Il design Cartier visto da Ettore Sottsass
Milano - Palazzo Reale
Dall'11 ottobre 2002 al 12 gennaio 2003
L'esposizione "Il design Cartier visto da Ettore Sottsass" presenta per la prima volta a Milano parte della "Collection Art de Cartier" nella cornice d'eccezione di Palazzo Reale, sotto la direzione artistica del grande architetto e designer Ettore Sottsass.
La "Collection Art de Cartier" riunisce in una straordinaria raccolta, unica nel suo genere, gioielli, orologi, pendole e accessori, realizzati dal celebre gioielliere francese in oltre 150 anni di storia. Alcune di queste creazioni preziose, che testimoniano due secoli di alta gioielleria, ma anche d'arte e di costume, sono state esposte in grandi mostre storiche dedicate a Cartier da musei di prestigio internazionale come l'Ermitage di San Pietroburgo, il Metropolitan Museum of Art di New York, il British Museum di Londra, il Petit Palais di Parigi.
La mostra, già presentata con successo presso il Vitra Design Museum di Berlino, offre al pubblico una selezione di oltre 200 opere fra diademi, spille, collier, anelli e bracciali, orologi, strumenti di scrittura, accessori (portasigarette, vanity case, ecc.), appartenenti a diversi periodi della storia della Maison Cartier, che documentano non soltanto l'importanza culturale e simbolica del gioiello, ma anche il senso del design che presiede alla sua creazione.
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Le opere in mostra sono state scelte dallo stesso Sottsass in base ad una visione inedita e suggestiva, secondo criteri intuitivi e personali che, trascendendo il dato temporale, così come i valori legati alla pura preziosità dell'oggetto, hanno evidenziato legami misteriosi e profondi fra materiali, stili e colori. Ogni opera viene sapientemente esaltata nella sua unicità e bellezza dalla collocazione in grandi vetrine-tempio, sottratta alla dimensione spazio-temporale e definita dalla luce come misteriosa apparizione.
Al di là della tradizionale visione storicistica, l'esposizione propone audacemente una riflessione sulla funzione del design, che in questi capolavori di gioielleria si esprime con particolare purezza e libertà, nonché sull'interazione suggestiva fra gioiello, corpo e natura.
Fra i pezzi più straordinari e celebri la Pendola Misteriosa Elefante, creata per il maharagià di Nawanagar, il collier Tutti Frutti appartenuto a Daisy Fellowes, l'occhialino Pantera della duchessa di Windsor: opere che hanno segnato la storia della grande gioielleria e che non smettono oggi di incantare per la loro bellezza senza tempo e maestria esecutiva.
Il design delle creazioni di gioielleria documenta ai più alti livelli l'eleganza dello stile ghirlanda, la raffinatezza dell'astrazione geometrica e del classicismo art déco, passando per tutti i motivi cari alle arti decorative del Novecento, da quelli orientaleggianti ai floreali, fino al tema animalier declinato da Cartier con particolare originalità e sapienza.
Nell'ambito della mostra vengono presentati, inoltre, un film dedicato al savoir-faire della maison parigina, gli ingrandimenti dei più significativi disegni preparatori e una curiosa "galleria di ritratti", dove appaiono alcuni celebri clienti Cartier, da Elisabetta del Belgio alla duchessa di Windsor a Gloria Swanson, che indossano le più preziose creazioni realizzate dal gioielliere per il bel mondo internazionale.
Note di Ettore Sottsass sulla mostra
Per più di un secolo, cioè dalla metà dell'Ottocento a oggi, Cartier non solo ha dato il nome, ma anche ha raffigurato i momenti più intensi di tutte quelle vaste e complicate attività che si sono messe in moto sul pianeta per segnalare la presenza di una qualsiasi grande o piccola concentrazione di "eccezionalità", di potere: potere economico, potere religioso, potere politico, potere della seduzione, potere della rarità, potere della bellezza.
