Gaetano Pesce
Nato a La Spezia, nel 1939, artista, architetto e designer.
Nel 1959 è tra i fondatori del gruppo "N" per l'Arte Programmata. Nel 1961 frequenta la Hochschule für di Ulm. Dal 1962 intraprende l'attività dell'arredo di interni e della progettazione di mobili. Nel 1964 conclude gli studi di architettura e design a Venezia. Nel 1972 partecipa alla fondamentale mostra presso il MOMA di New York (Italy: The New Domestic Landscape). Nel 1983 si trasferisce a New York, svolgendo intensa attività didattica. Si impegna in un'intensa attività progettuale sia in campo architettonico (grattacielo a Manhattan, Pluralist Tower, San Paolo), che come design del mobile e del complemento lavorando per B&B Italia, Cassina. Esponente di spicco del design sperimentale, grande esperto nel trattamento delle materie plastiche.
Sedute della serie UP in poliuretano rivestito di maglia elastica; i pezzi sono confezionati sottovuoto, e acquistano la loro forma al momento del disimballo. B&B - 1969
"...Questo nostro mestiere di designer, di architetti, di creatori, qual è il suo significato attuale? Quale è, dopo tanti anni che si parla dell'architetto moderno, che questo mestiere ha alla fine del XX secolo?
Personalmente porto delle risposte che vi esprimo; mi sembra in generale che abbiamo perduto quelle che erano le nostre funzioni in un contesto di una società che ha dei bisogni ogni giorno diversi e che questo nostro mestiere, invece di seguire questi bisogni e interrogarsi e provocare delle risposte anche polemiche, mi sembra che il mestiere dell'architetto si sia un po' ritirato in un angolo dove la sua efficacia è un po' perduta e quindi a volte succede di riflettere sulle assenze dell'architetto.
Assenze che fan sì che dove si decidono le cose, tra i vari specialisti che prendono delle decisioni per garantire il progresso e la vita attuale, il grande assente è proprio questo architetto, questo designer. Perché?
Perché‚ mi sembra che dopo i grandi contributi del Movimento Moderno, dove l'architettura o il design erano ancora parte integrante di quelli che erano i luoghi dove si formulano alla società delle ipotesi di vita futura, dopo quel grande momento, mi sembra che l'architetto o il creatore si siano piuttosto ritirati in un luogo che ha a che fare più con la decorazione che non con il progetto. Questo non è affatto una cosa grave, è una scelta come un'altra, ognuno è libero di decidere ciò che vuole fare, però per certi versi è un peccato, perché‚ invece di progredire, il mestiere è regredito un po', mentre la società continua ad avere bisogno di traguardi nuovi, di proposte nuove, non le richiede più all'architetto, ma le richiede ad altri specialisti; da un certo punto di vista è un peccato.
... cosa fare oggi se non diventare curiosi sul fatto che la tecnologia o le tecnologie sono assenti sul tavolo dove si fanno i progetti; non siamo più in grado di gestire una strumentazione che ha un valore storico, siamo ancora dei personaggi che hanno a che fare con tecnologie e modi di fare del passato, quindi non siamo in grado di solleticare la macchina produttiva a progredire, ma siamo lì per utilizzare i mezzi che ci sono e mantenerli, senza proporre spostamenti in avanti.
Il nostro linguaggio non è più ricerca di tipologie nuove o servizi da fornire ad una società che li richiede costantemente, ma è un linguaggio che si limita alla pelle dei fenomeni, non entra in fondo a dire: "Questo progetto è inutile, si deve ricercare qualche cosa che è più vicino ai bisogni futuri e se non futuri, almeno ai bisogni del presente.
Serie di sedute "I Feltri", in feltro imbevuto con quantità diverse di poliestere, per ottenere elasticità differenziate - Cassina - 1987
Il mestiere di fare l'architettura era estremamente presente all'epoca delle cattedrali...Era un'epoca abbastanza straordinaria che faceva coincidere i bisogni della fede con una tecnologia avanzata, con un modo di fare architettura estremamente avanzato, strutturato da ricerche interessanti, in quel momento l'architetto era parte di questa compagnia di persone che si mettevano insieme per un bisogno, per una speranza.
