con tecniche
artigianali. Cura diversi allestimenti di mostre di design e arte e per musei;
si occupa della progettazione di nuovi edifici e di ristrutturazione.
Oggi il suo Studio ha due sedi: una a Milano e l'altra a Roma.
Tra i progetti architettonici più noti: Enel, riqualificazione della
Centrale Elettrica di Priolo Gargallo, Siracusa, 2000-2003; Enel,
riqualificazione della Centrale Elettrica di Porto Corsini, Ravenna ,
2000-2005; Enel, riqualificazione del Centro di Informazione Entracque, Cuneo,
1998-1999; Villa Sclopis hospice, Salerano, Torino, 2000-2007; Entrata Sud della
fabbrica Piaggio, Pontedera, Pisa, 2004-2006; Hotel Medea, Batumi, 2006 - in
progress; Ministry of Internal Affairs of Georgia and Patrol Police Headquarter
Tbilisi , 2006 - 2009; Teatro Franco Parenti, Cittadella dello Spettacolo,
Milano, 2004-2008; Private house, Zuoz, 2005-2008.
Tra gli interventi di interior citiamo: la riqualificazione della sede
di Telecom Italia, Milano, 2000-2002; interior design degli Uffici della
Fondazione Carive, Dorsoduro, Venezia, 2003; Interni degli uffici postali Poste
Italiane in tutta Italia, 1998-2002; il restauro del Palazzo dell'Arte e nuovo
Triennale Design Museum, Mialno, 1998-2008; l'Interior design delle agenzie
Hera, Bologna, 2007; Sistema di arredi per le Agenzie Intesa Sanpaolo,
2007-2008; Sistema di arredi per le Agenzie Banca Intesa, Italia, 2002-2006; lo
Stand Mondadori, Book Fair in Frankfurt, 2004; la mostra “Dürer e l'Italia”,
Roma, Scuderie del Quirinale, 2006-2007; la mostra “Caravaggio”, Roma, Scuderie
del Quirinale, 2010.
Tra le opere di design: “MDL”, mobili per ufficio, Unifor, 2004-in
progress; “Orione”, sofa, Poltrona Frau, 2001; “Artù”, tavoli e scrivanie,
Poltrona Frau, 1998; “Piazza di Spagna”, sofa e panca, Poltrona Frau, 2000;
“Norma”, sedia per ufficio, Alias, 2007-2009; “Layout”, mobili per ufficio,
Alias, 2003-in progress; “Tolomeo” lampada da tavolo, Artemide, 1987; “Tolomeo”
lampada a sospensione, Artemide, 1999; “Tolomeo”, lampada a morsetto, Artemide,
1995; “Logico”, plafoniera, Artemide, 2001; “Logico”, lampada da tavolo,
Artemide, 2001; “Logico”, lampada a parete, Artemide, 2001; “Logico”, lampada a
sospensione, Artemide, 2001; “Castore”, lampada a sospensione, Artemide,
2003;“Castore”, lampada da tavolo Artemide, 2003; “Palme”, lampada da aesterno,
Artemide, 2000; “Kaleidos”, sedia, Caimi Brevetti, 2005-2008; “Koala”,
complementi per casa e ufficio, Caimi Brevetti, 2002; “Battista”, complementi
per casa e ufficio, Caimi Brevetti, 2002; “Bolle”, bicchiere e secchiello porta
ghiaccio, Arnolfo di Cambio, 2007; “Laetitia”,calici, Arnolfo di Cambio, 2004;
“Felix”, brocca e decanter, Arnolfo di Cambio, 2004, "Bonne Nuit",
lampada da tavolo, Produzione Privata, 2009; "Kado", vasi, Produzione
Privata, 2009; "Metafisica", lampada da tavolo, Produzione Privata,
2009; “Perseo”, lampada a sospensione, Produzione Privata, 2007; “Giona”,
lampada a sospensione, Produzione Privata, 2007; “Bisonte”,
Appendiabiti-colonna di sgabelli, Produzione Privata, 2005; “Acquatinta”,
lampada a sospensione, Produzione Privata, 1996; “Fata” and “Fatina”, lampade
da tavolo, Produzione Privata, 2001; “Vaso Bianco”, vasi in ceramica,
Produzione Privata, 1990; “Treforchette”, lampada da tavolo, Produzione
Privata, 1993; "Estense", armadio, Design Gallery Milano,
2009.
Tra i riconoscimenti ricevuti: il Compasso d'oro, ADI : per la lampada
Tolomeo, Artemide 1989; stampante Artjet 10, Olivetti 2001; il Ponte,
Fondazione Europea Guido: per il ponte d'accesso al Triennale Design Museum,
Milano 2008; la Medaglia d'oro all'architettura italiana, Triennale e Finalista
Medaglia d'oro alla committenza privata per Poste Italiane, 2003; l' Office
Design Eimu per gli accessory per ufficio Segmenti, Kartell 1991; lo SMAU
Industrial Design Award automatic bank terminal CD 6300, Olivetti-Siab 1990 -
box for computer Envision, Olivetti 1995 - stampante PR 2, Olivetti 1996;
D'Excellence Marie-Claire Maison per la lampada Tolomeo (morsetto), Artemide
1996; Elle Decoration International Design Awards per la pavimentazione Medoc,
Listone Giordano 2009/2010; Observeur du design-Produit sélectionné-A.P.C.I
per la lampada Tolomeo micro (tavolo), Artemide 2001; il Design Plus per il
roll-fix Kleberoller, Pelikan1989 e il sale e pepe Ginger e Fred, Rosenthal
1995; Innovationspreis, Architektur und Office per la Sedia ufficio Attivo 480 e
per il sistema di mobili per ufficio Sistemare, Mauser Office 2000; il Reddot
Design Award, Design Zentrum Nordrhein-Westfalen per le lampade Logico
(tavolo,piano, sospensione), Artemide 2002, Tolomeo mega (piano), Artemide
2003, Castore (tavolo, parete, sospensione), Artemide2004.
Nel 2000 è stato insignito della onorificenza di Ufficiale della Repubblica
Italiana per meriti nel campo del design e dell'architettura;nel 2006 ha
ricevuto la Laurea ad Honorem dalla Kingston University, per il suo contributo
alla “qualità della vita”.
Tra gli incarichi accademici: Professore Ordinario per chiara fama
presso la Facoltà di Design e Arti dell'Istituto Universitario di Architettura
a Venezia (2001). Professore Ordinario presso la Facoltà del Design al
Politecnico di Milano(dal 2008); Accademico presso l'Accademia Nazionale di San
Luca a Roma (dal 2008).
Le opere di Michele De Lucchi sono presenti nei maggiori musei degli Stati
Uniti, dell'Europa e del Giappone. Il Centre Georges Pompidou di Parigi ospita
un cospicuo numero dei suoi lavori che ha acquistato nel 2003.