Con questa mostra Cartier intende riproporre alla memoria la sua lunga, sorprendente, smagliante presenza nel disegno della metafora dei poteri: nel disegno di una metafora alta; molto alta.
1° L'esposizione privilegia la qualità, non la quantità. Non è un catalogo, né piccolo né grande.
2° I gioielli esposti sono stati scelti giudicando il disegno, il "fascino" delle pietre, la qualità della produzione, la "necessità" o destino storico generale piuttosto che la preziosità, il costo, il lusso.
3° Il percorso è organizzato in modo da comunicare al pubblico informazioni diverse: emotive, antropologiche / sociologiche / storiche, scientifiche, tecniche
4° I gioielli sono esposti con distanze vuote tra l'uno e l'altro per dare tempo all'osservatore di "sentire" la loro presenza: non dovranno mai "scontrarsi" visivamente. Ogni gioiello è esposto in modo da fermare l'attenzione come se fosse "l'unico" da vedere
5° La "presenza" dei gioielli è sottolineata esponendo non più di due o tre gioielli in luoghi speciali, come piccole oscure stanze/tempio, con particolare illuminazione…I gioielli appaiono come misteriose epifanie, fuori dal tempo e dallo spazio...
Intervista di Marie-Laure Jousset a Ettore Sottsass
(Estratto dal catalogo dell'esposizione)
Marie-Laure Jousset: Prima di parlare del contenuto della mostra, vorrei parlare della selezione dei pezzi. Infatti, la prima cosa che ti è stata chiesta, Ettore, è di guardare la Collezione Cartier e di scegliere dei pezzi. Un'avventura insolita, visto che non sei un gioielliere. Hai quindi visto un'enorme quantità di gioielli...
Ettore Sottsass: Sì, sono andato varie volte a Ginevra. Su un tavolo, mi hanno presentato quasi mille gioielli. Naturalmente è stato un lavoro complicato perché i gioielli risalgono a vari periodi: dalla fine dell'Ottocento fino a oggi.(...) L'idea era di scegliere i gioielli soltanto in base al design, perché io sono un architetto, sono un designer, e quindi non me ne intendo di pietre. E' evidente che un gioiello non conta solo per il disegno, ma... come dire, vale anche per la qualità della costruzione, la qualità delle pietre e così via. Quindi, ci sono molti criteri per giudicare un gioiello. Non abbiamo avuto, nessuno di noi, un vero e proprio sistema razionale di scelta. Abbiamo scelto quello che ci sembrava più carino, più portabile, più ragionevole...
MLJ: Oppure più stravagante...
ES: ...oppure più stravagante, come la pendola "Elefante" che è una follia, una follia tale da conferirle un'esistenza propria!
MLJ: Quindi, il criterio era l'emozione?
ES: Sì, l'emozione. La parola emozione mi sembra un po' strana... Era comunque come collocare questi oggetti nel mondo contemporaneo, in un'ottica contemporanea.
MLJ: Ed era anche un punto di vista del tutto soggettivo.
ES: Certamente, ma è sempre così... non esiste un giudizio astratto. Il giudizio è sempre condizionato da criteri intellettuali, culturali, fisici e altri ancora...
MLJ: E al tempo stesso, ti sei interessato alla funzione degli oggetti, ogni tanto li hai raggruppati in famiglie, ma non hai voluto farti limitare dalla cronologia...
ES: (...) Non siamo partiti da una scelta o da una catalogazione cronologica. Non mi sembrava molto interessante. Il gioiello è quello che è: o funziona ancora oggi, ossia ha ancora la sua efficacia, la sua forza ritualistica, oppure non ce l'ha. Quindi il tempo non importa. (...)
(...)
MLJ: Vorrei ora parlare dell'allestimento. È da molto che ti conosco, che leggo i tuoi libri, che vedo i tuoi disegni e so che vi sono aspetti per te molto importanti. Per esempio, la calma, creare la calma. E l'idea che tutti i problemi relativi alla luce, al colore, all'architettura interna hanno un rapporto con l'uomo che abita in un certo luogo. (...)