Ci sono degli equivalenti oggi di questi momenti delle cattedrali, che non sono più cattedrali, ma sono delle imprese che sono provocate da una fede nel futuro e penso alla costruzione di stazioni spaziali, dove stranamente una serie di artigiani, perché‚ sono sempre degli artigiani, una quantità enorme di persone si mettono insieme, portando ognuno il suo contributo per costruire qualcosa che ha veramente la natura di investire nel futuro; parlando con qualcuno di questi personaggi, che partecipano a queste imprese, una delle questioni che pongo è quanti architetti avete che lavorano con voi? E non ce ne è neanche uno.
Sicuramente ci sono degli architetti, ma il nome che loro portano non è il nome di architetto, sono specialisti in vari settori, sono degli ingegneri o altre cose...
...il mestiere dell'architetto o del designer è estremamente e intimamente legato a quello che è il bisogno dell'innovazione, perché l'innovazione è un qualche cosa che inventa un qualcosa che è utile alla società che sta vivendo un momento economicamente difficile, quindi l'innovazione può portare dei benefici che hanno delle conseguenze nel settore economico e quindi dei vantaggi alla società.
Credo che più di ogni cosa ciò ha a che fare con il problema della creatività, che non è la creatività, diciamo, del nostro settore in particolare, ma è una creatività in senso molto più largo che ha a che tare con tecnologia, con problemi della produzione, che ha a che fare con un'economia dei materiali, scoperta dei materiali, con problemi di mercato, di politica in generale e di bisogni di una società che si evolve. Ecco questo mi sembra interessante da dire.
...Insegnavo, insegno, quando è possibile, ancora in questa facoltà francese che è a Strasburgo, che è una scuola di architettura statale, e per un certo numero di anni ho insegnato in una scuola americana che è l'unica scuola di architettura americana, credo, dove gli studenti non pagano, ma sono nella scuola per merito e questo fa sì che questa scuola sia una delle migliori del mondo, si chiama Cooper Union. La selezione fa sì che lo standard sia molto elevato, succede che uno studente del quinto anno che non mantiene il livello dei voti, viene mandato via dalla scuola e quindi perde quattro anni.
Ecco mi aveva colpito, una delle prime volte che sono andato in questa scuola, sapere che uno dei test per essere ammessi in questa scuola era un test di struttura ed era fatto da un insegnante che chiedeva agli studenti, che presentavano il loro desiderio di partecipare a questa scuola, di fare un imballaggio, di qualsiasi materiale, per uova, e dopo di questo tutti salivano sul tetto di questa scuola e tutti gli imballaggi venivano lanciati nel piazzale sottostante; le uova che arrivavano sane in fondo, erano considerate un risultato positivo del test, le uova che si rompevano evidentemente non avevano un imballaggio adatto. Questo è un esempio abbastanza pratico, abbastanza immediato, mi ricordo che certi risultati che provenivano dagli studenti erano abbastanza innovativi.
Un altro esempio della scuola europea, dove ho l'occasione di insegnare. Mi ricordo che quando sono entrato in questa scuola, sono entrato come titolare di una cattedra di progettazione e, guardando nel curriculum degli insegnamenti, mancava un insegnamento dei materiali e quindi ho proposto alla scuola di aprire una classe, dove gli studenti potevano andare a imparare a manipolare i materiali, a scoprire i materiali.
L'ho insegnato per un anno, dopodiché‚ questa cosa continua ad esistere fino ad oggi dopo diciassette anni che sono in questa scuola, qualcun altro lo fa, ma i materiali sono materiali non tanto del passato, ma materiali del momento nel quale ci troviamo, cioè materiali del XX secolo. Gli studenti hanno dimostrato di apprezzare molto questo tipo di classe, perché‚ scoprono delle cose o delle attività che non si erano mai trovati a fare, sperimentazioni, appunto, per cui alla fine dell'anno hanno in un certo senso il dovere di fare un progetto, molto semplice, applicando i materiali che hanno conosciuto durante l'anno.
Questo li porta alla conoscenza di una cultura attuale e evidentemente a cercare, come progettisti, di mettere in pratica l'esperienza che hanno fatto.
Credo che non ci siano molte scuole dove questo tipo di cose vengono fatte e questo in un certo senso è un peccato, è come l'assenza nel curriculum degli studenti di un insegnamento sulla cultura attuale; credo che i materiali sono un aspetto del nostro mondo estremamente presente, estremamente importante e che varrebbe la pena che le scuole di architettura, le scuole di design, facessero mente locale se è necessario o no avere questo tipo di insegnamenti.
