Michele De Lucchi
Nasce nel 1951. Studia architettura a Firenze fino al 1975. Si trasferisce a Milano e prende subito contatti con Andrea Branzi, Alessandro Mendini ed Ettore Sottsass. Collabora con lo studio Alchymia e nel 1981 diviene socio del gruppo Memphis. Dal 1979 è consulente della Olivetti per il design (mobili da ufficio, computer e arredamento di banche). Riceve la cattedra di disegno industriale all'Università di Firenze. Lavora per Kartell, Artemide, Arflex, ecc.
"..sono, quindi, un architetto che si occupa di design, di produzione e che lavora per l'industria.
Non è cosi semplice come sembra però; per fare questo ho dovuto (e lo sto ancora facendo) inventare, in un certo senso, questo lavoro, perché sono convinto che in realtà il mestiere del design ancora non esiste.
Lavorando nel design, lavoro con elementi che sono alla base della figurazione dell'ambiente, alla base della costruzione dell'architettura e che sono, quindi, gli oggetti sui quali si fondano progetti più ampi. Il design procura anche tutta una serie di vantaggi che non sono male. Uno dei vantaggi più importanti è quello che, lavorando col design, si riesce a comunicare molto di più che facendo, non solo l’architettura, ma molte altre discipline creative. Il design, infatti, si rivolge all'industria e, poiché è fondamentale che qualsiasi progetto che si fa di design, sia poi un progetto capace di diventare riproducibile e quindi prodotto in grande quantità, qualsiasi segno realizzato è poi destinato a essere ripetuto molte volte e quindi distribuito molte volte. In questo senso il design è uno strumento di comunicazione eccezionale; basta, infatti, inserire una piccola comunicazione dentro un oggetto riprodotto per centomila copie e quella comunicazione assume con la distribuzione una vastissima possibilità di essere conosciuta. Non solo poi questa comunicazione viene molto distribuita, ma viene anche molto usata perché il design perderebbe una delle sue componenti principali se l'oggetto prodotto grazie alla sua elaborazione non diventasse poi un oggetto utile. Forse quello che dico può sembrare strano, ma mi piacerebbe dire senza pudore che amo appassionatamente l’industria, che non vedo alcuna alternativa all’industria, che la civiltà contemporanea e futura può progredire solamente attraverso l’industria.
Mi piacerebbe dire che amo il consumismo e amo l’idea di potermi servire del consumismo: il consumismo non piace al mondo e so bene quanto deleteria sia una gran parte di consumismo. So anche, però, che se non esiste alternativa all’industria non esiste alternativa al consumismo.
L'industria vive se produce e se diffonde e sempre più produrrà e sempre più diffonderà, alimentando inevitabilmente l’uso e il consumo dei suoi prodotti. Amo l’industria perché è oggi la sola entità capace di diffondere in grande scala oggetti, idee, benessere.
Mi piacerebbe dire senza pudore che amo appassionatamente la tecnologia e che senza non saprei vivere. Mi piacerebbe essere sicuro che l’industria si fondi sulla tecnologia e dare a questa tecnologia una faccia nuova. Vorrei poter togliere alla tecnologia quella faccia così presuntuosa e aggressiva per farla diventare amabile e felice, semplice. Mi piacerebbe dire che sono semplicemente un architetto e che non me la sento di rifondare la società e che con questa società in questo momento devo e voglio viverci.
Quello che mi piacerebbe fare è dare qualità a quest'industria, a questo consumismo e a questa tecnologia. Valermi di loro per divulgare nuove idee, nuovi messaggi, nuove immagini"