ES: Ho sempre disegnato con l'idea che l'oggetto che si disegna è un po' uno strumento per la vita. Uno strumento che fa capire a chi lo usa o a chi lo guarda che sta vivendo. È il contrario del concetto di consumismo, che vuole che ci si dimentichi che si sta vivendo e morendo perché l'importante è consumare, perché la vita è nell'atto del consumare, dell'usare, del guardare, del comperare ecc. A me non interessa molto questo tipo di definizione della vita. Io penso che tutte le cose che disegniamo, le architetture, gli oggetti ecc., devono aiutare la gente a essere consapevole che sta vivendo. Quindi in tutte le cose che faccio, cerco di disegnare qualche cosa che diventi uno strumento per vivere. (...) Ho pensato che se io avessi messo tutti i gioielli uno vicino all'altro, uno sopra l'altro, praticamente non ne avrei visto neanche uno. (...) Pensavo persino che nei musei ci dovrebbe essere una stanza per ogni quadro importante. Una stanza piccola, con una sedia e una porta. Quando tu entri, la porta fa "Plaff!": sai che non puoi uscire per dieci minuti; sei costretto a guardare quel quadro, a capirlo, a leggerlo per dieci minuti. Qui, qualunque cosa tu faccia con questi armadi - che puoi comporre in vari modi, dovunque, a prescindere dall'ambiente - ogni oggetto è da solo con se stesso e tu sei DAVANTI a questo oggetto. In più, siccome questi oggetti vivono della luce che ricevono e che trasmettono, l'idea è di creare il buio totale in modo che solo l'oggetto emani la luce, solo l'oggetto sia un'apparizione. Tutto il resto è un vago paesaggio oscuro di notte e, come di notte, si vedono le lucciole, quegli insetti che volano nella notte. Insisto sul fatto che questa mostra può essere messa ovunque, non è minimamente legata alla presenza dell'ambiente. C'è già un progetto di mobilità. La puoi fare su un treno, la puoi fare in una piazza, la puoi fare in un ambiente, in un corridoio come in questo caso, puoi aumentarla, puoi diminuirla, insomma, puoi fare quello che vuoi. È un principio di base che mi sembra ragionevole per una mostra di questo genere. Poiché nessun oggetto deve sovrapporsi ad un altro. Quando vi sono più oggetti raggruppati, significa che appartengono ad una categoria precisa: vi sono dieci orologi, ad esempio, ma non vi è un orologio e un anello. Guardi e confronti orologi, ma mentre confronti orologi non vedi con la coda dell'occhio una collana o un braccialetto. Sei davanti ad un oggetto, lo guardi; se non lo vuoi guardare, te ne vai, ma ti ho dato l'occasione di guardarlo a fondo.
MLJ: Hai creato quindi 50 casette in cui giochi con la luce, con la proiezione esterna, senza perdere di vista il tuo interesse principale, ossia la qualità e non la quantità. Presenti, infatti, pochissimi oggetti.
ES: Sì, certo. Ma questo credo sia il principio base di Cartier, che punta sulla qualità e non sulla quantità. Cartier è già un anticonsumista per principio. Infatti, per la loro preziosità, questi oggetti non appartengono al mondo del consumo, sono sempre oggetti molto speciali, anche quelli meno costosi. Quindi non sono 50 casette, ma sono dei piccoli templi che accolgono, ognuno, una divinità. (...)
(...)
MLJ: Vorrei che parlassimo un po' di più del percorso della mostra per capire, attraverso le cronologie e i temi, la disposizione che hai scelto.
E.S.: Il pubblico deve seguire un percorso molto preciso nel quale, in un certo senso, è progettata la sua emozione, buona o cattiva. Come in un concerto, si comincia facendo molto rumore. Prima i diamanti, con due o tre pezzi che fanno entrare subito il pubblico nell'idea che sta visitando una mostra eccezionale. Questi primi oggetti sono dell'inizio del secolo, del 1903, 1906, 1912, un'epoca molto importante... Poi si passa a oggetti più piccoli, sempre più o meno dello stesso periodo, e si va avanti fino al 1920-25.