...La scuola è il luogo ideale per insegnare ciò che non si conosce e la maggior parte delle scuole è un luogo dove si insegna invece ciò che si conosce, che è un peccato, perché‚ quello che si conosce lo conoscono tutti.
...credo che l'insegnante non debba insegnare quello che sa, ma quello che non sa, cioè portare delle questioni attuali e anche se in un modo confuso cercare di rispondere insieme con gli studenti, perché‚ in quel momento queste questioni possono coincidere con delle problematiche attuali che possono aiutare lo studente a trovare una sua via di uscita legata al momento storico in cui questo avviene, senza il rischio di tornare indietro.
Direi che la maggior parte delle scuole vive in un momento difficile, proprio per questo spirito passatista che c'è. Per esempio so di in una scuola di Parigi, mi sembra che si chiami Unitè pedagogique n. 9, dove gli studenti avevano la possibilità di fare dei progetti che pretendevano l'esclusivo uso della pietra, cioè non potevano fare dei progetti dove si applicavano strutture di alluminio o di altro metallo.
Quindi vuol dire che questi studenti che facevano questa scuola, venivano fuori con una conoscenza estremamente approfondita su un materiale che era piuttosto caratteristico di una architettura micenea o cose del genere e che li castrava completamente da quello che è un contesto attuale, dove tra l'altro un cliente può essere estremamente sofisticato e chiedere all'architetto di esprimere una tecnologia la più avanzata, e in quel momento lì, l'architetto viene con quattro pietre. Tra l'altro non c'è più una manodopera in grado di eseguire e se c'è questa manodopera è estremamente costosa, perché‚ è una faccenda elitaria, cioè tutta una serie di cose che comportano dei problemi".
Gaetano Pesce. Il rumore del tempo
Milano - Triennale
Dal 22 gennaio al 18 aprile 2005
La Triennale di Milano presenta la prima grande mostra mai realizzata in Italia su Gaetano Pesce
La mostra su Gaetano Pesce non vuole essere una classica monografica in cui raccontare tutta l'opera dell'autore, dai suoi esordi fino ai giorni nostri; bensì vuole essere l'occasione, attraverso l'analisi di alcune tappe della sua opera, per riflettere su questioni teoriche aperte, problematiche, che affondano le loro radici nel passato ma nello stesso tempo prefigurano il futuro.
L'esposizione non si avvarrà solo di oggetti, disegni, testi e video, ma cercherà di mettere in scena nuovi metodi di rappresentazione, per poter coinvolgere in maniera emozionale e interattiva i visitatori.
Uno dei nuovi metodi di fruizione sarà il cambiamento del percorso espositivo. Ogni 15 giorni un personaggio riconosciuto - non necessariamente un esperto - sceglierà di mostrare alcune opere e nasconderne altre. La mostra sarà pertanto composta da opere visibili e invisibili e cambierà la sua rappresentazione a seconda dell'occhio del curatore temporaneo.
Il visitatore avrà, inoltre, uno strumento in più, un palmare, con il quale effettuare una visita guidata con Gaetano Pesce in qualità di cicerone tecnologico.
L'esposizione è suddivisa in 9 capitoli, ognuno dei quali mette a fuoco temi e questioni che, a partire da aspetti specifici dell'opera di Pesce, si allargano prospetticamente fino a coinvolgere nodi centrali nel dibattito contemporaneo sulla cultura del progetto. Ogni capitolo della mostra viene qui presentato attraverso riflessioni e dichiarazioni dello stesso Gaetano Pesce.
Personalizzazione della serie
"Questo tema è in egual misura un soggetto politico, tocca il contenuto delle libertà, il diritto alla differenza. In generale, come gli individui sono liberi di accettare la loro diversità, anche gli oggetti possono farlo.
Nella storia, alcune popolazioni hanno conosciuto la schiavitù che, a mio parere, equivale alla funzionalità: lo schiavo è utile e dunque funzionale. Appena non possiede più questa qualità, finisce per morire. Gli oggetti conoscono la stessa storia: quello che non è più funzionale perde la sua ragion d'essere. E' per questo che gli oggetti-schiavi diverranno un giorno liberi, e ciò significa liberi di assumere la loro forma, il loro colore, la loro espressione o il loro messaggio, in altre parole la loro diversità".
Dell'espressività: fra figurativismo e astrattismo
"All'inizio del XXI secolo, si esce da un lungo periodo in cui la conoscenza si costruiva attraverso un linguaggio astratto. Questo modo di apprendere è a mio avviso rigido e, per usare un termine impegnativo, totalitario. Nel linguaggio scritto, eccezioni a parte, l'interpretazione è impossibile, e si impedisce ogni partecipazione.
Nel corso degli ultimi decenni, si nota una presenza sempre più importante dell'immagine sia nei metodi di apprendimento dei bambini nella scuola, sia nei mezzi di comunicazione quali l'informatica.
Gli oggetti e l'architettura fino a pochi anni fa erano privi di questo apporto dell'immagine, in nome di una bellezza estetizzante".
Nuovi materiali, nuovi linguaggi
"Sono convinto che un'innovazione sia perpetrata attraverso tre mezzi: l'innovazione del linguaggio, l'innovazione tecnica e l'utilizzo di nuovi materiali. Nel momento in cui questi tre fattori sono rispettati, l'innovazione esiste.
In più, un nuovo linguaggio rappresentato con dei materiali tradizionali veicola l'incertezza della menzogna. Un creatore deve dunque esprimersi coi materiali del suo tempo per essere sincero. Una tal pratica facilita l'innovazione, che resta molto limitata se si tratta di esprimersi con una materia che è stata nel passato il mezzo d'espressione di una moltitudine di creatori".
Femminilità e mascolinità come motori del progetto
"La storia che ci precede ha sempre avuto come modo di educazione degli individui quello che metteva in evidenza le qualità della mascolinità e che teneva represse le espressioni della femminilità.
Questa storia è durata circa 5000 anni.
Per me la mascolinità rappresenta l'aspetto ‘pubblico' del pensiero e la femminilità il suo aspetto ‘privato'.
Come sappiamo la storia del mondo è entrata da qualche decennio in quel che chiamiamo la ‘sfera privata', la cui maggiore espressione proviene dalla parte del cervello degli individui che definiamo femminile.
La rigidità, l'aspetto serio delle cose, l'assenza di colore, la forza, l'ideologia, il monolitismo e, alla fin fine, lo spirito totalitario, sono delle caratteristiche che hanno perso la loro energia. Per contro, l'ironia, la presenza del colore, la gioia, la frammentazione, la multidisciplinarietà, l'elasticità, la sensualità, sono dei territori in cui si può scoprire tutto e attraverso i quali si possono arricchire le nostre vite e i nostri progetti.
Nel nostro mondo dell'architettura e degli oggetti, sarebbe tempo di vedere delle creazioni fondate su questa femminilità. Questo permetterebbe a mio avviso di rinnovare profondamente l'ambito della creazione e di aprire così un periodo tanto ricco come quelli da cui siamo generati".
Il Canone della Bellezza e il Malfatto
"Oggi possiamo affermare che l'ideale di bellezza è l'espressione di una mentalità totalitaria. Per esempio, l'ideale del corpo nella città di Sparta nella Grecia antica, fino all'orrenda ideologia hitleriana in cui l'ideale della razza e della bellezza ha portato a milioni di vittime.
Nel mondo della moda, ancora oggi, si perpetua l'ideale del corpo, immagine che rende molti esseri umani tristi.
Dall'altra parte in certi paesi si vive da tempo secondo un sistema democratico o di pluralismo che contrasta con un'idea di bellezza monolitica e univoca.
Il fatto di fare degli oggetti che, nel loro processo di fabbricazione, ammettono l'errore e il difetto, è un mezzo per affermare che l'ideale della bellezza del nostro momento storico è quello della realtà quotidiana, con le sue qualità di differenza, le sue contraddizioni, e le sue trasgressioni.
Come sappiamo, l'oggetto difettoso è quello che, nella produzione standardizzata, ha il coraggio, la forza e la volontà di essere diverso, malgrado la potente macchina standardizzatrice. Questo possiede il valore più grande, gli altri erano solo dei numeri.
Nella cultura zen, la tazza di the perfetta è quella che è la meno cara, mentre quella che presenta degli sbagli e delle deformazioni è destinata all'imperatore.
Il malfatto crea una categoria di oggetti portatrice di segni umani e, quindi, lerrore 'diviene sinonimo di qualità".