MLJ: E qui hai giocato con i colori, con le materie...
E.S.: Sì, con la materia. Questi sono smalti. Anche il disegno diventa più semplice. Si lasciano i diamanti, i materiali molto costosi, per scoprire degli oggetti: scatolette, molto belle, orologi, spille... (...) E si continua: si passa continuamente da un estremo all'altro.
(...)
MLJ: Quindi è un percorso che hai ideato per sorprendere il visitatore?
ES: Sì. Non ho pensato alla filologia, ho pensato un po' al tempo, non in termini di date, ma di mood culturale del tempo. Il visitatore passeggia e scopre degli oggetti, ma non solo. Il percorso di questa mostra è quindi estremamente vario.
(...)
MLJ: Un'ultima domanda, Ettore: hai provato piacere in questa avventura?
ES: Io sono un uomo curioso, curioso della vita, di tutto, sono curioso di quel che mangio, delle persone con cui parlo, di cosa mi succede per la strada, sono curioso di tutto. Sono curioso di lavorare, di fare. Sono molto curioso. Per me la mostra è stata un'esperienza pazzesca, assolutamente folle. Scegliere come posizionare oggetti disegnati da altri che non avrei mai disegnato così... non era facile, perché ho dovuto rispettare un lavoro fatto da altri...
(...)
MLJ: Secondo te, perché Cartier si è rivolto a te?
ES: Forse una risposta chiara non c'è... Queste cose vanno per canali che non sempre si capiscono. Cartier ha forse pensato che potevo affrontare il problema in maniera diversa dal solito. Spero di esserci riuscito. Ho cercato di proporre un modo nuovo per capire i gioielli... di concedere loro un'attenzione, un rispetto maggiori rispetto a quello di cui godono nelle vetrine tradizionali. Se avessimo lavorato ancora due anni, magari avremmo fatto una cosa completamente diversa, ancora più strana. Forse si poteva allestire una mostra molto più piccola, con meno pezzi, ma altrettanto intensa. Ad ogni modo, mi sono divertito... e poi mi è piaciuta l'idea di lavorare per Cartier!
Dal catalogo dell'esposizione
La mostra "Il Design Cartier visto da Ettore Sottsass", evento di grande rilievo culturale e artistico, già ospitato con successo dal Vitra Design Museum di Berlino, è una sorta di viaggio che il grande architetto e designer Ettore Sottsass ci invita a fare in quel patrimonio di arte, cultura e design che è la storia di Cartier.
Essa costituisce anche l'occasione per Milano per manifestare la propria stima, simpatia e gratitudine a Ettore Sottsass, il grande artista che con la sua opera ha consolidato il ruolo che la nostra città svolge nel mondo sul piano del design e della creatività.
Questo appuntamento presenta un patrimonio di eccellenza testimoniato dalla "Collection Art de Cartier", una raccolta delle più importanti creazioni preziose realizzate dal grande gioielliere francese nei suoi oltre 150 anni di attività, che rappresentano un capitolo importante nella storia delle arti applicate e del costume.
All'interno di questa collezione unica nel suo genere Ettore Sottsass ha scelto gli oggetti più significativi, valorizzandoli e interpretandoli con la sua personalissima visione.
Le opere esposte assumono così il valore di simboli assoluti di un'epoca e di una sensibilità, invitandoci ad una riflessione sulla bellezza degli oggetti che esula da ogni carattere di sfarzo ed esibizione per diventare simbolo della tensione dell'uomo verso la dimensione estetica della vita.
Salvatore Carrubba
Assessore alla Cultura e Musei
Dal catalogo dell'esposizione
La critica riesce talvolta a diventare arte. Ma l'arte ha quasi sempre anche una funzione critica: sceglie cioè, nel corpus della storia, le proprie affinità elettive.
Ecco perché è affascinante questa mostra di Cartier, così come l'ha immaginata e voluta Ettore Sottsass. L'artista ha sottratto le opere di Cartier al tempo e alla cronologia. Le ha affidate a una assolutezza e a una luce quasi metafisiche. Le ha sospese in vetrine-tempio che ne concentrano e ne distillano la bellezza silenziosa e totale.
Dialogo di materiali, di amore realizzativo e di stili. Il design, la libertà, come metafora di una dimensione purificata dell'esistenza. Henri Matisse avrebbe intitolato questa mostra "Lusso, calma e voluttà"...
Flavio Caroli
Responsabile scientifico per le attività espositive di Palazzo Reale
Introduzione al catalogo dell'esposizione
Benché negli ultimi dodici anni e più la Collezione Art de Cartier, mostra per geniale definizione "itinerante", abbia girato tutti i continenti, approdando in alcuni dei più importanti musei del mondo per una serie di memorabili esposizioni, si può ben dire che queste di Berlino e di Milano sono una vera première.
Finora, infatti, nell'articolazione delle mostre della collezione aveva prevalso, come del resto prevale quasi sempre in ogni tipo di esposizione cultural-artistica, il criterio della storicizzazione. Che il curatore operasse la scelta di dispiegare l'intera evoluzione dell'esperienza artistica del gioielliere attraverso alcuni capolavori esemplari, rappresentativi delle varie epoche successive, o che invece preferisse organizzare l'itinerario del visitatore per grandi famiglie tematiche (gli animali, i fiori, l'Oriente, i diamanti e così via), Cartier è stato sempre raccontato come una storia nella quale usciva, a un tempo, celebrato nella sua unicità e confinato al ruolo che le convenzioni della storia dell'arte attribuiscono a un gioielliere, sia pure al più grande di tutti: il ruolo di Cartier, di poeta e di mago delle arti decorative, cioè, se così si può dire ricorrendo alla illuminante contraddittorietà di un ossimoro, delle arti minori per eccellenza.
A Ettore Sottsass, che è uno dei grandi maestri del design contemporaneo, del gioiello interessa poco l'aspetto di "valore" dei materiali e ancor meno quello, per il quale mostra anzi una certa avversione, dell'ostentazione di ricchezza e di prestigio sociale. Così la sua interpretazione dell'arte di Cartier, in questa audace esposizione, si distacca quasi completamente dagli aspetti storici e sociali per concentrarsi proprio su quello che è l'interesse principale della sua vita e il patrimonio comune che gli sembra di poter condividere con Cartier: il design.
Il design è certamente uno degli elementi più caratterizzanti della cultura del XX secolo. La sua posizione di cerniera fra arte e industria, fra dignità estetica e mercato ne ha fatto uno dei grandi protagonisti di quel processo di semplificazione delle forme, di ricerca della bellezza elementare che ha costituito una delle conquiste più preziose dell'epoca contemporanea. Giustamente Sottsass osserva che nell'arte del gioielliere il design tocca, in un certo qual modo, l'estremo della sua purezza, perché qui lo spirito creativo, meno condizionato dagli aspetti funzionali dell'oggetto, può esercitarsi più liberamente che altrove.
Ecco che allora, slegato da ogni esigenza di praticità (se non quella, sempre tenuta in gran conto da Cartier, della portabilità del gioiello), quel processo di semplificazione, di epurazione formale che tocca il suo vertice nella produzione Art Déco di Cartier, viene a saldarsi a un altro tema forte del Novecento, a un altro fuoco centrale della riflessione di Sottsass: quel miracoloso equilibrio fra ricerca di nuove strade espressive e discesa alle radici primitive dell'arte che ha profondamente segnato tutta la prima metà del XX secolo, nella pittura come nella musica, nelle arti plastiche come nella letteratura.