Design come espressione politica
"Con il movimento moderno, il progetto diviene apolitico, e ciò significa che questo movimento ha tolto al creatore la sua capacità di esprimere il suo punto di vista personale, esistenziale e politico. Il suo margine di espressione è diventato una serie di dati pragmatici che si rapportano con luso 'razionale dei materiali e con la funzionalità dei prodotti.
L'architettura che una volta era capace di esprimere dei concetti di violenza o di gioia, attraversa oggi un lungo periodo di mutismo. Lo stesso vale per gli oggetti.
Sono convinto che all'inizio di questo secolo l'architettura e gli oggetti potranno riconquistare la possibilità o il loro diritto di esprimere i punti di vista politici dei loro autori, il loro modo di pensare, la loro origine, la loro identità".
Design come dimensione religiosa
"Il design e l'architettura dovrebbero allo stesso modo permettere al loro autore di esprimere la loro propria dimensione religiosa, se quest'ultima esiste.
Questa è una tradizione dell'arte occidentale. Se l'architettura e il design possono acquisire una dimensione significante, essi devono anche poter esprimere la credenza del loro autore, o comunque trattare soggetti relativi alla religiosità".
Partecipazione dei Sensi
"Dopo secoli di visualità come senso principale, questo mostra oggi i suoi limiti. Abbiamo bisogno in modo urgente de percepire utilizzando tutti i nostri sensi.
Ecco perché l'architettura dovrebbe ‘raggiungerci' attraverso l'odorato, il tatto (la sua elasticità dovrebbe poter essere simile a quella del corpo umano) e l'udito (dovremmo poter sentire mentre la percorriamo).
Al livello degli oggetti, formulo la stessa speranza. In più gli oggetti possono toccare il gusto, i sapori".
Il tempo
Si tratta di una installazione inedita pensata appositamente per questa mostra con l'intento di mettere in scena l'assoluta soggettività del rapporto con il tempo e quindi la sua inevitabile relatività.
Con questa mostra si apre una collaborazione produttiva con il Vitra Design Museum di Weil am Rhein che vedrà il Vitra ospitare l'esposizione di Pesce a partire dall'8 luglio, la Triennale quella di Joe Colombo a settembre 2005.
Gaetano Pesce - Nato a La Spezia nel 1939, architetto e designer, studia architettura e Industrial design all'Università di Venezia. Ha vissuto a Padova, Venezia, Londra, Helsinki, Parigi e dal 1980 a New York. Docente presso molti prestigiosi istituti in America e fuori, compresa la Cooper Union a New York, è impegnato in una intensa attività progettuale sia in campo architettonico (Stabilimento Lingotto Fiat a Torino, la Casa dei bambini per il Parco La Villette a Parigi, la Gallery Mourmans in Belgio, San Paolo Tower, Bahia House e il progetto per la ricostruzione del World Trade Center) sia nel campo del design (Tramonto a New York, Up5 & Up6, Broadway, Feltri, No body's perfect, Moloch) sia dell'arte.
Nel 1972 partecipa alla fondamentale mostra presso il MoMa: "Italy: The New Domestic Landscape". Opere di Pesce sono presenti nelle collezioni permanenti dei maggiori musei d'arte contemporanea: Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum di New York, il Victoria & Albert Museum di Londra, il Museum of Modern Art di San Francisco, il Centro Georges Pompidou, il museo delle Arti Decorative di Parigi, il museo delle Arti decorative di Montreal, il Museo d'Arte Moderna di Torino e la Collezione Permanente del Design della Triennale di Milano.
Macef, Salone internazionale della casa, collabora con la Triennale nella organizzazione della mostra di Gaetano Pesce in quanto mostra di oggetti: nelle due edizioni di Gennaio e Settembre circa 7.000 aziende presentano oltre 3 milioni di prodotti, tutti oggetti che investono sia i modi di produrre sia quelli di smaltire il prodotto giunto a fine ciclo.
Le fiere sono da sempre le grandi vetrine del nuovo e Macef intende farsi portatrice di questa esigenza. Quest'anno Macef è attraversato da un fil-rouge sulla sostenibilità ambientale, con un concorso internazionale di progettazione con materiali riciclati e con una mostra sui nuovi materiali, tutti terreni di incontro con un personaggio come Gaetano Pesce, che del riciclo e della sostenibilità è stato ed è un importante paladino.