Questa esigenza di fare tabula rasa del passato recente e di risalire piuttosto alle civiltà pre-storiche per rifondare l'arte sopra la sua purezza originaria, questa esigenza così fortemente sentita da tutti i grandi innovatori del Novecento, dai cubisti agli ermetici alla seconda scuola viennese, corrisponde del resto molto bene alla scelta che presiede a questo allestimento ardito e nuovissimo di Sottsass: destoricizzare la produzione di Cartier, scioglierla dal suo abbraccio con la cultura e con i gusti dell'epoca, e rappresentarla semplicemente nella sua forza formale e plastica, di colori e di volumi, come una serie di opere di bellezza assoluta. Assoluta in quanto appunto universale e atemporale. Dovunque, comunque. Per sempre.
Franco Cologni
Note biografiche
Ettore Sottsass nasce a Innsbruck, in Austria nel 1917. Nel 1939 si laurea in architettura al Politecnico di Torino. Negli anni immediatamente successivi alla guerra apre uno studio professionale a Milano dove si occupa di progetti di architettura e di design. In parallelo con la sua produzione progettuale sviluppa la sua attività culturale: partecipa a diverse edizioni della Triennale di Milano, espone in mostre collettive e personali in Italia e all'estero.
Nel 1958 inizia la sua collaborazione con Olivetti come consulente per il design, collaborazione che durerà per oltre trent'anni e che gli frutterà tre Compassi d'Oro per il design. Ha disegnato tra l'altro, nel 1959, il primo calcolatore elettronico italiano, e in seguito varie periferiche e macchine per scrivere elettriche e portatili come Praxis, Tekne, e Valentine.
Dopo un lungo giro di conferenze nelle università inglesi, nel 1976 gli é stata conferita la laurea honoris causa dal Royal College of Art di Londra.
Nel 1981 ha dato inizio, con collaboratori, amici e architetti di fama internazionale al gruppo Memphis, che è diventato in breve il simbolo del "nuovo design" e un riferimento per le avanguardie contemporanee. Un anno dopo ha fondato lo studio Sottsass Associati con il quale prosegue la sua attività di architetto e designer.
Le opere ed i progetti di Ettore Sottsass fanno parte delle collezioni permanenti di importanti musei di vari paesi, come: Museum of Modern Art di New York, Metropolitan Museum di New York, Centre Georges Pompidou di Parigi, Musée des Arts Decoratifs di Parigi, Victoria & Albert Museum di Londra, il Musée des Arts Decoratifs di Montreal, Centre d'Art S. Monica di Barcellona, Israel Museum di Gerusalemme, National Museum di Stoccolma, ecc...
Tra gli ultimi riconoscimenti che gli sono stati conferiti si segnalano: nel 1992 la nomina a Officier nell'Ordine delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese, nel 1993 la laurea honoris causa dalla Rhode Island School of Design negli Stati Uniti, nel 1994 il premio IF Award Design dall'Industrie Forum Design di Hannover, nel 1996 la nomina a Honorary Doctor del Royal College of Art di Londra e l'Award Prize dal Brooklyn Museum di New York, nel 1997 l'Oribe Award dalla Prefettura di Gifu in Giappone e, nel 1999, la laurea ad honorem dalla Glasgow School of Art.
La collection art de Cartier
(Dal catalogo dell'esposizione)
Nel 1973 Robert Hocq, a quei tempi presidente di Cartier Parigi, fece acquistare all'asta, a Ginevra, la prima delle sei pendole misteriose "Portico", creata nel 1923 e comprata da H.F. McCormick, marito della famosa cantante polacca Ganna Walska. Cinquant'anni dopo la sua realizzazione, dunque, una di queste "misteriose" - definite nel 1925 "miracoli dell'orologeria" dalla "Gazette du Bon Ton", "irreali e preziose, tessute in un sogno con raggi di luna, svelano minuto per minuto il mistero del tempo…" - ritorna in casa Cartier, non per essere prima o poi rivenduta, ma come prima pietra di una collezione che farà il suo effettivo debutto circa dieci anni dopo e che, documentata da archivi ben conservati, continuerà ad arricchirsi con il passare degli anni.
Ispirati da Hans Nadelhoffer e dal suo libro Cartier, allora in fase di compimento, Joseph Kanoui e Alain Dominique Perrin presero l'audace decisione di fare tutto il possibile per permettere a Cartier di rientrare in possesso di opere storiche, così da raccoglierle in una collezione capace di rendere testimonianza di un patrimonio eccezionale, divenuto ormai leggendario. In circa vent'anni la Collezione si arricchirà delle creazioni più svariate, rappresentative di un lavoro di gioielleria dalle molteplici sfaccettature e disteso su un arco di tempo di un secolo e mezzo...
L'intelligente idea di dotare l'istituzione di uno spazio patrimoniale aperto all'esterno e in grado di rispondere all'esigenza di mostrare ciò che merita d'essere visto, di comunicare attraverso il linguaggio di queste opere d'arte, da allora non ha mai smesso di svilupparsi sotto forma di eventi interni alla stessa Maison o di manifestazioni internazionali, dando così ogni volta un'intensa testimonianza della vita della Collezione. Insostituibile messaggero della Maison, la Collezione Art de Cartier permette così a un vasto pubblico di conoscere non soltanto le tradizioni e le innovazioni che stanno alla base della storia dell'istituzione, ma anche l'evoluzione di una creazione che è andata esercitandosi senza soste nei territori privilegiati di Cartier: la gioielleria, l'orologeria con le sue innumerevoli e inventive realizzazioni, gli accessori e una grande quantità di oggetti.
Presenti sulla scena internazionale, i tesori della Collezione non pretendono, almeno nel prossimo futuro, un luogo stabile di conservazione, un museo. In Francia come all'estero, in effetti, le occasioni di esposizione si moltiplicano, sia sotto forma di retrospettive "Art de Cartier" sia attraverso la partecipazione a grandi mostre tematiche in vari paesi, su richiesta di prestigiosi musei. Anche nel settore editoriale la Collezione ha aperto il campo a pubblicazioni su Cartier che sono diventate testi di riferimento e ha permesso all'istituzione di dare il proprio contributo a numerose opere specialistiche dedicate alle pietre preziose, ai diamanti storici o a temi più generali di gioielleria e di orologeria.
Parigi e il Petit Palais (1989), Roma e l'Accademia Valentino (1990), San Pietroburgo e il Museo dell'Ermitage (1992), Tokyo e il Metropolitan Teien Museum (1995), Losanna e la Fondation de l'Hermitage (1996), nel 1997 il Metropolitan Museum of Art di New York e il British Museum di Londra per i 150 anni della Maison, Città del Messico e il Museo del Palacio de Bellas Artes (1999), Chicago e il Field Museum of Natural History (1999-2000) hanno così accolto con entusiasmo la Collezione Art de Cartier, presentata ogni volta agli occhi del pubblico in modo diverso, in una scenografia sempre rinnovata.
In questo 2002, da giugno a settembre, la mostra "II design Cartier visto da Ettore Sottsass" presenta la Collezione Art de Cartier nella cornice del Vitra Design Museum di Berlino; da ottobre 2002 a gennaio 2003, viene ospitata a Milano, capitale del design, nella prestigiosa sede di Palazzo Reale. Proponendo in questa occasione un'esperienza inedita, abbiamo affidato all'architetto e artista italiano Ettore Sottsass la definizione dello spazio espositivo a partire dai pezzi da lui stesso selezionati all'interno della Collezione, messa a sua disposizione a questo scopo. È perciò un singolare itinerario estetico, capace di gettare una nuova luce su queste opere, quello che Ettore Sottsass mette in scena, impegnando il suo talento di architetto nella creazione di vetrine la cui concezione è interamente finalizzata alla bellezza e al mistero degli oggetti.
Il pubblico avrà così ancora una volta il piacere di scoprire con stupore e meraviglia, sia nello spazio dell'esposizione sia nel catalogo associato all'evento, la Collezione Art de Cartier presentata sotto una prospettiva diversa, di sobria nobiltà.
Éric Nussbaum
Direttore, Collezione Art De Cartier
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